NICOLA BENIGI

(Nicolò Giuseppe Bellia)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA VIA D'USCITA

 

 

PUNTI FERMI DELLA VITA SOCIALE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

EDIZIONI BELLIA

1979



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Copyright 1979

by Nicolò Giuseppe Bellia

Piazzale Roberto Ardigò 30

Roma

 

Printed in Italy

Proprietà letteraria riservata


INDICE

 

INTRODUZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE

Perché ho scritto questo libro.______

PREFAZIONE______

Cultura e politica. Moralismo delle ideologie. Come leggere il libro._____

CAPITOLO PRIMO_

Accenni ai mali sociali.

Sovranità dell'Essere Umano e Sovranità dello Stato.

La socializzazione monetaria ed il minimo vitale.____

CAPITOLO TERZO_

Cenni sul trapasso alla nuova Società.___

CAPITOLO QUARTO

Considerazioni generali sulla vita economica.

CAPITOLO QUINTO

Fiscalità alternativa.

CAPITOLO SESTO__

Il compenso sociale e le vocazioni umane.___

CAPITOLO SETTIMO________

Il settore economico. Rischio, utile e capitale. La sovranità degli acquirenti._

CAPITOLO OTTAVO

Il settore giuridico. L'elezione dei Giudici. Il potere legislativo.

CAPITOLO NONO__

Il settore culturale.__

CAPITOLO DECIMO

I concetti principali del libro.

Indicazioni per il lavoro nell'Associazione «Pensiero e Vita».___

AUDIO-CASSETTE PER DUPLICAZIONE E DIFFUSIONE INTERPERSONALE.       (20 MINUTI.)________

La Fiscalità Monetaria per l’Italia_

Progetto Italia - Pensieri Per il Dibattito Culturale__

Introduzione della Fiscalità Monetaria_

Conseguenze della Fiscalità Monetaria_

RADIO TRASMISSIONI                 (10 minuti

La Fiscalità Monetaria per L’Italia.

Per uscire dal Caos Sociale Italiano___

Progetto   LA FISCALITÀ MONETARIA______

La Soluzione_________

La Fiscalità Monetaria_

Il Dimezzamento dei Prezzi Di Mercato__

Il Raddoppio del Potere di Acquisto della Lira______

Prelievo del 50% della massa dei beni monetari_________

Istituzione del Reddito di Cittadinanza Individuale

La Fiscalità Ordinaria_

IL CITTADINO NELLA NEOSOCIETÀ_____

PER APPROFONDIRE L’ARGOMENTO__



INTRODUZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE

 

 Perché ho scritto questo libro.

 Di fronte al progressivo incepparsi della vita sociale si assiste ad una generale impotenza delle forze dirigenti a trovare rimedi validi ai mali che si vanno generando. Ciascuna forza sociale, pressata dai problemi che la riguardano direttamente, cerca le cause degli inconvenienti nell'azione delle forze avverse e si impegna in aspre battaglie con esse al fine di rimuovere le cause dei propri mali.

 Al fondo di questi comportamenti vi è la convinzione che il problema sociale sia di natura moralistica. Con tale stato d'animo si va alla caccia di volontà perverse volte a realizzare disegni negativi, dimostrando con ciò un eccessivo semplicismo che, non toccando la vera natura dei problemi, alla fine non incide positivamente sull'andamento delle cose, ma anzi spesso le aggrava.

 Perché tutto ciò?

 Alla base vi è una profonda mancanza di fiducia nella Vita in generale e nell'Essere Umano in particolare.

 Questo libro è scritto sulla base di convinzioni diverse. L'autore è convinto che i mali sociali dipendono non già dalla cattiva volontà degli Esseri Umani, ma dalla inadeguatezza delle strutture ereditate dal passato remoto e prossimo. Pertanto lo sforzo di coloro che vogliono contribuire a sanare i difetti della Società, deve essere rivolto non già a combattere fantasmi più o meno evanescenti, spesso proiezioni subconscie, bensì a sviluppare ricerche di pensiero idonee a trovare soluzioni tecniche adeguate alle esigenze dell'Essere Umano contemporaneo.

 Chi dubitasse della capacità degli Esseri Umani di capire la validità di concezioni miranti a soluzioni positive, dovrebbe disperare definitivamente del destino del Mondo.

 In questo libro si è percorsa la strada della ricerca di pensieri idonei a convogliare gli sforzi creativi degli Esseri Umani verso concezioni positive, nella certezza che questa via sia valida, con il dovuto tempo, a portarci verso quel porto sicuro che è nelle speranze di ciascun Essere Umano.

 Azione culturale, quindi, sorretta dalla speranza nel futuro, alimentata dalla fiducia nell'Essere Umano.

 La caratteristica peculiare dell'azione culturale è quella che essa non mira a modificare o a combattere gli altri, bensì agisce creativamente nel singolo Essere che conduce l'azione per rimuovere quegli ostacoli di natura morale, e per colmare quei vuoti di conoscenza, al fine di rendere l'Essere Umano disponibile per fare quanto richiesto dalle circostanze, in piena coscienza e partecipazione. Chi, così agendo, avrà avuto fiducia in se stesso, non potrà negare, a priori, tale fiducia agli Altri.

 Se dalla contemplazione di pensieri positivi, idonei a migliorare le condizioni della Vita, nascerà nel cuore dell'Essere Umano l'entusiasmo per la loro validità e bellezza, non si potrà poi dubitare che tale apprezzamento venga a svilupparsi in altri Esseri Umani.

 Chi aspettasse di vedere che cosa ne pensano gli altri, prima di mettere in moto la propria capacità di valutazione, si relegherebbe alla condizione di spettatore passivo, negandosi il ruolo di protagonista, e con ciò stesso si toglierebbe ogni diritto di lamentarsi dei mali sociali giacché, non volendo Egli partecipare agli sforzi per superarli, concederebbe agli Altri, a priori, lo stesso diritto, negando in conclusione all'Essere Umano ogni capacità e volontà positiva. Se in un esercito ciascun componente aspetta per muovere il passo che sia un altro a muoverlo per primo, non si avanzerà di un centimetro. A tali fini militari si sono create le strutture gerarchiche, per ottenere azioni non libere dietro comandi. Ma in campo sociale è da evitare che si creino delle strutture di potere per far muovere i Cittadini; occorre invece che ciascun Essere Umano si muova da solo sulla base delle proprie convinzioni e delle proprie convenienze. Perché il movimento non risulti caotico, e quindi bisognoso di «regolatori», è necessario che le convinzioni siano basate su ricerche culturali che abbraccino l'intera vita sociale. Da tali ricerche scaturiscono, da un lato, le leggi uguali per tutti, e, dall'altro, i convincimenti personali capaci di guidare l'Essere Umano negli spazi di libertà lasciati dalle leggi.

 L'ideale per una sana vita giuridica è che il numero delle leggi, in quanto di necessità limitatrici della libertà dei Singoli, sia ridotto allo stretto necessario. Pertanto i criteri informatori della attuale attività parlamentare vanno riveduti, altrimenti la sovrabbondanza legislativa diviene una «massima ingiustizia». Di contro è necessario ritrovare i pensieri chiarificatori in campo economico perché possa proseguire lo sviluppo in tale settore che è la base per la vittoria sulla povertà e per pervenire a condizioni di vita tali che sia, per sempre, eliminato dal mondo il condizionamento delle volontà degli Esseri Umani attraverso i bisogni primari.

 In questo libro sono state indicate delle soluzioni ritenute idonee a farci ritrovare la strada del libero sviluppo. È ferma convinzione di chi scrive che, nella direzione indicata, non esistono ostacoli oggettivi, dovuti a misteriose forze avverse, ma solo quelli derivanti dalla pigrizia interiore di ciascuno di noi. Se sposteremo l'attenzione in tale direzione e se faremo di tutto per risvegliarci dal torpore, per collegarci nelle libere ricerche culturali, contribuiremo al diffondersi di quella luce capace di illuminare gli angoli bui, la cui misteriosità dipende dall'ignoranza degli Esseri Umani. In tale direzione la Civiltà ha molto camminato e si può dire che la problematicità della vita contemporanea dipende in larga misura dalle domande pressanti delle coscienze risvegliate. Il problema è di chi deve rispondere a tali domande. Se ognuno si limiterà a porre le domande non si perverrà mai alle soluzioni. Occorre che chi può cerchi le risposte, prima per sé e poi, trovatele, le offra agli altri; ma occorre anche che esse siano chiare e definite e non enunciazioni di indistinte aspirazioni. Se le risposte saranno di carattere culturale vi sarà la possibilità di confronti e approfondimenti, in libertà, per maturare poi quella successiva volontà di realizzazione che non potrà generare sgradevoli sorprese in quanto basata su precisi contenuti precedentemente vagliati e conosciuti.

 L'attivismo che vuole subito passare all'azione, in campo sociale è fonte di enormi disastri giacché, per la natura stessa dei problemi riguardanti la vita degli Esseri Umani, qualsiasi azione che non sia radicata culturalmente nelle coscienze finisce per violentarle, indipendentemente dalle intenzioni sottostanti. In tal senso, oggi, in alcune forze sociali si manifestano apprezzabili sintomi di prudenza che aumentano le speranze per il futuro. Se, di fronte a coloro che patiscono in prima persona le imperfezioni del sistema, si può, anzi si deve, maturare una immediata volontà di fare qualcosa, si deve anche considerare che eventuali errori di scelta finiranno con il rendere più tristi tali condizioni, allargando la fascia degli infelici. Del resto è compito di chi detiene il Potere trovare le soluzioni a breve; ma ciò non esclude che altri Esseri Umani cerchino le soluzioni a medio e lungo termine per preparare il domani sulla base delle esperienze dell'oggi e del passato.

 In questo libro ci si rivolge all'Essere Umano singolo, indipendentemente dalla sua provenienza particolare, nella convinzione che la valutazione delle idee sia di assoluta spettanza individuale, senza mediazioni estranee. Del resto nessun mediatore potrà poi lenire i dolori derivanti da errate scelte personali.

 Il campo di formazione della libera e responsabile personalità dell'Essere Umano può essere, in conformità alle sue caratteristiche peculiari, di diversa natura, ma quello che conta è che una volta sviluppatasi la libera coscienza vi sia poi la possibilità di intesa, con le altre coscienze, per fini positivi. Un campo in cui tale incontro altamente Umano è possibile è quello del pensiero, in quanto esso, per sua natura, non fa violenza alle coscienze, ma si offre in esame alla loro libera valutazione.

 Quale altra via di comunione ha l'Essere Umano? Se ve ne sono altre, quella indicata non può essere esclusa essendo quella della conoscenza che è il presupposto dell'Amore.

Come potranno mai amarsi gli Esseri Umani se non si conoscono? E come potranno mai conoscersi se non si manifestano? Il pensiero è una manifestazione che l'Essere Umano fa di se stesso e la trasmissione di esso ad un altro Essere Umano genera una identificazione, nel contenuto oggetto del pensiero, che mette in sintonia le due coscienze. Anche se quel pensiero è unilaterale, ciononostante ha già creato un legame reale tra coloro che lo stanno vivendo in comunione; sarà poi la constatazione di tale unilateralità che stimolerà, nella stessa via, la capacità di pervenire a pensieri più ampi e tali da superare l'insufficienza rilevata. Chi volesse creare intese tra gli Esseri Umani, rinunciando al pensiero, li condannerebbe alla solitudine da cui poi si genera il sospetto e l'odio. Ecco perché sono da incoraggiare tutte le ricerche culturali tendenti a sviluppare pensieri; giacché per tale via, alla fine, si può pervenire a grandi intese basate su legami reali tra gli Esseri Umani. Il modo di alimentare di contenuti idonei tali ricerche rientra nella libera scelta di ciascuno e nella sua responsabilità verso se stesso e verso gli altri. Ecco perché in questo libro non si esprimono preferenze per una via rispetto ad un'altra: si ritiene essenziale non tanto la via scelta, quanto la meta cui ciascuna dovrebbe portare. L'incontro alla meta fa cadere ogni valutazione sulla superiorità dell'una via seguita rispetto all'altra.

 Come l'albero si riconosce dal frutto, così la bontà di una via di formazione e di sviluppo delle libere coscienze si riconosce dalle caratteristiche di coloro che l'hanno percorsa. Se da una via scaturisce un Essere pieno di odio, a poco serve dire che la via era buona ed anche se ciò è vero sarà impossibile fare qualcosa di positivo con tale Essere; viceversa, se si incontra un Essere Umano tollerante, disponibile al confronto ed al riconoscimento di ciò che è positivo, non si può rifiutare l'incontro perché si proviene da un altro percorso. Chi impegna le proprie forze nella difesa del primato di una via rispetto ad un'altra, spreca inutilmente il proprio tempo e favorisce l'irrigidimento delle posizioni diverse; farebbe invece cosa positiva se utilizzasse tali energie a produrre i frutti buoni di tale campo per offrirli alla valutazione degli Esseri Umani.

 Solo così sarà possibile passare dalle lotte del passato alla concordia, sul cui avvento non è lecito dubitare se non ci si vuole paralizzare aprioristicamente.

 Ecco perché in questo libro si sono evitate le «polemiche», in quanto ritenute non solo sterili ma dannose.

 Chi scrive ha tratto dalla propria esperienza quanto ritenuto buono e positivo e lo offre alla libera valutazione del Lettore; sarà questo che poi potrà ricavare dai contenuti offerti in esame le valutazioni, anche di natura filosofica, che sottostanno alle soluzioni indicate. Scrivere altre parole sul grande libro delle buone intenzioni, non serve; occorre piuttosto offrire frutti concreti, sperando che dal palato di coloro cui sono destinati siano ritenuti maturi e non acerbi o, peggio, disgustosi.


PREFAZIONE

 

 Cultura e politica. Moralismo delle ideologie. Come leggere il libro.

 In questo libro l'approccio ai problemi sociali viene fatto dal punto di vista culturale e non da quello politico. La Politica viene considerata come scienza e arte di governare uno Stato e di regolare le sue relazioni con gli altri Stati, mentre la Cultura ha per oggetto l'Essere Umano e il suo sviluppo.

 Dal punto di vista politico l'Essere Umano viene considerato come uno strumento per la realizzazione degli ideali che informano lo Stato; dal punto di vista culturale lo Stato viene considerato come un mezzo per la realizzazione dei fini degli Esseri Umani.

 Gli ideali politici sono le ideologie; esse sono tali che operano sugli Esseri Umani con carattere di genericità e pretendono la sottomissione incondizionata del singolo.

 Le concezioni sociali, come quella descritta in questo libro, scaturenti da analisi culturali si caratterizzano per il fatto di dare la preminenza ai problemi Umani concreti e fanno derivare ogni elemento della struttura statale dal servizio che da tale struttura viene svolto a favore dell'Essere Umano.

 In altri termini la Politica si occupa del Potere, mentre la Cultura guarda alle funzioni del Potere come funzioni di servizio nei confronti degli Esseri Umani.

 Se si esaminano tutte le ideologie presenti nella vita sociale si nota che in esse il problema principale è quello della conquista del Potere con il sottinteso che dopo tale conquista la buona volontà, che ciascuno attribuisce alla parte cui appartiene, risolverà i problemi della società. Infatti la parte principale di ciascuna ideologia è quella che riguarda la critica delle altre concezioni, mentre i progetti sociali specifici di essa vengono appena accennati per il motivo sopraddetto. Le ideologie, in ultima analisi, sono fortemente impregnate di moralismo intendendosi con tale parola l'attitudine ad imporre agli altri gli obblighi scaturenti da una determinata concezione trascurando di applicare a se stessi i medesimi oneri. Dipende da tale circostanza il fatto che quando i portatori di una determinata ideologia conquistano il Potere, si trovano poi impreparati alle funzioni che ne derivano diventando a loro volta oggetto di critica da parte di altre ideologie che subentrano alle prime. Ciò dipende inoltre dal fatto che tutte le ideologie accettano la realtà statale precedente così come si è venuta cristallizzando nei secoli, sperando che con alcune riforme si possa mettere rimedio ai mali contro cui ciascuno ha combattuto. In questo libro si è seguita una via diversa e diverse sono state le conclusioni cui si è pervenuti.

 Per quanto astratte e generiche sono le concezioni ideologiche altrettanto concrete e particolari sono le indicazioni ricavate dall'analisi culturale svolta in questo libro. Mentre per penetrare il significato delle ideologie è sufficiente impegnare il cervello, per comprendere quanto è oggetto di questo libro è necessario un contatto meditativo con ogni frase, al fine di metterne a confronto il significato con tutto il contenuto della propria esperienza di vita nella realtà sociale. L'indicazione potrà essere accettata solo a condizione che resista positivamente a tale confronto, altrimenti sarà bene respingerla.

 L'autore è disposto ad accettare solo un tale tipo di critica sostanziata di contenuti ricavati da esperienze della vita; mentre le valutazioni di natura solo intellettuale lo lasciano indifferente giacché non si tratta di un gioco dialettico, bensì di valutazioni che riguardano concretamente la vita di tutti.

 Molti che avevano riposto le loro speranze nelle ideologie, a seguito dell'aggravarsi continuo della crisi sociale in tutti i settori, vengono presi da scetticismo e si rifugiano nel privato con un fatalismo controproducente. Con costoro è difficile sviluppare qualsiasi discorso giacché sono rassegnati al peggio, peccando verso le generazioni future. La speranza del Mondo è riposta in coloro che non si lasciano abbattere dalle avversità e prendono anzi stimolo da esse per cercare le soluzioni umane capaci di ridare impulso allo sviluppo della Civiltà. Oggi il fallimento non è nel campo delle cose, bensì in quello delle concezioni e quindi le soluzioni rientrano nel potere e nel dovere dell'Essere Umano. Se malgrado tutti i disastri sociali la vita continua è evidente che una volta rimosse le cause di tali disastri ne scaturirà una forte ripresa.

 Con questo libro si vuole dare un contributo culturale nella giusta direzione.

 


CAPITOLO PRIMO

 

 Accenni ai mali sociali.

 Osservando la vita sociale, così come si è venuta configurando a seguito della attività storica dei vari Governi, non si può non constatare che diviene sempre più difficile svolgere le attività creative umane, essenziali per mantenere soddisfacenti condizioni di vita. Di contro, l'organizzazione statale, gravata di un grande numero di incombenze connesse alla vita economica, ha trascurato il settore propriamente giuridico, che diviene sempre più inadeguato a far fronte alle esigenze di giustizia dei Cittadini. Quali che siano state le motivazioni che hanno ispirato coloro che venivano costruendo le moderne istituzioni, la realtà sociale ha messo in luce che le conseguenze non sono state tali da far progredire gli spazi di libertà dei Cittadini.

 Qualsiasi iniziativa in campo economico è resa estremamente difficile dalla esistenza di un enorme numero di leggi, tali da rendere notevolmente pesante ogni attività produttiva, con conseguente aggravio dei costi e quindi dei prezzi. Il sempre maggiore scoraggiamento dei produttori non lascia presagire nulla di buono, ma anzi fa temere la degenerazione del Sistema verso forme autoritarie.

 Quando all'Essere Umano si toglie, o si riduce, la Libertà, essenziale per la propria creatività sociale, si è fatto quanto di peggio si poteva ai fini del vero Progresso. Questo è il male di fondo della Società contemporanea; tutte le altre insufficienze non sono che un derivato della limitazione della creatività dell'Essere Umano.

 Se si fa un'analisi approfondita delle cause che hanno portato all'odierno stato di cose, si perviene alla conclusione che il «il grande problema» che hanno cercato di risolvere tutti coloro che hanno agito concretamente nella vita sociale, con 1' attività legislativa, è stato ed è quello della «giustizia sociale».

 L'esistenza di un certo numero di Esseri Umani, privi di risorse economiche, e quindi in balia delle incertezze della vita, ha mobilitato la volontà riparatrice di coloro che avevano una forte coscienza della disumanità di tale situazione e li ha portati a sviluppare tutte le iniziative sociali concretatesi nell'assetto in mezzo al quale stiamo vivendo. Se sulle intenzioni, che hanno mosso le forze sociali, si può concordare completamente, non altrettanto si può dire circa i metodi adottati per raggiungere lo scopo. Di tale fatto oggi hanno preso coscienza le varie forze politiche e sociali, e ciascuna di esse si affanna a dimostrare che la colpa principale delle disfunzioni è da attribuire alle parti avverse.

 Mentre sovrabbondante è il lavoro di analisi delle colpe e dei mali contemporanei, non altrettanto si può dire circa quello dedicato a progetti e proposte positive, idonee a modificare la situazione.

 Ciascuna forza politica e sociale si concentra e si disperde in problemi particolari, perdendo di vista il fatto che la vita sociale è una «unità» e che mai potranno ottenersi risultati positivi con azioni parziali e settoriali. Qualsiasi vantaggio particolare conquistato viene subito vanificato dal successivo processo di reazione e di assestamento della compagine sociale, in dipendenza proprio della modifica generata dall'azione settoriale.

 Mali quali l'inflazione, la disoccupazione, l'emarginazione, la burocrazia, la stagnazione, la corruzione, la violenza, la repressività, la delinquenza, l'evasione cercata attraverso farmaci o la dissolutezza, il disordine fiscale, il conformismo, la contestazione fine a se stessa, il languire delle ricerche di base, il proliferare degli armamenti, la limitazione delle nascite, la paura del futuro, ed altri ancora, accompagnano la vita sociale, crescendo in proporzione diretta allo svilupparsi delle attività legislative miranti ad eliminarli. Se ciò avviene, (e la realtà è sotto gli occhi di tutti), deve pure esservi un nesso tra tali mali e le analisi e le visioni filosofiche che sottostanno ai provvedimenti sociali adottati.

Se non si vuol divenire dei pessimisti, per partito preso, occorre trovare il coraggio di spingere spregiudicatamente la propria ricerca culturale fino alle radici delle filosofie, prese a base dell'operare del passato e del presente.

 Il pessimismo è la giustificazione che l'Essere Umano da a se stesso, quando vede fallire i progetti che aveva portato avanti, in buona fede, e non vuol riconoscere gli errori contenuti in essi.

 In campo sociale il pessimismo è la filosofia che poi giustifica e rende ineluttabili le rinunzie al metodo della Libertà, basato sulla fiducia nell'Essere Umano, e pone le basi «razionali» per il costituirsi di sistemi autoritari, che tendono ad imporre il «bene oggettivo» con la forza, avendo rinunziato (ecco il pessimismo) a contare sul bene scaturente dalla libera azione degli Esseri Umani. Se esaminiamo il corpo delle leggi e delle consuetudini sociali vigenti, troviamo alla loro base una enorme quantità di «pessimismo», nel senso sopra esposto. Tale fatto può essere rilevato da ogni Cittadino in rapporto al carattere delle leggi in cui si imbatte nella pratica quotidiana della vita.

 Alla maggioranza delle leggi sottostà una visione negativa dell'Essere Umano, cui bisogna imporre o impedire qualcosa e la cui attività è subordinata alla concessione di licenze, permessi e vincoli vari. Con ciò sembra che il genere Umano si divida in due categorie di Esseri Umani; da un lato vi sono i Legislatori che stanno dalla parte del Bene e dall'altro i Cittadini, cui bisogna imporre tale Bene, oppure impedire che facciano il Male. In altre parole, l'azione politica, del passato e del presente, si è sviluppata in modo da far coincidere, nelle intenzioni, il Bene con la Giustizia, cioè la Morale con il Diritto.

 La confutazione della assurdità di tale tendenza, possibile in sede teorica, diviene lampante a seguito del malessere sociale derivato a tutti dalla moderna Società. L'aver confuso la Morale con il moralismo e la Giustizia con il potere, ha determinato i guasti in mezzo ai quali siamo costretti a vivere.

 A questo punto, per evitare equivoci, va affermato che chi scrive pensa che, le cause di tali mali, non vadano cercate nel presente e nel passato prossimo, bensì esse abbiano avuto origini dalle abitudini di pensiero, derivate dal fallimento di tutte le rivoluzioni sociali del passato, a seguito delle quali, le relative insufficienze filosofiche, hanno continuato ad agire fino al presente.

 Quello che differenzia la situazione presente, rispetto a quelle del passato, è la circostanza che le disfunzioni che viviamo si verificano in un contesto di grande ricchezza oggettiva; con ciò si dimostra chiaramente che le soluzioni vanno cercate non nel campo delle cose, bensì in quello delle idee. Infatti, per il passato, la povertà oggettiva, ha sempre costituito un alibi e una giustificazione, all'insuccesso delle forze politiche; oggi tale alibi non funziona più e occorre che gli Esseri Umani, in umiltà, riconoscano i propri errori e prendano stimolo da ciò, per pervenire a concezioni sociali, veramente moderne, che tengano conto di tutto il dolente patrimonio di esperienza, che portiamo con noi.

 In questo capitolo ho fatto dei semplici accenni ai mali sociali, giacché, chi abbia propensione per tale tipo di analisi, potrà trovare materiale sovrabbondante nel lavoro di critica che, ciascuna forza sociale, va svolgendo nei confronti delle altre.

 In questa parte del libro ho cercato di indicare il carattere essenziale della filosofia che sottostà alla maggior parte dei contenuti delle istituzioni sociali contemporanee, lasciando al lettore la verifica pratica di quanto affermato, in riferimento alla propria esperienza di vita. Ho evitato di indicare, astrattamente, la filosofia alternativa su cui è basata quest'opera; lasciando al lettore il compito di dedurla dal contenuto delle analisi e delle proposte dei successivi capitoli


 

CAPITOLO SECONDO

 

 Sovranità dell'Essere Umano e Sovranità dello Stato. La socializzazione monetaria ed il minimo vitale.

Per poter trovare la via di uscita dal labirinto dell'attuale situazione è necessario stabilire se vi sia la possibilità teorica della esistenza di un modello di organizzazione sociale corrispondente alle esigenze dell'Essere Umano.

 Prima di tutto va affermato che qualsiasi struttura sociale dovrà essere esente da ogni moralismo e limitarsi a consentire che la lotta tra il Bene e il Male si svolga all'interno delle coscienze degli Esseri Umani. Così come oggi è da considerare negativo il fatto che la organizzazione della Giustizia con la propria inefficienza diviene in realtà un aiuto per chi sceglie la via del Male, sarebbe da considerare altrettanto negativa una organizzazione giuridica che volesse costringere a fare un Bene oggettivo, giacché mai potrà esistere una scienza del Bene dato che la vita morale, al di fuori delle coscienze degli Esseri Umani, diventa un vuoto fantasma. È moralismo quello che porta l'organizzazione giuridica ad operare coattivamente in campo economico, mentre non è moralistica quella che opera per far rispettare le leggi dello Stato, una volta depurate da tutte quelle parti palesemente prive di fondamento giuridico.

 Dopo questa premessa affermiamo che uno Stato veramente moderno non potrà avere altro compito che quello di fare e fare applicare le leggi al servizio di tutti i Cittadini, nel rispetto della loro legittima sovranità.

 Siccome il polo opposto della Sovranità dello Stato è la Sovranità dell'Essere Umano, andiamo ad esaminare quest'ultima, per determinare i limiti invalicabili dell'attività legislativa dello Stato.

 Sintetizzo la mia concezione della Sovranità dell'Essere Umano nella seguente formula: «Nulla può essere proibito ad un Essere Umano che non sia contemporaneamente ed in eguale misura proibito a tutti gli altri Esseri Umani», a cui fa riscontro l'altra formula: «Nulla può essere imposto all'Essere Umano senza il suo esplicito e libero assenso».

 Da queste formule si ricava il limite tra la Sovranità dello Stato e la Sovranità dell'Essere Umano.

 Io riconosco all'organizzazione statale solo il diritto di fare leggi di proibizione, in difesa dei diritti generali, valide contemporaneamente e nella stessa misura per tutti gli Esseri Umani, senza eccezioni. Solo l'Essere Umano ha la facoltà di impegnare la propria volontà attraverso la sottoscrizione di patti individuali, aventi un termine oppure no, con l'ottenimento di contropartite esplicite e da lui ritenute sufficienti a compensarlo del sacrificio derivantegli dal vincolo della propria volontà. È superfluo affermare che la validità di tali patti non potrà mai essere assoggettata a qualsiasi formalismo estraneo ai patti stessi (carte bollate, formule, registrazioni, ecc. ecc.). L'organizzazione statale, chiamata da una delle parti, dovrà imporre all'altra il rispetto del patto.

 Quando qui si parla dell'Essere Umano con capacità di impegnare la propria volontà in un patto privato, si pensa all'Essere Umano in condizione di Libertà.

 Passiamo quindi ad esaminare la condizione dell'Essere Umano, per vedere cosa è necessario perché egli disponga di tale condizione di Libertà. La Libertà non è «dai bisogni» ma è possibilità di far fronte autonomamente ai propri legittimi bisogni. Tra questi primo e fondamentale è quello di poter disporre di quel complesso di mezzi materiali per il mantenimento della propria vita fisica.

 Si mette l'Essere Umano in condizione di Libertà nel senso sopra esposto se non gli si impedisce, in diritto ed in fatto, di poter far fronte ai propri bisogni vitali in maniera autonoma.

 L'Essere Umano realizzerebbe questa propria Libertà in una situazione in cui non esistesse nessuna organizzazione sociale. Egli avrebbe a propria disposizione la Natura, e da essa ricaverebbe tutto quanto necessario per il proprio sostentamento. Qualsiasi organizzazione sociale non ha il diritto di privare l’Essere Umano di questa propria Libertà, di cui egli godrebbe in situazione di asocialità.

 In dipendenza di quanto sopra si afferma che qualsiasi organismo sociale, che non voglia essere contro l'Essere Umano, deve garantire come base della propria esistenza il diritto dell'Essere Umano ad avere a propria disposizione, in maniera incondizionata, quanto a lui necessario per la sopravvivenza materiale. Ciò equivale ad affermare che l'Essere Umano è comproprietario dei beni naturali del contesto sociale in cui è inserito.

 Questo è il primo e fondamentale diritto che non è stato mai riconosciuto da nessuna organizzazione sociale. Se si vuole pensare ad una Società giusta, occorre partire da questa base.

 Sorge ora il problema di come sia possibile dare pratica attuazione a questa esigenza.

 Nelle società contemporanee al denaro è stato attribuito il potere di essere cambiato con i beni materiali e con le prestazioni. Se si vuole risolvere il problema di cui si è detto sopra, occorre partire dalla considerazione che dando all'Essere Umano del denaro in misura adeguata, è come se gli si restituisse il diritto di avere a disposizione i mezzi per la propria sopravvivenza, di cui disporrebbe in una condizione di asocialità nel senso sopra indicato.

 A questo punto nascono alcuni problemi: il primo è quello del modo del reperimento di tale denaro ed il secondo è quello della misura di tale compenso sociale.

 Circa il modo del reperimento del denaro, scartiamo subito l'attuale sistema fiscale, per le ragioni che verranno indicate in un capitolo a parte in cui tale argomento sarà trattato, ed indichiamo un altro mezzo idoneo al conseguimento dello scopo. Tale metodo viene chiamato «decurtazione monetaria» e consiste nell'avere a disposizione del denaro datato ed assoggettato ad una decurtazione periodica, ad esempio mensile dell'l%, da versare attraverso il sistema bancario ad una cassa sociale, il cui ammontare costituisce la base dell'emissione monetaria necessaria al versamento dei «compensi sociali» mensili a ciascun Cittadino, ed al fabbisogno dell'organizzazione giuridica.

 Circa il secondo problema, cioè quello della determinazione della misura di tale «compenso sociale», è sufficiente applicare la formula: «Il compenso sociale deve essere idoneo ad assicurare a ciascun Essere Umano facente parte del contesto sociale la possibilità di realizzare dignitosamente la propria sopravvivenza fisica».

 Tale soluzione corrisponde ad una socializzazione monetaria.

 Le implicazioni pratiche di tale nuovo sistema saranno trattate nei capitoli seguenti, in riferimento ai vari aspetti della vita sociale. Qui è sufficiente far rilevare che con tale sistema si stabilisce una base di giustizia per la vita sociale che non sarà più generatrice di emarginazione. Sulla base della indipendenza primaria conseguita con il «compenso sociale», l'Essere Umano potrà ottenere il di più, che vorrà perseguire, attraverso l'attività lavorativa che si svilupperà con libera contrattazione (essendo venuta meno la inferiorità contrattuale del passato per coloro che dovevano lavorare al fine di far fronte ai propri bisogni).

 La dinamica di un tale tipo di Società sarà trattata più dettagliatamente, come si è detto prima, nei capitoli successivi. Va fatto rilevare qui, come anticipo di quanto verrà detto in seguito, che tale nuovo sistema non è punitivo nei confronti del risparmio, in quanto la decurtazione monetaria sostituisce l'attuale inflazione non finalizzata ed in più azzera gli oneri fiscali con conseguente stabilità dei prezzi (con tendenza alla diminuzione in dipendenza del progresso tecnologico). Altro aspetto che si vuole qui anticipare è quello che, essendo i «compensi sociali» e i compensi da lavoro e commerciali ottenuti in moneta a valore pieno, si disinnesca il potenziale conflittuale della diminuzione del potere di acquisto dei salari a causa dell'inflazione.

 Una volta riconosciuto che il complesso dei beni naturali è «di diritto» di proprietà di tutti i Cittadini, viene meno la base giuridica della esistenza della proprietà pubblica, che dovrà essere tutta venduta ai privati per l'impiego socialmente utile. Con il ricavato si incrementerà la consistenza della cassa sociale per le successive distribuzioni in considerazione degli aumenti demografici.

 Assicurata in fatto ed in diritto, attraverso quella che è una vera e propria socializzazione monetaria, la piena utilizzazione sociale dell'attività economica, occorrerà procedere allo smantellamento di tutte quelle leggi che creano ostacoli alla libera vita economica, lasciando in essere solo quelle non contrastanti con i due principi giuridici fondamentali indicati all'inizio di questo capitolo.

 Da quanto detto sopra potrà apparire che trasferendo tutto il potere economico agli operatori privati, ne scaturirà la possibilità di arbitrii antisociali. Ciò è assolutamente contrario al vero in quanto, riflettendo sulle basi della soluzione indicata, si perviene a conclusioni del tutto opposte. Infatti nel sistema indicato l'operatore economico agirà tra due limiti: da un lato, dovendo trattare con Lavoratori in condizione di indipendenza economica, vi sarà un equilibrio contrattuale che condizionerà fortemente l'operatore stesso, mentre dall'altro lato la sovranità dell'Acquirente decreterà il successo o l'insuccesso dell'impresa. In ultima analisi l'attività imprenditoriale riceverà il proprio successo da una parte dalla libera collaborazione dei Lavoratori e dall'altra dal libero gradimento del complesso dei singoli acquirenti.

 Con ciò l'attività economica non sarà più un esercizio di potere ma una prestazione di servizi sociali. Oltre tutto l'accumulo monetario diventa base per le future decurtazioni da destinare ai compensi sociali; questi riceveranno il loro concreto valore dal fatto che il mercato sarà abbondante di merci prodotte dalle imprese economiche.

 Circa la figura dell'Imprenditore va inoltre detto che essa non è derivante da una categoria a se stante, ma discende dal campo dei Lavoratori con capacità di sintesi adeguata all'attività imprenditoriale. Chi vorrà potrà divenire Imprenditore, nella libera dialettica e nel ricambio dirigenziale e con ciò diverrà un servitore sociale. Se l'Imprenditore sarà oggetto di ammirazione da parte dei Lavoratori costituirà per questi un modello ed uno stimolo di auto perfezionamento, con vantaggio dell'intero sistema economico e sociale. In una società piatta, in cui la condizione di subordinazione è una prospettiva perenne, viene meno ogni stimolo all’autoperfezionamento e prevalgono le istanze egoistiche sotto l'aspetto deteriore.

 Alla fine di questo capitolo sorge la domanda: come si potrà mai passare dai sistemi attuali a quello qui delineato? A questa domanda si risponderà nei successivi capitoli.


CAPITOLO TERZO

 

 Cenni sul trapasso alla nuova Società.

 Il problema del trapasso dai sistemi vigenti a quello indicato, pone esigenze di gradualità e di precedenze per escludere ogni pure minimo trauma alle strutture sociali, la cui vitalità è in una situazione di estrema precarietà. L'attività legislativa del Governo dovrà riguardare i seguenti argomenti: 1) Realizzazione delle nuove strutture sociali idonee a mettere in moto e mantenere il meccanismo per assicurare ad ogni Cittadino il compenso sociale di cui si è detto prima, nonché all'amministrazione pubblica la base monetaria per le proprie spese. 2) Avviare tutte le procedure per liberare l'attività statale da ogni minima incombenza di carattere economico, sia diretta che di controllo, salvo la sorveglianza a posteriori sulla legalità dei comportamenti economici dei Cittadini e delle società od associazioni. 3) Stabilire le norme per l'elezione periodica dei Magistrati e dei Legislatori.

 Circa il primo compito, che è indubbiamente quello più complesso, va tenuto presente che esso dovrà essere realizzato tenendo conto dell'altissima tecnologia, meccanica ed elettronica, realizzata dalla civiltà contemporanea. Trattandosi della realizzazione della giustizia di base, tale organizzazione dovrà escludere, a qualsiasi livello, ogni discrezionalità, dovendo il tutto operare su schemi finanziari assolutamente rigidi una volta determinate le due variabili di base, cioè 1' ammontare del compenso sociale individuale ed il tasso di decurtazione monetaria. È evidente che tali due variabili hanno diretta influenza sulla situazione della bilancia dei pagamenti il cui squilibrio, attivo o passivo, imporrà la corrispondente modifica dei due valori di base.

 Circa il secondo compito va rilevato che attualmente esiste un alto indebitamento delle strutture pubbliche verso il settore privato; tale indebitamento dimostra con chiarezza l'incapacità economica di tali strutture, mentre di contro evidenzia il fatto che è il complesso dei Cittadini a portare sulle proprie spalle il peso delle velleità economiche degli operatori pubblici. Tale fatto non è assolutamente sostenibile dal punto di vista della Giustizia ed annulla ogni farneticare sulla preminenza delle ragioni della organizzazione statale sulle volontà dei singoli Cittadini.

 Se si dovesse accettare una tale logica si darebbe pratica attuazione ad un sistema di schiavitù in cui si creerebbero due categorie di Esseri Umani: da un lato quelli che decidono e dall'altro quelli che pagano il prezzo delle decisioni dei primi. Con ciò si avrebbe un trasferimento forzato di sovranità da un gruppo di Esseri Umani a favore di un altro gruppo. Contro un tale stato di cose lotta la volontà di libertà dei sottomessi.

 A questo punto si potrà obiettare che la vita è lotta e quindi da questo punto di vista non vi sarebbe nulla di nuovo. Ma qui il problema non è quello di eliminare il principio della lotta, ma quello di stabilire la sede in cui tale lotta è legittima. Se noi fossimo all'epoca dell'Impero romano, in cui esisteva la schiavitù, cadrebbe il fondamento di ogni realistica obiezione contro «imperium», ma da allora la Civiltà ha camminato ed ha riconosciuto come illegittima ogni forma di schiavitù. Quello che prima si esplicava come lotta tra gruppi o ceti, oggi opera all'interno delle coscienze, da un lato come lotta creativa contro la parte di sé che si vuole superare e dall'altro come affermazione di sé attraverso la pattuizione in dialettica contrapposizione ad altri individui, sotto la supremazia delle giuste leggi.

 Rifiutato tale principio di sopraffazione, all'organizza-zione pubblica non resta altro da fare che pagare i propri debiti di natura economica a coloro che vantano crediti, mettendo in liquidazione il proprio patrimonio e delegando alla Cassa sociale il compito di tale liquidazione con trasferimento ad essa di tutte le obbligazioni attive e passive delle organizzazioni pubbliche fino all'assolvimento di esse.

 Chi a questo punto dovesse gridare allo scandalo è invitato formalmente a fare un profondo esame di coscienza per andare a scoprire le cause recondite di tale moto di scandalizzata ripulsa. Sul piano dei principi non è più tempo di compromessi e ciascuno è tenuto ad assumere con chiarezza le proprie responsabilità di fronte alla Vita. Questo libro è scritto con la convinzione che è di gran lunga superiore il numero di coloro che intimamente sono configurati in modo da accettarne la logica, rispetto a coloro che vogliono il mantenimento dell'attuale stato di cose o il suo avviarsi verso forme ancora più autoritarie. Il fine è quindi assolutamente democratico, basandosene il conseguimento in una vasta azione culturale la cui legittimità risulta dai più profondi impulsi della civiltà contemporanea.

 Chiunque volesse contrastare, su un piano diverso da quello culturale, quanto qui si viene affermando, dovrebbe dichiarare guerra al Progresso e schierarsi dalla parte delle forze oscure che sono contro ogni evoluzione.

 Per quanto riguarda il terzo punto va evidenziato che con esso ci troviamo di fronte al problema della Giustizia. La Giustizia si esplica in due modi: da un lato con la creazione di leggi giuste e dall'altro con la loro rapida applicazione. La validità delle leggi non dipende solo dalla volontà del Legislatore, ma principalmente dal fatto che esse, nella pratica, rispondano alle istanze giuridiche dei Cittadini. Prima di procedere oltre sull'argomento, ritengo doveroso comunicare al lettore che io condivido in pieno l'opinione del Mazzini su Dio, cioè sulla convinzione che il concreto manifestarsi di Dio nella Storia, nella sua continuità, avviene attraverso i singoli componenti di ogni Popolo, nel loro pensare sentire e volere. Il Cristianesimo non contrasta ma anzi rafforza tale opinione, giacché per il Cristiano l'azione divina non è stata non è e non sarà azione di violenza sulle coscienze, ma provvido sostegno dello sviluppo di esse verso l'Amore.

 Riprendo ora dal punto in cui affermavo che la validità delle leggi non dipende solo dalla volontà del Legislatore, ma principalmente dal fatto che esse, nella pratica, rispondano alle istanze giuridiche dei Cittadini. Se si condivide tale opinione non si può non desiderare un sistema giuridico che metta il complesso dei destinatari dell'attività giuridica in condizione di scegliere con libere elezioni i gestori della giustizia, cioè i Giudici.

 Divisa la Società in compartimenti giuridici territoriali sufficientemente ristretti per favorire la conoscenza dei Giudici da parte dei Cittadini, occorrerà stabilire un sistema di loro elezione con frequenza periodica, affinché essi siano espressione del concreto senso di giustizia del Popolo.

 La giustezza delle leggi risulterà ai Giudici, nel loro quotidiano esercizio al servizio della Giustizia, e quindi saranno essi ed essi soltanto che, riuniti in Associazione, discuteranno tra loro in pubbliche sedute la necessità di modifiche legislative la cui attuazione dovrà essere affidata ad un gruppo di Legislatori eletti tra loro. Con ciò in tali consessi fluirà la concreta vita giuridica dei Cittadini e le leggi diverranno sempre più espressione della volontà di giustizia del Popolo.

 Durante il periodo elettorale ciascun autocandidato alla funzione di Giudice potrà comunicare all'elettorato il proprio programma giuridico, sia per quanto riguarda la funzione giudiziaria, sia per quanto attiene a quella legislativa.

 In merito alla esecuzione delle sentenze dei Giudici e alla difesa delle strutture sociali in forza delle leggi vigenti, è naturale pensare che debba esistere un corpo organizzato militarmente, la cui struttura sarà determinata dalle leggi e le cui funzioni saranno dirette dai Giudici, unici interpreti delle leggi stesse.

 Ciascun Giudice opererà nella propria giurisdizione, collegandosi con altri Giudici quando il caso in esame dovesse investire più giurisdizioni.


CAPITOLO QUARTO

 

Considerazioni generali sulla vita economica.

 Nel campo della vita sociale il settore economico è quello sul quale la maggior parte dei Cittadini ha le idee più confuse.

 Quando si parla di economia con l'Essere Umano della strada si vede subito affiorare in lui la convinzione che la vita economica è quella in cui si realizza lo sfruttamento dell'Essere Umano sull'Essere Umano. Tale opinione è così radicata che chi non la condivide difficilmente trova con la controparte una base comune per portare avanti il discorso. Nella mente di colui che considera negativamente la vita economica, così come da lui è conosciuta per esperienza, si presenta l'immagine storica dei bambini sfruttati nelle miniere ed affiorano inoltre tutte le personali angosce vissute nella propria attività economica.

 Se incontestabile è il quadro negativo che vive dolorosamente nella maggioranza degli Esseri Umani in dipendenza della loro vita economica, non altrettanto si può condividere l'analisi che la maggioranza fa delle circostanze e delle cause che da sempre hanno determinato le suddette situazioni dolorose.

 Tutti danno per scontata la circostanza che nel rapporto tra Imprenditore e Lavoratore vi sia una situazione di squilibrio a danno di quest'ultimo. Ciò è incontestabile e da questo fatto derivano tutte le insoddisfazioni che gli Esseri Umani hanno ricavato dalla loro vita economica. Ma, una buona volta, esaminiamo in profondità tale rapporto, cercando di scoprire la vera causa dello squilibrio.

 La situazione di privilegio dell'Imprenditore nei confronti del Lavoratore dipende dal fatto che generalmente il primo contratta in una situazione di bisogni Umani di base già soddisfatti ed assicurati, mentre il secondo ha preminente il bisogno di lavorare per assicurare la propria sopravvivenza e quella delle persone che, in tal senso, dipendono da lui. In ultima analisi l'Imprenditore, con la proprietà dei mezzi di produzione e del capitale monetario (proprietà tutelata dalle leggi), si è sempre trovato di fronte il Lavoratore nullatenente, per il quale l'esistenza del diritto di proprietà risulta da un lato inutile, in quanto a lui manca l'oggetto di tale diritto, e dall'altro dannoso, in quanto mette la propria controparte in condizione di preminenza nel rapporto contrattuale.

 Non vi è quindi da meravigliarsi se un numero grandissimo di Esseri Umani combatte il diritto di proprietà. Ma ciò dipende dal fatto che mai è stata indicata l'unica vera soluzione al problema sopra esposto, consistente non già nell'annullamento assurdo del diritto di proprietà o nel trasferimento altrettanto assurdo di esso allo Stato, bensì nel garantire concretamente ai Cittadini il diritto alla vita, in quanto comproprietari dei beni naturali del contesto sociale in cui vivono. Quindi non la estinzione del diritto di proprietà individuale, bensì il suo rafforzamento e la sua estensione a tutti i componenti la vita sociale, era ed è la via per risolvere il problema.

 Mettendo in discussione il diritto di proprietà si può arrivare, con perfetta consequenzialità, a mettere in discussione il diritto di proprietà del proprio corpo e delle proprie azioni, con il finale annullamento di ogni libertà. Giunti a tali limiti è di nessuna consolazione la circostanza che questo annullamento di libertà sarebbe uguale per tutti.

 Si sta percorrendo in questo libro la strada opposta, partendo dall'affermazione del diritto di comproprietà degli Esseri Umani nei confronti dei beni naturali, e ciò non in teoria ma in concreto, con la creazione di una struttura sociale idonea a fornire a tutti il compenso sociale costante ed incondizionato, come concreto indennizzo della circostanza che ciascun Essere Umano non dispone direttamente di quella parte di beni che sono di sua proprietà naturale.

 Se gli Esseri Umani, malgrado il proprio stato psicologico traumatizzato dalle esperienze del passato, faranno lo sforzo di immaginarsi operanti nella vita economica su una base di sicurezza vitale derivante dal percepimento dei compensi sociali, vedranno, prima nella propria mente e poi sempre più nei propri sentimenti, aprirsi una prospettiva di possibile autoliberazione che farà in un primo tempo dimenticare loro le sofferenze passate, e quindi li farà rivolgere, nel pensiero, con profonda gratitudine a quella enorme schiera di operatori del braccio e della mente del passato, prossimo e remoto, ai cui sacrifici e conseguenti sofferenze deve la conquista del nuovo stato di libertà, in un primo momento solo vagheggiato e poi finalmente realizzato, se solo la concordia prevarrà sulle divisioni paralizzanti. È questa la speranza che anima chi scrive, e fa sì che egli si sforzi con tutte le proprie capacità di trasmetterla al maggior numero di Esseri Umani possibile, per acquistare quello stato di comunione nelle idee feconde di progresso nella libertà; comunione che renderà attuabile il progetto, con vantaggio di tutti.

 Se tutti gli insoddisfatti a causa della imperfezione dell'organismo sociale capiranno una buona volta che non è colpa del singolo Imprenditore, Lavoratore tra i Lavoratori, se la miseria non è stata vinta (e non poteva essere altrimenti, per i motivi esposti in questo libro), allora si stabilirà un clima di concordia operativa che recherà subito un sollievo e renderà poi possibile passare all'attuazione del progetto che si presenta in questo libro.

 Non è dividendo tra i Lavoratori l'utile degli Imprenditori che si potrà trovare la strada, o peggio annullando gli utili, ma prelevando attraverso la decurtazione monetaria dalla totalità degli utili, presenti passati e futuri, quella quota monetaria necessaria e sufficiente a garantire in maniera incondizionata il diritto alla vita, non solo dei Lavoratori ma anche di tutti gli emarginati per le cause più diverse. L'utile è il motore dell'economia e senza di esso tutto ristagna, mentre dalla somma degli utili si può ricavare quanto necessario per assicurare a tutti gli Esseri Umani la reale comproprietà dei beni naturali, di cui per il passato sono stati espropriati.

 Non è possibile concepire altra dinamica economica se non a prezzo del sacrificio della libertà di tutti. Non è perciò eliminando gli utili che si risolveranno i problemi sociali, bensì rendendo possibile la libera contrattazione sulla base dei bisogni naturali assicurati, e quindi rendendo possibile 1' accesso agli utili a quanti vorranno cimentarsi nella vita economica.

 È connesso con la natura dell'Essere Umano di voler agire solo in vista di un vantaggio, sia esso di natura materiale sia esso di natura morale, e la misura di tale vantaggio non può che essere personale e quindi la sede della sua realizzazione è la libera contrattazione.

 Così come non può esservi una scienza morale, altrettanto non si può concepire una scienza dei vantaggi; ciò che per uno è stimolante per un altro è indifferente, e quindi mai si potrà avere un'organizzazione economica che voglia ripartire equamente i vantaggi, mentre si potrà avere un sistema sociale che lascia a ciascuno la scelta di partecipare o meno ad una impresa economica, in vista della propria convenienza. Qualsiasi errore a proprio favore o danno, risultante da un'analisi successiva, troverà compenso nelle occasioni future in dipendenza dell'esperienza maturata, e diverrà quindi occasione di progresso personale.

 Il limite dell'errore è costituito esclusivamente dalle leggi rapidamente applicate a richiesta di chi si sente subdolamente frodato. Qualsiasi organismo sociale che voglia considerare i propri componenti come dei minorenni, pecca a loro danno.

 La vita economica, in un contesto sociale così come si va configurando in questo libro, è caratterizzata dal fatto che permette agli Esseri Umani di operare secondo vocazione e non secondo necessità; ciò è oggi possibile in quanto l'altissima tecnologia di cui disponiamo fa diventare indispensabile che non tutti gli Esseri Umani contemporaneamente abbiano voglia di lavorare, per evitare eccessi produttivi che, se non trovano sbocchi internazionali, rischiano di inceppare il meccanismo produttivo.

 Oltre quelli indicati in questo capitolo, altri ed altrettanto positivi sono gli effetti indotti dal «compenso sociale» sulla vita economica; qui ci si limita a quanto detto, giacché degli altri aspetti si parlerà nei prossimi capitoli in connessione con gli altri argomenti che verranno trattati.

 Dovendo esaminare la vita di un intero organismo sociale è necessario procedere gradualmente, componendo a piccoli tratti il quadro generale che alla fine risulterà completo anche se, ovviamente, nei propri aspetti essenziali, giacché credo che nessuno possa pretendere che in un libro venga rappresentata la mobilità della vivente realtà.

 Sarà il lettore che con la propria esperienza estenderà a quegli aspetti della vita a lui abituali quanto qui di necessità appena si accenna.


CAPITOLO QUINTO

 

Fiscalità alternativa.

Il sistema fiscale attuale, operante nel vivo del corpo sociale, ha una sua «logica» sulla quale, una buona volta, è necessario soffermarsi.

 A grandi linee si può dire che il prelevamento fiscale opera in due modi: tassando i redditi e assoggettando a prelievo le operazioni economiche concrete. Di contro, tutto quanto è sfuggito all'azione fiscale, continua ad operare indisturbato nella vita economica.

 Da queste semplici caratterizzazioni dell'attività fiscale dello Stato si può subito vedere che essa grava tutta sui momenti creativi della vita economica, costituendo per essa un freno che, a sua volta, ne riduce la capacità operativa e quindi assottiglia la base impositiva fiscale, creando una spirale diabolica alla cui fine vi è la morte di ogni attività economica. Infatti, con l'assottigliarsi della base impositiva, sorge per lo Stato la necessità di incrementare le percentuali di prelievo che hanno, a loro volta, un'azione di freno produttivo, con conseguente diminuzione dei valori da assoggettare ad imposizione fiscale.

 Tutto ciò è di una evidenza solare, eppure nessuno mette in rilievo l'assurdità del sistema al fine di trovare quelle alternative fiscali prive dei suddetti difetti.

 L'attuale sistema fiscale, nella sua logica necrotica per la vita economica, deriva dalle epoche precedenti a quella dell'economia basata sul denaro. Infatti, se non esistesse il denaro, sarebbe logico prelevare il fabbisogno dello Stato direttamente dai prodotti (e quindi dal reddito), giacché essi ed essi soltanto costituirebbero valori economici concreti su cui operare. Ma in un'economia che, in contropartita dei beni concreti, ha creato il denaro come valore convenzionale rappresentativo di essi, si determina la possibilità per chiunque di convertire i propri prodotti in denaro, facilmente occultabile. Da questo punto di vista si capisce come le organizzazioni statali, mantenendo le abitudini mentali dell'epoca premonetaria, abbiano nel tempo cercato di conoscere il complesso dei momenti in cui i beni venivano trasformati in denaro, per prelevare quella quota di essi che prima prelevavano in natura e poi dovevano percepire in forma monetaria.

 Se è pensabile che, in sistemi sociali primitivi, tale tipo di nuovo prelievo era controllabile, con il crescere della complessità della vita economica aumentavano le possibilità di evasione fiscale con conseguenti tentativi delle organizzazioni statali di creare nuovi sistemi di controllo adeguati, nelle intenzioni, a conseguire il fine della cosiddetta giustizia fiscale. Con ciò si veniva creando un dualismo antitetico artificioso, tra lo Stato da una parte e gli Esseri Umani operanti nella vita economica dall'altra, in cui, a seconda del prevalere dell'una o dell'altra parte, si avevano effetti sociali negativi.

 Noi oggi viviamo le conseguenze di tale lotta, rassegnati al peggio, giacché la cultura sociale non ci offre vie di uscita. Ma è necessario ritrovare la strada del corretto sviluppo, giacché non è interesse di nessun Essere Umano di buona volontà arrivare alla fine del percorso in cui ci troviamo costretti. Per fare ciò è necessario partire dai pensieri che stanno alla base della vita sociale.

 Se è indiscutibile, in linea di principio, che lo Stato (ma concepito correttamente!) ha l'esigenza, per i propri fini di servizio sociale, di percepire del denaro dal campo economico, è altrettanto indiscutibile che deve trovarsi il modo di rendere tale prelievo certo, sia per quanto riguarda la misura che per quanto riguarda la costanza nel tempo. Orbene, in una vita economica basata sul denaro, si può affermare con certezza che la misura dei redditi prodotti validamente nel tempo è tutta rappresentata nel denaro da chiunque detenuto. Risulta quindi logico pensare che ciascun valore monetario contiene in sé, in tutta la sua vita nel processo economico, una propria quota residua di «dovere» fiscale verso l'organizzazione statale. Infatti, se così non fosse, qualora si determinasse la condizione limite della stasi produttiva, per l'esistenza di sovrabbondanza di prodotti nei magazzini, noi vedremmo, da un lato, proseguire la vita economica, sotto aspetto di consumi con l'impiego dei risparmi da parte dei Cittadini, mentre, di contro, sarebbe azzerata la base per le imposte dirette e fortemente diminuita quella per le indirette.

 A questo punto sorge la necessità di concepire un meccanismo fiscale adeguato a realizzare le finalità sopra esposte. Per prepararci ad affrontare la conclusione del discorso facciamo le seguenti considerazioni: se noi fossimo in una economia premonetaria e ciononostante esistesse lo Stato, noi troveremmo perfettamente logico pensare che il prelievo fiscale avvenisse direttamente sui prodotti (decime) ovunque esistenti; in una economia monetaria dovremmo di conseguenza considerare altrettanto logico il prelievo fiscale fatto direttamente sul denaro (rappresentativo di beni), in quota percentuale.

 Se tutto il denaro fosse depositato nelle banche (corrispettivi dei magazzini delle merci), sarebbe sufficiente, per il fine sopra esposto, ordinare ad esse la decurtazione percentuale periodica dei depositi monetari, a favore della cassa fiscale. Ma non tutto il denaro è sempre presente nelle banche e quindi, per evitare una disparità di trattamento di quello depositato rispetto a quello non depositato, è necessario addivenire alla convenzione che ciascun segno monetario perda, in valore reale, nel tempo, una parte di sé, a favore della cassa fiscale che, in contropartita, ricrei nuovo denaro da destinare ai propri fini. Per realizzare ciò è necessario che i segni monetari siano datati, per poter poi, nello scambio, essere valutati al valore residuo ed in ultimo, nel passaggio attraverso le banche, essere conteggiati ai fini fiscali.

 Questa è l'unica soluzione corretta del problema fiscale.

 A chi a questo punto vorrà fare la facile obbiezione che la variazione nel tempo dei valori monetari creerebbe delle difficoltà di conteggio, si può subito rispondere con le seguenti considerazioni:

 1) Potendosi pensare nella misura dell'1% mensile tale deperimento, nella pratica, per gli usi di consumo, i conteggi sarebbero estremamente semplici e praticamente irrisori rispetto ai valori in gioco .

 2) Per le operazioni più consistenti, l'uso degli assegni bancari datati nulla in pratica modificherebbe rispetto a quanto oggi avviene per le operazioni a mezzo banca.

 3) Esisterebbe sempre, per chiunque, la possibilità di conversione dei segni monetari troppo invecchiati in altri di datazione recente, nel valore residuo, attraverso le banche.

 4) Si può pensare un sistema di reintegrazione del valore, applicando sul retro di tali monete dei bolli corrispondenti al deperimento, riportandole quindi al loro valore nominale per l'uso corrente.

 Di contro, si pensi agli enormi vantaggi del sistema economico sgravato dall'attuale imposizione fiscale e da tutte le incombenze connesse. Si pensi pure che i redditi da lavoro sarebbero conseguiti in moneta a valore pieno, cui farebbero riscontro dei prezzi delle merci stabili nel tempo, con tendenza alla diminuzione per il progresso tecnologico.

 Ciò finora, in questo capitolo, è stato trattato senza tenere conto della «esigenza di giustizia» di dare a ciascun Cittadino un compenso sociale, come unico mezzo per realizzare la necessità imprescindibile del concreto riconoscimento al singolo della sua qualità di comproprietario di tutti i beni naturali del complesso sociale. Se si inserisce tale esigenza nella visione fiscale sopra esposta, la si trova immediatamente idonea a soddisfarla, in aggiunta alle esigenze di bilancio dello Stato.

 Se ora interpretiamo la decurtazione monetaria da questo nuovo punto di vista, ci accorgiamo che essa, conservando il precedente valore di mezzo per soddisfare le esigenze statali, acquista anche quello di essere un mezzo di rimborso della quota spettante a ciascun comproprietario dei beni naturali. Cioè si arriva a vedere, in ogni moneta, non solo un valore percentuale fiscale, ma anche un altro valore percentuale, corrispettivo del fatto che, qualunque produzione economica, non può essere avvenuta che con l'utilizzazione dei mezzi forniti dalla Natura, (che, per esigenza di giustizia, si considera di proprietà del complesso dei Cittadini), e quindi è assolutamente logico pensare che sia di spettanza dei legittimi proprietari.

 In ultima analisi in ogni moneta, e di conseguenza in ogni prodotto corrispettivo, vi è una parte spettante allo Stato, una parte spettante ai comproprietari di tutti i beni naturali, una parte spettante al detentore per i suoi impieghi di consumo e di investimento; dopodiché, la parte residua, conserva in sé le caratteristiche qualitative del valore originale e quindi resta vitalmente operante nel complesso sociale.

 Mi rendo perfettamente conto che portare l'attenzione degli Esseri Umani su fenomeni complessi come quello descritto può risultare faticoso; ma sono anche certo che la leggerezza derivante dall'ignoranza di quanto ci riguarda tutti in prima persona, non porta nulla di buono; e parimenti faccio rilevare che, se arduo è il compito di riuscire a portare nel campo delle proprie conoscenze quanto si è tentato di descrivere, risulta di contro «impossibile» riuscire ad abbracciare, con il sano pensiero, gli schemi della caotica vita contemporanea. Del resto, i discorsi di questo libro, non hanno finalità accademiche o ricreative, ma vogliono essere un tentativo impegnato di aiutarci tutti ad uscire dalla selva in cui rischiamo di perderci; quindi, fanno appello all'energico (e faticoso) impegno interiore di coloro che non vogliano rassegnarsi al peggio.

 Per parte mia mi sto sforzando di usare un metodo espositivo graduale e piano, per quanto consentito dalla natura degli argomenti che via via vado esponendo, nella speranza di riuscire a trasmettere i pensieri che derivano dalla spassionata analisi della vita contemporanea. Circa i dettagli tecnici derivanti dalle considerazioni teoriche sopra fatte, si tratterà in uno dei successivi capitoli, dopo che il lettore avrà meditato sul contenuto dei precedenti.


CAPITOLO SESTO

 

Il compenso sociale e le vocazioni umane.

 L'esistenza del compenso sociale metterà gli Esseri Umani in condizione di agire partendo dalle loro vocazioni.

 Sulla base della esperienza della vita si può affermare che le vocazioni umane possono essere di tre categorie: la prima è quella che spinge l'Essere Umano a cercare il denaro come mezzo per la propria realizzazione; la seconda è quella che spinge l'Essere Umano a voler operare in difesa dei diritti propri ed altrui; la terza è quella che porta l'Essere Umano a ricercare il Buono, il Vero e il Bello.

 Gli Esseri Umani in cui prevale la prima categoria di vocazioni, saranno portati ad operare in campo economico; quelli in cui prevale la seconda categoria, si orienteranno verso il campo giuridico; e infine quelli della terza categoria, opereranno in campo culturale.

 Va affermato che il prevalere di un tipo di vocazione rispetto agli altri due tipi, non esclude che nell'Essere Umano siano presenti anche le altre istanze; anzi può accadere che, con lo sviluppo della evoluzione individuale, si possa, nel corso della vita, passare dall'uno all'altro campo di azione.

 Ciò che caratterizza una organizzazione sociale in cui esista il compenso sociale nel senso esposto in questo libro, è il fatto che la scelta del proprio campo di attività dipende da motivi soggettivi, cioè di libertà, e non da situazioni oggettive sovrapponentisi alle istanze personali. Ciò sarà praticamente possibile in quanto l'altissimo sviluppo tecnologico lascia all'Essere Umano un'ampia libertà di scelta, in dipendenza della grandissima produttività specifica raggiunta con l'impiego delle macchine.

 Mentre, per il passato, l'attività statale riservava a sé il compito di dirigere l'azione degli Esseri Umani, per il futuro sarà ciò che scaturisce dalla libera volontà degli Esseri Umani a determinare la direzione dello sviluppo sociale.

 La sovranità del singolo Essere Umano si estrinsecherà nella vita sociale nei tre campi di esso; l'elezione dei Giudici farà fluire la sovranità del singolo in campo giuridico; le scelte di lavoro e le scelte di acquisto imporranno la sovranità del singolo alla vita economica; infine le scelte culturali faranno progredire, sulla base dell'attività culturale di ogni Essere Umano, le frontiere della Civiltà.

 In ciascuno dei tre campi è l'Essere Umano stesso che dialetticamente mette un limite alla propria sovranità.

 In campo giuridico la scelta dei Giudici provoca, attraverso la loro successiva azione, degli effetti che permetteranno agli elettori di giudicare della bontà della loro scelta e quindi li costringe ad affinare le loro capacità in tal senso.

 In campo economico il successo delle aziende dipenderà, da un lato, dalla collaborazione e quindi dal «peso contrattuale» imposto ad esse dai liberi «dipendenti», e dall'altro, dal gradimento degli acquirenti che, con le loro libere scelte di acquisto, ne decreteranno il successo o l'insuccesso finale. Infatti, con l'indipendenza del campo economico da quello giuridico, nel senso esposto in questo libro, non potrà più accadere che, attraverso privilegi di natura legale, continuino ad operare aziende ormai prive di validità economica.

 In campo culturale opereranno quegli Individui le cui istanze interiori non possono trovare appagamento in uno degli altri due campi e quindi cercheranno, partendo dalle loro intime insoddisfazioni, di risolvere i loro problemi con ricerche squisitamente culturali i cui risultati potranno poi essere offerti agli Esseri Umani operanti negli altri due campi. Il campo culturale, in ultima analisi, è quello in cui si estrinseca la contestazione creativa dell'Essere Umano. Inceppare il libero sviluppo culturale degli Esseri Umani significa provocare la degenerazione dei positivi fermenti di contestazione di essi in forme rivoluzionarie violente, che si dimostrano poi sterili ai fini del vero Progresso. L'esistenza del «compenso sociale» farà si che ogni Essere Umano avrà la possibilità di trasformare, in libertà, i propri impulsi di contestazione, sviluppati nella vita sociale, in fattori culturali di progresso. Coloro che operano in campo culturale agiscono come benefattori dell'Umanità in quanto, vivendo le contraddizioni sempre esistenti in ogni concreto organismo sociale, col dare in sé soluzioni universalmente valide ad esse, impediscono che tali contraddizioni raggiungano un maggior numero di Individui che, da tale fatto, verrebbero distolti dal perseguimento dei loro scopi da cui traggono soddisfazione. L'azione culturale può considerarsi come una vera e propria azione terapeutica, sia nei confronti dell'organismo sociale, sia nei confronti di coloro che, prima o poi, verrebbero colpiti dai fenomeni che hanno causato tale azione. Sul modo di organizzarsi dell'attività culturale, sia a livello individuale che di associazioni, si può dire poco giacché, ogni fenomeno in essa operante ha in sé le proprie caratteristiche, capaci di determinarne le modalità operative. Tali modalità saranno quelle che, di volta in volta, verranno scelte da coloro che stanno conducendo le singole ricerche o le singole azioni culturali. I risultati della vita culturale fluiranno poi sia nel campo economico che in quello giuridico, operando in tali campi con le regole specifiche di essi. Sarà tale concreto fluire che agirà come continua forza di progresso in campo sociale.

 Per dare una ulteriore caratterizzazione del campo culturale si può dire che esso riguarda la ricerca del Buono, del Vero e del Bello. La ricerca del Buono siamo abituati a chiamarla «Morale»; la ricerca del Vero, «Scienza»; la ricerca del Bello, «Arte». È chiaro che queste sono comode schematizzazioni concettuali giacché, nella realtà, ciò che è buono non può che essere vero e bello, così come ciò che è vero non può non essere anche buono e bello e, infine, ciò che è bello non può non essere anche buono e vero. Nei tre concetti sopra indicati, e nelle relative specializzazioni culturali, si differenzia l'approccio a quell'unico contenuto altamente Umano che si esprime in ciascuno di essi. Ideale della Cultura è quello di pervenire alla unificazione dei tre settori.

 Tornando alla vita sociale possiamo dire che, con l'instaurazione del compenso sociale e l'eliminazione di ogni legge tendente a regolare la vita economica e la vita culturale, si determineranno le condizioni per una nuova dinamica sociale in cui la fonte di essa sarà costituita dalla ricca potenzialità dell'Essere Umano che, con tutte le sue imperfezioni e con tutte le sue perfezioni, o perfettibilità, diverrà il protagonista del proprio perenne sviluppo.

 Se noi esaminiamo tutto lo svolgersi della Civiltà ci accorgiamo che tutti coloro che hanno operato e sofferto per essa, hanno mirato allo scopo sopra indicato. Tutta la vita etica, tutto lo sviluppo dell'arte e della scienza, tutto il progresso tecnico, ed infine tutto quanto di positivo si è fatto e sofferto nel passato, tutto ciò mirava alla liberazione dell'Essere Umano, perché un giorno potesse, in piena responsabilità prendere in mano il proprio destino e divenire padrone di sé e della Terra.

 Qui, certamente, ci si trova di fronte ad un altissimo ideale futuro e tutti i segni dei tempi alludono ad esso; compito di ogni Essere Umano che non voglia limitarsi a vivere alla giornata è quello di favorire la marcia dell'Umanità verso questa meta, contribuendo al concretarsi di quelle azioni che portano in tale direzione; tenendo conto della realtà, ma nulla trascurando di quanto possibile.

 Chi scrive questo libro lo fa nella convinzione che, oggi, siamo ad un punto nodale della Storia e ciascuno di noi, senza esaltazione, deve prendere coscienza di tale fatto e realizzare quanto necessario per il bene di tutti.

 Come risulta da ciò che si viene esponendo, non si tratta di avviarsi ad azioni rivoluzionarie esteriori, ma invece di apportare ordine nelle proprie concezioni sociali al fine che, dalla concordia dei pensieri, possa scaturire poi, in un tempo sperato breve, la possibilità di dare attuazione a quelle modifiche sociali capaci di farci uscire dal caos in cui ci troviamo, per riprendere il cammino dello sviluppo della Civiltà. Se ciascuno metterà ordine nei propri pensieri, il momento della ripresa si avvicinerà di quel tanto che ciascuno lo tiene lontano con i propri errori di comportamento, ma soprattutto di pensiero.


CAPITOLO SETTIMO

 

 

 Il settore economico. Rischio, utile e capitale. La sovranità degli acquirenti.

 

 

 

 Il campo economico è quello in cui si sviluppano tutte le attività tendenti alla produzione dei beni necessari per il mantenimento della vita fisica degli Esseri Umani. In tale settore noi abbiamo, quindi, da un lato la produzione e dall'altro il consumo.

 Chi voglia farsi delle idee su tale settore della vita sociale deve cercare di comprendere tutto quanto si riferisce alle attività produttive e tutto ciò che riguarda l'utilizzazione dei prodotti, e cioè il cosiddetto consumo.

 Esaminando il problema dal punto di vista dell'attività umana possiamo dire che la vita economica sussiste se, da un lato vi è una volontà produttiva e, dall'altro vi sono delle esigenze di consumo.

 Mentre per quanto si riferisce alle esigenze di consumo noi abbiamo i bisogni di base che assicurano una «tensione» economica da questo punto di vista, per quanto riguarda la volontà produttiva entriamo nel campo della libera esplicazione delle attività umane e di tutto quanto si connette con esso.

 Per il tipo di organizzazione economica della società contemporanea si può affermare che la volontà produttiva in campo economico è determinata dalla finalità di ciascun partecipante, di volersi procurare del denaro per potere, con esso, acquistare quei beni che si vogliono a propria disposizione.

 Affermato che il denaro, per quello che rappresenta, è la finalità che mette in moto la molla della volontà produttiva in campo economico, sorge il problema di stabilire, per ciascun atto del genere, la misura idonea a determinarlo.

 Tale misura è da considerare come assolutamente soggettiva, così come soggettiva è la disponibilità del singolo a mettere in moto il proprio agire, ai fini della produzione. Nasce quindi il problema di come possa il singolo Essere Umano pervenire, in libertà, alla determinazione di quella misura da lui ritenuta equa. È evidente che la tendenza alla massima misura possibile, da parte di chi vuole il denaro, si scontra con la tendenza opposta di chi deve dare tale denaro. È chiaro che i due contraenti sono nella condizione di offerenti e richiedenti nello stesso tempo, in rapporto ai due valori oggetti dello scambio, con l'inversione, per ciascuno di tali valori, della tendenza valutativa. Se entrambe le parti sono in condizione di libertà reciproca, con la contrattazione raggiungeranno un punto di incontro che va ritenuto equo in rapporto alle soggettività che lo hanno conseguito; altrimenti una delle due avrebbe negato il proprio assenso e quindi il contratto non sarebbe sorto.

 Nella visione sociale portata avanti in questo libro, l'esistenza del «compenso sociale» e quindi la possibilità per ciascuno di poter far fronte alle proprie esigenze vitali in libertà, esclude che, nelle contrattazioni economiche, vi siano degli svantaggi oggettivi a carico di una parte. Da ciò deriva la conseguenza che ogni contratto economico va considerato, nella configurazione sociale voluta, come soggettivamente equo e vincolante le parti al suo rispetto, pena le sanzioni della legge a carico degli inadempienti. Ciò in quanto l'attività economica va considerata come di interesse della collettività, giacché è essa che fornisce le contropartite reali del denaro.

 Tutto quanto sopra esposto vale immediatamente nel caso di una contrattazione tra due persone che tendono a scambiarsi valori presenti e definiti.

 Per quanto riguarda la produzione di beni che si presume saranno richiesti da futuri acquirenti, al momento ignoti, nasce l'esigenza che esistano Esseri Umani capaci di operare su ipotesi future di vendita e quindi in condizione di rischio. Nella determinazione dei prezzi delle merci prodotte in tali condizioni incideranno non solo i costi sostenuti, ma anche l'onere psicologico di tale rischio. Tale sovrappiù, dipendente dal rischio, si chiama utile.

 È evidente che la tendenza alla sopravvalutazione di tale rischio, deve trovare temperanza nella esistenza della concorrenza oltre che nella parsimonia degli acquirenti. Ne deriva che la libertà di concorrenza diviene essenziale ai fini di una corretta vita economica. Tale esigenza riceve una limitazione nel caso di produzioni coperte da brevetti, ed in tal caso resta sempre la resistenza degli acquirenti nei confronti dei prezzi eccessivi.

 È così che nasce la tendenza agli utili.

 Chi volesse abolire, o penalizzare, gli utili paralizze-rebbe il processo economico, nel suo aspetto moderno, e lo farebbe regredire al livello della mera sopravvivenza. Poiché chi mira all'utile deve produrre cose prima che vi sia la possibilità di venderle, deve, di conseguenza, esistere la possibilità della disponibilità del cosiddetto capitale da impiegare nelle produzioni.

 Senza il capitale non potrebbe esistere l'economia moderna.

 Il capitale, speso nelle produzioni, viene reintegrato con le vendite e viene incrementato dagli utili. Ciò nel caso che vi sia l'apprezzamento dei prodotti da parte degli acquirenti, altrimenti il capitale viene distrutto. Da ciò si può anche concludere che rischio, utile e capitale sono tutti fattori interdipendenti ed essenziali per la vita economica.

 Esaminiamo adesso il capitale dal punto di vista della vita sociale.

 Nella concezione portata avanti in questo libro la «decurtazione monetaria» opera sul denaro e quindi sul capitale monetario per tutta la sua vita; da tale punto di vista esso ha, in questa configurazione, una ulteriore funzione positiva.

 Si potrà obiettare che il capitale, oltre che con l'attività imprenditoriale, si può formare, non solo con il risparmio, ma anche con mezzi illeciti. Ma tale ultima considerazione non riguarda il campo economico, ma solo quello giuridico; pertanto è compito dello Stato creare le giuste leggi che evitino ciò e mettere in atto tutte le azioni necessarie. Si può, al limite, affermare che dal punto di vista economico, qualsiasi capitale, comunque conseguito, non può che operare positivamente.

 Nei confronti delle correnti che storicamente hanno combattuto e combattono il capitale, si può capire che ciò sia potuto avvenire di fronte a quelli formati sulla base di ingiusti privilegi di natura giuridica a danno dei non possessori di essi. Ma a queste correnti ha fatto difetto una giusta capacità di analisi in quanto il problema era ed è, non già quello di combattere il capitale, bensì quello di togliere ogni iniqua protezione a favore dei detentori di esso e, nel contempo, studiare ed attuare quei provvedimenti di natura giuridica idonei a sanare l'ingiustizia di fondo a danno dei nullatenenti che, di fatto, erano e sono espropriati di quella quota di beni naturali di loro spettanza.

 In tale visione, in questo libro, si sostiene la necessità della istituzione del «compenso sociale» per eliminare l'ingiustizia di fondo cui sono assoggettati gli Esseri Umani privi di ogni autonoma possibilità di mantenimento.

 Dimostrato inoltre il valore positivo, anzi essenziale, dell'azione del capitale nel suo operare come investimento nella vita economica, in questo libro inoltre si sostiene la necessità di spostare il prelevamento del denaro necessario per le esigenze dello Stato e per il «compenso sociale» dal capitale produttivo a quello statico, attraverso la «decurtazione monetaria» operante sull'intera massa del denaro esistente e non, come fa l'attuale sistema fiscale su quella parte di incremento del capitale che si genera come utile e che ha il carattere di fattore creativo nella vita economica essendo la contropartita di beni prodotti, mentre di contro viene lasciato libero tutto quel complesso di capitali inoperosi, dal punto di vista produttivo diretto, e spesso con funzione parassitaria.

 A questo punto mi preme far rilevare un altro aspetto positivo della funzione degli utili nella vita economica.

 Se noi pensiamo l'intero campo economico e consideriamo tutto il complesso dei prodotti realizzati in un determinato periodo di tempo, possiamo dire con certezza che il loro valore monetario si compone di due parti: da un lato abbiamo il complesso delle spese sostenute a compenso delle persone che hanno operato per le produzioni e dall'altro abbiamo il complesso degli utili che divengono capitale.

 Di tutto il denaro nelle mani delle persone che hanno partecipato al processo produttivo una parte verrà impiegata in consumi ed un'altra diverrà risparmio.

 Vediamo così scindersi il suddetto complesso monetario in due parti: da un lato il denaro di consumo, dall'altra il denaro di risparmio e quello di utile. Poiché il valore dei prodotti corrisponde alla somma di tali due parti, noi vediamo che coloro che hanno partecipato alla produzione potranno consumare solo una parte di tali prodotti, lasciando il rimanente (corrispondente in valore al risparmio ed agli utili) a disposizione dei consumi di coloro che non hanno partecipato al processo produttivo e cioè agli Esseri Umani appartenenti al campo giuridico, quelli appartenenti al campo culturale ed infine tutti coloro che per situazioni soggettive non si sono ancora inseriti in uno dei tre campi, oppure mancano delle capacità per potersi integrare e cioè gli emarginati. Infatti, per una regolare vita sociale, è necessario non solo che venga dato a tutti il «compenso sociale», ma che in contropartita di esso vi siano le merci necessarie; ciò potrà ottenersi soltanto attraverso l'esistenza del risparmio e degli utili.

 Un'ultima importante funzione dell'utile può ricavarsi dalla considerazione che, essendo esso ottenuto in dipendenza della vendita di prodotti e della prestazione di servizi, avviene che, per questa via, il capitale tende a crescere nelle mani di coloro che hanno capacità produttiva e di servizio concretamente esplicate; quindi si genera una selezione utile all'organismo economico, ad opera dei consumatori, nei confronti degli operatori economici.

 Una vera democrazia deve sapere giustamente riconoscere il valore di legittima investitura di potere economico a favore dei detentori di capitale conseguito con utili e considerarli dei servitori della vita sociale.

 Quando si capirà ciò si smetterà di considerare preminente il potere politico, conseguito attraverso il suffragio elettorale, rispetto a quello economico, conseguito attraverso le libere scelte di acquisto degli acquirenti; si perverrà finalmente alla comprensione che ogni potere politico ha origine dalla stessa volontà che ha generato il potere economico e quindi qualsiasi prevaricazione del primo sul secondo sminuisce la sovranità degli acquirenti e cioè quella degli Esseri Umani tutti.

 Il potere politico ha diritto di intervenire giuridicamente su quello economico solo nel caso in cui dimostra che esso è stato conseguito non attraverso il libero scambio bensì con violenza o artifici illegittimi.

 Se io do ad una persona in premio una moneta, considero un ladro chiunque voglia togliergliela in tutto od in parte; egli commette un abuso non solo verso quella persona ma anche verso di me che ho donato la moneta. Se poi esistesse una legge che obbligasse a versare, a qualche fine, parte di tale moneta, sia io che quella persona potremmo accettare l'imposizione a due condizioni: 1) che tale imposizione valesse «erga omnes»; 2 ) che fosse motivata da ragioni positive conoscibili da tutti.

 In questo capitolo ho sviluppato alcuni pensieri sulla vita economica in particolare e su quella sociale in generale, che non si accordano molto con le opinioni correnti; ma io, in questo libro, non mi sono messo al servizio di esse, bensì cerco di formarmi ed esprimere delle opinioni umane e logiche.


CAPITOLO OTTAVO

 

Il settore giuridico. L'elezione dei Giudici. Il potere legislativo.

 Mentre nel campo economico non si è pervenuti ad un assetto umanamente accettabile, per una insufficiente maturità sociale nelle relative concezioni (giacché l'economia moderna, storicamente parlando, è nata da poco), nel campo giuridico il problema è diverso.

 La civiltà giuridica nel suo aspetto dottrinario è ad un grado di altissima maturità in quanto ha alle spalle due millenni di studi e di pratica. In conseguenza di ciò tutte le disfunzioni in tale settore sono da imputare non ad una imperfezione o ad una inadeguatezza delle concezioni, bensì alla pratica attuazione di esse dovuta ai metodi scelti nella conduzione della vita sociale in generale e di quella giuridica in particolare.

 Tutte le inadeguatezze in campo giuridico nascono dalla imperfezione delle strutture legislative ed esecutive.

 Le concezioni sociali moderne, di ispirazione democratica, affermano che ogni potere, e quindi anche quello giuridico, è di derivazione popolare. Ma la pratica attuazione di questo principio non è tale dà realizzarlo nella sua pienezza. Il nostro sistema democratico, attraverso il suffragio universale, permette la formazione del Parlamento che poi dà vita al Governo. L'azione del Governo in campo giuridico si svolge, da un lato, attraverso la formazione delle leggi che vengono rese esecutive con l'approvazione parlamentare, e, dall'altro, attraverso quel complesso di funzioni ritenute idonee alla applicazione delle leggi stesse.

 In tale meccanismo, come si cercherà di dimostrare in questo capitolo, si può ravvisare una assoluta mancanza di senso pratico in rapporto alle vere esigenze giuridiche dei Cittadini.

 Senza addentrarci nella disamina di tutte le disfunzioni che derivano da tale metodo, giacché esse sono presenti ad ogni Cittadino, passiamo ad indicare, in positivo, quali sono i veri punti di partenza per creare una organizzazione giuridica capace di dare concreta attuazione al bisogno di giustizia di ogni Essere Umano.

 Il bisogno di giustizia del singolo non si riferisce alla organizzazione sociale in generale, ma alla pratica quotidiana e quindi la capacità di valutazione della vita giuridica è limitata a quelli che sono gli aspetti ordinari di tale vita.

 Gli aspetti ordinari della giustizia si esplicano nell'attività dei Giudici per la soluzione dei problemi del campo, che vanno nascendo in dipendenza dell'azione pratica dei singoli Cittadini. Appare quindi logico pensare che il punto di partenza per la realizzazione di una vera vita democratica in campo giuridico deve essere quello che tiene conto del giudizio dei Cittadini in rapporto al concreto operare dei Giudici. Infatti, se si dovesse chiedere ad un Essere Umano di media cultura un giudizio generale su una legge, certamente lo si troverebbe impreparato ad esprimere un tale giudizio; se invece gli si chiedesse se in una controversia di cui è stato protagonista o spettatore diretto egli trova valida la soluzione data dal Giudice a tale controversia, allora, in tal caso, egli sarebbe assolutamente in condizione di esprimersi in base alle proprie dirette esperienze vitali.

 Compreso l'essenziale di tale discorso è facile passare alla conclusione che è necessario, per una vera democrazia giuridica, che l'elezione dei Giudici debba promanare dalla volontà dei Cittadini soggetti alla loro azione. La questione se debbano essere tutti i Giudici a dovere ricevere il mandato diretto da parte dei Cittadini, oppure alcuni principali con potere di delega responsabile a favore di altri, è problema, in questa fase, secondario e che potrà essere studiato dai giuristi; qui preme affermare il principio che esercitandosi l'azione dei Giudici in immediato contatto con la vita dei singoli, il loro potere deve promanare da essi.

 Per quanto poi si riferisce all'attività legislativa, è altrettanto logico concludere che le relative problematiche possono nascere solo nella pratica delle funzioni dei Giudici e quindi solo essi possono maturare quelle esperienze che poi debbono servire di base alla formazione delle leggi.

 Poiché è necessario che le leggi nascano dalla concreta vita giuridica, è necessario che nei Giudici maturi una certa anzianità operativa prima che essi acquisiscano il diritto di poter votare per l'approvazione delle leggi.

 Per quel che riguarda le proposte di modifica delle leggi, è pensabile che esse possano provenire da parte di ogni Cittadino, tramite la mediazione responsabile del Giudice della giurisdizione di cui fa parte.

 Sul modo di organizzarsi delle strutture giuridiche partendo dai principi esposti, le direttive e le iniziative dovranno essere adottate dai Consigli Generali dei Giudici. Tali forme organizzative non potranno che essere corrispondenti ai bisogni di giustizia dell'intero organismo sociale in quanto ciascun Giudice verrà eletto dai Cittadini e quindi la sua azione e le sue proposte non potranno non tenere conto dell'opinione di essi.

 Tutte le aberrazioni nel campo giuridico, in mezzo alle quali siamo costretti a vivere, non si sarebbero mai determinate se le leggi fossero nate per iniziativa dei Consigli Generali dei Giudici eletti dai Cittadini, invece che da Governi che, per loro stessa

natura, non hanno potuto mai essere rappresentativi degli interessi generali degli Esseri Umani. Ciò in quanto, estendendosi l'azione dei Governi alla vita economica, nella volontà legislativa fluivano interessi settoriali che poi, imponendosi alla collettività, fatalmente creavano squilibri, violando con ciò in ultima analisi i principi generali della Giustizia. Quando si arriverà ad affidare il riesame dell'intero corpo delle leggi vigenti al giudizio del Consiglio Generale dei Giudici, si vedrà che molte di esse non supereranno tale esame e con ciò, finalmente, si giungerà ad avere un corpo di leggi veramente corrispondenti ai principi del diritto e quindi salutari per la vita sociale.

 Tutto il potere, nei vari livelli, fonte di tutte le corruzioni è basato su leggi che mai si sarebbero dovute fare e che un giorno, finalmente, saranno eliminate partendo dal vero senso di Giustizia che attraverso l'elezione dei Giudici, il Cittadino farà fluire nei Consigli Generali di essi.

 Qui ci si proibisce di esemplificare giacché il compito di questo libro è quello di indicare le soluzioni e non quello di indugiare sui mali. La conoscenza delle imperfezioni del sistema sociale in cui viviamo risulta a ciascuno dalla propria vita quotidiana, con tutte le afflizioni che ne derivano, e la cui descrizione nulla aggiungerebbe a quello che già ognuno sa per esperienza diretta.

 In questo capitolo, sul problema delle riforme necessarie in campo giuridico, ci si è limitati agli

accenni ritenuti essenziali, giacché si è certi che tutta la dolorosa problematica di questo settore è presente a tutti coloro che non hanno perduto il senso della Giustizia e che inoltre le dottrine giuridiche hanno in sé tutti gli elementi necessari per uscire dalla attuale situazione.

 Se ci si concentrerà sulla necessità di basare tutta la vita giuridica slll’opera dei Giudici eletti direttamente dai Cittadini e se si considererà quanto risulta da tale opera come la fonte di ogni modifica legislativa, si perverrà a quel punto di partenza sicuro da cui poi ogni successiva riforma deriverà con necessità logica, con crescente beneficio della vita sociale.


CAPITOLO NONO

 

Il settore culturale.

 La vita culturale ha origine dalle ricerche individuali degli Esseri Umani.

 Le molle di tali ricerche sono costituite dalle insoddisfazioni nei confronti delle esperienze. Quando le istanze interiori contengono un sovrappiù rispetto a quello che possiamo ricavare dall'esterno, nasce l'esigenza incoercibile di appagare tale sovrappiù. Allorché ci si convince che non esistono realtà capaci di appagare quella parte di bisogni interiori che continuano a manifestarsi in noi, non resta altra via che quella di creare noi stessi tali realtà. Tale esigenza creativa ci impone l'acquisizione delle relative capacità. Raggiunto lo scopo, si consegue il soddisfacimento cui si anelava.

 Il complesso delle produzioni realizzate nel senso sopra indicato, costituisce quello che si può chiamare cultura personale.

 Quando le istanze personali sono di carattere universale, le risposte culturali possono essere offerte agli altri Esseri Umani per rispondere ai loro analoghi bisogni. Allorché ciò si verifica, e da parte di chi offre le proprie produzioni culturali viene chiesta una contropartita monetaria, si entra nel campo economico, con i comportamenti specifici di tale campo.

 La condizione fondamentale per il realizzarsi della creatività culturale è la libertà operativa di chi sta vivendo la relativa esperienza. Ciò si ottiene attraverso il «compenso sociale» che, liberando l'Essere Umano dalle necessità imposte dai bisogni vitali, lo lascia disponibile per il conseguimento dei propri fini culturali.

 Tutto ciò che l'Essere Umano fa, al di fuori del soddisfacimento delle proprie necessità naturali, ha la propria molla in una istanza culturale. In tal senso si può affermare che, tutta la vita giuridica e quella economica basata sulla contrattazione e sul rischio, sono da considerare come prodotti della vita culturale degli Esseri Umani.

 Ciò che differenzia il campo culturale propriamente detto dagli altri due, è il fatto che in esso si sviluppano delle azioni individuali prive di relazioni immediate con la vita degli altri Esseri Umani. Mentre gli impulsi culturali, operanti in campo economico ed in campo giuridico, hanno come finalità l'ottenimento di contropartite, con reale contenuto culturale, prodotte da altri Esseri Umani, quelli operanti in campo culturale hanno lo scopo di trarre dal singolo (da se stessi) tutto quanto di essenziale opera nella istanza di base. Cioè, mentre nell'attività economica ed in quella giuridica oltre alle proprie istanze sono essenziali le valutazioni degli altri Esseri Umani, nell'attività culturale diviene determinante il giudizio autonomo del Singolo.

 Da questo punto di vista si può dire che il campo culturale è quello della Libertà propriamente detta, mentre quello economico è quello dell'incontro reciprocamente condizionante delle coppie di libertà in atto e, infine, quello giuridico è il campo della rigida delimitazione delle libertà individuali rispetto a quelle degli altri, in forza delle leggi che il complesso sociale si va dando, per i propri fini di Giustizia.

 Caratterizzata in questo modo la vita culturale, si può dire che, avendo reso tale vita indipendente dal campo economico attraverso il «compenso sociale», essa va resa indipendente dal campo giuridico con la proibizione di legiferare, in senso restrittivo, nel campo delle Libertà individuali.

 In tal senso le dottrine giuridiche contengono tutto quanto necessario a questo fine.

 Come si è accennato in precedenza, esiste la possibilità che i valori culturali divengano oggetto di scambio nella vita sociale. Ciò si verifica, oltre che nel mercato delle opere dell'ingegno, anche nel settore dell'insegnamento.

 Nello spirito di quanto si viene esponendo appare logico pensare che l'attività scolastica nasca dall'incontro della volontà di insegnamento con quella di apprendimento. Abbiamo, cioè, da un lato degli Esseri Umani portatori di contenuti culturali e, dall'altro, altri Esseri Umani (anche se bambini) richiedenti tali contenuti; con le relative contropartite. Tali rapporti sono viventi e si vanno concretando con la gradualità specifica dei rapporti stessi. Il vincolo tra le parti è costituito dalla reciproca fiducia e dall'apprezzamento soggettivo dei risultati che vanno maturando.

 In tali rapporti è assolutamente da escludere l'intromissione di qualsiasi potere normativo il quale, non potendo che essere generico, contraddirebbe il carattere individuale della vita culturale.

 I cosiddetti programmi di studio non potranno che nascere dalla libera collaborazione delle parti in questione, in rapporto alle proprie capacità e finalità. Ciascun programma di studio va conformato secondo i fini ripromessi dall'Allievo, direttamente o indirettamente attraverso la persona cui egli è affidato o si affida.

 Circa la validità dell'Insegnante nei confronti delle esigenze del singolo Allievo, il giudizio spetta a quest'ultimo o ai suoi Tutori. Nello spirito delle considerazioni sopra fatte, in ultima analisi, tra Insegnante ed Allievo deve determinarsi una libertà reciprocamente condizionante, analoga a quella di due contraenti in campo economico; infatti è sul piano economico che il rapporto nasce, anche se le finalità possono differire di grado da quelle specifiche della vita economica.

 Mentre in campo economico vi sono degli Esseri Umani che offrono beni materiali in cambio di denaro, ed in contropartita vi sono degli altri Esseri Umani che offrono denaro in cambio dei beni cercati, in campo culturale si procede con lo stesso schema, con la differenza che ai beni economici sono sostituiti i beni culturali.

 Il persistere di un Essere Umano nell'attività di Insegnante dovrà dipendere esclusivamente dalla convenienza soggettiva derivantegli da tale mansione, in riferimento al successo conseguito presso gli Allievi. La facile obbiezione che avrebbero successo solo quegli Insegnanti che si sottoponessero alle esigenze degli Allievi, va confutata osservando che l'interesse degli Allievi (protetto dai Tutori) esclude una tale ipotesi; infatti a pagarne le conseguenze non sarebbero poi gli Insegnanti bensì gli Allievi che non acquisirebbero la giusta preparazione per affrontare la vita. Non si vede del resto come un Allievo possa continuare a pagare un Insegnante dal quale in effetti non desideri apprendere. In tal caso sarebbe più logico cercare un altro Insegnante, oppure passare all'attività economica.

 Ciò per quanto riguarda le valutazioni dell'Allievo; per quanto si riferisce alla ipotesi di un Insegnante che volesse esclusivamente compiacere l'Alunno, senza impegnarlo culturalmente, anche se ciò non può escludersi in linea teorica, nella pratica egli tradirebbe il proprio mandato con tutti i rischi connessi, e dovrebbe poi avere a propria disposizione una classe interamente di mediocri, altrimenti perderebbe gradualmente i migliori, in senso relativo, fino a vederli tutti allontanarsi.

 Mentre per il passato sono stati gli attestati a costituire la finalità della scuola, in un sistema come quello indicato la finalità sarebbe costituita dalle «capacità» sviluppate negli Allievi e la loro maturità definitiva verrebbe sanzionata dalla vita sociale, che di per se stessa non tiene conto dei titoli ma dei servizi ricevuti. Qualsiasi attestato formale verrebbe reso superfluo dal riscontro con la realtà.

 A questo punto può sorgere la domanda di come possa l'Allievo avere la misura dei progressi conseguiti. Tale domanda nasce in dipendenza della deformazione mentale derivata dal sistema dei voti. Di fronte allo scopo di acquisire una certa capacità non vi è che una valutazione possibile e cioè quella di averla conseguita oppure no. Chi voglia esercitare un minimo di auto-osservazione può sapere perfettamente se ha acquisito una capacità oppure no e se, in tal senso, egli debba ancora esercitarsi. Potranno sorgere dei dubbi sulla validità della capacità, ma sul grado di conseguimento di essa non possono sussistere incertezze.

 Sul problema della adeguatezza del valore culturale trasmesso, in rapporto ai fini che si vogliono raggiungere, potranno nascere discussioni tra l'Insegnante e l'Allievo o i suoi Tutori, ma una volta stabilito che la relativa capacità è essenziale per i suddetti fini, non rimane altro da fare che conseguire quella qualità oppure modificare il programma rapportandolo alle reali possibilità dell'Allievo.

 Da quanto sopra esposto scaturisce l'assoluta inutilità delle votazioni e dei titoli di studio, mentre sarebbe importante che ciascun Allievo, alla fine dei propri studi, portasse con sé un elenco delle capacità conseguite e dei campi di studio praticati, per servire di orientamento a chi vorrà poi affidargli un compito.

 In quanto detto ritengo sia contenuto l'essenziale per comprendere che cosa, in questo libro, si intende per campo culturale e quanto le relative istanze siano presenti operativamente negli altri campi.


CAPITOLO DECIMO

 

 I concetti principali del libro. Indicazioni per il lavoro nell'Associazione «Pensiero e Vita».

 Nei capitoli precedenti si è trattato quanto ritenuto necessario e sufficiente ad iniziare una ricerca culturale volta a far uscire la Società contemporanea dai vicoli ciechi in cui si è cacciata.

 Nel primo capitolo si è messo in rilievo il fatto che le istituzioni statali, gravando gli Esseri Umani creativi di una grande massa di obblighi innaturali, hanno di fatto ostacolato il cammino della Civiltà, mettendosi in realtà dalla parte delle forze avverse al Progresso.

 Nel secondo capitolo si è definito il limite tra la Sovranità dell'Essere Umano e quella dello Stato. Si è dimostrato che la Sovranità dell'Essere Umano richiede la sua indipendenza nella soddisfazione delle necessità naturali ed a tal fine è necessaria la istituzione del «compenso sociale» per tutti gli Esseri Umani, come concreta contropartita della loro qualità di comproprietari dei beni naturali e culturali del contesto sociale cui appartengono. Si è indicato nella «socializzazione monetaria» il mezzo per dare attuazione a tale esigenza di giustizia sociale.

 Nel terzo capitolo sono state date alcune indicazioni sul passaggio al nuovo tipo di Società; in particolare si è accennato alla istituzione del «compenso sociale», alla necessità di liberare le strutture statali di ogni incombenza di ordine economico ed infine si è affermata la necessità che il potere giudiziario e quello legislativo siano tutti nelle mani dei Giudici e dei loro Consigli Generali, in quanto promanazione della concreta vita giuridica dei Cittadini, espressa attraverso l'elezione dei Giudici stessi.

 Nel quarto capitolo si è cercato di combattere alcune idee errate relative alla vita economica, dimostrando in particolare che tutti i mali di tale settore dipendono non già dalla esistenza del diritto di proprietà, bensì dal fatto che da tale diritto sono esclusi i nullatenenti e che con la istituzione del «compenso sociale» si sana questa ingiustizia di fondo, restituendo all'Essere Umano la capacità della libera contrattazione. Con ciò il potere negativo attribuito per il passato alla classe imprenditoriale viene meno, trovandosi ciascun Imprenditore condizionato da un lato dai Lavoratori dipendenti, finalmente affrancati dalla schiavitù dei bisogni naturali, in condizione di sviluppare una libera contrattazione individuale, e dall'altro lato condizionato dalle scelte di acquisto degli acquirenti. Con ciò si ottengono i seguenti risultati positivi: da una parte si restituisce all'Essere Umano la facoltà di libera contrattazione individuale e dall'altra si realizza la Sovranità dell'Essere Umano in campo economico nella sua funzione incondizionata di acquirente e quindi, come tale, arbitro inappellabile del successo o dell'insuccesso delle imprese economiche.

 Nel quinto capitolo si è affrontato il problema fiscale, dimostrando l'assurdità del relativo sistema vigente il quale grava tutto sui momenti creativi della vita economica, lasciando liberi i capitali monetari parassitari. Di contro si sono date le indicazioni di base per la creazione di un nuovo modello fiscale basato sulla decurtazione monetaria che, sostituendo la precedente inflazione non finalizzata socialmente, assicura la base monetaria per il versamento dei «compensi sociali» e per le necessità dell'amministrazione statale. Si è pure fatto rilevare come tale «decurtazione monetaria» escluda ogni possibilità di fluttuazione antisociale alle necessità economiche per far fronte alla giustizia di base.

 Nel sesto capitolo si è messo in evidenza il fatto che il «compenso sociale» mette finalmente l'Essere Umano in condizione di agire, non più sulla base dei bisogni immediati, ma in risposta alle proprie vocazioni. È stato indicato che tre sono le principali vocazioni degli Esseri Umani: quella economica, quella giuridica e quella culturale. Dalla attuazione di tali vocazioni la vita sociale si struttura nei tre campi corrispondenti: quello economico, quello giuridico e quello culturale. Si è poi data una caratterizzazione di tali campi e si è messo in rilievo come l'instaurazione del «compenso sociale» restituisca all'Essere Umano la propria Sovranità nei suddetti tre campi. Tale circostanza impone che ciascun campo non riceva azioni perturbatrici da parte degli altri.

 Nel settimo capitolo si è trattato più in dettaglio della vita economica. Si è dimostrato che la volontà produttiva in campo economico, riferendosi ad ipotesi di futura vendita, mette l'operatore di tale campo in situazione di rischio cui egli chiede compenso attraverso l'utile. La possibilità di produrre su ipotesi di futura vendita pone inoltre l'esigenza da parte del produttore della disponibilità del capitale di rischio, altrimenti si resta nel campo delle sole ipotesi. Si è inoltre messa in evidenza la connessione dei tre concetti di rischio, di utile e di capitale dimostrandone l'essenzialità ai fini della vita economica. Si è poi spiegato che l'utile è il premio che il sovrano Acquirente dà all'Imprenditore che lo ha ben servito e che inoltre tale utile, assommato al risparmio, non traducendosi immediatamente in consumo lascia merci disponibili per coloro che non hanno partecipato al processo produttivo, né direttamente né indirettamente. Trasformandosi poi l'utile e il risparmio in capitale monetario continuano ad assolvere la loro funzione sociale attraverso la «decurtazione monetaria» che fa tornare ai Cittadini ed alla collettività una parte di tale capitale (e col tempo tutto) in concreto riconoscimento della comproprietà dei beni naturali e culturali da parte di essi. Nel contesto del capitolo si è dimostrato che il Lavoratore, contrattando in libertà sulla base del compenso sociale, non in condizione di rischio, è giusto che non partecipi agli utili. Si è pure messo in rilievo che la libera contrattazione dei dipendenti, assieme alle scelte degli acquirenti, sviluppano una azione di selezione nei confronti degli Imprenditori, il cui successo dipende esclusivamente dalle capacità contrattuali da un lato e di previsione del mercato, dall'altro.

 Nell'ottavo capitolo si è affrontato il problema giuridico, affermando che sono da considerare validi i risultati delle concezioni portate avanti in due millenni di scienza del diritto. Si è pure detto che tutte le disfunzioni dello Stato in tale settore sono da attribuire a due circostanze, da un lato al fatto che la organizzazione statale ha esteso la sua azione alla vita economica e dall'altro alla circostanza che i Giudici non sono di elezione popolare. Si è pervenuti alla conclusione che l'attività legislativa deve divenire competenza dei Consigli Generali dei Giudici, giacché sono i componenti di tale categoria che, promanazione della volontà giuridica dei Cittadini, vivono a contatto con essi il valore pratico delle leggi dello Stato e pertanto solo essi possono maturare le esperienze necessarie per le proposte di modifica o di integrazione idonee all'avanzamento della Civiltà giuridica.

 Nel nono capitolo si è trattato della vita culturale. Si è detto che tale settore riguarda le libere ricerche individuali in dipendenza delle insoddisfazioni generate negli Esseri Umani dalle proprie esperienze. Si è pure messo in evidenza che l'esistenza del «compenso sociale» mette l'Essere Umano, in cui nasce una istanza culturale, in condizione di potersi dedicare in libertà alla relativa ricerca, con vantaggio non solo personale ma di tutti gli altri Esseri Umani. Si è indicato come i risultati delle attività culturali individuali fluiscano poi negli altri campi della vita sociale, divenendone stimoli di progresso. Si è poi accennato al problema dell'insegnamento, dando alcune indicazioni pratiche relative a questo settore, sulla base dei principi generali vigenti nel campo culturale.

 In questo decimo capitolo si vogliono trattare alcune altre questioni connesse alla concezione generale portata avanti in questo libro.

 In primo luogo voglio spiegare il motivo per il quale non estendo la mia indagine ai problemi particolari che travagliano la Società contemporanea in rapporto ai principi indicati in quest'opera.

 La prima considerazione che sento di fare è quella relativa alla circostanza che, essendo oggetto di questo libro la Società nella sua totalità, non si può pretendere da nessun Essere Umano una globalità ed una maturità di esperienza tali da consentirgli di trattare approfonditamente tutti i problemi che la vita genera negli Esseri Umani. Chi volesse, malgrado tutto, fare ciò, mostrerebbe fatalmente i limiti della propria esperienza umana, rischiando di apparire superficiale a quegli Esseri Umani che nel particolare problema sono dolorosamente immersi.

 La seconda considerazione che faccio è quella che quanto sono venuto dicendo non ha lo scopo di restare «vox clamantis in deserto», bensì quello di collegarsi alle ricerche culturali di altri Esseri Umani che stanno sviluppando «pensieri», in loro, mossi dalla stessa problematica che anima questo libro.

 Infatti con quest'opera si dà inizio alla costituzione di una associazione culturale denominata «Pensiero e Vita» in cui portare avanti, con la collaborazione di quanti vorranno collegarsi in essa, le ricerche iniziate. Lo scopo di questa associazione è quello di generare un movimento di pensiero sociale con cui, in concomitanza con le altre forze culturali, permeare il tessuto vivente della nostra Società al fine di contribuire a liberarci dai mali contemporanei, ritenuti insopportabili dalla grande maggioranza dei Cittadini. Col procedere di tale lavoro culturale si spera di influire positivamente sulle forze sociali che gestiscono il Potere, agendo su di esse dall'esterno e dall'interno, con la forza delle argomentazioni cui nessun Essere Umano può rimanere a lungo insensibile.

 Il lavoro potrà essere difficile e lungo, ma questo non deve scoraggiare chi, per vocazione, non ha di mira il solo presente ma guarda al futuro delle altre generazioni.

 A questo punto è necessario indicare le caratteristiche degli Esseri Umani che potranno collegarsi al nostro lavoro.

 In primo luogo, trattandosi di organizzazione di servizio, gli Esseri Umani che ne potranno far parte dovranno aver conseguito un grado di maturità tale da portarli a visioni spassionate dei problemi sociali. Chiunque facesse in sé prevalere l'atteggiamento emotivo rispetto a quello di pensiero non è idoneo, per propria limitazione, a svolgere alcun lavoro nello spirito della nostra associazione. Chi è travagliato dalla necessità di trovare soluzioni a suoi problemi personali, sarà bene che dedichi tutto il proprio tempo a tali problemi e rinunci a cercare di dare agli altri quello che non ha neppure per sé. Chi invece, avendo risolti i propri problemi, ciononostante sente che la propria vita di Essere Umano non possa trovare appagamento nella routine, e soffre oggettivamente per le imperfezioni del contesto sociale in cui si trova a vivere, ed a tal fine mette in moto la propria capacità di pensiero per penetrare le cause di tali imperfezioni, e sente nascere in sé la volontà di fare qualcosa per contribuire al progresso di tutti, quella è una persona che può entrare a far parte della nostra associazione per collegare la propria ricerca con altri, animati dalle stesse intenzioni.

 Lo studio del contenuto del presente libro può costituire il banco di prova della propria vocazione sociale in confronto alle particolari caratteristiche della Associazione. La libera adesione ai principi generali contenuti in quest'opera, senza altra formalità, costituisce la condizione soggettiva per entrare a far parte della nostra comunità.

 Ciò non vuol dire che l'adesione ai principi dovrà essere totale ed incondizionata, anzi saranno considerati positivi, nello spirito culturale che informa l'Associazione, i fermenti nuovi di chiarimento che saranno portati dai nuovi e vecchi partecipanti. Del resto, in questo senso, non potranno sorgere equivoci dato il carattere creativo e di servizio del lavoro svolto nell'ambito dell'Associazione e di cui questo testo costituisce il primo contributo.

 Dalla lettura del libro ciascuno potrà autonomamente ricavare la convinzione o meno di potersi utilmente collegare con quanti ne hanno preso il contenuto di pensiero come punto di partenza per la propria attività culturale.

 Per quanto si riferisce al modo pratico di organizzarsi del lavoro nell'ambito dell'Associazione, nello spirito di quanto abbondantemente indicato in quest'opera, di volta in volta ci si darà quel tipo di organizzazione connesso allo specifico campo in cui si sviluppa la ricerca. In particolare l'Associazione mette a disposizione dei partecipanti la propria struttura editoriale per la pubblicazione degli elaborati che via via si vanno concretando ed inoltre curerà la trasmissione dei testi agli altri associati.

 Circa la struttura economica dell'attività sociale, si comunica che essa è basata sul margine limitato di utile delle opere dell'ingegno donate all'Associazione da parte dei Soci, al fine di finanziare le strutture associative.

 Va comunque precisato che nessuna delle cariche e delle incombenze sviluppate nell'ambito dell'Associazione dà diritto a compenso di qualsiasi natura.

 I ricavi economici delle attività sociali saranno destinati all'attività editoriale, per la diffusione dei risultati del lavoro sociale, per l'organizzazione dei convegni per il necessario scambio di opinioni ed infine per far fronte alle spese vive di gestione.

 Chiunque vorrà dedicare parte del proprio tempo al lavoro sociale, lo farà esclusivamente a proprie spese e senza nulla togliere al tempo necessario a far fronte alle esigenze derivantegli dalla vita privata.


PROGETTO LA FISCALITÀ MONETARIA

 

PRELIEVI FISCALI SPOSTATI

DAL SETTORE ECONOMICO AL CAPITALE MONETARIO

 

DIMEZZANO I PREZZI DI MERCATO:

NECESSITÀ DI RIVALUTAZIONE DELLA LIRA DEL 100% PER L’EQUILIBRIO COMMERCIALE MONDIALE

 

RADDOPPIANO I PRECEDENTI REDDITI

 

RADDOPPIA IL VALORE DEL DENARO:

NECESSITÀ DEL PRELIEVO FISCALE INIZIALE

DELLA METÀ DEL CAPITALE MONETARIO ITALIANO

AMMONTANTE A PIÙ DI 7 MILIONI DI MILIARDI DI LIRE

(il residuo conserva il precedente potere di acquisto)

E SI PUÒ:

1. ESTINGUERE I DEBITI PUBBLLICI

2. LIQUIDARE IL PERSONALE PUBBLICO SUPERFLUO

3. ISTITUIRE IL REDDITO DI CITTADINANZA GENERALIZZATO

4. PASSARE ALLA CONTRATTAZIONE INDIVIDUALE

 

FISCALITÀ ORDINARIA

· DATAZIONE ANNUALE DELLA MONETA CARTACEA

· PRELIEVO FISCALE DELL’8% ANNUO DALLA MASSA DEL CAPITALE MONETARI DEI CITTADINI, ATTRAVERSO IL SISTEMA BANCARIO.

 

 

 

 

 

AUDIO-CASSETTE PER DUPLICAZIONE E DIFFUSIONE INTERPERSONALE.       (20 MINUTI.)

 

La Fiscalità Monetaria per l’Italia

 

INTRODUZIONE

Per invertire il cammino verso la catastrofe sociale, è necessaria una svolta culturale capace di far capire ai Cittadini la Logica Sociale.

La Politica è incapace di far godere ai Cittadini le immense risorse rese disponibili dalla scienza e dalla tecnologia.

Al progresso tecnico corrisponde un parallelo generale impoverimento.

Ciò dipende dalla illogicità della attuale politica fiscale.

La mancata conoscenza, da parte dei Cittadini, del fatto elementare che lo scarico di tutti gli oneri statali sul settore economico comporti il progressivo corrispondente innalzamento dei prezzi, ci ha portato al punto in cui siamo.

Lo spostamento del prelievo fiscale dal settore economico a quello del capitale monetario, appare come un’urgente ed imprescindibile necessità storica.

Ciò per la ragione che i prelievi dal capitale monetario, diversamente da quelli sul settore economico, non si scaricano sui prezzi di mercato e quindi non generano povertà e inflazione.

La modesta incidenza della fiscalità proposta dell’8% annuo sul capitale monetario generale, (più di 7 milioni di miliardi di lire), ed il facile e certo prelievo attraverso il sistema bancario e la datazione annuale della moneta cartacea, unitamente ad altri aspetti positivi, rendono necessaria ed urgente la diffusione del corrispondente progetto di Fiscalità Monetaria.

Trattandosi di un progetto culturale benefico per tutte le parti sociali, si ha la necessità della sua rapida diffusione per divulgare le sue semplici basi per le successive scelte democratiche coscienti dei Cittadini.

È per tale motivo che ci si rivolge a tutti i responsabili di mezzi di informazione, che avvertono la serietà del momento storico che sta vivendo l’Italia.

Il procedere della Politica attraverso fumosi  e misteriosi ideali, incompresi dalla maggioranza degli Italiani, non è più tollerabile, dal punto di vista di una vera Democrazia che presupponga il consenso autocosciente e non supino.

Progetto Italia - Pensieri Per il Dibattito Culturale

 

- VERITÀ SOCIALI

Tutti gli oneri statali e burocratici, gravanti sul settore produttivo e dei servizi, si scaricano sui prezzi, impoverendo i Cittadini.

Non potrà realizzarsi il libero mercato mondiale senza parità di incidenze fiscali sulle attività produttive.

L’unica parità di incidenze certa è quella uguale a zero.

 

NUOVA BASE DI PRELIEVO FISCALE NON INCIDENTE SUI PREZZI

Nasce così il problema di cercare una base alternativa di prelievo fiscale non incidente sui prezzi di mercato.

Tale base non può che essere quella della disponibilità monetaria globale della Comunità nazionale.

Dal punto di vista della logica fiscale il confronto tra la attuale fiscalità reddituale e quella monetaria è omogeneizzabile se il denaro viene considerato come la rappresentazione residuale di ogni reddito passato di ciascun soggetto economico.

Poiché il reddito è stato sempre considerato come base per l’imposizione fiscale, con la fiscalità monetaria non si esce da tale logica.

Il vantaggio è costituito dal fatto che la fiscalità monetaria, contrariamente a quella reddituale, non si scarica sui prezzi dei prodotti e dei servizi.

Questo è un vantaggio fondamentale la cui comprensione deve indurci ad attuare al più presto la fiscalità monetaria.

Se si riflette su questo concetto si constata che tutti i mali dei moderni sistemi economici e sociali divengono, con tale nuova fiscalità, immediatamente sanabili e ciò con vantaggio di tutte le parti sociali e senza sacrificio alcuno per ciascuna di esse.

Finora ha dominato l’assurda attitudine di pensiero di considerare le parti sociali come contrapposte e che ogni conquista settoriale doveva essere pagata dagli altri, con la conseguenza che le reazioni di assestamento annullavano i presunti benefici; con l’impoverimento di tutti.

Qui viene descritto un percorso logico idoneo ad evidenziare l’indispensabilità della riforma fiscale proposta e di altre modifiche la cui necessità deriva dalla nuova logica sociale derivante anche dallo sviluppo dell’automazione.

 

 

 

Introduzione della Fiscalità Monetaria

Trattandosi di un problema che riguarda il destino di tutti è necessario che il Progetto Sociale derivante dalla Fiscalità Monetaria venga sottoposto ad un approfondito dibattito culturale.

A tale dibattito sono invitate anche tutte le forze politiche perché facciano quelle obbiezioni che la loro esperienza della vita sociale li abilita a fare.

Chi propone la fiscalità monetaria è convinto che essa contenga in sé le risposte a tutte le sane istanze presenti nelle varie forze politiche.

È ovvio che mai potrà aversi la pace sociale se tutte tali giuste istanze non saranno soddisfatte contemporaneamente e pienamente.

Per ottenere il necessario consenso preventivo si fa appello alla facoltà di rappresentazione immaginativa dei partecipanti al dibattito culturale che viene avviato.

 

Conseguenze della Fiscalità Monetaria

Con l’introduzione della fiscalità moneta-ria e conseguente scarico delle attività produttive da ogni onere fiscale e previdenziale si avrà l’immediata riduzione dei prezzi dei prodotti di mercato.

Per comodità di ragionamento ipotizzia-mo tale riduzione nella misura del 50%.

Ciò renderà necessaria una immediata rivalutazione della lira del 100% per ripristinare il precedente equilibrio commerciale mondiale.

Un’altra conseguenza sarà l’immediato raddoppio del potere di acquisto di ogni precedente reddito nonché di tutti i precedenti valori monetari presenti nella realtà italiana.

Quest’ultimo raddoppio imporrà la necessità logica del prelievo del 50% di tali valori ammontanti a più di 7 milioni di miliardi lire, senza penalizzazione per i loro possessori giacché il residuo avrebbe lo stesso potere di acquisto di quello antecedente la riforma.

Tale prelievo sarà versato nella istituenda Banca degli italiani.

Con tale prelievo di 3 milioni e 500 mila miliardi di lire  sarebbe possibile l’estinzione del Debito Pubblico Allargato e la liquidazione del Personale Pubblico reso superfluo da tale riforma.

In tale liquidazione si dovrà tenere conto di tutti i diritti maturati.

Con la sparizione degli oneri dei precedenti interessi dei debiti pubblici nonché quelli del pagamento del personale messo in liquidazione, sarà possibile istituire il reddito di cittadinanza generalizzato come concreta forma di assicurazione del diritto alla vita in sostituzione del precedente utopistico diritto al lavoro, anche a causa dell’automazione.

L’entità dei versamenti mensili, come Redditi di Cittadinanza, sarà tale da mettere ciascun Cittadino in condizione di fare le proprie scelte di lavoro in base a fattori vocazionali e non sotto l’imperio delle necessità di sopravvivenza, inaugurando una stagione di raccolta dei frutti degli immensi sacrifici delle generazioni precedenti.

Ciò renderà possibile la contrattazione individuale in cui ciascuna delle parti farà valere le proprie convenienze e compatibilità.

Esaurito il prelievo iniziale sul capitale monetario generale, si passerà alla fiscalità monetaria ordinaria, con prelievi ipotizzabili nella misura dell’8% annuo.

Tali prelievi avverranno attraverso il sistema bancario e con l’istituzione della datazione annuale della moneta cartacea e saranno versati nella Banca degli Italiani.

Tale onere, a carico dei possessori di beni monetari, sarà in parte compensato dall’assenza di inflazione, in parte dalla continua diminuzione dei prezzi a seguito delle razionalizzazioni produttive, in parte rientrerà come Reddito di Cittadinanza ed il modesto residuo sarà ampiamente compensato dalla stabilità sociale.

Con tale sistema l’evasione e l’elusione fiscali diverranno impossibili in quanto il tutto sarà automatico e direttamente controllato da ciascun Cittadino per la quota di pertinenza.

Gli attuali codici fiscali potrebbero divenire numeri di conti fiscali dei Cittadini , presso la Banca degli Italiani, in cui sarebbero registrati in “dare” i versamenti mensili dei redditi di cittadinanza e in “avere” i prelievi fiscali.

I saldi di tali conti rappresenterebbero la misura con segno dei reali apporti individuali alla vita sociale.

Le emissioni monetarie da parte della Banca degli Italiani, per la massima parte in forma elettronica, saranno costituite esclusivamente dai versamenti mensili dei Redditi di Cittadinanza sui Conti dei Cittadini e da quelli per le spese dell’Amministrazione Pubblica.

Tali spese saranno annualmente preventivate e sottoposte a ratifica da parte di un apposito Organo Rappresentativo Economico e di quello giuridico.

In un tale contesto di conseguita stabilità e serenità sociale sarà anche facile procedere alla razionalizzazione delle altre istituzioni pubbliche.

 

LA SICUREZZA GIURIDICA

È pensabile che il servizio giuridico della Comunità nazionale verrebbe assicurato da GIUDICI ELETTIVI che, oltre ad assolvere ai servizi giudiziari, eleggerebbero tra loro i componenti della ASSEMBLEA LEGISLATIVA.

La LEGIFERAZIONE dovrebbe riguardare esclusivamente il perfezionamento delle Leggi, sulla base della Scienza del Diritto, con DIVIETO ASSOLUTO DI INTERVENIRE IN CAMPO ECONOMICO.

Il RAPPRESENTANTE DELLA COMUNITÀ NAZIONALE potrebbe essere il Giudice più anziano della Assemblea Legislativa.

Per la RAPIDITÀ DEI PROCESSI si potrà ricorrere al sistema di collegamenti, in conferenza via Internet, tra le parti in dibattito.

 

PER APPROFONDIRE L’ARGOMENTO

Altre Istituzioni dovrebbero essere adeguate allo Spirito della nuova situazione e alcune altre create.

Qui ci si è limitati alla descrizione degli aspetti essenziali del nuovo Progetto Sociale basato sulla Fiscalità Monetaria.

Chi desiderasse approfondire l’argomento sociale, sotto altri aspetti, potrà trovare ulteriori indicazioni nei libri LA VIA D’USCITA e LA NEOSOCIETÀ prelevabili gratuitamente in Internet alla pagina http://www.bellia.com .

Con quanto detto si vuole aprire una discussione culturale, priva di finalità politiche immediate, perché ciascuno possa rapportare il contenuto della proposta alla propria esperienza sociale e politica.

Coloro che propongono questa via per dare soluzione ai gravi problemi sociali che ci affliggono, lo fanno nella convinzione che anche il progresso sociale dipenda dalle idee e dalle conseguenti maturazioni culturali.

 

Chi viene in possesso di questa registrazione e ne condivide il contenuto culturale è pregato di duplicarla e di diffonderla.

Questo è uno dei mezzi per ottenere democraticamente la realizzazione del Progetto entro il 1999, prima che la situazione diventi irreversibile.

 

RADIO TRASMISSIONI                 (10 minuti

La Fiscalità Monetaria per L’Italia    -    Per uscire dal Caos Sociale Italiano

La POLITICA è fallita.

La BUROCRAZIA creata da 200 mila leggi soffoca gli Italiani.

La FISCALITÀ REDDITUALE si scarica sui prezzi generando miseria.

Più cresce il PROGRESSO TECNICO più aumenta la POVERTÀ.

Le AZIENDE chiudono o emigrano.

I GIOVANI e i DISOCCUPATI non trovano lavoro.

Occorre RICOMINCIARE!

 

 

LA FISCALITÀ MONETARIA

Per uscire da tale CAOS si deve adottare la FISCALITÀ MONETARIA.

La FISCALITÀ MONETARIA, diversamente da quella REDDITUALE attuale, NON SI SCARICA SUI PREZZI e quindi non genera inflazione e povertà.

Essa consiste nello SPOSTAMENTO DEL PRELIEVO FISCALE DAL SETTORE ECONOMICO A QUELLO DEI BENI MONETARI, ammontanti a più di 7 milioni di miliardi di lire.

L’IMPOSTA UNICA dell’8% annuo, prelevabile facilmente attraverso il sistema bancario dopo l’istituzione della DATAZIONE ANNUALE DELLA MONETA CARTACEA, sarà versata nella istituenda BANCA DEGLI ITALIANI.

Tale imposta è in parte compensata dall’ASSENZA DI INFLAZIONE e dalla continua DIMINUZIONE DEI PREZZI per il progresso tecnologico.

 

L’INTRODUZIONE DELLA FISCALITÀ MONETARIA

L’introduzione della FISCALITÀ MONETARIA ha come effetti immediati il DIMEZZAMENTO DEI PREZZI DI MERCATO ed il RADDOPPIO DEL POTERE DI ACQUISTO DI TUTTI I PRECEDENTI REDDITI E DEL DENARO.

Il DIMEZZAMENTO DEI PREZZI DI MERCATO impone la necessità della rivalutazione della lira del 100%, per ripristinare il precedente equilibrio commerciale mondiale.

Il RADDOPPIO DEL POTERE DI ACQUISTO DI TUTTI I PRECEDENTI REDDITI fa uscire il ceto medio dalla zona di povertà in cui è entrato.

Il RADDOPPIO DEL POTERE DI ACQUISTO DEL DENARO impone il prelievo, attraverso il sistema bancario, del 50% della massa dei beni monetari per rapportarne il valore a quello degli altri beni.

Il potere residuo di tali beni monetari è uguale a quello precedente la riforma.

Con tale prelievo di più di 3 milioni e cinquecento mila miliardi di lire si possono estinguere tutti i debiti pubblici e liquidare il personale della burocrazia pubblica, reso superfluo dalla riforma.

Esaurita tale somma si passerà alla FISCALITÀ ORDINARIA del prelievo dell’8% annuo sulla massa dei beni monetari.

 

IL REDDITO DI CITTADINANZA

GENERALIZZATO

Con i RISPARMI susseguenti all’estin-zione dei debiti pubblici e relativi interessi, nonché quelli derivanti dalla liquidazione della burocrazia superflua si può istituire il REDDITO DI CITTADINANZA GENERALIZZATO come concreta forma di ASSICURAZIONE DEL DIRITTO ALLA VITA in sostituzione del precedente utopistico diritto al lavoro.

Tale reddito è calcolabile nella misura di 700 MILA LIRE MENSILI ATTUALI per ciascun Cittadino, dalla nascita alla morte, in sostituzione della vecchia PREVIDENZA SOCIALE.

 

 

LA SICUREZZA GIURIDICA

È pensabile che il servizio giuridico della Comunità nazionale verrebbe assicurato da GIUDICI ELETTIVI che, oltre ad assolvere ai servizi giudiziari, eleggerebbero tra loro i componenti della ASSEMBLEA LEGISLATIVA.

La LEGIFERAZIONE dovrebbe riguardare esclusivamente il perfezionamento delle Leggi, sulla base della Scienza del Diritto, con DIVIETO ASSOLUTO DI INTERVENIRE IN CAMPO ECONOMICO.

Il RAPPRESENTANTE DELLA COMUNITÀ NAZIONALE potrebbe essere il Giudice più anziano della Assemblea Legislativa.

Per la RAPIDITÀ DEI PROCESSI si potrà ricorrere al sistema di collegamenti, in conferenza via Internet, tra le parti in dibattito.

 

 

PER APPROFONDIRE L’ARGOMENTO

Altre Istituzioni dovrebbero essere adeguate allo Spirito della nuova situazione e alcune altre create.

Qui ci si è limitati alla descrizione degli aspetti essenziali del nuovo Progetto Sociale basato sulla Fiscalità Monetaria.

Chi desiderasse approfondire l’argomento sociale, sotto altri aspetti, potrà trovare ulteriori indicazioni nei libri LA VIA D’USCITA e LA NEOSOCIETÀ prelevabili gratuitamente in Internet alla pagina http://www.bellia.com .

 

 

Chi viene in possesso di questa registrazione e ne condivide il contenuto culturale è pregato di duplicarla e di diffonderla.

Questo è uno dei mezzi per ottenere democraticamente la realizzazione del Progetto entro il 1999, prima che la situazione diventi irreversibile.


Progetto   LA FISCALITÀ MONETARIA

 

La disperazione degli Italiani aumenta sempre più.

La causa è costituita dalla FISCALITÀ REDDITUALE che, scaricandosi sui prezzi e sui redditi, impoverisce progressivamente i Cittadini

La Soluzione

La soluzione consiste nella istituzione della FISCALITÀ MONETARIA.

La Fiscalità Monetaria

La FISCALITÀ MONETARIA si attua spostando il prelievo fiscale dal settore economico alla massa dei beni monetari.

Tale nuovo tipo di prelievo fiscale non si scarica sui prezzi.

Il Dimezzamento dei Prezzi Di Mercato

Con l’introduzione della FISCALITÀ MONETARIA si ha il dimezzamento dei prezzi di mercato e conseguente raddoppio del potere di acquisto  della lira e di tutti i precedenti redditi.

Il Raddoppio del Potere di Acquisto della Lira

Tale raddoppio comporta le seguenti necessità:

·   Rivalutazione della lira del 100% per ripristinare il precedente equilibrio commerciale mondiale.

·   Prelievo del 50% della massa dei beni monetari, di più di 7 milioni di miliardi di lire, per riportarne il potere di acquisto al nuovo livello dei prezzi.

·   Il residuo avrà, per i possessori, lo stesso potere di acquisto di quello precedente la riforma.

 

 

 

Prelievo del 50% della massa dei beni monetari

Il prelievo di 3 milioni e cinquecentomila miliardi di lire sarà effettuato facilmente dal sistema bancario e previa istituzione della datazione annuale della moneta cartacea.

Tale prelievo sarà versato nella istituenda BANCA DEGLI ITALIANI.

Con esso si liquideranno i DEBITI PUBBLICI ed il PERSONALE PUBBLICO reso superfluo dalla riforma, con il riconoscimento di tutti i diritti maturati.

Istituzione del Reddito di Cittadinanza Individuale

Con la sparizione dei precedenti interessi sui debiti pubblici e con la riduzione delle spese per il personale pubblico si ha, annualmente, a disposizione una somma tale da consentire l’istituzione del reddito di cittadinanza individuale, dalla nascita alla morte.

È prevedibile che il potere di acquisto di tale reddito di cittadinanza mensile corrisponderà a quello attuale di 700 mila lire.

Tale reddito di cittadinanza sostituirà l’attuale PREVIDENZA SOCIALE.

Esso assicurerà concretamente il DIRITTO ALLA VITA in sostituzione dell’attuale utopistico diritto al lavoro.

Consentirà inoltre la LIBERA CONTRATTAZIONE INDIVIDUALE e farà sparire il regime delle concessioni pubbliche.

La Fiscalità Ordinaria

Si attuerà con il PRELIEVO ANNUALE DELL’8% ANNUO della massa dei beni monetari, attraverso il sistema bancario e con la moneta cartacea datata.

Ciò dopo l’esaurimento del prelievo iniziale di 3 milioni e cinquecento mila miliardi di lire.

Non esisterà alcuna possibilità di evasione e di elusione fiscali.


IL CITTADINO NELLA NEOSOCIETÀ

 

Il CITTADINO che diverrà il REGOLATORE DEL MERCATO, attraverso le proprie SCELTE DI ACQUISTO, godrà delle seguenti condizioni di base.

1.   Inizialmente vedrà raddoppiati tutti i propri precedenti ricavi.

2.   Conserverà il potere di acquisto del proprio precedente capitale monetario.

3.   Riceverà mensilmente il REDDITO DI CITTADINANZA.

4.   Farà le proprie scelte di lavoro in base a FATTORI VOCAZIONALI E DI CONVENIENZA.

5.   Adeguerà le proprie capacità e pretese alle regole imposte alle Aziende dal MERCATO MONDIALE orientandosi verso quei lavori in cui si sente competitivo.

6.   Le AZIENDE resteranno in vita fino a quando saranno competitive e lasceranno il passo alle NUOVE AZIENDE che forniranno prodotti migliori a prezzi inferiori, con vantaggio di tutti.

7.   Vivrà in un contesto giuridico che rapidamente reintegrerà i diritti violati.

8.   Diverrà responsabile dell’EDUCAZIONE SCOLASTICA dei propri figli scegliendo per essi insegnanti a pagamento che eserciteranno la loro funzione fino a quando troveranno allievi contenti del loro lavoro.

 

9.   Lo Stato si ritirerà rapidamente dal settore economico con l’abrogazione delle leggi che ora lo vincolano a tale compito improprio.

10.Sulla base del conseguito reddito di Cittadinanza ciascuno potrà, desiderandolo, dedicarsi alproprio sviluppo interiore in piena libertà.

 

 

 

PER APPROFONDIRE L’ARGOMENTO

 

Altre Istituzioni dovrebbero essere adeguate allo Spirito della nuova situazione e alcune altre create.

Qui ci si è limitati alla descrizione degli aspetti essenziali del nuovo Progetto Sociale basato sulla Fiscalità Monetaria.

Chi desiderasse approfondire l’argomento sociale, sotto altri aspetti, potrà trovare ulteriori indicazioni nei libri LA VIA D’USCITA e LA NEOSOCIETÀ prelevabili gratuitamente in Internet alla pagina http://www.bellia.com . (PENSIERO E VITA Via Tosti 41/45 Roma - 06 7848111 - Fax 06 7843066)

 

Con quanto detto si vuole aprire una discussione culturale, priva di finalità politiche immediate, perché ciascuno possa rapportare il contenuto della proposta alla propria esperienza sociale e politica.

Coloro che propongono questa via, per dare soluzione ai gravi problemi sociali che ci affliggono, lo fanno nella convinzione che anche il progresso sociale dipenda dalle IDEE E DALLE CONSEGUENTI MATURAZIONI CULTURALI.

 

 

 

 

L’unico contributo che viene chiesto a chi condivide questo progetto è quello di coltivarlo nella propria interiorità e di trasmetterne almeno due copie a propri conoscenti.

Se entro il 1999 questo progetto verrà a conoscenza di tutti gli Italiani e la maggioranza lo condividerà, ciò costringerà i Politici ad adottarlo e realizzarlo.