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ISLAM E SIGNORAGGIO

Il sistema bancario islamico, Interessi e usura: i divieti del corano

[articolo originariamente su http://www.gesuiti.it/popoli/anno1999/01/ar990102.htm ma non più raggiungibile]

L'islam è una realtà sempre più presente nel nostro paese anche se, per molti aspetti, ancora poco conosciuta. Ad esempio, non molti sanno che il sistema economico islamico non accetta il concetto di banca occidentale, perché l'islam proibisce il prestito a interesse. Oggi però anche alcune banche italiane stanno pensando a uno sportello speciale per clienti musulmani come in altri paesi europei.

Le migrazioni di popolazioni arabe e islamiche verso l'Europa chiedono di ampliare il dibattito sul diritto alla diversità di persone provenienti da una civiltà differente sotto molti profili, dalla vita sociale all'economia, dal diritto alla religione.

La presenza di circa ottocento mila immigrati musulmani porta oggi la società italiana a dover accogliere al proprio interno una cultura profondamente diversa attraverso l'analisi dei sistemi di valore, dell'etica pubblica e privata, della religione, ma anche attraverso le strutture sociali ed economiche che ne sono derivate o che possono derivarne. Tali conoscenze sono strumenti indispensabili per favorire l'accoglienza dei musulmani; ed anche le risposte negative, che inevitabilmente saranno date a richieste troppo conflittuali con gli ordinamenti e con i valori della società italiana, dovranno derivare da una conoscenza approfondita della società e della cultura musulmana d'origine.

Di qui la necessità di rendere concreto ogni strumento, ivi compreso quello bancario e finanziario, che consenta il rispetto di tale diversità. Ciò richiede una verifica delle possibilità di impiego degli strumenti operativi predisposti dalla prassi bancaria islamica all'interno del sistema finanziario occidentale al fine di "servire" i musulmani cittadini, residenti o migranti ed incentivare le relazioni commerciali con gli stati islamici.

In ambito economico l'islam vieta ai musulmani di riscuotere o pagare interessi, indipendentemente dallo scopo dei prestiti e dal tasso di interesse. I tentativi di distinguere fra usura e interesse, fra prestiti destinati al consumo e prestiti destinati alla produzione, sono stati da lungo tempo rifiutati.

Tranne qualche sporadica opinione discorde, il giudizio unanime della maggioranza sostiene che non vi sia alcuna differenza tra usura (riba) e interessi e che sia dal corano sia dallo hadith (la tradizione relativa agli atti e alle parole del profeta Maometto) risulti inequivocabilmente che qualsiasi pagamento supplementare rispetto a quanto è stato prestato è riba.

Sulla base dell'interpretazione comunemente accettata dallo hadith, i giuristi musulmani sono concordi nel sostenere che un bene tangibile debba essere restituito nella stessa sostanza (mithl): oro per oro, argento per argento, orzo per orzo, grano per grano, datteri per datteri, sale per sale, simile per simile, uguale per uguale, da una mano all'altra. Il fatto che l'interesse sia proibito dall'islam non significa tuttavia che i capitali non abbiano alcun costo.

L'islam si limita a proibire la determinazione a priori del costo dei capitali. La religione stabilisce che ai proprietari del capitale vada una quota della produzione che, naturalmente, non può essere predeterminata. I precetti islamici negano dunque ai proprietari dei capitali il diritto di richiedere un tasso di remunerazione fisso: non è legittimo domandare un pagamento supplementare senza condividere i costi connessi all'operazione.

Pertanto, nel caso di un semplice prestito che non comporta la spartizione di alcun rischio, ogni rimborso che superi l'ammontare di quanto prestato è certamente riba e quindi haram (vietato). Tuttavia, i detentori di capitali (rabb-ul-mal) possono effettuare "investimenti" consentendo ad altre persone (mudarib), che hanno idee ed esperienza, di utilizzare i loro fondi a fini produttivi: gli eventuali profitti vanno divisi con i mudarib, mentre le perdite sono a carico dei proprietari del capitale.

Questo tipo di accordo, detto mudaraba, è compatibile con la posizione dell'Islam a proposito della funzione del capitale come fattore di produzione.

In alternativa, i proprietari di capitale possono costituite una società (mushararka), ponendo la partecipazione ad essa come base per la condivisione di profitti e perdite. Dal punto di vista islamico i moderni finanziamenti bancari equivalgono invariabilmente a un riba.

Il sistema bancario islamico si pone come alternativa al sistema convenzionale dal momento che è in grado di agire come mudarib, può ricevere depositi sotto forma di mudaraba e, a sua volta, può investire le risorse stipulando un altro accordo di mudaraba con i suoi clienti.

In alternativa, la banca potrebbe concludere con i clienti accordi di mushararka. In entrambi i casi, il tasso di remunerazione per il capitale investito non è predeterminato.

Le banche islamiche possono inoltre fornire finanziamenti per operazioni commerciali che presuppongono una maggiorazione del prezzo (murabaha): la banca acquista i beni per conto del cliente, ricavandone un margine di profitto. Secondo il parere dei giuristi, questo accordo è lecito nel caso in cui sia la banca ad avere la piena responsabilità delle merci, finché queste non vengano consegnate al cliente.

Una banca islamica può anche effettuare operazioni di leasing (ijara) acquistando beni destinati ad essere ceduti in locazione a un certo prezzo. Essa può, inoltre, acquisire per conto di un cliente proprietà da rivendere a un prezzo maggiore, con pagamento rateale (bai-muajjal).

Analogamente, una banca può finanziare un progetto produttivo acquistando anticipatamente il prodotto a un prezzo predeterminato (bai-salam).

Il coinvolgimento delle banche islamiche nell'economia risulta dunque assai più diretto e attivo di quanto non accada per le banche di tipo tradizionale. La banca islamica partecipa effettivamente alle attività produttive e commerciali, assumendo una quota del capitale e non limita il suo coinvolgimento agli interessi che può ottenere in aggiunta al capitale mutuato.

Naturalmente, l'attività bancaria svolta secondo i principi islamici comporta rischi maggiori, ma è proprio la condivisione dei rischi che giustifica all'interno del sistema islamico la partecipazione ai profitti e quindi la riscossione di un utile sul capitale impiegato.

Ibrahim Sh. Hussein