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ISLAM E SIGNORAGGIO

Viaggio nei forzieri dell'Islam

Che possano essere canali per il finanziamento del fondamentalismo islamico non è provato, che possano custodire i forzieri del tesoro di Osama bin Laden neanche. Di certo però le banche islamiche operano secondo regole che ben si adattano al modello politico ma soprattutto economico del nemico numero uno degli Stati Uniti. Centoquaranta miliardi di dollari gestiti, 166 banche in 34 Paesi (il dato si ferma al ‘98), un tasso annuo di crescita del 15%, un capitale versato di oltre 7,25 miliardi di dollari e profitti annuali per 1,7 miliardi di dollari. Sono numeri che fotografano un sistema che, pur non ponendosi in diretta concorrenza con gli istituto di credito occidentali, in alcuni Paesi – ad esempio il Pakistan - detiene il monopolio del mercato. Fondate su regole, che per molti aspetti le rendono poco competitive, le banche islamiche continuano a crescere, grazie al flusso costante di capitali provenienti dal mercato petrolifero, realizzando quella che secondo gli esperti, tra capitalismo e socialismo è la terza via economia. Ma quali sono queste regole? Come nasce e in che cosa consiste "il pensiero economico islamico" e soprattutto come si struttura il sistema bancario islamico?

Alla base del pensiero economico islamico

"Quel che voi prestate a usura perché aumenti sui beni degli altri, non aumenterà presso Dio. Ma quello che date in elemosina, bramosi del Volto di Dio, quello vi sarà raddoppiato". La citazione è una massima del Corano, ma anche la teoria che sta alla base del pensiero economico islamico. Perché così come accade per il diritto, per la morale o semplicemente per i comportamenti che regolano la prassi quotidiana anche per il sistema economico, nel mondo islamico, il testo di riferimento è il Corano. "Un modello – spiega il professore Gian Maria Piccinelli, professore di Diritto musulmano e dei Paesi Islamici all’Università La Sapienza e autore di numerosi saggi sul mondo islamico, tra cui Banche islamiche in contesto non islamico e Il sistema bancario islamico editi da Ipo - che si fonda essenzialmente sul divieto di usura al quale il Corano contrappone costantemente l’elemosina. Allo stesso modo all’attività meramente lucrativa viene contrapposta la solidarietà, al tornaconto individuale il benessere sociale".

Principi per la verità comuni pure ad altre religioni monoteiste con una differenza: se in Europa si è infatti compiuto un processo che ha sottratto il diritto commerciale a quello canonico, l’Islam, invece, non ha mai appoggiato la teorizzazione e di conseguenza lo sviluppo di regole autonome rispetto al "diritto comune" religioso. Anche se l’affermazione della shari’a, la via rivelata, negli anni ha dovuto fare i conti con la prassi quotidiana che, pur riconoscendo la supremazia formale del diritto religioso, ne ha evidenziato anche il limite alla sua applicazione e alla sua efficacia.

"La conseguenza - sottolinea il professore Piccinelli - è stata la formazione di una dottrina musulmana di taglio sia economico, sia giuridico che nell’ultimo mezzo secolo ha rincorso il disegno di un’economia islamica che, in prevalenza su basi ideologiche, costituisse una valida alternativa ai progetti sociali fondati sul liberismo capitalista e sullo statalismo socialista. Da questo approccio teorico, unito al surplus derivante dal mercato petrolifero, è nata l’esperienza delle banche islamiche".

Che cosa sono le banche islamiche

Si tratta di istituzioni finanziarie per le quali la legge stabilisce espressamente l’obbligo di operare secondo i precetti del diritto musulmano di matrice religiosa e il cui elemento peculiare è "l’assenza di interessi nel dare e nell’avere".

"Lontane dall’essere enti non profit – chiarisce il professore Piccinelli - le banche islamiche propongono il coinvolgimento del cliente, risparmiatore o debitore, nelle attività economiche della banca da cui deriva l’utile ripartibile secondo le regole del profit-loss sharing".

Gli strumenti finanziari adottati Il Profit Loss sharing.

La con-partecipazione societaria "nei profitti e nelle perdite" è uno degli schemi fondamentali attraverso i quali nell’Islam viene concepita come lecita la remunerazione dei capitali e sul quale è stato costruito l’intero sistema bancario islamico contemporaneo. "Soltanto l’attività dell’uomo, infatti - spiega Piccinelli - il biblico sudore della fronte, che include il rischio imprenditoriale può eticamente e giuridicamente giustificare l’arricchimento. Questo divieto coranico con il rigetto almeno teorico degli interessi sui prestiti (in quanto guadagno del creditore collegato al semplice decorrere del tempo) ha condotto nel mondo musulmano all’affermarsi di forme d'investimento (mudaraba, qirad, musharaka) nelle quali l’utile ripartito tra i soci è sempre il risultato di un’attività d’impresa". Altrettanto, elementi di colloborazione tra istituto e cliente possono riscontrarsi nelle operazioni di concessione del credito. In questo modo la banca insieme al proprio cliente si assume pro-quota il rischio collegato al risultato finale dell’attività. Sono così finanziate operazioni di project financing, joint ventures, venture capital, equity financing. Anche il risparmio è gestito in speciali fondi comuni di investimento sotto forma di mudaraba (la banca investe fondi per conto del cliente e prende una percentuale sui profitti derivanti dall’investimento). "Di recente il Profit Loss sharing - continua Piccinelli - è stato esteso al settore della assicurazioni. Il takaful islamico – così è stato ridenominato il contratto assicurativo – può essere quindi assimilato all’esperienza delle mutue di assicurazione dove l’elemento solidaristico prevale sulla componente speculativa".

Qard Hasan

E’ il tradizionale mutuo islamico senza interessi. "L’invito divino alla remissione del debito, in concomitanza con il divieto delle usure - chiarische Piccinelli - è stato comunemente interpretato come un appello alla generosità del creditore e ha influenzato la dottrina giuridica classica, la quale ha costituito il mutuo come contratto gratuito. Le attuali banche islamiche prevedono il mutuo senza interessi solo a scopo di beneficenza con prelievo dal fondo della zakat (la contribuzione volontaria dei musulmani per i poveri) o decima legale che le banche stesse gestiscono per conto delle comunità locali o dei governi. In Pakistan, considerando che si tratta di un’area economicamente depressa, il qard hasam è impiegato nel credito a scopo di consumo per l’acquisto di beni mobili di necessità".

Le principali transazioni

Il comitato dei saggi

Tutte le attività bancarie sono autorizzate e supervisionate da un comitato di saggi. A questo comitato spetta il compito di assicurare che lo svolgimento di tutte le operazioni sia sul piano tecnico che deontologico avvenga secondo quanto stabilito dalla dottrina. Di fatto non esiste il segreto bancario, perché tutte le operazioni effettuate vengono registrate e sottoposte all’esame del comitato dei saggi. E’ fra l’altro sempre questo comitato a dare il via libera ai singoli investimenti avviati dagli istituti.

La diffusione

Il sistema bancario islamico, decollato negli anni ’70 nei paesi del Golfo, grazie all’aumento del prezzo del petrolio, ha conosciuto una rapida diffusione in Medio Oriente e nel Sud est asiatico. I maggiori centri finanziari sono nel Golfo Persico e in Malaysia, ma in realtà il sistema bancario islamico ha riscosso notevole successo tra i risparmiatori e si è diffuso in tutti i paesi con popolazione musulmana. In Kuwait le banche islamiche si sono aggiudicate il 15% del mercato nonostante la concorrenza delle istituzioni finanziarie convenzionali. E nel Regno Unito i quasi due milioni di musulmani stanno alimentando la domanda crescente di servizi finanziari in linea con la legge islamica, tra cui rivestono un ruolo rilevante i mutui sulla casa. Oltre al Regno Unito tentativi di diffusione della banche islamiche sono stati fatti, soprattutto, in Germania e Danimarca. Mentre a conferma di quanto il mercato attualmente nelle mani delle banche islamiche sia considerato appetibile dagli istituti occidentali (la mancanza del tasso di interesse ha infatti attirato cospicui capitali prima inutilizzati oppure remunerati poco o nulla), è l’apertura all’interno di questi di sportelli che operano secondo le regole islamiche. Tra le prime banche a farlo l’Abn-Amro (Olanda), la Citibank (Usa), la Dresdner Bank (Germania).

I gruppi più importanti

Consolidatisi negli anni ’90 i gruppi bancari islamici più importanti sono quattro: Dallah Albaraka Group (Saudi Arabia) che ha una diffusione capillare in tutto il mondo islamico, una filiale a Londra e gli uffici di rappresentanza a Ginevra, la Dar al Maal al Islaami Trust di proprietà della famiglia reale saudita che ha la sua sede legale alle Bahamas e gli uffici per l’Europa a Ginevra, Al-Rajhi Group (Saudi Arabia) di proprietà di gruppi finanziari del Golfo e la TII - The Islamic Investor (Kuwait) che ha la sua sede legale nel Barein. In Borsa sì, ma solo per alcuni titoli Il problema delle banche islamiche è l’esclusione dal mercato secondario. Il divieto di interesse, infatti, le esclude dalla possibilità di contrattare e concludere investimenti con le banche che invece praticano i tassi d'interesse. Per lo stesso meccanismo le banche islamiche sono al margine dal mercato delle carte di credito. Su quest’ultimo punto sono in fase di studio alcuni tentativi di creare dei circuiti paralleli, che al momento però non paiono avere grosse possibilità di espansione. Sono, invece, in crescita gli investimenti borsistici. Finora lontane dal mercato azionario, le banche islamiche si stanno sempre di più indirizzando su questo tipo di investimenti, grazie a una previa selezione dei titoli considerati conformi alla dottrina. Vengono cioè esclusi, ad esempio, i titoli di aziende che operano in Israele, o che commercializzano prodotti confezionati con carne di maiale. A questo proposito è nato addirittura un sito (www.islamiqstocks.com) che aggiorna costantemente il listino di borsa "approvato" dal comitato dei saggi.

Il rischio terrorismo

Collegamenti tra gli istituti islamici e i gruppi fondamentalisti – spiega il professor Piccinelli – sono possibili, così come accade per gli istituti occidentali e la criminalità organizzata. I fenomeni di riciclaggio possono esserci. Il fatto cioè che non siano stati dimostrati collegamenti tra il terrorismo e questi istituti, non esclude che dietro di essi ci possano essere gruppi che utilizzano le banche come canali per finanziare il terrorismo". Le banche islamiche sono sottoposte, comunque, alle leggi del paese in cui hanno sedi e sportelli, pertanto possono essere soggette ai controlli siglati dalle autorità internazionali.