Collana: I NOSTRI SOLDI, LE NOSTRE FATICHE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

www.SIGNORAGGIO.com

 

 

 

 

 

 

Banca d’Italia,

Banca Centrale Europea,

Federal Reserve:

 

la grande truffa

 

volume 1 di 3

 

 

 

 

 

 

release 0.6

 

 

 

 

Girovagando su Internet e visitando i cosiddetti “Siti Alternativi di Informazione”, si scoprono cose incredibili ! Provate quindi ad inserire, in un qualunque motore di ricerca (www.yahoo.com, www.google.com, www.lycos.it, ecc…) le parole: “SIGNORAGGIO”, “BCE”, “BANCONOTE” e scoprite su cosa camperebbero i Signori Banchieri…

 

 

Il diritto di “signoraggio” è il potere del “signore” di emettere biglietti con un valore nominale ampiamente superiore al valore intrinseco e quindi di ricavare un guadagno dalla sovranità sulla moneta.

Perché debba farlo una Banca PRIVATA è un mistero…



Prefazione

 

Effettuando le ricerche suggerite, ci appaiono tantissimi siti che, all’unisono, dicono tutti la stessa cosa: esisterebbe una Pratica Mondiale, che, se confermata, rappresenterebbe la più grande truffa mai perpetuata, mai inflitta a essere umano.

 

Senza cadere vittime di allarmismo o catastrofismo, andiamo ad analizzare la scoperta che più voci indipendenti (e provenienti da TUTTO il Mondo) portano alla ribalta, grazie a questi Siti di Altra Informazione.  Infatti risulta pressoché impossibile trovare traccia di questo argomento sui normali Media (televisione, giornali, ecc).

 

Poniamoci qualche domanda:

 

  1. Di chi è la Banca d’Italia?
  2. Perché anche i bambini appena nati hanno un debito?
  3. Perché la Banca d’Italia (e ora la BCE) stampa i soldi e li presta al Governo al valore nominale (ossia quanto c’è stampato sulla facciata – es. 100 euro), senza garantire nulla in cambio (ne oro, ne altro)?
  4. E’ dunque vero che non esiste più la convertibilità tra le banconote e l’oro?
  5. E’ vero che ogni banconota (come ad es. questa) “costa” circa 3 centesimi ?
  6. Il suo valore intrinseco quindi è di € 0,03. Perché all’atto dell’emissione, viene prestata come se “valesse” € 100?
  7. Perché questa banconota da 100 euro in realtà ci costa € 102,5 ?
  8. Cos’è “il Tasso Di Sconto”?
  9. Cosa sono i “Servizi di Tesoreria dello Stato”?
  10. Cos’è il Debito Pubblico?
  11. Basta! Voglio scendere! Si può?

 

 

 


Alto Tradimento:

una cittadina italiana sta aspettando una risposta dal Presidente Ciampi

 

Da una cittadina italiana, Barbara Sacchiero

(inviata come Raccomandata A.R. il 2 novembre 2004)

 

Egregio Presidente,

 

Le scrivo perché, sia come cittadina italiana che come cittadina europea, mi sento tradita dall'attuale non redistribuzione del signoraggio sull'emissione di banconote e sulle aperture di credito.

 

Ho cioè l'impressione che l'euro non sia la moneta degli europei ma bensì la moneta di alcuni furbacchioni parassiti che profittano dell'ignoranza della popolazione.

 

Sarebbe bello e probabilmente nel Suo caso rappresenta anche un vero e proprio debito morale, se Lei apparisse in televisione a reti congiunte e ci spiegasse perché mai un popolo Sovrano debba pagare a dei privati per poter usare la sua moneta.

 

Ci spieghi dove vanno a finire quei due miliardi di euro al giorno di signoraggio sulle emissioni della BCE.

 

Ci spieghi perché alcuni italiani più furbi, i soci delle società socie della Banca d'Italia, possano imporre al resto della popolazione questa tassa privata.

 

Ci illustri, La prego, il meccanismo di funzionamento della riserva frazionaria, dove la moneta cartacea viene moltiplicata per cinquanta a beneficio dei soci di certe banche, sottraendo anche in questo caso il signoraggio al popolo Sovrano.

 

E' una lezione civica che spetta a Lei tenere se non come presidente almeno per la carica di governatore onorario di quella fortunata "Banca d'Italia" che - diciamocelo - proprio dell'Italia non è.

 

Se Lei ci farà questa lezione, dissolverà un grande clima di sospetto iniziato con la denuncia effettuata dal Professor Giacinto Auriti.

 

E' nostro diritto, di italiani, sapere se siamo in una situazione di alto tradimento o se possiamo continuare a fidarci ciecamente delle istituzioni.

 

La ringrazio per l'attenzione ed in attesa di una Sua presa di posizione in merito, Le porgo cordiali saluti.

 

Con perfetta osservanza,

 

Barbara Sacchiero

cittadina italiana impoverita

 


(altra lettera inviata come Raccomandata A.R. il 15 gennaio 2005)

 

Egregio Presidente, caro Presidente

 

da più parti sento stranissime ed inquietanti voci riguardanti il nostro (?) sistema finanziario ed economico.

 

Cosi mi sono detto: “Chi meglio di Lei può dissipare queste voci?”

 

Chi meglio di Lei può far chiarezza?

Lei che è stato anche Governatore di quella Banca, a cui ora guardiamo con sospetto, sospetto più che legittimo, date le informazioni di cui veniamo quotidianamente a conoscenza...

 

Chi meglio di Lei può spiegarci e svelarci la verità?

Lei che si batte sempre contro l’omertà, le ingiustizie e la disonestà…

 

E cosi Le giro una lettera che una concittadina italiana Le ha già inviato, facendo mie le sue paure, e i suoi timori, ma anche le sue speranze, che poi sono quelle di tutti i Cittadini Italiani (ed Europei).

 

Ecco, quindi, cosa le chiediamo:

 

“Le scrivo perché, sia come cittadino italiano che come cittadino europeo, mi sento tradito dall'attuale non redistribuzione del signoraggio sull'emissione di banconote e sulle aperture di credito.

Ho cioè l'impressione che l'euro non sia la moneta degli europei ma bensì la moneta di alcuni furbacchioni parassiti che profittano dell'ignoranza della popolazione.

Sarebbe bello e probabilmente nel Suo caso rappresenta anche un vero e proprio debito morale, se Lei apparisse in televisione a reti congiunte e ci spiegasse perché mai un popolo Sovrano debba pagare a dei privati per poter usare la sua moneta.

Ci spieghi dove vanno a finire quei due miliardi di euro al giorno di signoraggio sulle emissioni della BCE.

Ci spieghi perché alcuni italiani più furbi, i soci delle società socie della Banca d'Italia, possano imporre al resto della popolazione questa tassa privata.

Ci illustri, La prego, il meccanismo di funzionamento della riserva frazionaria, dove la moneta cartacea viene moltiplicata per cinquanta a beneficio dei soci di certe banche, sottraendo anche in questo caso il signoraggio al popolo Sovrano.

E' una lezione civica che spetta a Lei tenere se non come presidente almeno per la carica di governatore onorario di quella fortunata "Banca d'Italia" che - diciamocelo - proprio dell'Italia non è.

Se Lei ci farà questa lezione, dissolverà un grande clima di sospetto iniziato con la denuncia effettuata dal Professor Giacinto Auriti.

E' nostro diritto, di italiani, sapere se siamo in una situazione di alto tradimento o se possiamo continuare a fidarci ciecamente delle istituzioni.

La ringrazio per l'attenzione ed in attesa di una Sua presa di posizione in merito, Le porgo cordiali saluti.

 

Con perfetta osservanza,

Sandro Pascucci

cittadino italiano impoverito”

15/1/2005


Duisenberg, costose per l'Italia le piccole banconote di euro        

 

La risposta della Banca centrale europea alla proposta di Giulio Tremonti

 

(Conferenza stampa presidente BCE 12.9.2002)  

                          

La Banca centrale europea sta valutando le implicazioni dell'introduzione di banconote da uno e due euro suggerita dal nostro ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Lo ha rivelato il presidente della BCE Willem Duisenberg rispondendo il 12 settembre a una domanda sull'argomento nel corso di una conferenza stampa a Francoforte. L'introduzione di queste due nuove banconote non sarebbe però un affare né per l'Italia né per gli altri Paesi che attualmente godono del diritto di "signoraggio" sulle monete. (13 settembre 2002)            

 

Estratto della conferenza stampa del presidente della BCE Willem F. Duisenberg Francoforte 12.9.2002

 

Domanda [1]:

Mr Tremonti, il ministro italiano dell’Economia, ha proposto l’adozione delle banconte da 1 e 2 euro, insieme con le monete allo scopo di impedire ulteriori aumenti dei prezzi. Il 74% degli italiani è d’accordo con questa proposta e noi vogliamo sapere che cosa pensa lei di questo e se ne avete parlato alla Banca centrale europea. Grazie.

 

“Duisenberg: non abbiamo progetti di introdurre banconote da 1 o 2 euro, ma ne abbiamo sentito parlare. Naturalmente, ne abbiamo discusso. Stiamo valutando le implicazioni di introdurre tali banconote. In linea di principio non abbiamo niente contro questo progetto, ma stiamo valutando le implicazioni e spero che Mr Tremonti si renda conto che se tale banconota dovesse essere introdotta, egli perderebbe il diritto di signoraggio [2] che si accompagna ad essa. Dunque se egli, come ministro dell’Economia, ne sarebbe contento non lo so.”

 

[1] Ecco il testo originale in inglese:

 

Question: Mr. Tremonti, the Italian finance minister, proposed the adoption of EUR 1 and EUR 2 banknotes together with coins in order to prevent more rises in price. 74% of Italians agree with this proposal, and I want to know what you think about it and if you have discussed this in the European Central Bank. Thank you.

 

Duisenberg: We have no plans to introduce EUR 1 or EUR 2 banknotes, but we have also heard those noises. Of course, we have discussed it. We are assessing the implications of introducing such a banknote. In principle we have nothing against it, but we are assessing the implications and I hope that Mr. Tremonti realises that if such a banknote were to be introduced, he would lose the seigniorage which goes with it. So whether he, as a minister of finance, would be all that pleased, I do not know".


EURO: Ciampi e Prodi mentono sapendo di mentire (di Marco Saba)

 

La recente polemica sull'euro, innescata dalla raffica di fallimenti ed indagini sui bond "allegri" (Argentina, Cirio, Parmalat, etc.), è scatenata anche dal fatto che la spesa per le famiglie sta raddoppiando. Cosa che lascia il lettore confuso e brancolante nel buio monetario. Occorrerebbe aver letto i testi della Scuola Austriaca di Economia, pubblicati in inglese e liberamente disponibili sul sito www.mises.org, per capire il bandolo della matassa: l'attuale sistema bancario è in perenne bancarotta fraudolenta a causa della riserva frazionaria. (Nota di Nereo)

 

A monte, l'emissione monetaria è lasciata ad una banca centrale privata, ad un monopolio di privati che ne sono soci, e che si arricchiscono con la truffa del signoraggio. La Banca Centrale Europea, di cui sono socie le banche centrali tra cui Bankitalia, è una tipografia che stampa banconote, e fin qui tutto bene. Dopodiché, invece di cederle al popolo dell'Unione Europea, al prezzo di costo e aggiungendo un minimo margine di utile - il margine che normalmente applicano le tipografie in tutti gli altri casi - le affitta AL VALORE DI FACCIATA più un interesse annuo denominato "tasso di sconto". Ad esempio, una banconota da 100 euro che potrebbe essere ceduta a 0,05 euro, viene a costare alla comunità 102.5 euro. Questo furto si chiama "signoraggio". (Il diritto di "signoraggio" è il  potere del 'signore' di emettere biglietti con un valore  nominale ampiamente superiore al valore intrinseco e quindi di ricavare un guadagno dalla sovranità sulla moneta)

 

Gli stati membri dell'UE lasciano pagare ai propri cittadini questo sovrapprezzo tassandoli col cosiddetto "debito pubblico". Siccome la BCE stampa banconote garantite solo da aria fritta, ne stampa quante ne vuole senza alcun controllo nei confronti del debito pubblico.

La Federal Reserve (la privata banca centrale americana) esagera nella stampa del dollaro, poiché deve anche acquistare le azioni delle multinazionali USA, onde evitare il crollo delle borse americane. Quindi, in Europa, percepiamo un fittizio "aumento" di valore dell'euro rispetto alla valuta americana. In realtà, il meccanismo di stampa "a go go" è proprio quello che innesca l'inflazione. Questo spiega perché, a fronte di progressi nell'economia europea, invece di acquistare valore, l'euro ne perde. Se la moneta deflazionasse, non sarebbero più nemmeno necessarie le lotte sindacali per riadeguare gli stipendi. Questo spiega anche perché, negli anni sessanta, con uno stipendio da operaio si poteva mantenere una famiglia di 4 persone. Il sogno dei padroni privati delle tre principali banche centrali, quella europea, quella americana e quella giapponese (euro, dollaro e yen) è di arrivare ad una unica valuta mondiale in modo da inflazionare a piacimento senza che il pubblico abbia più alcun valore di raffronto. Non si potrà più confrontare il valore relativo dell'euro rispetto alle altre due valute. Questo sistema conduce al fenomeno dell'iperinflazione, un dramma che portò la Germania ad entrare nell'epoca del Nazismo. E' questo che vuole la sinistra opposizione? Ma vediamo, in un modo molto semplificato, come l'intero sistema delle banche, che ruotano intorno alla banca centrale, sia legato a doppio filo alla truffa monetaria. Alle banche normali viene regalato il sistema della riserva frazionaria.

 

Quando il Signor Brambilla versa 100 euro nella sua banca, questa corre a versarli alla banca centrale nel "conto riserve". La banca centrale si affretta ad acquistare titoli del debito pubblico monetarizzando il debito degli stati. Questi ultimi rimborseranno i titoli alla banca centrale tassando i cittadini. Si tratta di amministrazioni statali che ben si guardano dallo spiegare questi meccanismi ai cittadini. A questo punto, la banca del signor Brambilla, con i 100 euro versati a riserva, acquisisce dalla banca centrale il beneplacito di stampare 2.000 (duemila) euro di credito. In questo caso, consideriamo che la riserva frazionaria sia al 5%. Dunque, alla fine dell'anno, il signor Brambilla avrà in conto corrente i suoi cento euro più, diciamo, l'uno per cento d'interesse. La sua banca avrà prestato i 2000 euro creati con la riserva frazionaria chiedendo, diciamo, il 10% d'interesse a vari altri signor Brambilla. Questo meccanismo di creazione dal nulla dei 2000 euro è inflazionario. Mettiamo che, nell'aggregato, si determini una inflazione del 5%. Alla fine dell'anno, il Brambilla avrà 101 euro nominali ma del valore di 95,95 euro a causa dell'inflazione. La banca del Brambilla, da parte sua, avrà 2200 di credito che varranno, sempre considerando l'inflazione, 2.090. Pagati i 101 a Brambilla, Le rimangono 2.099 euro svalutati del 5%. Ma CREATI dal nulla. Se il signor Brambilla INVECE volesse prendere a prestito i 2000 euro creati da aria fritta, dovrebbe dare garanzie alla banca, garanzie REALI, ad esempio immobili, per almeno il 200% dell'importo, ovvero per 4000 euro. Quindi, al primo Brambilla la banca garantisce il deposito di 100 euro con il 5% di riserva frazionaria (5 euro realmente in cassa), mentre, quando lei stessa ne presta duemila, riceve garanzie per 4.000 euro. Questa è la misura del ladrocinio del sistema bancario a riserva frazionaria, che crea ricchezza, per pochi furbi, e la povertà di un popolo per sempre incravattato dal "debito pubblico".

Ma riflettiamo: se un Popolo è Sovrano, perché mai dovrebbe pagare un "signoraggio" alla banca centrale o a chicchessia?

 

Chi sono i soci della Banca d'Italia?


 

Gruppo Intesa (27,2%),

Gruppo San Paolo (17,23%),

Gruppo Capitalia (11,15%),

Gruppo Unicredito (10,97%),

Assicurazioni Generali (6,33%),

INPS (5%),

Banca Carige (3,96%),

BNL (2,83%),

Monte dei Paschi di Siena (2,50%),

Gruppo La Fondiaria (2%),

Gruppo Premafin (2%),

Cassa di Risparmio di Firenze (1,85%),

RAS (1,33%)...


 

e siamo arrivati al 94,35%. E l'altro 5,65% di chi è? Sono tutti debitori del popolo Sovrano, altro che "creditori". Il batter moneta, come anche il crearsi un esercito, è una prerogativa del Sovrano: del popolo. Come è anche suo diritto il ribellarsi al tiranno. Il diritto economico del Popolo Sovrano è un diritto "inalienabile": non può essere né ceduto né affittato. E' anche uno dei diritti previsti dalla Carta dei Diritti dell'Uomo delle Nazioni Unite, oltreché nel comma 2 dell'Art. 42 della Costituzione. Tutto quanto sopra detto non può non essere a conoscenza di Carlo Azeglio Ciampi: ha lavorato per cinquant'anni nella Banca d'Italia, diventandone perfino governatore. Ciampi non può non sapere che ruolo lui stesso abbia avuto nello sfruttare il popolo - non Sovrano, ma servo della gleba - rimasto all'oscuro dei propri diritti. Se continua a fare l'omertoso, si avanza l'ipotesi di alto tradimento. Specialmente se si scoprisse di chi sono le società proprietarie di Bankitalia. Dopo un'indagine sul giro del fumo delle scatole cinesi, ci sarà da ridere! Sarebbe come riscoprire che: uno dei soci dell''800 della savoiarda Banca d'Italia, per la quale fu "necessaria" l'unità d'Italia, era proprio il Conte di Cavour! Se Ciampi non vuol cantar chiaro, almeno dia le dimissioni. Allo stesso modo, Romano Prodi, nella sua funzione di autocratico Presidente della Commissione europea dei dodici assenti (i popoli europei), non può non sapere della "truffa del signoraggio".

 

Essa appare tra le righe di un recente rapporto della sua stessa commissione, del 14 febbraio 2002, intitolato: "Risposte alle sfide della globalizzazione" [SEC(2002) 185, pagine 58 e 59]. "Cari" presidenti, Ciampi e Prodi, non ricordate che il Trattato di Maastricht, dove si "santificava" la truffa della privata Banca Centrale Europea, venne elaborato e concluso proprio a cavallo delle stragi Falcone e Borsellino? Non è che questi ultimi due eroi stessero proprio indagando sulla criminalità bancaria? Forse cominciavano a chiedersi che cosa fosse il requisito di onorabilità: il fatto che, per fare il banchiere, bisogna essere "Uomo d'Onore". A cosa serve "veramente" il segreto bancario? Non è che, in Sicilia, la gente è talmente disperata che si trova sempre qualcuno pronto ad ammettere che, sì, il vero capo della mafia era proprio lui? Ma quale mafia? Non certo quella che ruota attorno ai soci privati della BCE di Francoforte. E pensare che, quando sopra parlavo dei 100 euro del signor Brambilla, non ho nemmeno incluso le spese annuali di "tenuta conto" trattenute dalla banca - mediamente circa 30 euro - né ho incluso tutti i giorni di valuta rubati, né tutte quelle altre cosucce, tutte quelle piccole truffe che, ogni tanto, riempiono i giornali e la bocca delle varie associazioni dei Consumatori. Associazioni che, acchiappando i topolini, si lasciano troppo spesso sfuggire gli elefanti. Quando mai il vostro bancario di fiducia vi svelasse che il suo stipendio è automaticamente ancorato al tasso REALE di inflazione, saprete ora perché. Dice bene Bossi, quindi, che l'euro di Prodi è la rapina del millennio. Non vi pare?

 

Nota di Nereo: Per il concetto di "riserva frazionaria" confrontare nell'articolo di J.G. Hülsmann "Gli undici miti sulla deflazione"

(http://www.liberanimus.org/hulsman.deflazione.html), la distinzione di due casi: (A) il caso di un sistema bancario a riserva frazionaria operante in un contesto di merce-denaro (commodity-money) come l'oro o l'argento; (B) il caso della moneta cartacea: "Nel primo caso, l'offerta di oro (o di argento) fisico non può ovviamente dissolversi nell'aria e perciò stabilisce un fondo robusto nel caso di deflazione delle banconote del sistema a riserva frazionaria. Tale deflazione generalmente inizia quando un numero crescente di persone rifiuta d'accettare tali note di pagamento, e termina normalmente in una corsa alla banca (bank run), nella quale gli stessi possessori dei biglietti vogliono liberarsene e si precipitano alla banca che li ha emessi per riscattarli in oro o argento. Al termine di tale corsa, l'offerta di denaro si è contratta considerevolmente a causa della sparizione di tutti i biglietti sostenuti dalla riserva frazionaria. Tuttavia la riserva di denaro metallico rimane e offre un fondo solido, al di sotto del quale l'offerta di denaro non può scendere.

 

Non c'è ragione perché questo processo deflazionista non possa risolversi in poche ore o giorni. Al termine, molte banche e molti imprenditori saranno in bancarotta, nella misura in cui avranno finanziato le loro imprese tramite il debito invece che con mezzi propri (equity). Questo naturalmente spiega perché l'attuale establishment, finanziato col debito, si oppone ferocemente alla deflazione; ma questo non significa che la produzione non potrebbe andare avanti senza di questi: di fatto può farlo e lo farà "sotto una nuova gestione". Nel secondo caso, non esiste alcun fondo solido che assicuri l'arresto del processo deflazionista all'offerta di moneta cartacea. Quando la gente non gradisce più possedere moneta di carta e comincia a venderla a qualunque prezzo, ciò risulterà in un declino ancor più pronunciato del potere acquisitivo di questa moneta, il che convincerà anche chi l'ha appena comprata a liberarsene. Il risultato è una spirale deflazionista che termina quando la moneta svanisce dalla circolazione. Notare che questo non significa che l'economia retrocederà all'era del baratto. In questi casi la gente comincia ad usare altre monete come oro, argento o valute straniere. La spirale deflazionista perciò sottintende l'effetto benefico di sostituire un tipo inferiore di moneta (inferiore dal punto di vista di chi la usa) con una moneta superiore. Ripetiamo, non vi è ragione perché questo processo non possa concludersi in pochi giorni e, parimenti, non vi è ragione d'aspettarsi che la produzione non riprenda altrettanto rapidamente sotto una nuova gestione"


Signoraggio (Corriere della sera - CorrierEconomia - pag. 8 - 11/10/2004)

 

E' trapelato che l'ex ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, in una conversazione informale a Milano, avrebbe mostrato scetticismo verso l'ipotesi che la sua proposta di stampare la banconota da un euro non sia decollata in Europa anche a causa delle conseguenze sugli enormi interessi collegati al "signoraggio" per l'emissione del denaro. A Bruxelles il direttore generale per gli Affari monetari della Commissione, il tedesco Klaus Reding, ha detto al Corriere della Sera di non vedere alcun problema di "signoraggio" nel sistema dell'euro "perchè tutto è regolato dal Trattato di Maastricht". Ma nell' Europarlamento si stanno iniziando a valutare segnalazioni critiche e richieste di maggiore trasparenza su questo meccanismo finanziario, che consente alla Banca centrale europea di Francoforte (Bce), alle banche centrali e ai governi nazionali di incamerare somme ingenti imponendo di fatto ai cittadini il pagamento di un prezzo per l'utilizzazione della moneta. La definizione di "signoraggio" anticamente indicava il guadagno del "signore" che aveva il potere di far accettare come mezzo di pagamento una moneta con un valore nominale superiore al contenuto aureo (contando sulla capacità di convinzione delle sue milizie armate). Oggi con questo termine si intende la percentuale garantita a chi emette denaro in relazione alla differenza tra il costo di realizzazione di una banconota o di una moneta metallica e l'importo nominale assegnatogli. Il "signoraggio" per la stampa dell'euro su carta è attribuito alla Bce di Jean-Claude Trichet e alle banche centrali dei Paesi della zona euro, mentre per le monete metalliche spetta ai ministeri del Tesoro nazionali. Pertanto, se fosse introdotta la banconota da un euro, i governi perderebbero una parte degli attuali guadagni da "signoraggio" e aumenterebbero quelli degli istituti di emissione, che nel caso della Banca d'Italia possono finire anche ai suoi soci privati.

 

Fazio a casa e Bankitalia in bancarotta. E' possibile. (03/11/2004)

 

Signoraggio: una truffa colossale nata e cresciuta grazie ad una giungla di ignoranza sistematica, censura accademica, disinformazione professionale, vuoti legislativi e cervelli sottovuoto. Dal 1694 fino alla pseudo costituzione europea passando per il Trattato di Maastricht tutto sembra regolato, in ordine, e la truffa continua. Ma il meccanismo di emissione della moneta - delegato alla Banca Centrale Europea - e di riscuoterne il signoraggio (in termini tecnici “servizio di tesoreria dello Stato”) si sta inceppando. Il che può mettere nei guai in particolare la Banca d’Italia e il suo attuale governatore, l’uomo delle banche, Antonio Fazio. La Banca d’Italia è infatti una società privata, una spa, che ha per soci solo delle società private, banche ed assicurazioni, a parte l’Inps, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. Tre banche da sole “controllano” la Banca d’Italia: Gruppo Intesa 27,2 %, Gruppo San Paolo 17,23%, Gruppo Capitalia 11,15%. Il resto è preda del Gruppo Unicredito 10,97%, Assicurazioni Generali 6,33%, Inps 5,0%, Banca carige 3,96%, Bnl 2,83%, Montepaschi di Siena 2,5%, Cassa di risparmio di Firenze 1,85%, Ras 1,33%, La Fondiaria 2,0%, Premafin 2,0%. Il restante 5 e rotti per cento è poi nelle mani di anonimi. In ogni caso, nei giorni scorsi ha iniziato a girare con insistenza la voce che la Banca d’Italia avrebbe le ore contate. Infatti il potere di emettere moneta e riscuotere il signoraggio, in mano alla Banca d'Italia dal 1894, è affidato alla SpA di via Nazionale solo fino al 31 dicembre 2010. La legge 104 del 28 marzo 1991 lo conferma. Il conferimento della gestione del servizio, cioè il potere di battere moneta e riscotere il reddito da signoraggio, è rinnovato ogni 5 anni, e ora siamo vicinissimi alla scadenza del rinnovo per il quinquennio 2010-2015. Abbiamo dunque la possibilità di mandare a casa Fazio. E' venuto il momento di farsi sentire: la battaglia contro una Banca d’Italia cassaforte di banchieri e grande finanza, iniziata anni fa dal professor Giacinto Auriti, può essere vinta. Occorre un'azione legale contro Bankitalia SpA per ottenere il risarcimento dei proventi da signoraggio indebitamente appropriati. Ma soprattutto occorre la mobilitazione delle energie ancora attive del nostro popolo.


Sistema bancario e rischi per titoli statali (di Nereo Villa - 08/10/2003)

 

Il 27 settembre del 1964 negli Stati Uniti venne pubblicato il famigerato rapporto della commissione Warren, incaricata di indagare sull'assassinio di Kennedy. In tale rapporto si sosteneva che unico responsabile dell'omicidio era Lee Harvey Oswald. Tale rapporto fa tremare ancora oggi anche i nostri politici più “coraggiosi”. Su “Libertà” del 27 settembre di 39 anni dopo, infatti si leggono parole di Bossi sul debito pubblico: "Dal 2008 in avanti il sistema cambia, perché altrimenti la gente si sparerebbe, perché i titoli di stato diventerebbero tutta carta straccia". Cosa significano queste parole? Perché Bossi non chiarisci la questione? Dovrebbe conoscerla, ammesso che abbia letto gli articoli della stessa "La Padania" in merito a tale "carta straccia". Il coraggio necessario per attuare una fiscalità sociale a misura d'uomo non esiste proprio. Lincoln e Kennedy ebbero invece quel coraggio. Ma ambedue pagarono caro. Lincoln creò le banconote "green-backs", e venne ucciso poco dopo, nel 1865. Durante la guerra civile americana, i Rothschild di Londra finanziarono il Nord, e i Rothschild di Parigi il Sud. Per ridurre il livello del debito che il suo governo avrebbe affrontato, Lincoln fece quel denaro. Le banconote "green-backs" erano come dovevano - e come dovrebbero - essere, e cioè prive di interessi bancari. Ciò si rilevò potenzialmente disastroso per le banche, e se la cosa fosse continuata dopo la guerra e si fosse diffusa in altri paesi, le banche e i banchieri avrebbero perso il loro potere. Lincoln fu assassinato da John Wilkes Booth che, secondo alcuni studiosi, era un agente della Casa Rothschild. Dopo la morte di Lincoln cessò ovviamente anche la stampa dei green-backs.

 

Kennedy propose la stessa soluzione e subito dopo fu anch'egli ucciso a Dallas, in Texas, nel 1963. I suoi obiettivi principali erano di prendere il controllo della moneta della nazione, togliendola dalle mani delle Banche della Federal Reserve e di terminare così la guerra in Vietnam. Il vero motivo del suo assassinio è percepibile ad ogni essere umano pensante. Dopo quello storico omicidio il vicepresidente J.B.Johnson, appena assunta la carica di Presidente, ordinò infatti il ritiro di tutte le banconote fatte stampare da Kennedy. Kennedy aveva infatti ordinato l'emissione, da parte del Tesoro, di 4.292.893.815 dollari, con banconote che non riportavano più la scritta "Federal Reserve Note", ma quella, invece, di "United States Note". L'ordine esecutivo di Kennedy (E.O. 11110 del 4 giugno 1963) era un ordine coraggioso, ed è in fondo quello che bisognerebbe aspettarsi oggi dai nostri politici italiani. Ma campa cavallo! Costoro tremano di fronte ai banchieri. E' comprensibile. Ma non bisogna far finta di avere coraggio dicendo le cose a metà per paura dei banchieri. Infatti, per impedire una commissione d'inchiesta, libera e indipendente, sull'assassinio di Kennedy, Johnson e il capo dell'FBI, Hoover, crearono la "Commissione Warren" per fornire ed avvalorare la versione ufficiale sull'assassinio. Di questa Commissione faceva parte anche un certo J. McCloy, che non aveva avuto alcuna esperienza nel campo del crimine, né dell'ordine pubblico, né in quello della sicurezza della nazione. In compenso però era il Presidente della Chase Manhattan Bank!

 

Perché la presenza di un banchiere nella Commissione Warren? Le uccisioni di Lincoln e di Kennedy testimoniano dunque che per conservare ed aumentare debiti non dovuti, per questa mega truffa planetaria, non vi è solo lo strumento della guerra. Per evitare l'estinzione dei debiti bancari, cioè per evitare l'estirpazione del cosiddetto "debito pubblico", sostituendolo con un credito sociale o col reddito di cittadinanza che ne scaturirebbe attraverso l'emissione di biglietti di stato, vi è anche l'assassinio! Kennedy aveva infatti capito che l'egemonia dell'usura poggiava sull'idea truffaldina della banca centrale: emettere moneta prestandola al popolo, il quale, creandone il valore con l'accettazione, avrebbe invece dovuto esserne il proprietario fin dall'emissione. Per semplice logica umana, tutti infatti possono prestare denaro, ma non chi lo emette. Se io ti presto una banconota devo averla. Se non ce l'ho e te la stampo, ti presto casomai la carta, non il valore che stampo su di essa. In altre parole, se mi presti la tua rete per pescare e mi indebiti perennemente anche dei pesci che pescherò in futuro, non posso accettare, perché io devo restituirti solo la tua rete, magari con un grazie o con gli interessi per l'usura (della rete). Eppure oggi non è così e questi esempi descrivono esattamente l'attuale sistema bancario mondiale, che tutti ancora accettiamo, mentre persone e governi stanno affogando in un mare di guai come è successo in Argentina. Bisognerebbe dunque ricordare quel 27 settembre di 39 anni fa, altro che aspettare il 2008 quando ci saremo ancora più invischiati nella melma dell'Euro e dell'Europa.

 

I grandi banchieri ossia i pirati e usurai mondiali  (di D.E.)

 

Chiesa Viva

Mensile di formazione e cultura, Direzione, Redazione e Amministrazione: “Operaie di Maria Immacolata” e Editrice Civiltà – via Galileo Galilei, 121 - 25123 Brescia - c/c postale n° 11193257 - tel e fax: 030-370.00.03 - 20 pp. 24x31,5 ANNO XXXIV - N° 363 LUGLIO-AGOSTO 2004

 

Su queste pagine sono già apparsi illuminati articoli del dott. G. Armenise, del Prof. Giacinto Auriti, del dott. Bruno Traquini, del dott. Franco Adessa, sull'iniquo sistema bancario-finanziario nazionale e internazionale (1). Data l'importanza per tenere viva l'attenzione, ripsopongo l'argomento, cercando di esporlo in modo semplice e comprensibile anche ai non specialisti. Il vigente sistema bancario mondiale è il mezzo attraverso cui i grandi banchieri si fanno proprietari della moneta circolante e si arricchiscono, e dominano sempre più; e le persone ed i governi nazionali subiscono questo furto e affogano semore più nell'indebitamento, e nella dipendenza economica, politrica, culturale. Queste le tappe storiche per giungere ai meccanismi di espropriazione del capitale, di interessi ed usura, e di dipendenza.

 

Contro un po’ d’oro e argento: montagne di carta-moneta

 

Fino al Medioevo, il mezzo di credito e di scambio, cioè la valuta, era costituita da metalli preziosi (l'oro e l'argento) e, per ragioni di sicurezza, i proprietari cominciarono a depositare le loro ricchezze presso gli orafi, che disponevano di camere blindate adatte alla loro custodia. Fu loro affidata anche la possibilità di "conio", ossia di coniare le monete e i lingotti, in modo di accertare la quantità del metallo prezioso contenuto, ed il valore di ogni moneta e lingotto. A fronte di questi depositi di oro e argento, gli orafi/banchieri emettevano "ricevute" di carta che servivano ai proprietari per i loro pagamenti e acquisti. Constatata la praticità del sistema, la "carta-moneta" o "banconota" (che era garantita dal deposito equivalente di oro/argento nelle banche degli orafi) si diffuse grandemente e si impose come il mezzo prevalente di scambio. Già a questo punto iniziò una prima forma di furto e usura: gli orafi/banchieri capirono che in qualsiasi momento, solo una frazione dell'oro e dell'argento veniva ritirata dai proprietari; allora, pensarono, "perché non prestiamo delle "ricevute", "carta-moneta" anche ad altre persone che non possiedono l'equivalente in oro e argento e inoltre le tassiamo d'interessi?". Le autorità statali, o perché non chiaramente consapevoli della gravità dell'insidia, o perché conniventi e corrotte dai banchieri, hanno permesso questo. Di conseguenza, i banchieri hanno prodotto "dal nulla" (cioè senza avere un corrispettivo controvalore di oro o di argento in deposito) grandi capitali di carta/moneta che a loro è costata solo il minimo costo di stampa, ma che hanno prestato ai privati ed agli Stati, al valore nominale, cioè secondo il valore stampato sulle banconote. Ad esempio, dietro richiesta di un prestito di 200 miliardi di lire, hanno stampato 2.000.000 di banconote da lire 100.000. Il costo della stampa delle banconote è 500 milioni, il valore nominale delle banconote è 200.000 milioni. La differenza: 199.500 milioni è il guadagno di emissione, o "diritto di signoraggio". "diritto" che, in realtà, è solo un enorme "furto". L'aver ristretto il potere di stampare banconote alle sole banche centrali emittenti, non ha tolto la basilare iniquità di questo meccanismo, sia in se stesso, sia per la reale identità e proprietà delle "banche centrali emittenti".

 

Montagne di banconote da restituire con interesse: il che indebita i privati

 

Inoltre, i banchieri centrali, non contenti di essersi appropriati del valore delle banconote stampate, concedono il prestito, a un privato, richiedendo poi la restituzione della somma iniziale, aumentata

dell'interesse del 10% o del 20% all'anno. Da dove viene questo interesse? Dall'attività e dal lavoro di chi ha chiesto il prestito. Così, il sistema dei banchieri succhia la ricchezza prodotta dal lavoro e, per tutelarsi di questa restituzione aumentata dall'interesse, chiedono pegni e garanzie su terreni, case, attività agricole, commerciali, industriali, ecc. Se il prestito non viene restituito alla scadenza, maggiorato dell'interesse, la banca pignora e si appropria dei beni in garanzia.

 

...e indebita anche gli Stati

 

Difficile a credersi, ma purtroppo vero: anche gli Stati, dietro pressione dei politici fiancheggiatori (fatti eleggere dai banchieri, con laute sovvenzioni durante le campagne elettorali!), si sono prestati a questo furto e usura. Cioè, anche gli Stati hanno chiesto grandi prestiti ai banchieri centrali, per le spese del bilancio statale, per costruire opere, per fronteggiare guerre, ecc., e hanno dato in garanzia ai banchieri, a pari valore nominale delle banconote ricevute, dei "Titoli di Stato" o a lunga scadenza (es. CCT), i quali, oltre al dovere della restituzione del capitale, sono gravati di interessi. E da qui è iniziato il crescente indebitamento anche degli Stati nei confronti dei banchieri. E la necessità di aumentare le imposte ai cittadini per poter pagare gli interessi della massa dei titoli di Stato dati in "garanzia" ai banchieri.(ndt: quando è lo Stato ad essere insolvente, si parla di "privatizzazioni". Indovinate chi compra?)

 

Due colpi grossi: diventare Banca Emittente e dare i prestiti di guerra

 

Due settori si sono dimostrati eccezionalmente redditizi per i banchieri: essere autorizzati quale "banca centrale emittente" ed i "prestiti di guerra".

 

La “Banca Centrale Emittente "

 

Prospettando l'utilità della moneta unica nazionale, e alimentando ad arte il pubblico sospetto e diffidenza che, se fosse il singolo governo ad emettere banconote, lo farebbe secondo i propri particolari interessi politici, i banchieri più potenti, con l'appoggio dei loro soliti fiancheggiatori politici, sono riusciti ad ottenere dallo Stato il diritto di fondare la "banca centrale emittente". Il che significa che lo Stato, per il fabbisogno di moneta circolante, delega alla banca centrale di stamparla. La banca centrale la stampa (con spesa che è una percentuale infima rispetto al valore nominale) e la da alle Casse dello Stato, facendosi dare in cambio un pari valore nominale di "Titoli di Stato", fruttiferi di interessi. Cioè, la banca centrale, dietro ad un minimo costo di stampa, con un furto all'intera nazione, si fa proprietaria di tutta la moneta nazionale, che addebita alla comunità tramite lo Stato, richiedendo in garanzia dei "Titoli di Stato", che, inoltre, sono caricati di interessi annui, che sono complessivamente enormi, dato che è elevatissima la massa di carta-moneta circolante. Quando la massa di moneta circolante è insufficiente, o quando le Casse dello Stato sono vuote, e lo Stato non può pagare gli stipendi dei pubblici dipendenti, e non può fare opere pubbliche, ecc., o si rivolge direttamente ai cittadini chiedendo denaro in prestito e offrendo loro direttamente "Titoli di Stato" (es. BOT o CCT) (il che è legittimo, perché corrisponde ad un prestito reale ed effettivo), oppure chiede nuova carta-moneta alla banca centrale, la quale la stampa, se ne fa proprietaria, e l'addebita (cioè la ruba) alla Nazione e, inoltre, chiede a garanzia, a pari valore nominale, dei "Titoli di Stato" fruttiferi di continui interessi annuali. Ulteriormente incredibile, ma vero, oltre al diritto di "signoraggio" di stampa e appropriazione del denaro nazionale, anche maggiorato degli interessi annui dei "Titoli di Stato" corrispettivi, i grandi banchieri sono riusciti, poi, ad ottenere dallo Stato (tramite i soliti rappresentanti politici loro compiacenti) il potere di regolare (secondo il loro interesse) la quantità e la circolazione del denaro e del credito, come pure il potere di decidere il "tasso di sconto".

 

I Prestiti di Guerra

 

I grandi banchieri si sono accorti che con oculati "prestiti di guerra" si fanno i più eccellenti affari. Infatti, per avere a disposizione abbondanti finanze e speranza di vincere la guerra, ogni Stato è disposto a fare grandi sacrifici, a cedere le riserve auree e la comproprietà delle attività minerarie, agricole, commerciali, industriali, nazionali, e a pagare alti interessi. I grandi banchieri, inoltre, si sono resi multinazionali, per cui le diverse filiali della stessa banca hanno prestato contemporaneamente agli opposti contendenti e guerreggianti. Spesso, facendosi persino riconoscere dal futuro "vincitore" (per questo più lautamente finanziato e armato), il diritto privilegiato di ottenere la garanzia del pagamento di tutto il prestito concesso alla parte "vinta" (ovviamente mediante espropriazione dei beni della Nazione vinta). Un solo esempio tipico, quello dei rothschild nella Seconda Guerra mondiale. I rami americano, inglese, russo, ecc. hanno prestato denaro ai loro governanti e hanno fatto ottimi affari. Ma ha fatto ottimi affari anche il ramo tedesco. I Rothschild tedeschi si sono offerti di procurare al Reich nazista i rifornimenti desiderati, richiedendo di essere pagati in oro e valute pregiate che hanno depositato in Svizzera. Alla fine della guerra, la Germania era semidistrutta, le casse dello Stato totalmente vuote, i grandi industriali - ad es. i Krupp (produttori di acciaio e armi) - ridotti sul lastrico, mentre i Rothschild,a nch'essi tedeschi, erano divenuti ancora più ricchi e più potenti di prima! Ne consegue che, ricevendo enormi benefici dalle guerre (quali concessori dei prestiti bancari e quali proprietari dell'industria bellica che vende armi), i grandi banchieri sono i principali interessati a soffiare sui contrasti nazionali ed inter-etnici ed a fare scoppiare ovunque le guerre. Come diceva A. M. Rithschild: "la guerra è la nostra attività e industria più redditizia"!

 

Note:

(1) G. Armenise, "Quando Banca fa rima con Usura", Chiesa viva n.325;

G. Auriti, "Eliminare i debiti o i popoli? L'euro di chi è?", Chiesa viva n.327;

"Note di filosofia del valore", Chiesa viva n. 330; "Valore indotto, valore creditizio e signoraggio", Chiesa viva n. 334; "Giustizia monetaria", Chiesa viva n. 345;

Bruno Tarquini, "La moneta, la banca e l'usura", Chiesa viva n.336, 337, 338;

F. Adessa, "Il governo di A.M. Rothschild", Chiesa viva n. 337, 338.


Il meccanismo bancario della creazione di denaro costituisce una vera e propria truffa ai danni dei cittadini. (di Nereo Villa)

 

Nessun economista affronta seriamente il problema: la creazione di denaro è vista quasi come una conseguenza naturale dell'istituzione delle banche(1) o come una curiosità con effetti benefici sul sistema economico che tutt'al più dove indurre i banchieri ad operare con prudenza ed oculatezza per evitare che le conseguenze della creazione di denaro possano travolgere la stessa banca. Il meccanismo bancario di creazione di denaro è invece alla base dell'appropriazione di risorse ingentissime da parte del sistema finanziario ai danni dell'economia reale e di tutti i cittadini. Per capire come funziona questo meccanismo, dobbiamo immaginativamente spostarci indietro nel tempo di un paio di secoli e ritornare nella situazione che favorì la nascita delle banche moderne, cioè a quei depositi in oro che le situazioni politiche e la relativa ricchezza indotta dai commerci con l'estremo Oriente e il Nuovo Mondo avevano generato. Le banche ricevevano l'oro e in cambio, rilasciavano certificati a vista o al portatore, che erano utilizzati per i pagamenti da parte dei titolari dei depositi, e, a loro volta, potevano essere utilizzati per effettuare nuovi depositi. E qui sta l'inghippo. Infatti, finché il certificato, nominativo o al portatore viene trasferito da un possessore ad un altro, nel sistema non si crea alcunché, dato che si tratta della stessa somma che semplicemente cambia di mano. Se invece, sulla somma depositata la banca emette un prestito, allora si crea del denaro.

 

Un esempio: stiamo nel 1884 a Dawson city nel Klondike. Sono appena uscito dalla banca del West dove ho depositato mille dollari in oro, frutto di un duro lavoro nelle miniere. La banca offre un buon interesse, e d'altra parte, ci sono troppi brutti ceffi in giro per portarmi tutta quella somma addosso. La banca, inoltre, gode di buona fama, e così io sono sicuro che nessuno porterà via il mio gruzzolo. Tengo con me qualche spicciolo, e riparto per il giacimento che ho scoperto nel nord del paese. La banca sa che non tornerò presto a riprendere l'oro. Conta sulla mia avidità e sul desiderio di sfruttare al meglio la miniera. Così quando si presenta un imprenditore a chiedere un prestito di ottocento dollari per costruire un casinò per i minatori, la banca lo concede volentieri, sia perché lo considera un buon investimento, sia perché l'imprenditore in questione è persona economicamente solida. D'altra parte la banca deve prestare i denari a qualcuno, perché altrimenti non potrebbe pagarmi l'interesse che ha promesso, né le proprie spese. La banca non può concedere più di 800 dollari in prestito perché tiene una riserva del 20%: la percentuale sui depositi ritenuta sufficiente per coprire eventuali necessità liquide impellenti dei propri depositanti(2).

 

Se per esempio, avessi necessità di denaro per comprare delle nuove attrezzature per la miniera, la banca sa che non chiederò più di 200 dollari, dato che in media la percentuale dei depositi che si presume possa essere ritirata è, appunto, del 20%(3). Tra le migliaia di depositanti, c'è ovviamente anche chi che ritira per intero il suo deposito senza preavviso, ma in media il denaro che entra ed esce dalla banca non supera il 20% del totale dei depositi. Se la banca concedesse prestiti utilizzando una parte delle proprie riserve, rischierebbe di trovarsi in difficoltà a fare fronte alle necessità correnti e perderebbe il proprio buon nome. D'altro canto, se la banca tenesse più denaro del necessario a riserva, non guadagnerebbe abbastanza, e non potrebbe remunerare i depositi come le altre banche del sistema, che, quindi, le porterebbero via i clienti, condannandola prima o poi alla chiusura. Quindi, la banca deve concedere prestiti tenendo la riserva del 20%, così come fanno le altre banche del sistema, che pure sanno che non più del 20% dei propri depositi sarà ritirato. Come si può rilevare il sistema si regge dunque sul calcolo delle probabilità e sul buon nome delle banche. Ma torniamo agli 800 dollari prestati per la costruzione del casinò. L'imprenditore, ottenuto il prestito, si mette al lavoro di buona lena, e spende tutti i denari ricevuti dalla banca per la costruzione, pagando operai, fornitori, barman, ballerine e il pianista. Questi soggetti, ricevono i soldi e a loro volta o li spendono o li mettono in banca.

Alla fine, per varie strade, tutti gli 800 dollari prestati al primo imprenditore, ritornano in banca (dove per banca si intende il sistema bancario nel suo complesso che, come si è mostrato, si muove di conserva per non rischiare il fallimento). La banca, a questo punto ha di nuovo 800 dollari, e così è contenta se un altro imprenditore le chiede un prestito di 640 dollari per aprire un negozio di alimentari per i minatori. Anche questo pare alla banca un buon affare, e l'imprenditore che lo propone è un noto commerciante della zona, munito di solide garanzie. Ricomincia il solito giro e dopo un po' di tempo, i 640 dollari ritornano tutti in banca. Con 512 dollari, il Direttore finanzia l'apertura di un negozio di armi, e poi con 409,6 dollari una bottega da maniscalco per i cavalli dei minatori e così via, finché i dollari non sono esauriti. Ciò che spinge gli imprenditori ad investire rapidamente i denari ricevuti è che essi devono pagare un interesse alla banca e quindi, prima cominciano a guadagnare, e prima riescono a restituire il debito senza essere taglieggiati dagli interessi. Allo stesso tempo la banca paga un interesse ai depositanti, così che costoro sono invogliati a portare i soldi in banca e lasciarveli il più a lungo possibile. Ovviamente c'è una differenza (spread) tra gli interessi che la banca paga e quelli che riceve dai prestiti, differenza sufficiente a coprire le spese della banca e l'utile dei soci di essa.

 

Come si può vedere i miei originari 1000 dollari - che sono sempre depositati in banca - ne hanno creato, prima 800, poi 640, poi 512, poi 409,6 e così via, tutti che si reggono sull'originario mio deposito di mille dollari. Tra i miei mille dollari e i cinquanta dell'ultimo depositante, un vetraio che ha rimesso in sesto le finestre del saloon distrutte da una sparatoria tra i minatori, non c'è, però, alcuna differenza: sia io che il vetraio sappiamo che essi sono frutto del nostro lavoro, ed entrambi ci fidiamo della banca che, d'altra parte, è una delle più solide del West. Il vetraio sa che in qualunque momento, può andare in banca e ritirare i suoi 50 dollari in oro, nonostante abbia versato carta. La banca non avrebbe alcuna difficoltà a pagare. Anche io so che in qualunque momento posso andare in banca a ritirare i miei mille dollari in oro senza alcuna difficoltà. In banca, però non ci sono tutti i soldi che sono stati depositati da me fino al vetraio. In realtà ce ne sono solo il 20%, vale a dire la riserva ritenuta prudente dalle banche per il ragionamento fatto prima. La somma di tutti i soldi che sono tornati in banca è infatti ora di 4.000 dollari che, sommati ai miei 1.000, fanno 5.000 dollari, rispetto ai quali i miei mille sono appunto il 20%. Se la riserva fosse del 10%, i dollari che la banca potrebbe prestare sarebbero 9.000, se del 5%, sarebbero 19.000. E' dunque evidente che la massa di denaro che la banca crea dipende direttamente dalla riserva valutaria che la banca ritiene necessario costituire: minore è la percentuale della riserva e maggiore è la quantità di denaro che viene creata(4).

 

Si può immaginare cosa potrebbe succedere se all'improvviso un numero rilevante di depositanti si presentasse davanti agli sportelli a ritirare i depositi! Si ponga il caso che la miniera - grazie alla quale come si è visto viene promossa tutta quella attività - chiude per es. a causa di un'inondazione, e che molti depositanti si presentino, tutti assieme, agli sportelli per ritirare i propri denari. La banca non ne potrebbe accontentare più del 20%, e per pagare gli altri sarebbe costretta a richiedere in restituzione con estrema urgenza denaro a tutti coloro a cui li ha prestati, i quali per definizione non ne hanno. Quell'oro, infatti, non esiste: c'è una serie di pezzi di carta per mezzo della quale sono stati costruiti il saloon, la bottega, il negozio e ogni altra attività finanziata dalla banca, ma l'oro non c'è, per la semplice ragione che - come è stato mostrato - non c'è mai stato se non nella misura del 20% dei depositi(5). Oltretutto, l'oro in questione non può essere preso nemmeno da altre città: se la miniera chiude, saloon, negozio di alimentari, e maniscalco - che vivevano tutti sulla miniera - non guadagnano più nulla o quasi, e non possono restituire il prestito ricevuto. La banca cerca di vendere i beni dei suoi debitori al migliore offerente, ma nessuno compra aziende che non guadagnano, e così la banca realizza ben poco.  Disperato, il Direttore escogita allora tutti i trucchi per ritardare il fallimento della banca: apre un solo sportello mandando a casa tutti gli altri impiegati, sottopone i depositanti a procedure estenuanti per ritirare i denari, convoca il Consiglio di Amministrazione per chiedere denari ai soci della banca, e allo stesso tempo si rivolge ad altre banche per ottenere dei prestiti. In altri termini cerca di diminuire la velocità di circolazione del denaro, che è uno dei sistemi per far scomparire gradualmente il denaro virtuale creato dalla banca(6). Nel frattempo, anche a causa di queste tecniche dilatorie, si sparge la voce che la banca del West ha difficoltà di pagare, e anche gli altri depositanti, preoccupati per la sorte dei propri soldi, accorrono agli sportelli della banca, facendo una gran ressa di fronte alla sede dell'istituto. Alla fine il banchiere getta la spugna e chiude la banca per fallimento. Il denaro creato dal suo istituto lo ha travolto. Anche se non ha commesso irregolarità di sorta, e si è comportato seguendo le regole di funzionamento della banca, anche se non ha commesso errori evidenti, egli finisce in galera per bancarotta ed è accusato dai suoi depositanti di esser un ladro(7). La scena di panico descritta in Mary Poppins è molto significativa a questo riguardo: Mr. Banks, il padre dei bambini cui Mary Poppins faceva da baby sitter, era un austero funzionario della banca Dawes di Credito, Risparmio e Sicurtà. Insomma una tipica banca ottocentesca, dove tutti indossano il tight e le ghette, portano la bombetta, l'ombrello e il garofano all'occhiello.

 

La crisi di panico si scatena quando il piccolo Michael cerca di farsi restituire dal vecchio Dawes i due penny con cui voleva comprare il miglio per i piccioni, e che invece il banchiere vuole usare per fargli aprire un conto corrente. Non c'è argomento che riesca a convincere il bambino. Nel suo animo sono entrate bene le parole di Mary Poppins che l'aveva incitato a donare di cuore. Le sue grida vengono sentite da due clienti della banca che, preoccupatissime si affannano a ritirare tutti i propri depositi. Anche gli altri clienti dentro l'edificio, vista la reazione delle due correntiste si affrettano agli sportelli per ritirare tutto il proprio denaro. E' il panico, scatenato apparentemente senza alcuna ragione, da una voce, da uno sguardo preoccupato, da un passo affrettato. Per convincere il bambino il vecchio Dawes aveva usato tutti gli argomenti della cupidigia: "Con due miseri penny sarai proprietario di terreni in America, di navi, di fabbriche, di palazzi. Il tuo capitale raddoppierà di anno in anno e tu diventerai ricco!". Nulla riesce a smuovere Michael dal suo proposito di usare i suoi due penny seguendo il suo cuore, ormai ricco di amore e di generosità. Il discorso di Dawes sul raddoppio del capitale è, però, il centro della truffa delle banche, il miraggio agitato dinanzi agli occhi della gente per indurla a lavorare duramente e risparmiare con la promessa di una felicità che non arriverà mai. E la crisi di panico trova, in questa scena, la propria ragione profonda. Il dono d'amore, la generosità, sono i nemici mortali del sistema finanziario.

Lo stesso concetto lo esprime Keynes che racconta una storia illuminante tratta da Sylvie e Bruno che, forse, ha ispirato il regista del film.

 

"E' solo il sarto, Sir, con il suo conticino" disse una voce querula fuori dell'uscio.

"Oh, bene - disse il professore ai bambini, - risolverò subito questa sua faccenda, se vorrete aspettare un momento. Quant'è quest'anno, buon uomo?" - Mentre parlava il sarto era entrato.

"Vedete è stato raddoppiato per tanti anni - replicò il sarto un po' brusco - che adesso penso proprio di volere i quattrini. Sono duemila sterline, sono!"

"Roba da nulla - osservò noncurante il professore frugandosi nelle tasche come se si portasse sempre dietro quella cifra come minimo - ma... non preferireste aspettare ancora un anno e farle diventare quattromila sterline? Pensate solo a quanto diventereste ricco! Pensate, potreste diventare un re, se lo voleste!"

"Non so se mi interessi diventare un re - commentò pensieroso l'uomo - ma sembra davvero un mucchio di quattrini… Beh credo che aspetterò.."

"Certo che aspetterete - incalzò il professore - Vedo che avete cervello. Buongiorno, buon uomo!"

Non appena la porta si richiuse alle spalle del creditore Sylvie chiese: "Gliele pagherete mai quelle quattromila sterline?"

"Mai, ragazza mia! - replicò enfatico il professore - Preferirà raddoppiare fino al giorno della morte. Vedete, vale sempre la pena di aspettare ancora un anno per avere il doppio"(8). La scena della crisi di panico venne replicata molto frequentemente per tutto l'ottocento e fino a qualche anno dopo la grande crisi del 1929. E non si trattava del fallimento di qualche banca qua e là, bensì di decine di banche e - nei periodi di crisi - di centinaia: il sistema andava in crisi periodicamente, in media ogni 15/20 anni, provocando fallimenti a catena di imprese e di banche. Negli anni della grande crisi, tra il 1931 ed il 1933 fallirono negli USA oltre 10.000 banche, circa la metà di tutto il sistema bancario. In realtà, nella favoletta della miniera, il banchiere un errore lo ha commesso: avrebbe dovuto diversificare gli investimenti, in modo da non fondare tutte le proprie attività sulla sola miniera. Insomma, se oltre ad avere adocchiato la miniera il banchiere avesse finanziato operazioni relative alla costruzione della ferrovia, all'allevamento del bestiame, alla coltivazione del cotone ed alla pesca del salmone, la chiusura della miniera, probabilmente, non avrebbe causato il fallimento della banca. Quest'ultima avrebbe infatti potuto - per fronteggiare il ritiro dei fondi dovuti alla chiusura della miniera - prendere i denari versati per effetto delle altre attività. Ma per tale operazione, il banchiere avrebbe dovuto disporre di molto denaro per finanziare tutte le attività... e d'altra parte se fossero andate contemporaneamente in crisi miniera, pesca, allevamento e coltivazione, il fallimento sarebbe stato comunque inevitabile... Ed è proprio questo che accadde nel 1929, quando andarono in crisi contemporaneamente molti settori dell'economia, e il sistema bancario ne fu travolto e andò in tilt.

 

Ma, a parte la diversificazione degli investimenti - che però non salva il banchiere se la crisi è particolarmente grave ed estesa - è chiaro che non c'è rimedio se le attività economiche finanziate dalla banca si fermano, o anche solo se rallentano: se le attività economiche rallentano, la banca si trova lo stesso in difficoltà. Infatti molti depositanti avrebbero necessità di denaro per fare fronte ai pagamenti correnti cui non possono più attendere con i propri ridotti guadagni, e si affollerebbero dinanzi alla banca. Con la diversificazione degli investimenti, i tempi della crisi sarebbero tutt'al più rallentati e forse la banca potrebbe salvarsi liquidando le attività in tempo e ad un prezzo tale da coprire le proprie necessità di cassa. E' già qualcosa. Un'ipotesi in cui una banca è in grado di fare fronte anche alla crisi più devastante pagando in oro tutti i suoi debiti, ci sarebbe. E' il caso in cui la crescita di quella banca abbia attirato versamenti cospicui in oro da parte di altre aree per effetto di una politica di investimenti e di tassi di interesse più attraente per i risparmiatori di quella di altre banche. Ma anche questa situazione ha il suo rovescio della medaglia. La crescita economica di un'area viene fatta ai danni di altre aree, ovvero una zona dove la crescita è più elevata attira i capitali da altre zone dove la crescita rallenta o si ferma per mancanza degli strumenti finanziari necessari.

 

Insomma, così com'è stato creato, il denaro della banca scompare lasciando dietro di sé morti e feriti. Hanno ragione, allora, i clienti della banca a pensare che il loro banchiere dall'aria così severa e rassicurante, sia in realtà un bel truffatore, dato che in realtà il denaro da loro guadagnato con un duro lavoro non c'è più, e la fatica patita per accumularlo si fa sentire tutta assieme, pesantemente. Indipendentemente dalle sue qualità personali, infatti, il banchiere è complice di un meccanismo di ridistribuzione della ricchezza che premia i più furbi e i più svelti e penalizza in genere le persone perbene e quelle più deboli. Ma c'è dell'altro: finché il gioco della ridistribuzione coinvolgeva le persone che affidavano alle banche i propri risparmi le conseguenze negative sul resto della popolazione erano infatti ancora modeste. Dopo la crisi del '29 la cosa si è fatta certamente più pesante, e da tutti gli Stati del mondo fu assunta una serie di provvedimenti che modificarono radicalmente la situazione. Le banche da allora non falliscono più, ma la creazione del denaro contina ad operare come meccanismo di ridistribuzione della ricchezza coinvolgendo tutti i cittadini, anche quelli che in una banca non hanno mai messo piede e che conservano i soldi nel materasso!!! Tra gli anni trenta e il 1970 infatti si passò - attraverso una serie di provvedimenti successivi - da un sistema monetario fondato sull'oro ad un sistema monetario fondato sulla carta. Per evitare il fallimento delle banche, furono istituite in tutto il mondo le centrali (le banche centrali) e un sistema di assicurazione interbancario che consentiva di far fronte ad improvvise necessità liquide di alcune banche eventualmente coinvolte nella crisi in un qualsiasi settore dell'economia. Ma, soprattutto, venne vietata la conversione delle banconote in oro da parte del pubblico (la conversione rimaneva tra gli Stati). Galbraith sostiene che ciò che fece cessare la catena di fallimenti delle banche fu l'istituzione dell'assicurazione che limitò i comportamenti scorretti(9) dei banchieri. Questa tesi sarebbe convincente se le crisi delle banche dipendessero dai comportamenti scorretti dei banchieri. Tali crisi saranno certamente aggravate da tali comportamenti aberranti, però se la "miniera" su cui poggia la banca chiude a causa di un'inondazione e i depositanti si presentano in massa allo sportello per ritirare i propri soldi, i banchieri qui c'entrano fino a un certo punto. La ragione della fine della crisi delle banche è - fino a prova contraria - un'altra: si tratta dell'adozione del divieto di conversione. Per un depositante non c'è infatti alcuna differenza tra l'avere un pezzo di carta di un colore piuttosto che di un altro. Se non è possibile avere oro, piuttosto che tenere del contante in casa, è meglio averlo in banca, dove almeno rende un interesse. Occorre avere bene chiara la situazione di questi ultimo 50, 60 anni, per accorgersi di che cosa sta succedendo. Agenzia di notizie AFIMO ha più volte accennato al fatto che nel 1944, fu istituito a Bretton Woods un sistema di conversione delle monete nel dollaro e di questo nell'oro, e che tale conversione poteva essere praticata solo dagli Stati e non dai cittadini, e all'altro fatto che nel 1971 fu abrogato tale sistema del 1944 a causa della crisi petrolifera.

 

Da allora le banconote non hanno più alcuna base materiale, e la loro emissione si fonda sulla truffa del PIL. Ovviamente la creazione di moneta da parte del sistema bancario non si è affatto fermata con l'istituzione dell'assicurazione interbancaria né con il divieto di conversione. E' stato infatti mostrato da Agenzia di notizie AFIMO che il meccanismo di creazione di denaro virtuale funziona molto bene: l'oro nei forzieri della banca d'Italia assomma a circa 50.000 miliardi, le banconote a circa 100.000, e il denaro dei depositi bancari ad oltre 2 milioni di miliardi (cfr. per es. la tabella delle attività liquide degli italiani nell'anno '95). A questo denaro bisogna poi aggiungere anche le altre attività liquide che vanno considerate anch'esse denaro a tutti gli effetti, dato che per loro tramite si possono acquistare beni di ogni tipo... Insomma il miracolo della creazione prosegue al punto che oggi in Italia la massa monetaria è cresciuta oltre a dieci milioni di miliardi - mentre nel mondo è arrivata a oltre un miliardo di miliardi - e continua ad esercitare la propria funzione di ridistributore della ricchezza a danno di tutti, anche se le banche non falliscono più. Come avviene questa ridistribuzione? Prima del '29 l'appropriazione della ricchezza avveniva per mezzo del fallimento delle banche: solo alcuni dei depositanti, in genere i più informati, riuscivano a riprendere i propri denari, mentre la maggior parte dei depositanti restava senza denaro.

 

E adesso, quando c'è una crisi economica e non si vedono più le file di risparmiatori fuori le banche per cercare di ritirare più in fretta possibile i propri risparmi, chi se non tu che stai leggendo queste parole paga(10) quel denaro virtuale che - come è stato mostrato - necessariamente scompare durante le crisi? Tu che lavori e paghi le tasse, e magari non hai un soldo bucato in tasca né, tantomeno, un conto corrente in banca. Da quando le banche non falliscono più, dato che sono garantite dallo Stato, il denaro creato viene anch'esso garantito dallo Stato e quindi pagato da tutti. Gli effetti del meccanismo di creazione di denaro da parte delle banche sono essenzialmente tre. Primo effetto: abnorme crescita della massa monetaria. Questa massa monetaria è, a sua volta, produttrice di ricchezza per mezzo del tasso d'interesse medio che la remunera. Ciò comporta che una sempre maggiore quantità di ricchezza venga "predata" dai detentori di denaro virtuale, a danno di coloro che sudano per produrre i beni. Secondo effetto: l'espansionismo innaturale del sistema, il quale per potersi sostenere deve essere sempre in espansione. In tale sistema - che potrebbe essere paragonato a un sistema respiratorio che inpira soltanto essendo terrorizzato all'idea di espirare - una crisi economica o anche un mero rallentamento del sistema economico, possono causare con la relativa scomparsa del denaro virtuale creato dalle banche, anche l'avvitamento di una crisi finanziaria incontrollabile. Terzo effetto: alla ricchezza di un'area corrisponde la povertà di un'altra area: ovvero il sistema deve crescere in maniera squilibrata. Infatti, nei momenti di crisi, il denaro si trasferisce verso le aree dove ha maggiori possibilità di collocazione e di mantenere il proprio valore. La demonetarizzazione dell'oro in favore del dollaro ha infatti consentito agli americani di impadronirsi delle risorse dei paesi finanziariamente più deboli attraverso le manovre sulle monete. Per queste ragioni le crisi economiche dell'Occidente sono state pagate dai paesi meno sviluppati. Ed è anche per queste ragioni che è praticamente impossibile fare uscire dal sottosviluppo e dalla depressione economica aree del mondo sempre più vaste. Le stesse società dell'Occidente soffrono, in maniera sempre più evidente, di uno squilibrio crescente tra zona e zona e tra classi sociali. Nei paesi dell'Occidente in cui le politiche sociali hanno generato una forte pressione fiscale sul lavoro e sulla produzione, ci si attenderebbe una maggiore equità ed una minore incidenza degli squilibri sociali. Com'è evidente, invece, non è affatto così, a riprova del fatto che il sistema fiscale non opera come un ridistributore di ricchezza tra le classi, ma essenzialmente come un meccanismo di appropriazione di una classe a danno delle altre. In realtà oggi ci sono solo due classi, costituite da gente che lavora onestamente e da gente che lavora per derubare quest'ultima in modo legale.

 

L'aumento della massa monetaria ha come effetto non secondario, l'aumento del tasso di inflazione, a causa del generale effetto al rialzo che i prezzi dei beni subiscono, ma il meccanismo di trasferimento della ricchezza dal mondo economico a quello della finanza è relativamente indipendente dall'inflazione, anche se in periodi di alta inflazione il trasferimento di ricchezza è minore, e in periodi di deflazione è maggiore. Infatti, un'alta inflazione in genere diminuisce lo spread tra i tassi attivi e quelli passivi e di conseguenza il trasferimento di ricchezza dai debitori ai creditori. Allo stesso tempo, un'alta inflazione accelera la crescita della massa monetaria e accelera i tempi di esplosione del sistema. Una bassa inflazione, e a maggior ragione una situazione di deflazione palese od occulta, deprime in maniera drammatica le attività economiche e, aumentando lo spread, aumenta notevolmente il trasferimento di ricchezza dall'economia alla finanza(11). Insomma, la creazione di denaro da parte delle banche ha causato l'abnorme espansione di un mondo di finanza virtuale che cresce necessariamente ogni anno, ed occupa sempre più spazi del mondo reale, dato che la ricchezza virtuale da esso creata è in grado di appropriarsi della ricchezza prodotta dal mondo dell'economia reale. Poiché il sistema finanziario deve necessariamente crescere per potersi mantenere in vita, esso deve creare moneta virtuale in misura crescente. Una parte di questa moneta virtuale è costituita dalla massa monetaria, l'altra - interna al sistema - dai prodotti finanziari che ruotano intorno a questa massa monetaria.

 

Recenti studi hanno infatti dimostrato che anche la massa dei prodotti finanziari derivati influisce sulla formazione dei prezzi, e quindi dovrebbe essere considerata anch'essa componente della massa monetaria. Il problema è che la vita dei prodotti finanziari derivati è assoggettata per definizione al tempo, la loro emissione è fatta da enti privati, e quindi il loro pagamento non è garantito dalla generalità dei cittadini, come avviene per la massa monetaria in senso stretto. D'altra parte, le dimensioni della massa dei prodotti derivati sono talmente estese, e, peraltro, necessariamente in continua crescita, che l'eventuale inadempienza di una parte di essa si riverberebbe in maniera drammatica su tutto il sistema finanziario. Ciò è apparso evidente nella recente crisi di mercato seguita alla crisi del mercato asiatico: la Federal Reserve Bank è stata costretta ad intervenire per salvare il fondo LTCM (Long Term Capital Management), un hedge fund di soli 20 miliardi di dollari di capitale con investimenti per oltre 1.000 miliardi di dollari in tutto il mondo. Il meccanismo di moltiplicazione del denaro messo in atto dai prodotti finanziari derivati, è davvero impressionante. Non si conosce esattamente la massa di tali prodotti ma si calcola che essi superino la cifra di 300.000 miliardi di dollari, vale a dire la bellezza di 550 milioni di miliardi di lire (corrispondenti a circa 275 anni di lavoro di tutti gli italiani). Questa cifra costituisce pressoché la metà della massa monetaria complessiva mondiale che si aggira intorno al miliardo di miliardi di lire e a cui va aggiunta la massa delle azioni, oggi valutabile intorno ai 100 milioni di miliardi. Non si può dunque escludere la massa dei prodotti derivati dal calcolo della massa monetaria, anche se sarà necessario una loro più precisa definizione giuridica per evitare che la continua nuova creazione di strumenti possa generare infinite classi di strumenti finanziari(12). Un derivato consiste in una operazione generalmente a breve termine, contratta su un'altra operazione in genere a lungo termine: si pensi a un fondo di investimento che raccoglie tra gli investitori 100 milioni di dollari. L'operatore finanziario del fondo sa che deve garantire una redditività del fondo tale da pagare l'interesse promesso agli investitori, nonché le proprie spese - pur mantenendo una quota di liquidità di riserva. Decide di effettuare operazioni su titoli a lungo termine in una valuta che abbia un tasso di interesse basso. Egli compra 100 milioni di dollari di titoli USA con una redditività lorda del 6% e va ad indebitarsi nelle banche giapponesi depositando a garanzia i titoli acquistati per ottenere finanziamenti ad un tasso di interesse minore - dato che in Giappone le banche prestano denaro a un bassissimo tasso di interesse, equivalente al 3,50% circa. La differenza tra i due tassi è il guadagno del fondo, che però non è sufficiente per coprire l'interesse promesso agli investitori.

 

Allora il nostro operatore finanziario, col denaro ottenuti mediante l'indebitamento in Yen giapponese, compra altri titoli americani, e la banca giapponese gli da' un finanziamento di circa 95 milioni, in quanto il tasso di interesse basso gli consente di coprirsi con una riserva bassa. Con i 95 milioni di titoli americani si indebita presso un'altra banca giapponese ottenendo 90,250 milioni e così via di seguito, ogni volta creando denaro, come nell'esempio sopracitato della banca del West. Ogni volta egli così lucra sulla differenza di tassi, corrispondente al 2,50% circa, realizzando così 47,5 milioni lordi di interesse all'anno. Con questi interessi, l'operatore finanziario può: remunerare il capitale ottenuto in prestito con un interesse molto alto, equivalente al 18% circa, attirare altri investitori, assicurarsi contro il rischio di una variazione brusca dei rapporti di cambio tra le monete e dei tassi d'interesse(13), pagare le imposte, e magari alimentare una speculazione su titoli o in borsa a breve termine. Ovviamente il giochetto è replicabile anche su tre o più valute diverse accettando maggiori rischi sul cambio, ma lucrando un differenziale più elevato. La banca giapponese, a sua volta, non sta certo ferma. Con gli interessi sui titoli di Stato USA ottenuti in garanzia, esegue operazioni futures su titoli coreani e tailandesi che danno un alto tasso d'interesse e sono familiari alla banca giapponese che conosce il mercato locale. Ricomincia il ciclo di creazione di denaro, poiché a loro volta le banche coreane e tailandese con i finanziamenti giapponesi effettuano investimenti su fondi americani che garantiscono una elevata redditività per coprire i costi del finanziamento giapponese e garantirsi un differenziale interessante.

 

Alla fine, in qualche modo il circolo vizioso si è chiuso generando una gran quantità di denaro virtuale che, di fronte ad una qualunque perturbazione del mercato si rivela fortemente instabile, trasformando gli enormi guadagni qui ipotizzati in enormi perdite, in ipotesi di uno scostamento dei tassi di interesse di un solo punto in direzioni inverse. Infatti, se i titoli americani dovessero diminuire la loro redditività di un punto, scendendo al 5% e le banche giapponesi dovessero alzare i propri tassi di un punto, salendo al 4,5%, il differenziale diventerebbe di solo lo 0,5%, e gli interessi ricavati sulla somma investita, diventati di soli 9,5 milioni, non pagherebbero più gli interessi promessi agli investitori(14). Il fondo comincerebbe ad accumulare perdite e sarebbe difficile attivare la catena del disinvestimento, dato che la banca tailandese paga il proprio debito con i denari promessi dal fondo americano e che non riceve più.

Oltretutto, la quota di questo giro finanziario che è andata ad alimentare investimenti nell'economia reale (in media circa il 4% sul totale) sarebbe precipitosamente disinvestita creando squilibri nel sistema economico. Tali squilibri potrebbero generare, a loro volta, provvedimenti di restrizione del credito da parte delle banche interessate, per recuperare con interessi più alti le perdite subite nel sistema economico. Questo meccanismo, direttamente riconducibile alla scomparsa del denaro virtuale creato dalle banche, è uno dei possibili scenari di una delle innumerevoli crisi finanziarie ed economiche che attanagliano sempre più spesso il nostro pianeta. Il sistema economico del mondo non può sopportare oltre la crescita di questa massa finanziaria. Il rischio, più volte evocato dagli analisti finanziari, di un crollo del sistema finanziario per l'esplosione del mercato dei prodotti derivati è sempre più concreto. Oltretutto questi prodotti, impadronendosi di ricchezza prodotta dal mondo economico e intervenendo nei processi di determinazione dei prezzi, determinano una continua crescita del debito pubblico, necessaria per sostenere la crescita del sistema finanziario. E' quindi necessario immaginare interventi che limitino la crescita del sistema finanziario e restituiscano slancio alla produzione economica, allo stesso tempo garantendo una più equa distribuzione della ricchezza prodotta. Com'è apparso drammaticamente evidente nella crisi che ha attanagliato il mondo finanziario tra l'ottobre del 1997 e l'ottobre del 1998, la presenza di questa enorme massa di moneta e di prodotti finanziari, genera turbolenze violente sui mercati che rischiano di diventare incontrollabili e di coinvolgere tutti i paesi del mondo.

L'effetto della globalizzazione del mercato finanziario, indotta dalla crescita della massa monetaria e dei derivati, è quello di generare da un lato un'accelerazione dei processi di crescita della massa, e dall'altro di scatenare crisi ad effetto domino in tutto il sistema finanziario mondiale. D'altra parte, la tendenza mondiale a tassi di interesse prossimi allo zero, allo scopo di cercare di frenare la crescita della massa monetaria, è insufficiente a frenare l'effetto deleterio che hanno le crisi finanziarie sulla produzione e sul lavoro. Nella recente crisi del Giappone, i tassi di interesse erano, appunto prossimi allo zero, e non per questo hanno tenuto il paese indenne dalla crisi devastante che ancora oggi ne condiziona negativamente tutte le attività economiche.

 

NOTE - Bibliografia essenziale

Domenico De Simone "UN MILIONE AL MESE PER TUTTI, Come e perché sarà introdotto il reddito di cittadinanza e tutti vivranno felici e contenti", Ed. Malatempora.

(1) Cfr. sul punto J. K. Galbraith, Soldi, op. cit. pag. 25 e sgg. oppure, sulla creazione di moneta bancaria e sull'incidenza del meccanismo della riserva, J. M. Keynes, Trattato della Moneta, Feltrinelli Editore, Mi, 1979 pagg. 30 e segg., e 300 e segg.

(2) In Italia la riserva obbligatoria era del 15% fino alla fine del 1997. In pochi mesi, però, essa fu portata al 3% per fare fronte alle necessità del sistema bancario che non aveva più fondi per acquistare i titoli del debito pubblico, e per cercare di rilanciare in qualche modo un sistema asfissiato dalla mancanza di liquidità.

(3) Questa conoscenza della banca definisce la propensione al risparmio. In una zona agricola ci sarà una maggiore tendenza della gente a risparmiare e quindi le banche potranno tenere una riserva minore. Intorno a Las Vegas la propensione al risparmio sarà minore, e quindi la riserva delle banche sarà più elevata.

(4) Marx comprese che il denaro bancario era meramente illusorio, ma si limitò a considerare che esso non poteva generare capitale produttivo. Marx considerava una follia del capitalismo la pretesa di trattare il denaro come una merce, ma non poteva prevedere lo sviluppo che il sistema finanziario avrebbe avuto nel secolo successivo. Per quanto riguarda il fenomeno della creazione di denaro da parte delle banche, si limitò a riportare le considerazioni di Adam Smith tratte da Wealth of Nations, Cannon, London, Pathuen & Co. 1950, II, cap. IV, pagg. 333-334: "... Questi capitali possono essere pressoché illimitatamente più grandi dell'importo monetario che serve come strumento del loro trasferimento: le stesse monete servono successivamente a numerosi prestiti diversi, così come a numerosi acquisti diversi. [….] Le stesse monete d'oro o di carta possono così servire nel corso di pochi giorni a rendere possibili tre prestiti diversi e tre diversi acquisti, ciascuno dei quali è, per il valore, uguale all'intero ammontare di queste monete. […] Nonostante ciò tutti questi prestiti possono essere del tutto sicuri, poiché le merci acquistate con essi dai diversi debitori sono impiegate in tal modo che esse, dopo un certo tempo, portano un uguale valore in oro o in carta moneta unitamente ad un profitto. E come gli stessi pezzi di denaro possono servire a rendere possibili prestiti diversi per un ammontare corrispondente a tre o anche a trenta volte il loro valore, essi possono allo stesso modo servire successivamente come mezzo del rimborso." (K. Marx Il Capitale, Editori Riuniti, Roma, VIII edizione, 1974, Libro terzo, cap. 29 pagg. 555 e segg., e cap. 30 pag. 574).

(5) "Il 12 novembre 1857, la riserva complessiva della banca d'Inghilterra e delle sue succursali ammontava soltanto a 580.751 L.st.; la somma dei depositi per lo stesso giorno era di 22,5 milioni di L.st. di cui circa sei milioni e mezzo appartenevano ai banchieri londinesi" ( K. Marx Il Capitale, op. cit. pag. 587).

(6) Oppure emettevano banconote per far cessare la crisi di panico anche oltre la riserva ritenuta sufficiente, e ovviamente se la legge in vigore glielo permetteva. "Nel dicembre 1825 non restavano alla banca [d'Inghilterra] che 1.100.000 L.st. oro all'incirca. Essa avrebbe allora senza dubbio dovuto fallire se questo Act [del 1844] fosse in quel tempo esistito. In dicembre, io credo, emise in una settimana 506 milioni di banconote e ciò diminuì notevolmente il panico allora esistente" (deposizione del Governatore della banca d'Inghilterra dinanzi alla Commissione dei Lords Commercial Distress, relativamente all'applicazione della legge bancaria del 1844. In K. Marx Il Capitale, op. cit. pag. 653).

(7) In Italia, fu questa la sorte di Tamlongo, direttore generale della banca Romana che pagò per tutti le responsabilità politiche del fallimento dell'istituto, travolto dalla memorabile crisi di panico iniziata nel 1887. In quell'anno, la rottura delle relazioni commerciali con la Francia fece esplodere la crisi di sfiducia nei confronti del sistema finanziario italiano. Gli investitori esteri reclamarono la restituzione dei crediti, e le voci sulle difficoltà delle banche private, che già circolavano da tempo, divennero una valanga che travolse la banca Generale e il Credito Mobiliare, due grandi istituti privati dell'epoca. Assediati dai depositanti, le banche sospesero i pagamenti nel 1893. In quella crisi, tra il 1890 e il 1894, fallirono in Italia 19 banche e il capitale complessivo del sistema bancario ne risultò dimezzato. Alla fine venne travolta anche la banca Romana che era allora un istituto di emissione di carta moneta. Cfr. L. Goldschmied, Storia della banca, Garzanti, Milano, 1954, pagg. 69-72.

(8) Da J. M. Keynes, Esortazioni e profezie, citato da C. Napoleoni, Il futuro del Capitalismo, Laterza, Bari, 1976, pag. 116.

(9) J. K. Galbraith, Soldi, op. cit. pag. 194 e segg.

(10) Il denaro creato dalle banche non scompare più, ma viene immesso nel sistema sotto forma di titoli per il debito pubblico.

(11) Sui rapporti tra inflazione e sottrazione di ricchezza da parte del mondo finanziario cfr. W. Wolman A. Colamosca, Il tradimento dell'economia, op. cit. pag. 202 e segg.. Per gli autori, il mondo finanziario ha imposto il rallentamento della crescita del mondo economico per mezzo di una politica di severo controllo dell'inflazione, che incrementa i guadagni del mondo finanziario anche se ha per effetto un rallentamento della crescita della massa monetaria.

(12) La questione è divenuta evidente nel dibattito intorno alla Tobin tax: la proposta di assoggettare le transazioni sulle valute, ha reso necessario immaginare l'estensione del sistema di tassazione a tutti i prodotti derivati per mezzo dei quali si può parimenti ottenere un cambio di valuta eludendo l'imposta. Vedi in particolare le obiezioni di Kenen e le considerazioni in proposito di Tobin. Le indicazioni del dibattito sono una prova della necessità di considerare anche i prodotti derivati come componenti della massa monetaria. (cfr. Alex Michalos, Un'imposta giusta: la Tobin tax, Edizioni Gruppo Abele, To, 1999, pag. 81 e segg.). Sulla Tobin tax cfr. cap. 9.

(13) L'assicurazione contro questo tipo di rischi è la vera ragione della nascita dei contratti derivati. I contratti futures sono un tipico esempio di tale forma impropria di assicurazione contro i rischi di brusche variazioni dei tassi o dei rapporti tra le monete. Essi consistono nell'acquisto di una determinata quantità di beni ad un prezzo e ad una data prefissati. L'acquisto è effettuato sul mercato con la mediazione di una stanza di compensazione, la Clearing House, che mano a mano cerca e fornisce venditori (o acquirenti) per gli acquisti (o le vendite) richieste. L'ipotesi tipica è che l'operatore finanziario abbia in portafoglio dei titoli acquistati a 100, e voglia assicurarsi contro la discesa del prezzo di tali titoli. Così acquista titoli a 98 a scadenza. Se il titolo sale perde sui futures ma guadagna con il sottostante. Se i titoli scendono perde con il sottostante ma guadagna con i futures. Poiché per l'acquisto di futures non ha bisogno di tutto il sottostante ma solo del 10%, l'operatore può utilizzare la restante liquidità per altri futures o altri acquisti di titoli. Per approfondire l'argomento si veda l'eccellente lavoro di A. Gligora, Mercati Derivati e rischi sistemici, IriSS, Roma, 1997.

(14) Nemmeno le operazioni sui derivati riescono a salvare l'operatore finanziario, se le cause del calo dei titoli sono diverse da quelle da lui ipotizzate. Anzi, in questo caso, la perdita si moltiplica. Se per esempio la valuta giapponese dovesse salire fortemente sul dollaro americano, per es. del 2% e i titoli americani salissero solo dello 0,5%, l'investitore accumulerebbe le perdite sui derivati a quelle sui titoli del sottostante con un'amplificazione drammatica delle perdite per via dell'effetto leva. Nel fallimento della banca Barings (30 miliardi di sterline di capitali gestiti e 4000 dipendenti nel febbraio 1995) si generò un tale effetto leva, dovuto al sommarsi di posizioni equivalenti in perdita, assunte peraltro in conformità delle disposizioni operative della banca da un trader della filiale di Singapore, che operò con contratti futures sull'indice Nikkei 225. In pochi giorni, la filiale accumulò perdite per 916 milioni di sterline a fronte di un capitale sociale di 200 milioni, il tutto senza violare le disposizioni di sicurezza della banca che era conosciuta per la sua serietà e competenza. Nonostante le accuse delle Autorità monetarie Britanniche al trader, infatti, questi - avendo perfettamente rispettato il margin call sia con prestiti nell'interbancario che con i premi della vendita di put options sullo stesso future Nikkei 225, creando posizioni equivalenti e generando così moneta senza alcuna copertura (Il caso Barings è analizzato con cura in A. Gligora, Mercati derivati e rischi sistemici, op. cit.) risultava avere agito in modo legittimo.


I segreti del Tesoro e le presenze degli uomini di Bankitalia nelle istituzioni repubblicane. (di Vittorio Soldaini –16/12/2004)

 

In data 31.12.1995, “Il Sole 24 Ore” in un articolo “Il Tesoro elenca gli atti sottratti alla trasparenza”, informava che calava il segreto sulle categorie di atti “comunque rientranti nell’ambito delle attribuzioni del ministero e degli organi periferici in qualsiasi forma da esso dipendenti”.  In deroga alla legge sulla trasparenza degli atti amministrativi, la 241 del 1990, il decreto n. 561 del 13 ottobre 1995, pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” n. 302 del 29 dicembre, disponeva “temporaneamente o senza limiti di tempo”, la più completa riservatezza. Dal quel momento erano top secret i documenti inerenti a sicurezza difesa nazionale e relazioni internazionali, quelli attinenti alla determinazione ed attuazione della politica monetaria valutaria; gli atti relativi all’ordine ed alla sicurezza pubblica nonché alla prevenzione della criminalità e infine quelli sulla riservatezza di persone, gruppi o imprese. Tralascio ogni dettaglio sui documenti segretati per un anno e attiro tutta l’attenzione possibile, su quelli sottratti all’accesso per dieci e venti anni. Per gli atti relativi alla “posizione italiana nell’ambito di accordi internazionali sulla politica monetaria e sulla politica creditizia e finanziaria”, per gli  atti “preparatori del Consiglio della Comunità Europea, sui flussi finanziari di entrata e di spesa, sulle previsioni del fabbisogno dello Stato” e ….”sull’evoluzione, la consistenza, la gestione e il risanamento del debito pubblico”,  la durata è di anni dieci  e per altrettanti anni cala il segreto sulle simulazioni e previsioni che riguardano le misure di contenimento della spesa per interessi e, in generale, del fabbisogno del settore  statale e pubblico.

 

Il decreto prescrive la riservatezza per la durata di venti anni dei documenti che riguardano “persone, gruppi o imprese, relazioni e denuncie degli organi e dei rappresentanti ministeriali in seno alle pubbliche amministrazioni e agli enti pubblici e privati, alle banche e alle società partecipate o controllate”. E’ possibile attivarsi fin da ora per essere pronti, alla scadenza del decimo anno di segreto, a prendere debita visione ed intelligenza dei documenti riguardanti i flussi finanziari di entrata e di spesa, sulle previsioni del fabbisogno dello Stato e sull’evoluzione, la consistenza, la gestione e il risanamento del debito pubblico, nonché sulle simulazioni e previsioni che, in tale periodo, hanno riguardato le misure di contenimento della spesa per interessi e, in generale, del fabbisogno del settore  statale e pubblico. Nel nuovo anno dobbiamo poter ottenere, da parte dello Stato, disdetta del servizio di tesoreria che la Banca d’Italia svolge per lo Stato, pena il rinnovo automatico per altri venti anni dal 2010 ed avere   accesso ai documenti sui quali è stato fatto calare il segreto.

 

Per la cronaca, e solo per soddisfare la legittima curiosità, il Ministro in carica era Lamberto Dini  che resse il ministero dal 10 Maggio 1994 al 18 maggio 1996, giorno in cui gli successe Carlo Azeglio Ciampi fino al 14 maggio 1999, quando divenne Presidente della Repubblica. Un giorno si dovrà pur rilevare, a tutto tondo, la nutrita presenza dei Governatori e di alti funzionari di Bankitalia ai vertici delle istituzioni repubblicane. Come non ricordare Luigi Einaudi, Governatore della Banca d’Italia che fu il primo Presidente della Repubblica dopo esserne stato ministro del Tesoro, dal 31 maggio al 4 giugno 1947. Un altro Governatore, Guido Carli, è stato ministro del Tesoro dal 23 luglio 1989 al 28 giugno 1992, in seguito Presidente della Confindustria che se non è un’istituzione pubblica è pur sempre il ministero dell’Industria del governo ombra dei poteri forti, senza parlare degli uomini dell’Ufficio Studi della Banca d’Italia “prestati” alla Repubblica, da Savona a Draghi ecc. ecc.


Moneta e Debito (di Josef Hasslberger)

 

Esiste una verità fondamentale sul tema moneta e debito, ma la cosa è conosciuta da pochi e quasi nessuno pensa di realmente poter o dover occuparsene.

Alcuni personaggi importanti che si mettevano a cambiare la situazione furono assassinati o sono stati messi a tacere in altro modo, giusto quando la soluzione era diventata tangibile. La verità è così mostruosa che ci pare proprio incredibile. Preferiamo non pensarci, specialmente perché abbiamo degli "esperti" che dovrebbero saperne tutto, allora perché noi "non esperti" dovremmo cercare di conoscerne i segreti?

 

Il problema

Siamo perfettamente a conoscenza del problema, che peraltro è ben ovvio, ma la soluzione ci sfugge, forse perché pensiamo il problema è troppo grande perché lo affrontassimo. Il problema, in poche parole, è che né i governi né la stragrande maggioranza della gente ha soldi. Forse suona esagerato ma, pensandoci bene, vediamo che è la verità. I governi, di qualunque colore, siano essi liberali, socialisti, conservatori, democratici o altro, non hanno soldi. Ci tartassano quasi a morte e ciò nonostante, fanno altri debiti. E la maggior parte di essi è così indebitata, che quasi non ci sembra speranza di ripagare quanto è stato preso in prestito. Una percentuale altissima di tutte le tasse che entrano nelle casse dello Stato viene spesa per "servire il debito", cioè per pagare gli interessi sul debito pubblico, prima ancora di discutere come impostare il capitolo spese della legge finanziaria. Se ai governi manca la liquidità, i cittadini non sono messi meglio. Basta guardarsi intorno e vediamo le famiglie alle strette finanziarie, anche se non manca la volontà di lavorare. Molte volte sia marito che moglie hanno un impiego, a discapito della vita di famiglia e dei bambini, e spesso anche in quel caso i soldi bastano a malapena per le spese e le ferie una volta l'anno. Potete dire che questo è normale, è sempre stato così e non ci si può fare niente. Lo vedete? E' quella la risposta che siamo stati programmati a dare. Il problema c'è, ma è così grande ed è così prevalente nella vita di ognuno di noi, ed è un nodo così "complicato" che dobbiamo per forza lasciare che "gli esperti" lo sciolgano. Vero? No - non è invece vero per niente. Qual è il primo passo per risolvere un problema? Dobbiamo renderci conto della sua esistenza. Cominciate ad osservare la realtà intorno. Provate a sapere quanto il vostro governo spende ogni anno per gli interessi sul debito pubblico. Informatevi quanto i paesi in via di sviluppo pagano per gli interessi sui debiti. Osservate quanta gente dai paesi del terzo mondo emigra ovvero immigra nel nostro paese cercando solamente un sollievo dalla disastrosa situazione economica. Avrete una sorpresa.

 

La causa

Adesso che abbiamo capito che un problema esiste, dobbiamo fare il passo successivo, cioè dobbiamo individuarne la causa. Una cosa che certamente non possiamo fare è rimetterci agli "esperti", perché se loro sapessero, ci avrebbero avvertito tempo fa e saremmo già sulla buona strada per porre rimedio a questo schifoso stato delle cose. No è che la causa sia sconosciuta. Ci sono alcune persone ed anche qualche organizzazione che disperatamente cercano di darci delle informazioni in proposito. Purtroppo non hanno accesso ai media di larga diffusione, e se avessero l'accesso, e mettessero in piedi una campagna, potrebbero anche trovarsi di fronte a qualche serio problema. Credo che siate curiosi ormai di sapere che cosa sia la causa, e se noi, semplici cittadini, possiamo fare qualcosa per porre rimedio. Non è utile a nessuno trovare la causa del male se scopriamo poi che niente si può fare. Potevamo risparmiarci la fatica e fare qualcosa più piacevole. Senza farvi ancora spettare, butto qui la patata bollente: I soldi vengono messi in circolazione non dai nostri governi ma da un monopolio privato gestito dalle banche. E così semplice. Ma come potreste dire ed anche se fosse così, qual è il problema?

Vediamo - una cosa alla volta.

 

La creazione della moneta

Sembrerebbe naturale che la moneta venga creata dallo Stato e infatti, le Banche Centrali sembrano essere proprietà dello Stato anche se godono di una certa autonomia. Dico "sembrano" perché le banche centrali, che quasi costituiscono un quarto potere, oltre a quelli tradizionali dello Stato, sono solo in apparenza sotto il controllo dei poteri dello Stato. Quando lo Stato ha bisogno di soldi, non impartisce alla Banca centrale un'ordine di accreditare una somma sul conto della tesoreria. Lo Stato può ottenere i soldi solo in due modi. Uno è di tassare i cittadini, l'altro è di prendere un prestito. Quando la Banca centrale mette soldi in circolazione, lo fa sotto forma di prestito. Lo Stato deve chiedere questi soldi in prestito e si deve impegnare di ripagarli con interessi. Lo stesso succede quando un privato ha bisogno di finanziare un acquisto e gli mancano i fondi liquidi. La banca è felice di dare un prestito, finché potete portare delle garanzie e finché promettete di ripagare con interessi. Come possono le banche creare questi fondi? Buona domanda. Non sarà la Zecca dello Stato l'officina dove vengono fabbricati tutti i soldi? Le banconote, quando vengono stampate, vengono considerate proprietà della Banca centrale. Non vengono date allo Stato da utilizzare per le sue spese, ma vengono invece immesse nella circolazione chiedendo una contropartita. Ognuno che vuole alcune di queste banconote da spendere, deve "comprarle", cedendo una parte del suo credito. Ma in ogni caso, la grande maggioranza dei soldi che circolano (più del 90%) non sono banconote e monete, bensì "credito".

 

Quando andate dalla Vostra banca e chiedete un prestito, questi "soldi" vengono creati dalla banca lì per lì, scrivendo delle cifre sul vostro conto. Questi soldi si possono ritirare in banconote, cosa che succede raramente, o si possono spendere scrivendo degli assegni. Le banche tengono solo una piccola parte dei loro crediti in contanti, il resto viene movimentato spostando delle cifre da un conto ad un altro. La cosa più importante da sapere: I soldi vengono creati immettendo dei numeri in un computer. Nella pratica, succede così: Per ogni 10.000 che la banca concede in prestito, deve depositare 1000 o 2000 nella Banca centrale. Questo significa, se una banca raccoglie 100.000 in depositi, potrebbe tenersi 10.000 in contanti e depositare 90.000 con la Banca centrale. In seguito, la banca può creare 900.000 di soldi freschi semplicemente scrivendo queste cifre sul conto di alcuni suoi clienti. Nel caso il governo abbia bisogno di soldi, la procedura è leggermente diversa, ma sempre con lo stesso risultato. Il governo deve emettere dei buoni, che sono certificati di prestito, carte per le quali il governo può accettare soldi, e con le quali promette il successivo ripagamento della somma, maggiorata da "interessi". Questi certificati vengono "comprati" dalle banche. Possono essere rivenduti ai propri clienti o possono rimanere in mano alle banche. Al governo, in cambio, viene accreditata una somma corrispondente. L'ironia della situazione è che il governo, che dovrebbe essere l'autorità che emette i soldi che circolano nel paese, è costretto a prendere soldi in prestito dai privati (attraverso le banche) e di pagare interessi per questi prestiti. Adesso cominciamo a vedere perché il governo non ha mai soldi e perché molte delle nostre tasse che entrano nelle casse dello Stato, se ne vanno per pagare interessi sul debito, prima che si pensi ad affrontare le vere e proprie spese dello Stato.

 

Il meccanismo diabolico

Che succede quando un debito viene ripagato? Questo è interessante. Gli interessi pagati sono diventati proprietà della banca e la cifra che era stata concessa in prestito, viene distrutta. Nello stesso modo che la somma venne "creata" all'atto di concedere il prestito, adesso viene "discreata" o distrutta, una volta il prestito è stato ripagato. Significa che la Vostra banca può creare dei soldi sostanzialmente dal nulla, può appropriarsi degli interessi e poi può distruggere questi soldi, solo per ripetere il ciclo più avanti con un altro suo cliente. Se vi siete mai meravigliati da dove vengono i fondi per comprare gli edifici migliori e più grandi della città, qui c'è una spiegazione.

Se questo vi sembra ingiusto, aspettate a sentire la parte diabolica!

Ogni economia nazionale ha bisogno di soldi così che merce e servizi possono essere venduti ed acquistati. Se i soldi sono troppo pochi, le merci non potranno essere vendute, i prezzi si abbasseranno e questa situazione viene chiamata "deflazione". Se la moneta diventa ancora più scarsa, alla fine l'economia entrerà in recessione, la produzione si ferma, il lavoro non c'è più, inizia ad affacciarsi la miseria. Perciò, è molto importante che la quantità di moneta in circolazione sia sempre sufficiente perché la gente sia in grado di comprare la merce ed i servizi che vengono offerti. L'altro estremo è quello della relativa abbondanza di liquidità, che porta all'inflazione. I prezzi salgono, il "potere d'acquisto" della moneta si erode. L'inflazione è indesiderabile quanto lo è la deflazione. L'ottimale è una moneta con un potere d'acquisto stabile. Oggi, il governo non ha che strumenti indiretti per assicurare questa stabilità, essendo la creazione del credito largamente a discrezione delle banche. Inoltre, visto che il Governo non può creare la sua moneta, l'unica via per far sì che l'economia disponga di moneta a sufficienza, è di continuare a prendere prestiti! Certo questo significa continuare a pagare interessi! E' questa la ragione perché i governi non hanno mai soldi e perché lavoriamo più di sei mesi l'anno per lo Stato. Paghiamo gli interessi, in aggiunta alle spese dello Stato. Diabolico, no? Un monopolio privato ad opera delle banche mette in circolazione la nostra moneta, cominciando dalla Banca centrale e, così di seguito, tutte le altre banche. Sono le nostre leggi bancarie che permettono alle banche di creare e sfruttare il credito, piuttosto che il governo, che dovrebbe creare la moneta per i propri cittadini.

 

La soluzione

Avendo trovato la ragione per le difficoltà economiche e la miseria, ed avendola descritta con esattezza, una soluzione praticabile ci salta subito nell'occhio. E' necessario cambiare le leggi bancarie per escludere l'autonoma creazione di credito dalla parte delle banche, eccetto la creazione di nuova moneta e nuovo credito ad opera della Banca centrale, da mettere in circolo come credito per i cittadini, non come debito. La creazione della moneta deve tornare sotto la sovranità del popolo e deve essere a diretto benefico di ognuno di noi. Come si può escludere la creazione del credito ad opera delle banche? Molto semplice. Si richiede, invece della bassa percentuale oggi necessaria, che le banche, per ogni prestito concesso, debbano avere un deposito dell'intera somma (100%) presso la Banca centrale. Questo significa che una banca potrà collezionare i depositi dei propri clienti, li può depositare presso la Banca centrale e soltanto poi potrà concedere prestiti per l'ammontare della somma depositata. Parliamo adesso della creazione della moneta che dovrà tornare sotto controllo del governo, ovvero sotto controllo dei cittadini. E' un problema questo che acquista grande importanza. Per primo, ci deve essere un meccanismo che ci permette di controllare l'andamento dei prezzi in modo continuo. Disponendo di un tale meccanismo, è possibile che l'autorità monetaria, investita del compito esclusivo di creare la moneta, eserciti un controllo esatto sul potere d'acquisto della moneta, avendo così l'inflazione e la deflazione sotto il suo diretto controllo. Secondo il principio che l'ammontare della moneta in circolazione deve coincidere esattamente con la totalità delle merci e dei servizi che vengono offerti, possiamo eliminare l'inflazione e stabilizzare la moneta con un meccanismo molto semplice. All'autorità monetaria viene assegnato il compito di stabilizzare l'indice dei prezzi. Questo compito viene assolto mediante la messa in circolazione di nuova moneta al primo segno di un'abbassamento dei prezzi, e il corrispondente ritiro di liquidità quando i prezzi accennano ad alzarsi. Non c'è assolutamente una necessità di accettare un'instabilità dei prezzi. E' importante sapere che l'inflazione è dovuta al fatto che in circolazione ci sono più soldi di quelli necessari all'acquisto delle merci e dei servizi offerti, e che la deflazione è la situazione opposta, ovvero insufficiente moneta in circolazione. Questi fatti sono conosciuti da svariati decenni, solo che, con la creazione della moneta nelle mani delle banche (dei privati) invece di un'autorità centrale (pubblica) era finora difficile aggiustare la quantità di moneta alle vicissitudini dell'attività economica.

 

Moneta credito verso moneta debito

Allo stato attuale, la moneta viene creata in forma di credito per le banche, e viene messa in circolazione in forma di debito per chi prende il prestito, cittadino privato o Stato chicchessia. Chiaramente il prestito deve essere ripagato, i soldi vengono considerati "proprietà della banca". Per questa ragione dobbiamo pagare interessi. Preferisco chiamare questa moneta la "moneta debito" ed ho già messo in evidenza che è la causa di molta sofferenza. La moneta credito invece non ha di questi inconvenienti. Questa moneta, dopo essere creata, viene data ai cittadini, non in forma di prestito, bensì in forma di accredito dell'utile dello sviluppo economico. Quando si crea una nuova moneta, non sono state le banche a lavorare ma i cittadini, e così la proprietà della moneta, una volta creata, spetta ai cittadini, non alle banche.

 

Credito Sociale

Questo si potrebbe chiamare un sistema di credito sociale. In fatti, il termine "social credit" - credito sociale - fu coniato da un certo Clifford Hugh Douglas. Poi il cittadino canadese Luis Even dette larga diffusione a questa filosofia fondando una pubblicazione per portarne i principi a conoscenza del pubblico. Non posso pretendere di descrivere qui il sistema del credito sociale ma certamente, la moneta credito ne è una parte importante. Quando la moneta viene messa in circolazione dalla Banca centrale, è giusto che sia proprietà di tutti noi che abbiamo contribuito in un modo o nell'altro alla crescita dell'economia reale. Noi produciamo, viviamo, consumiamo, abbiamo nuove idee, mettiamo su famiglia, impariamo, impartiamo agli altri quello che sappiamo. Tutte queste attività ed altre ancora sono alla base della vita economica del paese e perciò sembra logico che i benefici derivati dalla messa in circolazione della moneta non debbano essere un'esclusiva di pochi banchieri bensì vadano distribuiti a tutti quei soggetti che concorrono nella vita economica del paese.

 

Che cosa fare

Dopo aver posto fine al monopolio privato di creazione della moneta attraverso l'obbligo di un deposito presso la Banca centrale pari al 100% dei crediti concessi, si dovrà decidere come la creazione della moneta avverrà in futuro, e come possiamo assicurare che ogni cittadino percepisca la sua parte dei proventi dall'incremento dell'attività economica. Qualcuno potrà dire che lo Stato debba esercitare il potere di creazione della moneta e che questa moneta debba entrare nelle casse dello Stato. Questo tipo di ragionamento, anche non essendo privo di una certa logica, non rispetta però il principio di dare ad ogni cittadino quello che è di sua spettanza. Visto che stiamo tutti contribuendo, in un modo o nell'altro, all'attività economica del paese, vi presenterò qui una proposta ideata dal prof. Giacinto Auriti dell'Università di Teramo. Questa proposta è stata presentata come disegno di legge No. 1282 al Senato da alcuni Senatori, l'11 gennaio 1995.

 


Il testo è, nella sua brevità e semplicità, di estrema chiarezza.

 

La proposta è:

 

"Articolo 1

La moneta all'atto dell'emissione nasce di proprietà dei cittadini italiani e va accreditata dalla Banca centrale allo Stato".

 

"Articolo 2

Ad ogni cittadino è attribuito un codice dei redditi sociali mediante il quale gli viene accreditata la quota di reddito causato dalla emissione monetaria e da altre eventuali fonti di reddito".

 

Auriti è ordinario di diritto e la sua spiegazione del principio dietro questa proposta, qui riportata in estrema sintesi, è piuttosto esplicita. Auriti spiega che il nostro sistema monetario è la più grande frode nella storia umana. I cittadini vengono illegalmente deprivati del doppio dell'ammontare totale della moneta in circolazione. Non solo infatti non gli si è dato la parte spettante loro dell'incremento delle attività economiche, ma quando questa parte veniva messa in circolazione, fu data in prestito, cioè fu richiesta una contropartita uguale all'ammontare della massa monetaria stessa aggiungendo, per così dire, il danno alla beffa.

 

Un avvertenza finale

Non credete che un mutamento così drastico del sistema finanziario sia possibile ottenerlo attraverso la sola opera dei politici, ammesso che siano essi stessi propensi a chiederlo. Non sarà possibile senza un sostegno pubblico veramente convincente. Siamo tutti chiamati, adesso che abbiamo scoperto la causa della miseria e delle difficoltà economiche, a lavorare affinché la situazione cambi, girando queste informazioni ai politici e dandogli il sostegno necessario. Potete fare copie di questo articolo e distribuirlo ai vostri amici, ma pensate anche all'azione vera e propria.

Non darò qui dei suggerimenti su che cosa fare, ognuno saprà meglio come comportarsi. La scelta è vostra, unico avvertimento: non dite che non sapevate nulla. (Josef Hasslberger - Roma, Settembre 1999)


Ma quale politica? (di Nereo Villa - Castell'Arquato, 02/09/2004)

 

Presentazione

In questo scritto è espresso il contenuto di tutte le mie precedenti pubblicazioni internet dal 1999 ad oggi in merito all'indagine sulla cosiddetta depressione economica, il cui sintomo maggiore può essere espresso in poche parole: "Tutte le imposte sul reddito finiscono per gravare sui poveri, in quanto obbligano le aziende a scaricarle sui prezzi". Tale sintomo è l'effetto di una logica contro l'uomo, o antilogica, per usare una parola di Platone (Platone, Fedone, [b] XLIX, 101°; Liside, XII, 216b; Teeteto, XVIII, 164c), produttrice di schiavitù, cioè di nuovo schiavismo, che riguarda tutti gli uomini, non solo categorie di essi. Anche il cosiddetto mobbing non è che un aspetto di tale antilogica da schiavi. Quest'ultima, pertanto, va combattuta non a partire dai sintomi, ma dalle cause profonde, cioè a partire dall'interiorità. La vita pone da sempre il problema della necessità di disporre di alcuni prodotti della natura per la sopravvivenza, ed il procacciamento del necessario impegna da sempre a progettualità diverse. Perfino agli schiavi veniva chiesta la prestazione di attività fisiche poggianti su tali progetti. Ma il lavoro degli schiavi, mancando di progettualità soggettiva, potenziò più l'esecuzione automatica che la consapevolezza dei loro talenti individuali, creando di fatto due categorie di lavori, una coinvolgente l'intera personalità degli uomini liberi, e l'altra senza la libera partecipazione degli uomini (non liberi). Con la rivoluzione industriale, la precedente schiavitù si modificò poi nel lavoro subordinato, e la grande diffusione del lavoro subordinato allargò progressivamente la fascia dell'infelicità, strettamente connessa con l'agire eterodiretto, cioè motivato a partire dal di fuori della personalità (se le azioni lavorative impegnano l'intera personalità umana, educano alla libertà, e quindi alla capacità di amore; se al contrario la motivazione del lavoro viene limitata alla sola ricerca del denaro si ha l'educazione all'egoismo e quindi all'isolamento e all'infelicità). Perciò in questo scritto ho cercato di ricollegare chi legge con la sua capacità immaginativa e creativa, che la tirannia del "lavorismo" tende a sopprimere. E l'ho fatto a partire dalla verità, che nessuno ancora, in questo tetro clima di schiavitù, osa dire. Credo che, in tal senso, questi risultati di ricerca, in quanto verità, facciano liberi, formando in chi legge una specie di organo di percezione, adatto a cogliere le vere cause del male o del "grande mobbing" o truffa nei confronti dell'umanità stessa. La mia speranza è che attraverso internet e il passaparola, le idee sane (intendo le idee economiche creditiste, da Douglas a Even, da Steiner a Gesell, da Pound a Bellia, Auriti, Cianciarelli, Saba, Scrofina, e a molti altri) si diffondano sempre più velocemente fra gli elettori di domani.

 

Ma quale politica?

Dagli attuali bilanci della Banca d'Italia (in realtà "banda" d'Italia) risulta che essa riporta A DEBITO, a proprio debito, il denaro che emette, anziché A CREDITO, come dovrebbe essere. Questa operazione si chiama falsificazione del bilancio. Perché - si chiede il dubbioso - tu affermi che l'emissione monetaria riporta a debito, e non a credito? La risposta è: per logica dei FATTI. E basta saper leggere i bilanci bancari per accorgersene. Ma il cittadino può prenderne consapevolezza anche semplicemente attraverso la sua riflessione pensante. Come anticamente il gregge, in quanto somma delle pecore, era la ricchezza delle comunità pastorizie, così la somma dei patrimoni e dei prodotti di una comunità è la ricchezza dell'organismo sociale attuale. Come la pecus, cioè la pecora, in quanto unità di misura per regolare gli scambi, apparteneva ai pastori, così la pecunia, cioè la moneta, per logica, dovrebbe essere (ma non è) di proprietà del popolo perché sostituisce la pecus. Ed il suo conio e controllo, sempre per logica, dovrebbe essere compito del popolo sovrano in quanto Stato. Infatti come i pastore vigilava sulla salute del gregge, così lo Stato, costituito dal popolo sovrano, deve vigilare perché la quantità di moneta circolante equivalga al valore reale della ricchezza esistente (beni immobili, mobili, di consumo e strumenti di produzione, ecc.). E come il volume del gregge era proporzionale all'aumento delle pecus, così il volume di pecunia circolante è proporzionale all'aumento delle ricchezze (per conseguenza, come la minore ricchezza dei pastori era determinata dalla diminuzione del gregge, così la minore ricchezza dell'organismo sociale è determinata dalla diminuzione della quantità della moneta o pecunia). Da questo punto di vista meramente logico, inflazione e deflazione risultano essere una pericolosa patologia economica, consistente nello squilibrio esistente tra i beni presenti sul mercato e la quantità di denaro circolante. Per rendere stabile il potere d'acquisto di una moneta è dunque necessario un controllo sull'equilibrio tra ricchezza e circolazione monetaria, ma a questa funzione dovrebbe essere deputato solo lo Stato, istituito per perseguire il bene della collettività. Le banche, invece, in quanto S.pA. con scopo di lucro, sono state inventate e strutturate per ottenere utili attraverso speculazioni e transazioni finanziarie, ed il terreno più fertile per tale attività è quello dell'instabilità, dell'inflazione e della deflazione. È quindi logico che quando, come oggi avviene, il controllo dell'economia è affidato al mondo bancario, tanto la stabilità del potere d'acquisto della moneta, quanto la veridicità di ogni politica che non sia quella della moneta al popolo, sono destinate a rimanere una chimera, perché le conseguenze di questa situazione si moltiplicano a cascata, coinvolgendo ogni aspetto della vita della collettività. Infatti, che senso possono avere le scelte elettorali, se nessun candidato, una volta eletto, può avere il controllo delle leve economiche del credito? E quale politica di sviluppo può essere programmata da un governo che non sa né quanto costerà il denaro, né di chi è la proprietà del denaro stesso?

 

Oltre alla verifica della falsificazione percepibile dalla lettura dei bilanci, la falsificazione del bilancio della banca centrale risulta altresì dalla dichiarazione apposta sulle banconote delle lire. Perché là era scritto, per es., "Lire tot pagabili a vista del portatore". Ora, un documento giuridico non può essere contemporaneamente titolo di credito e oggetto del medesimo credito, come invece la banca pretende che sia. Anche questo FATTO prova dunque la falsificazione del bilancio. Infatti, delle due l'una: o è un credito oppure è oggetto del credito. Questa precisazione va fatta perché, come non si può contestare la percezione di un albero, in quanto un fatto percepibile non può diventare un discorso sulla validità della percezione stessa, così la scritta "Lire tot pagabili a vista del portatore" è un fatto, che esige di rispondere al significato di "pagabili". La domanda è: come lo paghi? Con un'altra cambiale? Detto con parole ancora più semplici: se io uso la cambiale non solo come titolo di credito, ma come oggetto per pagare il credito, la cosa è davvero una ridicola tautologia, tant'è vero che sull'euro se ne sono vergognati di apporre "Euro tot pagabili a vista del portatore", e che si sono ben guardati di rispondere alle contestazioni riguardanti tale mancanza. Infatti gli argomenti per i quali è stata cancellata questa frase sono stati contestati a suo tempo. Ma non vi sono state risposte, in quanto queste cose non camminano se non nell'ambito della alte leggi massoniche. Dunque il "pagabile a vista del portatore" come può essere pagato?

 

Il fatto che esista una cambiale, la banconota, che è al contempo cambiale e mezzo per pagare la medesima cambiale, non è forse un insulto all'intelligenza umana? Quando si fanno errori logici di interpretazione di questa portata, si ha di fatto la documentazione di essere cretini. La storia dell'incretinimento progressivo del cittadino nessuno la racconta, né alle elementari, né alle università, però è vera, e ci trattano da cretini dal 1694, anno della fondazione della banca d'Inghilterra, fatto già denunciato da Marx: "Fin dalla nascita le grandi banche, agghindate di denominazioni nazionali, non sono state che società di speculatori che si affiancavano ai governi e, grazie ai privilegi ottenuti, erano in grado di anticipare loro denaro. Quindi l'accumularsi del DEBITO PUBBLICO non ha misura più infallibile del progressivo salire delle azioni di queste banche, il cui sviluppo risale alla fondazione della Banca d'Inghilterra (1694). La Banca d'Inghilterra cominciò col prestare il suo denaro al governo all'otto %, contemporaneamente era autorizzato dal Parlamento a battere moneta con lo stesso capitale tornando a prestarlo un'altra volta al pubblico in forma di banconota. Non ci volle molto tempo perché questa moneta di credito fabbricata dalla banca d'Inghilterra stessa, diventasse la moneta con la quale la banca stessa faceva prestiti allo Stato e pagava per conto dello Stato gli interessi del debito pubblico. Non bastava però che la Banca desse con una mano per averne in restituzione di più con l'altra, ma, proprio mentre riceveva, rimaneva creditrice perpetua verso la Nazione, fino all'ultimo centesimo che aveva dato" (C. Marx, "Il Capitale", libro I, cap. 24, paragrafo 6, Edizioni Riunite, Roma 1974, pp. 817-818). Nel 1694, infatti, regnante Guglielmo III d'Orange, un gruppo di finanzieri capeggiati da William Paterson prestano un milione e duecentomila sterline al governo inglese al tasso d'interesse dell'8% annuo. Il re, per ottenere il prestito, concede alla banca di Paterson l'autorizzazione a stampare cartamoneta - allora chiamata "nota di banca" - per un importo equivalente alla somma prestata. La banca di Paterson si trova quindi - oltre ad essere proprietaria di un capitale sul quale percepiva gli interessi - a disporre di una massa monetaria fittizia - non corrispondente a nessuna ricchezza reale - con la quale può intraprendere fruttuose operazioni finanziarie o concedere prestiti sui quali percepire altri interessi. Per il governo inglese, che rinuncia a battere cartamoneta in proprio, comincia così la lunga e mai terminata sequela di interessi da versare alla banca, e per l'economia inglese è consentita la circolazione di denaro inventato, col quale illegittimamente si promuovono speculazioni finanziarie. L'esempio inglese, nei secoli successivi, è seguito da tutti i governi del mondo, fino alla situazione attuale, in cui nessun popolo è proprietario della moneta che utilizza, e dove tutti sono debitori delle banche private che battono moneta. Le banche, nel momento stesso della loro nascita, iniziano a creare moneta fittizia - culminante con l'immensa massa di denaro virtuale oggi circolante nel mondo - dando vita a una colossale truffa ai danni dei popoli.

 

Il prezzo che gli uomini devono pagare per l'utilizzo di tale cartamoneta ASTRATTA, cioè creata dal nulla, è il lavoro, la produzione, i beni mobili ed immobili, cioè la ricchezza CONCRETA, determinata dal sudore della fronte. Per inciso va detto che, accanto a questa truffa, esistono da sempre le grandi furbizie dei banchieri: le banche, iniziando a conservare nei depositi blindati valori ad esse affidati per motivi di sicurezza dai cittadini, consentirono a questi ultimi di compilare "buoni di cessione" - capostipiti del moderno assegno - di questi preziosi per utilizzarli come forma di pagamento. Ovviamente, la tendenza di chi deposita è rivolta più al risparmio che all'utilizzo a breve dei beni, ed il furbo banchiere, verificando che costui ne movimenta in pratica solo il 10% circa, cosa fa? Sfrutta il restante 90% circa: sapendo di non rischiare molto, crea a proprio uso ricevute di pagamento per un importo pari al 90% dei valori depositati nella sua banca, ed utilizza queste stesse ricevute per concedere prestiti ad interesse, e per partecipare a fruttuose attività finanziarie! Oggi siamo andati molto più in là. Mentre l'antico denaro, che l'antico banchiere aveva illegittimamente creato, non essendo lui il proprietario dei beni depositati, era pur sempre garantito da beni esistenti, il denaro do oggi viene semplicemente stampato "ex nihilo", senza nessuna garanzia, e senza nessun limite, e oltretutto si è aggiunto il denaro virtuale, elettronico.

 

Attraverso gli intrallazzi fra governi e banche in nome di politiche cosiddette democratiche promotrici di "sovranità" del popolo, il popolo è stato di fatto rimbecillito. Il valore monetario nasce dal fatto che il popolo incretinito accetta e usa denaro stampato, non dal fatto che qualcuno ha pensato bene di stamparlo. Se infatti lo stesso banchiere emette le banconote in un'isola deserta, quale valore possono avere? Ciononostante, le banche centrali, che sono banche private, creano moneta addebitandola al popolo e, truffa per truffa, la pongono a bilancio sotto la voce "passivo", nonostante l'unica spesa sostenuta sia il costo della carta, dell'inchiostro e della stampa. La moneta viene così prestata allo Stato ed agli istituti bancari che, su tali operazioni, devono pagare poi anche gli interessi. E la trafila di questa truffa è ormai talmente consolidata che nessuno si pone quesiti sulla sua ineluttabilità. In realtà la truffa passa nella misura dell'intorpidimento mentale generale della cittadinanza, continuamente bombardata da informazioni fuorvianti, o da mezze verità. Per esempio, lo Stato in effetti conia, presso la sua Zecca, le monete metalliche - per importi assai limitati in confronto a quelli del cartaceo - ed in passato furono stampate in Italia banconote da 500 lire come "Biglietto di Stato a corso legale". Ma i cittadini non hanno certo rilevato un fatto del genere, così come non se ne rendono conto per ciò che riguarda le monetine che oggi, nell'era dell'euro, vengono coniate dai singoli Stati, anche se per importi rigidamente determinati dalla BCE (banca centrale europea). Siamo cioè arrivati al colmo: ora è lo Stato a dover chiedere al potere bancario l'autorizzazione a battere moneta, peraltro per importi piccolissimi - gli spiccioli appunto -, e non l'inverso, come avveniva nel 1694 in Inghilterra, quando iniziò il lungo percorso della grande truffa monetaria! Ad aggravare la situazione si aggiunge il "maldestro" operare dei governatori. Si veda per esempio la beffarda ed umiliante risposta che Wim Duisenberg, governatore della BCE, inviava all'ex ministro dell'economia, Giulio Tremonti, in merito alla sua proposta di sostituire le monete da 1 e 2 euro con simboli cartacei: "Ne abbiamo parlato e in linea di principio - recita testualmente la dichiarazione di Duisenberg - non abbiamo nulla in contrario. Mi auguro che il ministro Tremonti sia consapevole che così perderebbe i proventi del diritto di signoraggio sulle monete". Ovviamente, per motivi "politici", Tremonti viene poco dopo subito sostituito. Si consideri anche che col suo condono fiscale, Tremonti avrebbe potuto essere il pallido inizio di una rivoluzione monetaria per l'abolizione definitiva del debito da signoraggio. La BCE infatti non può avere diritto al signoraggio monetario, semplicemente perché non dispone di riserva aurea, essendo questa abolita dal 15 agosto 1971 con la fine degli accordi dei Bretton Woods. Al cittadino è fatto credere che il prelievo fiscale sia un corrispettivo monetario, dovuto per funzioni e servizi statali.

 

Se veramente fosse così, il prelievo fiscale dovrebbe essere basato su valori monetari rigidi, non decurtabili, né condonabili, in quanto considerati come corrispettivo, al puro costo, di atti di scambio senza scopo di lucro, tra cittadini e Stato. La verità è invece che, nonostante l'avvento della moneta nominale, cioè astratta in quanto creata dal nulla, le banche centrali hanno continuato e continuano ad emettere moneta prestandola, come se si trattasse di moneta concreta, cioè sostanziata da oro di riserva. Continuando a prestarla anche allo Stato, il prelievo fiscale non può che aumentare continuamente del cosiddetto debito da signoraggio verso la banca centrale, per un valore pari a tutto il denaro messo in circolazione!* *

 

Ma cos’è il Signoraggio?

Il cittadino non sa niente di queste cose, dunque non può nemmeno prendere atto o accorgersi che è merito di Tremonti di avere messo, consciamente o no, il dito nella piaga e fatto emergere dalla dichiarazione Duisemberg, conscia o no, che si vuole lasciare agli Stati solo l'elemosina proveniente dal "signoraggio degli spiccioli", riservando così il malloppo agli usurai della Banca Centrale Europea.  Qui infatti la truffa si chiama usura. Occorre pertanto informare i cittadini. Basterebbe aprire l'Enciclopedia Treccani alla voce "Vandea" per accorgersi che la causa della rivoluzione vandeana (rivoluzione francese) fu il fisco: con l'emissione degli assegnati (moneta nominale concepita sulla falsariga della sterlina inglese) era nato, infatti, il debito da signoraggio nei confronti della banca centrale. Il portatore della moneta era stato inconsapevolmente trasformato da proprietario in debitore del suo denaro. Al momento del prelievo fiscale si verificava così il trauma psicologico che apriva una nuova drammatica pagina di storia, incompatibile con quella che l'aveva preceduta. Il popolo della Vandea abituato, per tradizione, alla moneta romana di proprietà del portatore, avvertì l'oltraggio della truffa quando ebbe la consapevolezza che gli assegnati lo avevano trasformato da proprietario in debitore della sua moneta. Con la Vandea iniziava il ciclo storico della guerra del sangue contro l'oro, in cui le verità essenziali si sono avvertite in movimenti romantici più col sangue che col cervello, e perché è mancata una scuola di pensiero all'altezza dei problemi della generazione. Dalla Vandea ad oggi non è cambiato nulla, crollano le Torri Gemelle, simbolo di un sistema economico ad uso e consumo dei banchieri e siamo di nuovo in guerra? Perciò solo l'informazione corretta può fermare questo stato di cose.  Occorre sapere per esempio che la differenza tra euro-carta ed euro-moneta è riscontrabile dal fatto che mentre la carta è perfettamente identica in tutte le nazioni che utilizzano l'euro, le monete sono personalizzate dallo Stato che le conia in una delle due facce. Ma i cittadini utilizzano e spendono allo stesso modo cartamoneta e monete metalliche. Come cittadino, come posso credere in Tremonti, se Tremonti, ma anche Berlusconi e tutti coloro che hanno operato per dimetterlo, dimostrano di non sapere che è diritto dello Stato stampare non solo gli spiccioli ma anche la cartamoneta, sottraendo così questa prerogativa alle banche private? In tal modo infatti si affermerebbe il diritto alla sovranità monetaria, fondamentale per la libertà di un popolo così come quella territoriale, quella militare e quella politica. Thomas Jefferson, presidente americano dal 1801 al 1808, ebbe a dire a questo proposito: "Credo che per le nostre libertà le istituzioni bancarie siano più pericolose degli eserciti nemici. Sono già arrivate al punto di erigersi in un'aristocrazia del denaro che sfida il governo. La facoltà di emettere moneta dovrebbe essere loro strappata e restituita al popolo, al quale giustamente appartiene. In realtà, il potere di produrre moneta dovrebbe essere riservato soltanto allo Stato, che provvederebbe a metterla in circolazione a seconda delle necessità". Stretti dalla morsa del ricatto bancario, tutti governi del mondo sono invece "costretti" a pagare cifre di interessi tali da incidere pesantemente sul bilancio delle rispettive nazioni: LE TASSE CHE I CITTADINI DEBBONO VERSARE, INVECE DI FINANZIARE OPERE PUBBLICHE, SERVONO A COPRIRE ANCHE QUESTI INTERESSI. Ecco perché il sistema non funziona, tant'è vere che per denominare una cosa scadente, per esempio un prodotto, invale il detto "È un prodotto 'della mutua'"! Per le strade, gli acquedotti, gli ospedali e tutte le altre strutture necessarie alla collettività, lo Stato è infatti costretto a chiedere nuovi prestiti, sui quali tutti i cittadini debbono pagare il balzello riservato ai banchieri.

 

Si tratta di una situazione assurda che il rincretinimento giudica inevitabile. Ma basterebbe che lo Stato tornasse a battere moneta e tutto sarebbe risolto. Parecchi hanno intravisto la possibilità di questa soluzione, ma finora nessuno è riuscito a diffondere questa idea, in modo tale da creare una coscienza collettiva, necessaria per una radicale ribellione, né alcun politico è riuscito ad attivare provvedimenti alternativi senza scontrarsi - rovinosamente (si veda la tremarella di Tremonti nei suoi rapporti con Fazio) - con i poteri forti che governano il mondo. Due presidenti statunitensi, per altri versi assai discussi, tentarono l'inversione di marcia. Abraham Lincon fece stampare dei "Biglietti degli Stati Uniti" -chiamati, per il loro colore, "greenbacks" - su cui non gravavano interessi da pagare alle banche. Tutti sanno che nel 1865 Lincon fu ucciso; qualche storico induce a collegare la persona dell'assassino, John Wilkes Booth, con casa Rothschild. John F. Kennedy tentò un provvedimento analogo - alcune banconote prive di interesse stampate allora sono ancora in circolazione -, ma l'iniziativa non ebbe molta durata per quel che avvenne a Dallas nel 1963. Storicamente, il "signoraggio" era il termine col quale si indicava il compenso richiesto dagli antichi sovrani per garantire, attraverso la propria effigie impressa sulle monete, la purezza e il peso dell'oro e dell'argento. Ogni cittadino poteva infatti portare alla Zecca metallo prezioso per farlo trasformare in denaro e il sovrano tratteneva, come signoraggio, una percentuale del metallo.

 

Ciò che viene oggi indicato come "reddito monetario" in effetti non è altro se non l'antico signoraggio. Se dunque un ente statale si prendesse la briga di stampare moneta, diffonderla, controllare l'operato degli Istituti bancari, certamente sarebbe legittimo istituire una tassa per coprire le spese necessarie al buon funzionamento di quell'ente. Ma la dimensione del moderno signoraggio va ben al di là di una semplice tassa. Il reddito monetario di una banca di emissione è dato infatti dalla differenza tra la somma degli interessi percepiti sulla cartamoneta emessa e prestata allo Stato e alle banche minori e il costo infinitesimale di carta, inchiostro e stampa, sostenuto per la produzione del denaro.

 

I Controllori del Mondo

Se l'ente di emissione fosse statale, il problema avrebbe innanzitutto un peso relativo, perché sparirebbero di colpo gli interessi pagati dallo Stato. Che senso avrebbe infatti, per lo Stato, pretendere interessi da se stesso? In secondo luogo si tratterebbe di utili che, rimanendo in mano allo Stato, apparterrebbero sempre alla collettività. Il reddito monetario, cioè l'utile di esercizio di una banca di emissione, viene distribuito invece a tutti i "partecipanti", né più né meno di come accade in una normale società per azioni con scopo di lucro. Ma il problema inerente la natura delle banche centrali non è tanto quello della quantificazione degli utili e della loro distribuzione - peraltro in alcune nazioni, per attutire gli effetti dell'increscioso balzello monetario, è stata prevista una restituzione allo Stato di una percentuale del signoraggio -, quanto il potere esercitato sulla politica monetaria e su tutta l'economia nazionale in conseguenza delle prerogative proprie di un istituto di emissione: stabilire il tasso di sconto, la politica monetaria e del credito, la concessione dei mutui, ecc.; prerogative della sfera politica, nel caso di un istituto di Stato, ma che sono invece riferibili, nel caso di istituti privati, a interessi di centri economici e finanziari, per di più quasi sempre non nazionali. Le banche di emissione sono dunque istituti dello Stato, cioè pubblici, oppure sono privati? In Italia, nel 1874, fu promulgata, per la prima volta dalla nascita del Regno, una legge bancaria per porre un freno alle emissioni di cartamoneta e per regolamentare la concorrenza tra le banche che stampavano denaro. Le banche autorizzate a emettere cartamoneta erano infatti ben sei: la banca nazionale del regno d'Italia, la banca nazionale tscana, la banca toscana di credito, la banca pomana, il banco di Napoli e il banco di Sicilia. Con tale legge, inoltre, si stabiliva che le variazioni del tasso di sconto dovevano essere autorizzate dal ministero delle finanze.

        

Con la successiva legge del 1893, promulgata a seguito del clamoroso fallimento della banca romana, i quattro istituti dell'Italia centrosettentrionale vennero fusi, dando vita alla banca d'Italia, e rimasero ancora attivi il banco di Napoli ed il banco di Sicilia, ma con ruoli di emissione più limitati. Bisogna arrivare agli anni 1926-27 per vedere attribuito il diritto di battere moneta solo alla banca d'Italia, che diventa così banca centrale. La sua natura, definita e regolamentata nello statuto approvato con regio decreto solo nel 1936, fu addirittura definita come quella di un "istituto di diritto pubblico", ma la sua struttura e la sua proprietà rimasero quelle che erano: quelle di una società anonima, trasformata successivamente in società per azioni con scopo di lucro. Il governatore assunse da subito un ruolo massimamente rilevante, non solo per l'amministrazione monetaria, ma anche per l'intera vita economica delle nazione. Lo statuto stabilì la non revocabilità del governatore da parte del potere politico, attribuendo questa facoltà solo al consiglio superiore della banca d'Italia, organo tecnico ed estremamente frammentato, quindi difficilmente condizionabile. Nel 1926, mentre si stava discutendo sull'assetto da dare alla banca di emissione italiana, le pressioni per garantirne la sostanziale autonomia e l'inamovibilità del governatore furono notevoli. Benjamin Strong, governatore della federal reserve bank di New York intervenne direttamente su Mussolini per ottenere garanzie sull'indipendenza della banca d'Italia e sulla permanenza di Bonaldo Stringher al posto di suo governatore, mettendo sul piatto della bilancia l'appoggio della federal reserve e della banca d'Inghilterra alla stabilizzazione della moneta italiana.

 

I cedimenti in campo monetario, pur se compiuti nel tentativo di ottenere momentanei benefici, sono sempre anticipatori di ulteriori e più gravi concessioni. Infatti, nonostante numerose correnti del fascismo spingessero verso la nazionalizzazione della banca centrale, il decreto del 1936 si limitò a sostituire i vecchio azionisti con un consorzio di enti e banche, con prevalenza delle casse di risparmio. La banca d'Italia rimaneva dunque una banca privata. La sua proprietà, nel corso degli anni, non è sostanzialmente cambiata: la proprietà della banca d'Italia non è mai stata dello Stato, cioè del popolo, ma delle banche. E la storia dell'autonomia della banca d'Italia è, sino ad oggi, una sequenza di tappe sempre più significative, tutte indirizzate ad aumentarne il distacco dallo Stato. Nel 1981, quando era ministro del tesoro Beniamino Andreatta e governatore della banca d'Italia Carlo Azeglio Ciampi, si giunse a sancire il diritto della banca a non sottoscrivere, sia parzialmente che "in toto", i titoli di Stato; un divorzio sempre più definitivo che dimostrava, senza alcun dubbio, chi erano coloro che detenevano il bandolo della politica monetaria italiana e in quale conto era tenuta l'autorità politica. Nel 1992 cadde anche la residua possibilità da parte dello Stato di controllare il tasso di sconto: il potere di modificarlo, antico appannaggio del governo, era stato nel corso dei decenni attribuito al governatore della banca d'Italia, che doveva però agire "in concerto" con il ministro del tesoro. L'ex governatore Guido Carli, nei panni di titolare del dicastero economico, il 7 febbraio 1992 fece approvare dal parlamento l'assoluta autonomia dell'istituto di emissione in materia di tasso di sconto. Si tratta di una questione chiave: il debitore riconosce al creditore la facoltà di fissare unilateralmente le regole del prestito! Regole che poi saranno applicate a tutta l'economia nazionale. Che senso hanno allora le scelte elettorali, se nessun candidato, una volta eletto, ha il controllo delle leve economiche del credito? Quale politica di sviluppo può essere programmata da un governo di imbecilli che non sanno quanto "costerà" il denaro? Così, anche l'ultimo residuo di cordone ombelicale tra banca centrale e potere politico era stato definitivamente reciso. Non solo. Con il passare dei decenni i personaggi del mondo monetario, non contenti dell'assoluta autonomia conquistata, proposero se stessi in modi sempre più arroganti come controllori e spesso perfino come gestori del mondo politico! Nel 1945 l'allora governatore della banca d'Italia Luigi Einaudi cumulò la sua alta carica monetaria con quelle di vicepresidente del consiglio e di ministro del bilancio. Nel 1948 Einaudi divenne presidente della Repubblica. Da allora, i casi del genere sono stati molteplici, e si svolgono in un crescendo pericolosissimo: Carli, già governatore, divenne ministro del Tesoro; Ciampi, dopo essere stato governatore, è divenuto ministro, poi presidente del consiglio e infine è approdato al Quirinale; Lamberto Dini, direttore generale della banca d'Italia, è divenuto ministro e poi premier; Antonio Maccanico, già presidente di Mediobanca, è divenuto ministro e consigliere del presidente della Repubblica.

 

C'è anche da ricordare la carriera politica di Giuliano Amato, che da assiduo frequentatore degli ambienti finanziari americani, divenne più volte ministro e primo ministro, e quella di Romano Prodi, passato dall'incarico di consulente della banca Goldmann & Sachs alla poltrona di palazzo Chigi e successivamente a quella di presidente del consiglio europeo. Si tratta di scalate politiche quasi mai scaturite da consultazioni elettorali, ma frutto di alchimie di potere operate in assoluto dispregio del consenso popolare. Quale politica dunque vanno cianciando costoro? E quale democrazia! Con l'avvento dell'euro e della BCE, le cose sono peggiorate. Le autonomie godute dal mondo bancario si sono rafforzate e la lontananza delle sedi dove si decide e si comanda, hanno infittito l'atmosfera di sospetto e di mistero sul mondo monetario ed economico. È un problema di casta. Da questi signori manipolatori di capitali, le cariche che contano vengono spartite rigorosamente tra loro, gli intoccabili delle banche centrali nazionali; le cariche della BCE, che sono di spettanza dei governi, per statuto devono essere attribuite a "persone di riconosciuta levatura ed esperienza professionale nel settore monetario o bancario". Mentre gli uomini delle banche continuano sistematicamente ad occupare gli scranni dei politici, a nessun politico è concesso di entrare nei blindatissimi palazzi del denaro!

 

Non vi è ministro, né presidente del Consiglio, né presidente della Repubblica o monarca ad avere il potere, l'insindacabilità e la durata della carica che hanno a disposizione un presidente e un dirigente della banca centrale europea. La BCE da' "indicazioni" vincolanti ai governi, stabilisce i tassi e la politica monetaria. E nessun potere politico può interferire. E il popolo? Il popolo è sempre più lontano, e sempre più sottomesso. Dov'è dunque la democrazia? Qui siamo in una super dittatura occulta. Analoga la storia delle altre banche centrali negli altri paesi d'Europa e del mondo. La più autonoma, la più indipendente, e la più spudoratamente privata è indubbiamente la federal reserve americana. La sua proprietà è inoltre tenuta scrupolosamente segreta, come segrete sono le riunioni della sua dirigenza. Palese è invece il suo potere, beffardo ed efficace, negli USA e nel mondo. Scrisse Gertrude Coogan: "La legge sulla federal reserve fu un grave errore. Essa consegnò ai banchieri internazionali il controllo assoluto sul sistema bancario americano e, di conseguenza, su ogni attività economica". Persino nei regimi comunisti, in smaccata contraddizione con i dettami ideologici marxisti, le banche di emissione finirono in mano ai banchieri internazionali. Nel 1937 la Gosbank, l'istituto di emissione sovietico, fu privatizzato, e nel consiglio di amministrazione fu accolto il plurimiliardario ebreo americano Armand Hammer. Ci fu una sola nazione, nel XX secolo, che osò nazionalizzare la propria banca di emissione, riconoscendo allo Stato, e quindi al popolo, la proprietà della moneta: la Germania nazionalsocialista. Riflettendo sull'accanimento criminalizzante riservato a Hitler ed ai suoi seguaci, e sulla nazionalizzazione della Reichsbank, forse si potrebbero formulare spiegazioni inconsuete e illuminanti sull'intera storia del secolo appena trascorso.

 

I Padroni del Mondo

Le banche centrali, quelle cioè che stampano la cartamoneta dei vari paesi del mondo, sono dunque private, ed i proprietari sono in maggioranza le altre banche e i grandi finanzieri internazionali. Ma allora, se il mondo della politica, se i governi, i capi di Stato, i ministri del tesoro e dell'economia non hanno più voce in capitolo sui tassi di sconto, sulle strategie monetarie, sulle condizioni dei prestiti, sui finanziamenti internazionali, sui cambi, sulle borse, chi coordina tutto questo complesso MONDO DI NUMERI, di previsioni economiche, di interventi piccoli e grandi destinati a influire in maniera determinante sulla vita di tutti i popoli? Chi prende le decisioni? Chi comanda? C'è chi afferma che sarebbe il sistema stesso, nel suo complesso groviglio di interessi e di meccanismi automatici, ad autogovernarsi, a funzionare come una enorme macchina avviata così bene da non aver più bisogno di progettisti e di macchinisti. Non ci sarebbe nessuno dunque a comandare. Tutto avverrebbe così, naturalmente, ineluttabilmente, come in un Eden illuminato dallo splendore del dio denaro. Ma si tratta di un'analisi che sa di malafede. Se le cose andassero così come vanno in modo automatico, se non ci fosse nessuno a decidere e comandare, non avrebbe senso cercare i responsabili. A nessuno potrebbe essere imputata la colpa delle crisi economiche, dei crolli monetari, dello sfruttamento delle risorse o del lavoro, e della fame nel mondo.  Certo si tratta di una spiegazione eccessivamente comoda, e assai difficile da accettare. È allora necessario informarsi, ed osservare più da vicino il mondo delle banche centrali, cercando di individuare il momento e la sede dove esse si incontrano per decidere. Infatti costoro decidono veramente per tutti. E gli effetti di tali decisioni sono davanti agli occhi di tutti. E allora, informandosi, si viene a sapere che a Basilea, in Banhofplatz 2, ha sede la banca dei regolamenti internazionali BRI, o BIS, "Bank for International Settlements", fondata nel 1930, dove si riuniscono, ogni mese, i dirigenti di tutte le banche centrali del mondo. Proprietarie della BRI sono infatti tutte le banche centrali del mondo, ma in proporzioni assai differenti tra di loro. Il 25 % delle azioni sono della federal reserve USA, il 15 % della banca d'Inghilterra e il rimanente 60 % è distribuito, con quote minime, tra tutti gli altri. Un 60% talmente frammentato da rendere impossibile una qualsiasi aggregazione percentualmente significativa.

 

La federal reserve, col suo 25 % di proprietà e con la costante, servile disponibilità della banca d'Inghilterra, ha facile mano nel determinare il bello e il cattivo tempo. Nell'ambito della la banca dei regolamenti internazionali BRI, le banche centrali dei paesi più industrializzati del mondo, Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Canada, Olanda, Belgio, Svezia e Svizzera, hanno istituito appositi comitati di vigilanza internazionale: il CBVB, "Comitato di Basilea sulla Vigilanza bancaria"; il CSPR, "Comitato sui Sistemi di Pagamento e Regolamento"; e il CSFG, "Comitato sul Sistema Finanziario Globale". Le nomine dei governatori delle banche centrali delle varie nazioni del mondo, prima di giungere alla ratifica dei rispettivi governi, dove ciò è ancora previsto, devono essere approvate dalla BRI; se a Basilea non sono d'accordo, tutto viene rimesso in gioco, si vagliano altre candidature, più gradite ai signori della Banhofplatz, fino ad individuare l'uomo adatto a gestire, a livello nazionale, le decisioni che vengono assunte lassù, nell'Olimpo dei potentissimi Morgan, Rockefeller, Warburg, Rothschild...

Certo, perché, nonostante i proprietari della federal reserve siano tenuti segreti, e segrete le loro riunioni, si sa per certo che tra di loro ci sono anche questi uomini, e che le loro quote pesano molto. Nomi che compaiono da secoli nella storia del denaro e, soprattutto, nella scalata che il potere finanziario internazionale ha fatto ai danni del potere politico. Quindi chi comanda il mondo del denaro, cioè il mondo dell'economia, cioè il mondo "tout court", esiste davvero. In quelle riunioni mensili vengono affrontate tutte le questioni di ogni paese, vengono decisi i tassi di sconto, i beneficiari dei prestiti della BM (banca mondiale) e del FMI (fondo monetario internazionale), quali governi devono essere aiutati, facilitati, finanziati, quali monete devono decollare e quali svalutarsi, quali movimenti rivoluzionari devono essere armati e quali riforme devono essere sponsorizzate. Sì, perché chi ha il potere di decidere la politica monetaria può influire, in maniera determinante, su ogni cosa. Certamente, nei sontuosi saloni della BRI, si è molto discusso, e deciso, prima che venissero firmati gli accordi di Bretton Woods nel 1944, con i quali fu stabilito, tra l'altro, che il dollaro dovesse essere assunto come moneta per gli scambi internazionali. Certamente, negli uffici della Banhofplatz 2, si è molto discusso, e deciso, prima che il presidente USA Richard Nixon, nell'agosto del 1971, annunciasse al mondo l'inconvertibilità del dollaro in oro (sino ad allora per 35 dollari doveva esistere la garanzia di un'oncia d'oro). Certamente a Basilea si è molto discusso, e deciso, prima che la pubblica opinione del mondo venisse a conoscenza della perestrojka, del trattato di Maastricht, dell'euro, della guerra all'Iraq, della guerra nei Balcani, della guerra all'Afghanistan. E, probabilmente, si è parlato anche di attentati, di grattacieli e di tante altre cose. Ora, nessuno, assolutamente nessuno di questi signori che si riuniscono, discutono e decidono al numero 2 di Banhofplatz di Basilea, è mai stato candidato in nessuna lista di nessun partito, è mai stato eletto da elettori di questo o di quel popolo del mondo. È dunque questa la democrazia?

 

Il controllo incontrollato dei manipolatori di Capitali

Mark Alonzo Hanna, consulente del presidente USA William McKinley e mitica figura di organizzatore di campagne elettorali, citato anche da Bush jr., ebbe ad affermare nel 1896: "Per vincere occorrono due cose.  La prima è avere molti soldi... La seconda non me la ricordo". Ed è per questo che la scalata dei signori del denaro non è iniziata all'interno dell'area politica o delle istituzioni rappresentative delle singole nazioni. Si è sviluppata dove i soldi si fabbricano, all'interno delle banche centrali, affiancandone l'attività con una miriade di istituzioni internazionali, enti, fondazioni, banche di credito e d'affari tutte rigidamente dirette o controllate tra loro. Una ragnatela così ampia e articolata da consentire il progressivo condizionamento planetario di tutte le attività: la "Trilateral Commission", il "Council on Foreign Relations", il "Bilderberg Group", il "Club de Paris", il "FMI", la "BM", l'"OMC" (organizzazione mondiale del commercio), la "CCI" (camera di commercio internazionale), l'"Institute of International Finance", il "Forum di Davos"; e, ancora, il "Comitato di Bali", per la supervisione bancaria; l'"IOSCO" (International Organisation of Securities Commissions) per la supervisione delle borse e dei mercati di capitali; l"ISMA" (International Securities Market Association); l'"IAIS" (International Association of Insurance Supervisors) per la vigilanza sulle compagnie di assicurazione; e l'"ISO" (International Standard Organisation) alla quale è demandato l'incarico di definire gli standard industriali, tanto per citarne i più noti e importanti.

 

Al condizionamento politico ed economico delle singole nazioni, attraverso il controllo monetario, si aggiunge il potere di influire sui rapporti internazionali. Poco importa se intere nazioni, nel gioco delle speculazioni, sono travolte e ridotte alla fame - vedi i paesi dell'America Latina - o altre vengono a trovarsi in posizione di immeritato vantaggio. Un esempio tra i tanti che si potrebbero fare: il 30 % dell'intero ammontare dei prestiti concessi dal FMI è attualmente assorbito dalla Turchia, favorita dalla sua posizione geostrategica nel "vicino Oriente", che va salvata per non far perdere un forte alleato a Stati Uniti e ad Israele. Inoltre, attraverso il flusso dei finanziamenti, si attivano tutte quelle iniziative che si ritengono funzionali a questo disegno criminale mondiale, condizionando pesantemente, spesso sino a stravolgerle, anche quelle iniziative che, a prima vista, potrebbero apparire di segno opposto. Esempio particolarmente eloquente ne è il movimento dei "No Global". Maurizio Blondet, nel suo libro "No Global", informa che, contrariamente a quanto la pubblica opinione è indotta a credere, "l'International Global Forum è largamente finanziato dalla Foundation for the Deep Ecology, un think-tank con sede a San Francisco, erede delle fortune del magnate Douglas Tompkins, il padrone della Esprit Clothing Company, la nota multinazionale di prêt-à-porter. Detta "Fondazione per l'Ecologia Profonda" nel 2000 ha dichiarato attivi per 150 milioni di dollari: grazie a questi fondi essa funziona come una finanziaria, che fornisce capitali iniziali per il lancio di gruppi antiglobal in tutto il pianeta". Ed ancora: tra i "finanziatori dei 'No Global' spicca un nome: Theodor (Teddy) Goldsmith.

 

[...] Teddy è il fratello minore del defunto sir James Goldsmith, speculatore mondiale in materie prime, uno dei dodici uomini più ricchi del mondo, cugino dei Rothschild". Procedendo nella sua indagine, Blondet mette in luce anche le relazioni che legano il mondo dei "No Global" a un altro celebre miliardario, George Soros: "Ebreo ungherese naturalizzato americano, Soros è diventato enormemente ricco e famoso con speculazioni internazionali sulla lira negli anni 90, il genere di operazioni possibili nel mercato globale". Dunque, ovunque si cerchi, escono fuori soldi, enormi quantità di soldi, attraverso i quali i soliti signori indirizzano, determinano, controllano. Per ciò che riguarda l'Europa, taluni sono indotti a credere che l'euro sia il punto di arrivo spontaneamente perseguito dalle nazioni del vecchio continente, nel quadro della loro volontà di unificazione. Il professor Joshua Paul, docente della Georgetown University, ha pubblicato nell'autunno del 2000 una serie di documenti del Bilderberg Group, sino ad allora tenuti segreti, che documentano come da cinquant'anni quegli ambienti stessero lavorando perché l'Europa si dotasse di un'unica valuta. Già nel 1948 le Fondazioni Ford e Rockefeller avevano dato vita all'American Committee for a United Europe, con lo scopo di condizionare lo sviluppo monetario, economico e politico del nostro Continente in modo convergente agli interessi d'Oltreoceano.

 

Un memorandum della sezione Europa del Dipartimento di Stato americano, in data 11 giugno 1965, riporta precisi suggerimenti al vicepresidente della Comunità Economica Europea, Robert Marjolin, per giungere al varo di un'unica valuta europea, non come concorrente del dollaro, ma come agevole mezzo di controllo delle economie delle singole nazioni europee. È infatti molto più semplice controllare un'unica entità monetaria e un'unica banca centrale indipendente, piuttosto che quindici valute e quindici Istituti di emissione con ancora qualche residuo legame con i ministri economici, i governi e il mondo politico. All'articolo 7 dello Statuto del Sistema Europeo di banche Centrali e della BCE si legge: "Né la BCE, né una banca centrale nazionale, né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai governi degli Stati membri, né da qualsiasi altro organismo". Le banche centrali delle singole nazioni europee, prima del Trattato di Maastricht, avevano un'indipendenza dal potere politico variabile tra il 40 e il 65 %; oggi, dopo i cambiamenti determinati dall'avvento dell'Euro, hanno raggiunto il 90 %. Dunque, mentre nessuna influenza può giungere dal potere politico alla BCE, dai vertici monetari giungono al potere politico continue indicazioni, parametri cui attenersi, precisi paletti che coinvolgono l'intera economia delle nazioni.

 

Come giustamente osserva Bruno Tarquini, già procuratore della Repubblica a Teramo, nel suo "La banca, la moneta e l'usura", "lo Stato ha rinunciato alla propria sovranità monetaria, trasferendola a un istituto privato: questo perciò, in perfetta autonomia e indipendenza, esercita una pubblica funzione di essenziale rilevanza per la vita della Nazione, essendo noto che la politica monetaria (vale a dire l'emissione della moneta e la regolamentazione della sua circolazione nonché del mercato monetario) condiziona l'intero sistema economico di uno Stato e influisce quindi anche sulla sua politica generale, e particolarmente su quella sociale". È davvero singolare come il Trattato di Maastricht si sia preoccupato di definire la BCE esclusivamente per ciò che riguarda la sua indipendenza. Francesco Papadia e Carlo Santini, nel loro "La banca centrale europea", ricordano: "Dalla lettura del Trattato emerge la particolare collocazione della banca centrale europea nell'assetto istituzionale dell'Unione Europea. L'articolo 4, infatti, non la menziona tra le istituzioni (Parlamento europeo, Consiglio, Commissione, Corte di giustizia e Corte dei conti) della Comunità. Alla banca, però, il Trattato conferisce personalità giuridica e lo Statuto riconosce la più ampia capacità di agire in ciascuno degli Stati membri. Sotto il profilo giuridico-formale, la banca centrale europea non è, dunque, un'istituzione comunitaria [...], i suoi atti non sono imputabili alla Comunità. La banca centrale europea è inserita in una cornice giuridica che ne stabilisce e ne tutela l'indipendenza nell'attuazione della politica monetaria". La BCE determina dunque, in perfetta autonomia, come se ciò non avesse rilevanza politica e sociale, il livello dei tassi di interesse ufficiali, cioè il costo del denaro, in altre parole: la politica di espansione o di restrizione monetaria. E, se non bastasse, decide e guida, in perfetta indipendenza, tutte le operazioni di acquisto e di vendita degli euro contro altre valute sul mercato dei cambi. E le banche centrali nazionali devono conformarsi in tutto e per tutto alle direttive della BCE - il consiglio direttivo vigila attentamente! -, altrimenti bacchettate sulle dita, con tutto il potere per farlo! La BCE, e di conseguenza anche tutte le banche centrali nazionali, ufficialmente - e ormai questo è scritto a chiare lettere, nero su bianco, nei Trattati e nei Regolamenti - non possono concedere, per nessun motivo, crediti agli Stati, o alla comunità europea o a qualsiasi altro soggetto pubblico, e quindi è loro proibito acquistare titoli di Stato, sia al momento dell'emissione che successivamente. Non solo: se prima di Maastricht, qualche banca centrale, come sopra ricordato, poteva ancora prevedere allo Stato un parziale ritorno del signoraggio, reddito ottenuto attraverso la politica monetaria, alla BCE si fa obbligo di non fare uscire neanche un centesimo dalle casse del Sistema europeo di banche centrali.

 

E, ancora, mentre i dibattiti e le sedute della camera dei deputati e del senato sono aperti al pubblico, le sentenze delle corti di giustizia devono essere dettagliatamente motivate e pubblicate, le riunioni del consiglio direttivo della BCE sono assolutamente secretate, ed è lo stesso consiglio che, di volta in volta, decide se pubblicare le proprie deliberazioni, se pubblicarne solo alcune parti, o se non pubblicarle affatto. Oltre tutto questo, i dirigenti della BCE godono di una sostanziale immunità: non sono infatti previste, all'interno della BCE, sanzioni per comportamenti impropri. Nei regolamenti si legge che è sufficiente il rischio di perdere credibilità e fiducia per garantire la certezza dell'operato dei dirigenti. Solo in caso di colpe gravissime e di comportamento palesemente illegittimo può intervenire la Corte di giustizia e occuparsi del caso. La perdita delle sovranità monetaria e legislativa, che sono parti essenziali della sovranità nazionale, da parte degli Stati europei, è stata stabilita in maniera irrevocabile. Ed alla chetichella. In Italia, come sottolineò Ida Magli su "il Giornale" dell'11 marzo 2001, "nella legge di riforma della Costituzione, approvata dalla maggioranza di sinistra in gran fretta poche ore prima dello scioglimento delle Camere, c'è un passo fondamentale e che pure non è stato portato a conoscenza dei cittadini né prima né dopo della sua approvazione.

 

Si tratta dell'articolo 117 in cui si stabilisce: "La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali". In queste tre righe è codificata la perdita della sovranità legislativa dell'Italia. Per questo l'articolo 117 non è stato discusso apertamente: GLI ITALIANI NON DEBBONO SAPERE". Forse, la politica della democrazia è proprio questa. Da qualche parte si è sentito il dovere di coinvolgere ed ascoltare il popolo attraverso regolari referendum, e lì, vedi il caso della Danimarca e della Svezia, Maastricht ed euro sono rimasti lettera morta.  Il popolo ha detto no. Ma queste sono rare eccezioni. Molto democraticamente, a tutti gli altri paesi europei è stato imposto di uniformarsi al modello americano senza diritto di replica, senza alcun referendum. Scrive Giulietto Chiesa sul suo "La guerra infinita": "È il denaro che decide non più soltanto come l'economia deve procedere, ma anche - direttamente, immediatamente - come l'America deve essere governata.  [...] Il popolo, come tutto il resto, non è più sovrano di nulla, essendo diventato, nel frattempo, consumatore. Non ha forse invitato, l'imperatore Bush, pochi giorni dopo il tremendo impatto terroristico, i suoi elettori a 'tornare a fare shopping'?".

 

"Democratico consenso"

L'economia è governata da uomini che, fino a prova del contrario, nulla hanno a che vedere con il consenso popolare; su questo non può ormai esservi più dubbio. E si crede che queste siano le regole del libero mercato, della globalizzazione, del consumismo e del benessere.  L'importante, si dice, che il sistema politico - adottato o imposto -, ovunque, in ogni angolo del mondo, sia quello democratico. Si devono svolgere "libere" consultazioni elettorali attraverso le quali il popolo possa scegliere i candidati proposti dai diversi partiti. A parte la sopra citata frase di Mark Alonzo Hanna, che ricorda come nelle campagne elettorali più dei programmi contino i soldi, il cittadino sovrano può e deve legittimamente chiedersi cosa possa offrire al popolo una classe dirigente politica privata di ogni potere inerente la moneta e l'economia, e quindi di ogni possibilità di intervenire nel sociale. Sforzandosi di essere ottimista fino in fondo, egli osserverà come la democrazia riesce a gestire l'oggetto principale del suo esistere: il consenso. È per garantire il libero consenso, infatti, che i "padri fondatori" hanno inventato la moderna democrazia. E di questo sistema politico esiste un modello indicato ad esempio, ad ogni pie' sospinto, un vero e proprio santuario: "la grande democrazia americana". Si osservi, dunque, come si esprime il consenso in quel paese. I dati che si riscontrano non possono che lasciare perplessi. Nelle elezioni presidenziali va a votare meno del 50% degli aventi diritto, quindi il presidente USA rappresenta a malapena un americano su quattro. 

 

Nelle altre consultazioni, le cose vanno molto peggio: i votanti nelle elezioni dei singoli Stati sono il 35-40%, in quelle di contea e municipali addirittura il 25-30%. Dunque, nel santuario della democrazia ci sono anche "maggioranze" che rappresentano meno del 13% della popolazione. Qualcosa non funziona: le motivazioni addotte per condannare le dittature si sono sempre incentrate sui temi della libertà e del consenso. Ma è legittimo domandarsi quanto possa durare un regime quando si basi su un consenso del solo 13% o 25% della popolazione. Negli Stati totalitari certamente molto poco. Il consenso, quando è una cosa seria, è un fatto di coscienza, è un senso di appartenenza e di partecipazione: è una forza centripeta che ingrandisce il cittadino e lo rende parte fondamentale del popolo, anzi di "quel" popolo. In democrazia, intesa come regno del più sfrenato individualismo, le forze che prevalgono sono invece quelle centrifughe, che rimpiccioliscono il cittadino, lo rendono anonimo, un semplice numero, e lo collocano in una massa amorfa e spersonalizzata: una massa che si può governare anche con un misero 13% di "maggioranza". Il consenso, in democrazia, ha la dignità di una lattina di "Coca-Cola" venduta sullo scaffale di un supermercato. E più la democrazia è imposta al mondo, più la finanza internazionale ha mano libera per i suoi traffici, più crescono le sacche di povertà entro le nazioni ricche e più popoli vengono cacciati nel girone della fame. Nell'ultimo rapporto ONU sullo sviluppo umano (1998) si legge che il 20% più ricco della popolazione mondiale consuma l'86% dei beni disponibili, mentre il 20% più povero solo l'1,3%.

 

E la "grande democrazia americana" prosegue nella sua opera di conquista planetaria. Attraverso quali strumenti? Siamo alle solite, rispuntano i banchieri. Scrive ancora Giulietto Chiesa: "Strumenti sovrannazionali di questo progetto sono state le due istituzioni regine di Bretton Woods, il Fondo Monetario Internazionale e la banca Mondiale, cui negli ultimi anni si è aggiunto il WTO (World Trade Organization), loro parente stretto in quanto erede del GATT (General Agreement on Tariffs and Trade). Non a caso, questi tre strumenti operativi sono estranei alle Nazioni Unite. Altrettanto non a caso, essi sono le uniche istituzioni sovrannazionali che hanno ricevuto concreti, reali poteri di limitazione, di abrogazione delle sovranità nazionali dei paesi che vi aderiscono. Ma non tutte le abrogazioni sono eguali tra loro. Il "consenso di Washington" ha rappresentato il grimaldello con cui la rappresentatività internazionale del sistema delle Nazioni Unite è stata smantellata per far posto al decalogo della globalizzazione americana". E la "grande democrazia americana" continua, con ricatti monetari, con azioni militari, con spoliazioni delle sovranità nazionali sempre più devastanti, ad imporre il proprio modello "buono", "libero", "politicamente corretto". Le regole? I Trattati internazionali? Contano solo, se, e quando, sono funzionali al disegno USA, altrimenti si ignorano, si stracciano o si riscrivono. Una risoluzione dell'ONU non rispettata può essere ottimo pretesto per scatenare una guerra se si tratta dell'Iraq di Saddam Hussein, ma non ha nessuna importanza se nella parte dell'inadempiente si trova lo Stato di Israele. Quando, nel 1999, l'obbiettivo era lo smantellamento della Serbia di Milosevic, gli americani non esitarono a stravolgere la natura della NATO. Da patto difensivo la trasformarono in alleanza militare offensiva. I regolamenti furono, in quattro e quattr'otto, cambiati. Gli articoli 5 e 6 dello Statuto che circoscrivevano, in chiave difensiva, l'uso della forza, vennero riscritti: la NATO si autodefinì e si comportò, con atto unilaterale, e in dispregio dell'articolo 51 della Carta dell'ONU sulla legittima difesa, come il "gendarme del nuovo ordine mondiale".

 

L’Ordine “Democratico” dei Banchieri

Per comprendere quale, puntualmente, si dimostra essere la considerazione che gli americani hanno della legalità e della libertà basta osservarli in una qualsiasi delle loro scorribande. A titolo di esempio riporto la ricostruzione fatta da Noam Chomsky dell'aggressione militare scatenata dall'America di Ronald Reagan contro il Nicaragua: "Il Nicaragua non rispose. Essi non risposero mettendo bombe a Washington. Essi risposero chiamando Washington a difendere il proprio operato davanti al Tribunale internazionale [...] Non ebbero difficoltà a trovare le prove. Il Tribunale le accettò, deliberò in loro favore, [...] condannò ciò che essi avevano denunciato come "uso illegale della forza", che è un altro modo per definire il terrorismo internazionale, [...] intimò agli Stati Uniti di porre fine al crimine e di pagare massicci indennizzi. Gli Stati Uniti, ovviamente, respinsero con sdegno la sentenza della Suprema Corte e annunciarono che da quel momento non ne avrebbero più riconosciuto la giurisdizione. Allora il Nicaragua si rivolse al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Che emise una risoluzione invitante tutti gli Stati a osservare le leggi internazionali. Nessuno fu nominato, ma tutti compresero. Gli Stati Uniti misero il veto alla risoluzione. Ed essi sono oggi l'unico Stato che ha dovuto subire una condanna del Tribunale internazionale e che, al tempo stesso, ha posto il veto su una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che esortava gli Stati a osservare le leggi internazionali.  Allora il Nicaragua andò oltre e si rivolse all'Assemblea Generale dell'ONU, dove non esiste tecnicamente un meccanismo di veto, ma dove un voto negativo degli Stati Uniti equivale a un veto. E l'Assemblea approvò una risoluzione analoga a quella del Consiglio di Sicurezza con il voto contrario soltanto degli Stati Uniti, di Israele e del Salvador.  L'anno successivo si votò di nuovo e questa volta gli Stati Uniti raccolsero soltanto il voto di Israele [...] A quel punto il Nicaragua non poteva fare nient'altro di legale. Aveva tentato tutte le strade. Ma esse non potevano funzionare in un mondo governato dalla forza".

 

È questa la particolare interpretazione che la "grande democrazia americana", quella che si attribuì l'autorità per istruire e dirigere i processi di Norimberga e di Tokyo, ha dei valori di libertà, di legalità e di giustizia. Esattamente come quando proclamano il diritto dei palestinesi di avere un proprio Stato, ma a condizione, non solo che sia uno Stato di tipo democratico, ma anche di poter porre il proprio veto sulla scelta della persona che il popolo palestinese vorrà scegliere come capo. In questa strana politica, e strana democrazia, lo spirito "missionario" dei cavalieri a stelle-e-strisce nel "liberare" i popoli del mondo lascia perplessi, almeno quanto lo spessore di quel consenso democratico che consegna al mondo "maggioranze" del 13%. Ma, a chiarire cosa sia il consenso democratico, arriva poi il banchiere Carlo Azeglio Ciampi, nella sua nuova veste di presidente della Repubblica. A chi gli chiedeva spiegazioni sulla legittimità di portare avanti riforme della portata dell'euro e dell'istituzione della BCE, questo mortificatore della democrazia e di ogni cittadino italiano, senza sottoporre le questioni al vaglio di referendum popolari, ha detto: "Si parla a volte di fare un referendum sull'Europa. Ma a me pare che un "referendum di fatto" sia già stato celebrato, il primo gennaio scorso, quando è stato varato l'Euro, e mi chiedo quale consultazione popolare migliore di quella sia possibile". Con una frase breve, lapidaria, e chiarissima, egli ha spiegato che il consenso democratico "migliore" è quello di utilizzare una moneta imposta d'autorità.  Nell'epoca del denaro virtuale è probabilmente logico che ci si debba accontentare del consenso virtuale. E probabilmente, proprio questa è la democrazia.

 

Dalla Tirannide delle “LOBBIES” alla Riconquista della Sovranità Nazionale

Nell'epoca del denaro virtuale, della "e-money", cioè del soldi che non esistono, ma che possono determinare benessere o povertà per intere popolazioni, ricchezza o rovina per intere categorie, si fa passare per logico che il sistema politico dominante sia quello democratico, dove "sovrano" sia il popolo, ma a patto che a decidere siano solo i banchieri e le loro "lobbies", dove si confondono le alchimie monetarie con i referendum popolari, dove le maggioranze possono essere del 13%, e dove si scambia la libertà con l'obbligo a consumare, la dignità con il possesso di una carta di credito, la patria con un titolo quotato in borsa, e la vita con la storia di un conto corrente. Di fronte ai grandi temi di attualità le uniche risposte sono quelle ispirate dall'interesse dei soliti gruppi finanziari. E nessuno si ribella, perché non c'è più un potere politico rappresentativo e autorevole da cui aspettarsi risposte differenti, autonome, ispirate dall'interesse della collettività. Sul "Corriere della Sera" del 23 gennaio 2002, Giovanni Caprara, affrontando il problema dell'inquinamento, riporta la possibile soluzione indicata dal Nobel Carlo Rubbia: "Per risolvere i problemi bisogna fabbricare veicoli con emissione zero, cioè che non inquinano. E lo strumento ideale è la cella a combustibile a idrogeno. Ne sono già state costruite e dimostrano di funzionare egregiamente. Anche meglio del motore a benzina, per quanto riguarda il rendimento che risulta addirittura tre volte più elevato: 45% la cella, 15% il motore a benzina. [...] In cinque anni l'intero parco dei mezzi pubblici potrebbe essere riconvertito e disponibile. Per le auto private, basterebbe solo qualche anno in più. [...] Bisogna solo decidere politicamente di andare in questa direzione ed esserne tutti consapevoli".

 

Ma è proprio questo il problema. Per "decidere politicamente", nell'interesse della collettività, occorre un potere politico vero e indipendente, un potere che oggi non esiste più, di cui altro non è rimasto se non l'ectoplasma, un'immagine più o meno decorativa ad uso e consumo degli interessi dei soliti signori. Per risolvere i problemi dell'inquinamento è inutile ricercare ciò che è buono per il popolo, anzi per "quel" popolo; sarà più opportuno individuare le soluzioni favorevoli agli interessi dei commercianti di petrolio, degli Agnelli, Ford e &. Ma, in tutta questa vicenda di ordinaria dittatura finanziaria, i numeri hanno un forte peso e i conti si possono anche sbagliare. Anzi, la storia lo dimostra, prima o poi si sbagliano. Vuoi perché l'avidità è spesso più forte della prudenza, vuoi perché le reazioni della psicologia umana spesso non coincidono con la fredda consequenzialità dei calcoli numerici, vuoi perché a forza di sottrarre libertà e sovranità si arriva al punto in cui i popoli si arrabbiano e si ribellano. Ha destato scalpore il successo che in diverse parti del mondo ha ottenuto il film "The Bank". Si narra di un personaggio che si vendica dei torti subiti inventando un sistema informatico capace di distruggere la banca che aveva rovinato la sua famiglia. La storia ha il pregio di mettere a nudo i ricatti, le manipolazioni contrattuali e giuridiche, la sete di potere e il cinico controllo delle vite umane messi in atto dagli istituti che maneggiano il denaro. Alle battute finali del protagonista, "la banca non c'è più" e "odio le banche", nelle sale cinematografiche esplodono ovazioni da stadio. In Argentina, nelle riunioni familiari, un nuovo gioco da tavolo ha soppiantato la tradizionale Tombola e il Monopoli: si chiama "Debito eterno". Sulla scatola si legge: "Chi è capace di sconfiggere il Fondo Monetario?". Forse, gli esseri umani stanno cominciando a comprendere chi sono i veri nemici, e stanno cominciando ad odiarli. Non si tratta di esseri esterni alla loro coscienza. Si tratta di un demone che abbiamo tutti dentro, che già Gesù di Nazaret chiamava Mammona, il dio denaro. Il giro di boa che condurrà al crollo della dittatura monetaria e alla riconquista delle sovranità nazionali è probabilmente molto più vicino di quello che, di fronte alla potenza planetaria delle "lobbies" finanziarie, si sarebbe indotti a credere. Si preparano tempi duri, durissimi, simili a quelli vissuti e che stanno ancora vivendo gli argentini. Sarà un passaggio traumatico, dolorosamente traumatico, dato che tutte le risorse sono ormai nelle mani di quei signori manipolatori di capitali, e che gran parte delle nostre qualità lavorative sono state travolte: il villaggio globale ha distrutto l'artefice del prodotto finito, e lo ha sostituito con l'operaio costretto a costruire un bullone, un ingranaggio o solamente ad assemblare, e con l'impiegato o il fattorino capace solo di consegnare ciò che le multinazionali hanno commercializzato. Dovremo reimparare ciò che ci hanno fatto dimenticare. Dovremo trovare il coraggio di intraprendere strade nuove, soluzioni originali. Dovremo sbarazzarci della moneta-truffa dei banchieri, e di tutti i loro ricatti, e fondare finalmente una moneta vera, quella del popolo. Scrive Bruno Tarquini: "Siamo seduti su una polveriera" ha annunciato, dall'alto della sua competenza, l'economista Paolo Savona; e non può certamente sostenersi che non ci si renda conto, già da oggi, di quali potrebbero essere gli effetti di una sua eventuale esplosione.  L'emissione della "moneta del popolo", già utile nell'attuale situazione per contrastare la rarità monetaria, arbitrariamente scelta dalle autorità finanziarie per la soddisfazione della loro sete di dominio, in caso di crisi sarebbe anche decisamente necessaria". I popoli, vere vittime della tirannide delle "lobbies", sapranno riconquistarsi, pezzo per pezzo, tutta la sovranità che è stata loro sottratta. Quando il cloroformio del benessere consumista si sarà esaurito, quando il bailame di gadget, telefonini, computers sarà andato in tilt, quando il "luna park" di supermercati e centri commerciali sarà rimasto senza prodotti, i popoli necessariamente dovranno riscoprirsi, rifondarsi, tornare ad esistere con la propria specifica identità e la propria cultura.

 

Questo sistema consumista, monetario e di "libero" mercato è un sistema entropico: un sistema destinato, prima o poi, a spegnersi, perché si basa sul continuo aumento dei consumi, quindi della produzione, quindi dello sfruttamento delle risorse, aumento che non può essere infinito, perché, giunti al punto in cui la disponibilità dei beni sarà inferiore alla quota d'incremento necessaria al perpetuarsi del sistema consumistico, si giungerà all'implosione economica. Sarà un momento durissimo. Ho ascoltato recentemente da un'anziana montanara il racconto dei tempi, non poi così lontani, in cui nelle nostre valli mancava tutto quello che oggi c'è. Si mangiava polenta, latte, castagne, formaggio, cotenne e qualche raro insaccato. Ma non tutto ciò era disponibile sempre; un giorno si mangiava questo, l'altro quello; la povertà era grande.  Spesso, tra gli abitanti del villaggio, ci si riuniva e, allora, le cose andavano meglio perché c'era chi portava cotenne, chi cipolle, chi polenta, chi un salame, chi una ciotola di latte. "La miseria ci teneva uniti, e ci ha consentito di superare anche gli inverni peggiori", fu la conclusione del racconto. I popoli hanno dimostrato già in molte occasioni di saper superare prove tremende, sviluppando una forza e una capacità solidale oggi insospettabili. Anzi, le loro qualità migliori le hanno espresse nei periodi più duri, e in quelli della ricostruzione, qualità che i signori delle banche internazionali non sospettano nemmeno e sicuramente non hanno preventivato. I popoli europei, oggi ridotti a bracciantato per i servizi necessari allo sviluppo della nuova economia, quella della globalizzazione o del mondialismo, e delle multinazionali, sapranno ritrovare le proprie caratteristiche produttive e creatrici. Non resteranno, storditi, affamati, accampati accanto agli aeroporti, ad attendere l'arrivo degli "aiuti umanitari", come avviene in molti paesi del terzo mondo. I popoli europei non accetteranno i nuovi ricatti di qualche nuova banca internazionale e sapranno ritrovare la sopita passione per la libertà e l'indipendenza. La lotta per la libertà è una costante nella storia degli uomini. La lotta dei popoli per la libertà e per la sovranità sarà il tema dominante della storia di domani.

Bibliografia

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"Prigioniero politico" (http://digilander.libero.it/prigionieropolitico/)

"Psicoastrologia sociale" (http://digilander.libero.it/psicoastrologia/),

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Mario Consoli in "Ma quale democrazia?" da "l'Uomo libero", a cura di Benedetto Brugia

(http://www.paginadelleidee.net/7_politica/politica28.htm).


La parentesi monetaria di Kennedy (tradotto dall'inglese da Marco Saba)

 

(President Kennedy, the Federal Reserve and Executive Order 11110  - by Cedric X)

tratto da "The Final Call" - vol. 15, n° 6, 17/01/1996 (USA) -

http://www.john-f-kennedy.net/

 

Il fatto

Il 4 giugno 1963, venne fatto un piccolo tentativo per togliere alla Federal Reserve Bank il suo potere di affittare la moneta al governo facendosi pagare un interesse. In quel giorno, il presidente John Fitzgerald Kennedy (1) firmò l'ordine esecutivo numero 11110 che ripristinava al governo USA il potere di emettere moneta senza passare attraverso la Federal Reserve. L'ordine di Kennedy dava al Ministero del Tesoro il potere "di emettere certificati sull'argento contro qualsiasi riserva d'argento, argento o dollari d'argento normali che erano nel Tesoro". Questo voleva dire che per ogni oncia di argento nella cassaforte del Tesoro, il governo poteva mettere in circolazione nuova moneta. In tutto, Kennedy mise in circolazione banconote per 4,3 miliardi di dollari. Le conseguenze di questa legge furono enormi. Con un colpo di penna, Kennedy stava per mettere fuori gioco la Federal Reserve Bank di New York. Se fosse entrata in circolazione una quantità sufficiente di questi certificati basati sull'argento, questa avrebbe eliminato la domanda di banconote della Federal Reserve.

 

 

Una delle banconote emesse da Kennedy nel 1963 con la scritta (in alto):

"United States Note", invece dell'attuale "Federal Reserve Note".

 

Questo sarebbe accaduto perché il certificati argentiferi sono garantiti da argento mentre le banconote della Federal Reserve non sono garantite da niente. L'ordine esecutivo 11110 avrebbe impedito al debito pubblico di raggiungere il livello attuale, poiché avrebbe dato al Governo la possibilità di ripagare il suo debito senza utilizzare la Federal Reserve e senza essere gravato dall'interesse richiesto per la creazione di nuova moneta. L'ordine esecutivo 11110 dava agli USA la possibilità di crearsi la propria moneta garantita da argento.

Dopo che Kennedy fu assassinato, dopo appena cinque mesi, non vennero più emessi certificati garantiti da argento. "Final Call" è a conoscenza del fatto che l'ordine esecutivo non venne mai cancellato da nessun presidente attraverso un altro ordine esecutivo, quindi è ancora valido. Perché allora nessun presidente successivo l'ha mai usato?

Virtualmente, tutti i seimila miliardi di dollari di debito sono stati creati a partire dal 1963. Se un presidente statunitense avesse utilizzato l'ordine esecutivo numero 11110, il debito non sarebbe assolutamente ai livelli correnti. Forse l'assassinio di JFK fu un avvertimento ai futuri presidenti che avessero pensato di estinguere il debito eliminando il controllo che la Federal Reserve esercita sull'emissione monetaria. Kennedy aveva sfidato il governo monetario attaccando i due sistemi che sono sempre stati usati per aumentare il debito: la guerra e la creazione della moneta da parte di una banca centrale privata. I suoi sforzi per far uscire dal Vietnam le truppe americane entro il 1965 e l'Ordine Esecutivo 11110 avrebbero seriamente sminuito  i profitti ed il controllo esercitato dal sistema bancario di New York. Mentre il debito americano raggiunge livelli incredibili e sta emergendo un conflitto in Bosnia che aumenterà ulteriormente il debito americano, uno deve chiedersi: avrà Clinton il coraggio di prendere in considerazione l'utilizzo dell'ordine esecutivo 11110 e, se così fosse, vorrà pagarne le conseguenze?

 

Ordine Esecutivo 11110

EMENDAMENTO DELL'ORDINE ESECUTIVO N. 10289

MODIFICA RELATIVA ALL'APPLICAZIONE DI CERTE FUNZIONI CHE RIGUARDANO IL

MINISTERO DEL TESORO

 

In virtù dell'autorità affidatami dalla sezione 301 del Titolo 3 del Codice degli Stati Uniti, viene ordinato quanto segue:

 

La Sezione 1 dell'Ordine Esecutivo n. 10289 del 19 settembre 1951, come modificata, viene qui ulteriormente modificata -

Aggiungendo alla fine del paragrafo 1 di cui sopra il seguente sottoparagrafo (j):

(j) L'autorità di cui è investito il Presidente dal paragrafo (b) della sezione 43 della Legge del 12 maggio 1933, come modificata (31 U.S.C. 821(b)), di emettere certificati argentiferi contro qualsiasi deposito d'argento, argento o normali dollari d'argento nel Tesoro non legati alla restituzione di qualsiasi certificato argentifero preesistente, di prescrivere la denominazione di questi certificati argentiferi e di emettere normali monete d'argento e valuta sussidiaria redimibile in argento

e

Revocando i sottoparagrafi (b) e (c) del paragrafo 2  predetto.

Sez. 2 I cambiamenti effettuati da questo Ordine non devono influenzare qualsiasi atto effettuato o qualsiasi diritto acquisito o qualsiasi causa o processo in atto o iniziato in qualsiasi causa penale o civile prima della data di quest'Ordine ma tutte queste responsabilità continueranno e verranno esatte come se il detto emendamento non fosse stato effettuato.

John F. Kennedy, Casa Bianca, 4 giugno 1963.

 

Versione originale:

Executive Order 11110

AMENDMENT OF EXECUTIVE ORDER NO. 10289

AS AMENDED, RELATING TO THE PERFORMANCE OF CERTAIN FUNCTIONS AFFECTING THE

DEPARTMENT OF THE TREASURY

 

By virtue of the authority vested in me by section 301 of title 3 of the United States Code, it is ordered as follows:

Section 1. Executive Order No. 10289 of September 19, 1951, as amended, is hereby further amended - By adding at the end of paragraph 1 thereof the following subparagraph (j):

 (j) The authority vested in the President by paragraph (b) of section 43 of the Act of May 12,1933, as amended (31 U.S.C.821(b)), to issue silver certificates against any silver bullion, silver, or standard silver dollars in the Treasury not then held for redemption of any outstanding silver certificates, to prescribe the denomination of such silver certificates, and to coin standard silver dollars and subsidiary silver currency for their redemption

and

By revoking subparagraphs (b) and (c) of paragraph 2 thereof.

Sec. 2. The amendments made by this Order shall not affect any act done, or any right accruing or accrued or any suit or proceeding had or commenced in any civil or criminal cause prior to the date of this Order but all such liabilities shall continue and may be enforced as if said amendments had not been made.

John F. Kennedy The White House, June 4, 1963.

 

Naturalmente il fatto che sia JFK che Lincoln abbiano incontrato lo stesso destino è una pura coincidenza. (NdT: a causa della questione monetaria, vennero assassinati sette presidenti statunitensi: quattro con armi da fuoco e tre per avvelenamento)

 

Politica monetaria di Abramo Lincoln, 1865 (pagina 91 del documento del Senato n. 23):

 

La moneta è la creatura della legge e la creazione dell'emissione originaria della moneta deve essere mantenuta quale esclusivo monopolio del governo nazionale.

La moneta non possiede un altro valore relativamente allo Stato tranne quello che le è dato dalla sua circolazione. Il capitale ha un suo posto preciso ed è coperto da ogni protezione. Le spese degli uomini devono essere riconosciute, nella struttura ed all'interno dell'ordine sociale, quali più importanti delle spese relative alla moneta. Nessun dovere è più imperativo per il Governo di quello che ha nei confronti della popolazione di fornirla con una valuta solida ed uniforme, e di regolare la circolazione del mezzo di scambio in modo che il lavoro sia protetto contro una valuta viziata ed il commercio sia facilitato da scambi sicuri ed economici. La quantità disponibile di oro ed argento essendo completamente inadeguata nel permettere l'emissione di monete dal valore intrinseco o cartamoneta convertibile in monete nel volume richiesto per soddisfare le necessità del popolo, rende necessario lo sviluppo di una altra base per l'emissione di valuta. Deve essere sviluppato qualche altro mezzo oltre a quello della convertibilità in monete metalliche per prevenire una inadeguata fluttuazione del valore della cartamoneta o di qualsiasi altro sostituto per la moneta di valore intrinseco che potrebbe venire in uso. Le necessità monetarie di un crescente numero di persone che avanza verso più alti standard di vita, debbono e possono trovare riscontro nel governo. Queste necessità possono essere soddisfatte dalla Valuta Nazionale e dal Credito attraverso la messa in opera  di un sistema bancario Nazionale. La circolazione di un mezzo di scambio emesso e garantito dal Governo può essere propriamente indirizzato e si può eliminare la ridondanza di emissioni attraverso la raccolta dalla circolazione quell'ammontare che si renda necessario, attraverso la Tassazione, il rideposito ed altrimenti. Il Governo ha il potere di regolare la valuta ed il credito della Nazione. Il Governo deve appoggiare la sua valuta, il credito ed i depositi bancari della Nazione. Nessun individuo deve patire perdite di moneta attraverso una valuta deprezzata o gonfiata o a causa di bancarotta bancaria.

 

Il Governo che possiede il potere di creare ed emettere valuta e credito come moneta e che gode del diritto di prelevare sia la valuta che il credito dalla circolazione attraverso la tassazione ed in altro modo, non ha necessità né deve prendere a prestito capitale pagando interessi come mezzo per finanziare lavori governativi ed imprese pubbliche. Il Governo deve creare, emettere e far circolare tutta la valuta ed il credito necessari per soddisfare il potere di spesa del Governo ed il potere d'acquisto dei consumatori. Il privilegio di creare ed emettere moneta non è solamente una prerogativa suprema del Governo, ma rappresenta anche la maggiore opportunità creativa del Governo stesso. Con l'adozione di questi principi, sarà soddisfatto il desiderio, da lungo tempo sentito, di una moneta uniforme. Il contribuente risparmierà immense somme di interessi, sconti e cambi. Il finanziamento di tutta la pubblica impresa, il mantenimento di Governi stabili e di un progresso ordinato, nonché la condotta del Tesoro, diventeranno materia di ordinaria amministrazione. Il popolo può e sarà fornito di una valuta sicura tanto quanto il proprio Governo. La moneta cesserà di essere la padrona e diventerà la serva dell'umanità. La democrazia diventerà superiore al potere dei soldi.

Qualche informazione sulla Federal Reserve

La Federal Reserve è una corporazione privata. Una delle preoccupazioni più comuni, tra la gente che si occupa attivamente di ridurre le tasse, è: "Se trattengo i miei soldi, impedirò al Governo di pagare i suoi conti?" Come è stato spiegato nel primo articolo di questa serie, la moderna tassa sul reddito non è stata fatta né pensata per pagare i servizi offerti dal governo. Il suo scopo è di pagare per il sistema privato della Federal Reserve. Nel dizionario "Black Law" si definisce la Federal Reserve come "una rete di dodici banche centrali cui appartiene la maggior parte delle banche e della quale le banche con statuto statale possono essere proprietarie. Le regole societarie impongono un investimento in azioni e delle minime riserve". Sono banche private quelle che possiedono le azioni della Federal Reserve. Questo venne spiegato nel dettaglio nel processo "Levis contro Stati Uniti" (seconda serie del Federal Reporter, volume 680, pagine 1239, 1341 (1982)), dove la corte disse: "Ogni "Federal Reserve Bank" è una società separata posseduta da banche commerciali della sua regione. Le banche socie eleggono i due terzi del consiglio di amministrazione composto da nove membri di ciascuna banca". Similmente, le banche "Federal Reserve", nonostante siano pesantemente regolate, sono controllate localmente dalle banche socie. Dando un altro sguardo al dizionario "Black Law", troviamo che queste banche privatamente possedute, emettono moneta: "Federal Reserve Act: legge che creò le banche della Federal Reserve che agiscono come agenti nel mantenere riserve monetarie, nell'emettere moneta sotto forma di banconote, nel prestare moneta alle banche e nella supervisione delle banche. Amministrata dal consiglio d'amministrazione della Federal Reserve (Federal Reserve Board)".

 

Le banche della FED, che sono private, emettono, ovvero creano, la moneta che usiamo. Nel 1964, la Commissione Camerale sulla Pratica Bancaria e la Valuta, il sottocomitato sulla Finanza Interna, nella seconda sessione dell'88esimo Congresso, pubblicò uno studio intitolato "Fatti sulla Moneta", che spiegava bene che cosa è la FED: "La Federal Reserve è una macchinetta che crea moneta. Può emettere moneta o assegni. Non ha il problema di coprire gli assegni perché può ottenere le banconote da 5 e 10 dollari, necessarie per coprirli, semplicemente chiedendo all'ufficio del conio del Ministero del Tesoro di stamparle". Come tutti sappiamo, chiunque abbia un sacco di soldi ha molto potere. Immaginatevi un gruppo di persone che hanno il potere di creare soldi. Immaginatevi che potere questi possono avere. Questo è quello che è la FED. Nessun uomo denunciò maggiormente il potere della FED quanto Louis T. McFadden, il presidente della Commissione Camerale Bancaria negli anni '30. Egli costantemente precisava che le questioni sull'emissione monetaria non dovevano essere partigiane, e criticava le amministrazioni sia di Herbert Hoover che di Franklin Roosevelt. Descrivendo la FED, nel 10 giugno 1932 (Verbale del Congresso, Camera, pagine 1295 e 1296), affermava:

 

"Signor Presidente, in questo paese abbiamo una delle istituzioni più corrotte che il mondo abbia mai conosciuto. Mi riferisco al consiglio d'amministrazione della Federal Reserve ed alle banche Federal Reserve. Il cda della Federal Reserve, un cda di governo, ha fregato al Governo degli Stati Uniti ed al popolo statunitense abbastanza soldi per estinguere il debito pubblico. Le predazioni ed ingiustizie del cda della Federal Reserve e delle banche Federal Reserve, agendo assieme, sono costate a questo paese abbastanza soldi per ripagare numerose volte il debito nazionale. Questa maligna istituzione ha impoverito e rovinato il popolo degli Stati Uniti, è andata in bancarotta ed ha portato alla bancarotta il Governo. Ha ottenuto questo attraverso la cattiva amministrazione della legge che autorizzava il cda della Federal Reserve ed attraverso le combriccole corrotte che la controllano. Qualcuno pensa che le banche Federal Reserve siano istituzioni degli Stati Uniti. Non sono istituzioni statunitensi. Sono monopoli di credito privati che si basano sul popolo statunitense per beneficiare se stessi ed i loro clienti stranieri, gli speculatori e predatori interni e stranieri, e i ricchi predatori usurai. In questa oscura cricca di pirati finanziari ci sono quelli che taglierebbero la gola di chiunque per sottrargli un dollaro dalle tasche, vi sono quelli che mandano soldi negli stati per comprare i voti per controllare la nostra legislazione, e ci sono quelli che mantengono una propaganda internazionale allo scopo di ingannarci e di spingerci a fornire nuove concessioni che permetteranno loro di insabbiare le loro malefatte precedenti e di rimettere in moto il loro gigantesco treno criminale. Questi 12 monopoli privati vennero slealmente ed ingannevolmente imposti a questo paese da banchieri che vennero dall'Europa e che hanno ripagato la nostra ospitalità minando alla base le nostre istituzioni americane".

 

La FED in pratica funziona così: il Governo ha garantito il potere di emettere moneta alle banche della FED. Queste creano moneta, poi la prestano al governo caricando gli interessi. Il governo preleva la tassa sul reddito per pagare gli interessi sul debito. Su questo punto è interessante notare che sia il "Federal Reserve Act" che il sedicesimo emendamento, che dava al Congresso il potere di raccogliere la tassa sul reddito, vennero promulgati assieme nel 1913. L'incredibile potere che la FED ha sull'economia viene universalmente riconosciuto. Alcune persone, specialmente nell'ambiente bancario ed accademico, addirittura lo appoggiano. Tuttavia vi sono quanti, sia in passato che oggi, lo denunciano. Uno di questi uomini era il presidente Kennedy. I suoi sforzi vennero elencati in dettaglio nel libro "Crossfire" di Jim Marrs, del 1990:"Un altro aspetto tralasciato del tentativo di Kennedy di riformare la società americana riguarda la moneta. Plausibilmente Kennedy riteneva che, ritornando alla Costituzione, la quale afferma che solamente il Congresso può coniare e regolare la moneta, il crescente debito nazionale poteva essere ridotto smettendo di pagare interessi ai banchieri del sistema della Federal Reserve, che stampava cartamoneta e la prestava al governo contro interessi. Egli si mosse in questo campo il 4 giugno 1963, firmando l'Ordine Esecutivo 11110 che chiedeva l'emissione di 4.292.893.815 dollari in banconote statunitensi attraverso il Tesoro anziché usando il tradizionale sistema della Federal Reserve. Quello stesso giorno, Kennedy firmò una legge che cambiava la garanzia dei biglietti da 1 e 2 dollari - da argento in oro - aggiungendo forza all'indebolita valuta statunitense.

 

Il "Comptroller of the currency" di Kennedy, James J. Saxon, venne in contrasto con gli organi della Federal Reserve per qualche tempo, incoraggiando poteri di maggior investimento e di credito per le banche che non erano parte della FED. Saxon aveva anche stabilito che queste banche potessero sottoscrivere titoli statali e locali, indebolendo così maggiormente le banche della dominante FED. Venne emessa una serie di banconote-Kennedy - l'autore possiede tutt'oggi uno di questi biglietti da cinque dollari con l'intestazione "United States Note" - ma vennero presto ritirate dalla circolazione dopo la morte di Kennedy. Secondo informazioni reperibili nella libreria del Comptroller of the Currency, la legge 11110 è ancor oggi in corso di validità legale, anche se le amministrazioni successive, ad iniziare con quella del presidente Lyndon Johnson, l'hanno - apparentemente - semplicemente ignorata tornando alla pratica di pagare interessi sulle banconote della FED. Oggi continuiamo ad usare banconote della Federal Reserve, ed il deficit ha raggiunto il suo massimo storico.

Il fatto è che le tasse sul reddito che state pagando (IRS) non vengono usate per servizi governativi. Non vi sarebbero danni per voi, o per la nazione, se si riducesse legalmente o si eliminasse questo tipo di tassa.

 

(1) Kennedy, John Fitzgerald (Brookline 29/5/1917 - Dallas 22/11/1963). Politico statunitense. Figlio di Joseph (Boston 6/9/1888 - Hyannis Port 18/11/1969), senatore e finanziere, ambasciatore a Londra (1937-40), fu deputato del Partito democratico dal 1946 e senatore dal 1952, promosse una serie di iniziative che gli procurarono una vasta popolarità. Candidato democratico alle elezioni presidenziali del 1960, sconfisse R. Nixon, divenendo il 35° presidente, il più giovane della storia e il primo cattolico. Intraprese un vasto programma di riforme, valendosi della consulenza di numerosi intellettuali progressisti: lanciò il progetto della "Nuova frontiera" contro la povertà e si impegnò per i diritti civili delle minoranze etniche, ma fu ostacolato dall'opposizione congressuale che in molti casi impedì le riforme. In politica estera, dopo aver appoggiato il tentativo di invasione di Cuba (1961), i principali sforzi furono indirizzati verso un programma di aiuti ai paesi dell’America latina ("Alleanza per il progresso", 1961) e verso la ricerca della distensione con l’URSS; in questo ambito, pur non riuscendo a trovare soluzioni concordate per la città di Berlino, dopo la crisi determinata dall'installazione di missili sovietici a Cuba (10/1962), giunse a un accordo per una moratoria degli esperimenti nucleari (7/1963). Preludio alla futura guerra fu l’invio di truppe nel Vietnam del sud, come sostegno al governo nella repressione della guerriglia. Fu assassinato nel corso di un viaggio nel Texas, in circostanze mai chiarite. Il fratello Robert Francis (Brookline 20/11/1925 - Los Angeles 6/6/1968), fu ministro della giustizia durante la presidenza di John. Senatore dal 1965, accentuò il suo impegno nel campo dei diritti civili e contro la guerra in Vietnam. Venne assassinato durante la campagna per le elezioni presidenziali del 1968.

 

La confessione del banchiere americano (di Maurizio Blondet)

 

Che un banchiere intitoli le sue memorie “Confessioni di un sicario dell’economia”  è già clamoroso. Ma ciò che il banchiere John Perkins rivela nel suo libro, “Confessions of an economic hit man” (1) è spaventoso: racconta di essere stato arruolato dal governo Usa allo scopo di risucchiare a favore degli Stati Uniti le ricchezze di paesi poveri, e ciò “attraverso manipolazioni economiche, tradimenti, frodi”, attentati e guerre. Le rivelazioni di Perkins gettano una luce del tutto nuova anche sulle motivazioni dell’invasione dell’Irak. John Perkins dice di essere stato reclutato quando era ancora studente, negli anni ’60, dalla National Security Agency (NSA), l’entità più segreta degli Stati Uniti, e poi inserito dalla stessa NSA in una ditta finanziaria privata. Lo scopo: “Per non coinvolgere il governo nel caso venissimo colti sul fatto”. Quale fatto? Abbastanza semplice. Come capo economista della ditta privata Chas. T. Main di Boston con 2 mila impiegati, Perkins decideva la concessione di prestiti ad altri paesi. Prestiti che dovevano essere “molto  più grossi di quel che quei paesi potessero mai ripianare: per  esempio un miliardo di dollari a stati come l’Indonesia e l’Ecuador”. La condizione connessa con il prestito era che in massima parte venisse usato per contratti con grandi imprese americane di costruzioni e infrastrutture, come la Halliburton e la Bechtel (strutture petrolifere). Queste ditte costruivano dunque reti elettriche, porti e strade nel paese indebitato; il denaro prestato tornava dunque in Usa, e finiva nelle tasche delle classi privilegiate locali, che partecipavano all’impresa. Al paese, e ai suoi poveri, restava lo schiacciante servizio del debito, il ripagamento delle quote di capitale più gli interessi. L’Ecuador, dice Perkins, è oggi costretto a destinare oltre metà del suo prodotto lordo – cioè di tutta la ricchezza che produce – per il servizio dei debiti contratti con gli Usa. Ma questo è solo il primo passo. Gli Usa, indebitando quei paesi, vogliono in realtà “renderli loro schiavi”, dice Perkins. All’Ecuador, non più in grado di ripagare, Washington chiede di cedere parti della foresta amazzonica ecuadoriana per farla sfruttare da imprese americane. E’ questa la logica imperiale.

 

Tra i massimi successi dei “sicari economici”, Perkins rievoca l’accordo riservato fra gli Usa e la monarchia saudita ai tempi della prima crisi petrolifera negli anni ’70. Per gli Stati Uniti, era necessario tramutare il rincaro del greggio da sciagura a opportunità. La famiglia dei Saud, del resto, affogava nei petrodollari: le fu proposto di investirli in titoli Usa e in grandi opere. La Bechtel (chi scrive fu in Arabia all’epoca e può testimoniarlo)  ricoprì il reame desertico di nuove città e di impianti di raffinazione per lo più inutili; la famiglia Saud accettò di mantenere il greggio entro limiti di prezzo desiderabili per gli Usa, in cambio dell’assicurazione americana che Washington avrebbe sostenuto il loro potere per sempre. “E’ questo il motivo primo della prima guerra all’Irak”, dice Perkins, e dell’intreccio privilegiato di affari e finanza tra i sauditi e i Bush. Secondo Perkins, gli Usa cercarono di ripetere l’accordo con Saddam Hussein, “ma lui non c’è stato”. Da qui la sua rovina. Perché, dice Perkins, “quando noi sicari economici falliamo il bersaglio, entrano in gioco gli sciacalli. Sono gli uomini della Cia, che cercano di fomentare un golpe; se nemmeno questo funziona, ricorrono all’assassinio. Ma nel caso dell’Irak, gli sciacalli non sono riusciti ad arrivare a Saddam: lui aveva delle controfigure, la sua guardia era troppo attenta. Perciò si è decisa la terza soluzione: la guerra”. Perkins ha conosciuto personalmente Omar Torrijos, il generale e dittatore di Panama degli anni ’70, morto in un incidente aereo nel ’78. Torrijos fu ucciso, spiega Perkins, perché aveva stilato un accordo coi giapponesi per la costruzione di un secondo canale di panama, ed aveva ottenuto dall’Onu nel 1973 una risoluzione che obbligava gli Usa a restituire alla sovranità panamense il vecchio Canale. Le multinazionali americane “erano estremamente arrabbiate con Torrijos”. Per questo scopo, quando Reagan divenne presidente, gli furono fatti scegliere come ministri due alti funzionari della Bechtel, Caspar Weinberger alla Difesa e George Schultz – il che rivela molto sul ripugnante potere degli affari nella politica Usa – per costringere Torrijos con le minacce a rompere i negoziati coi giapponesi (che stavano soffiando alla Bechtel l’affare del secolo) e di rinnovare il trattato del Canale di panama, riconsegnandolo agli americani. Torrijos rimase sulle sue posizioni: furono mandati in azione gli “sciacalli”. L’aereo di Torrijos, dice Perkins, cadde per un magnetofono che era stato riempito di esplosivo. La stessa fine di Enrico Mattei. Conclude Perkins: il denaro che gli Usa adoperano per indebitare i paesi poveri non è neppure denaro americano. Sono la Banca Mondiale e il Fondo Monetario a fornirlo, e a fornire ai poveri la corda per impiccarsi.

 

(1) “Hit man” è il sicario prezzolato, il bastonatore assoldato dalla Mafia e dalle ditte americane per picchiare gli scioperanti. Il libro è acquistabile su Amazon. Pare essere auto-edito da Perkins.


Il Denaro sterco del demonio (da Comunicato Andromeda n.71/1999)

 

(storia di un’affascinante scommessa sul nulla)*

Da utile mezzo è diventato fine, da servo si è fatto padrone, crediamo di maneggiarlo ed invece ci manipola, crediamo di usarlo ed invece ci usa, crediamo di muoverlo ed invece ci fa muovere, anzi trottare, crediamo di possederlo ed invece ci possiede. Inoltre, considerato globalmente, il denaro ha raggiunto un tale stratosferico volume e lo abbiamo caricato di tali aspettative che, prima o poi, gonfiato a dimensioni oniriche, imploderà con conseguenze devastanti. I teologi, cristiani e mussulmani, sono sempre rimasti impressionati dalla capacità di possessione del denaro e dalle devastazioni che può compiere nell'animo umano. Più laicamente i marxisti più ortodossi l'hanno dannato perché sarebbe 'lo strumento per appropriarsi del lavoro altrui'. Gli psicoanalisti lo apparentano allo sterco, per il piacere che se ne trae sia nell'espellerlo che nel ritenerlo. Ma se è sterco è uno sterco molto speciale, trascendente e metafisico: è, per dirla con Lutero, lo sterco del Demonio.

 

Che cos’è il denaro

Tradizionalmente le funzioni del denaro sono quattro:

1. Misura del valore;

2. Intermediario nello scambio;

3. Mezzo di pagamento;

4. Deposito di ricchezza.

Niente da dire sulle prime tre. Ma togliamoci dalla testa che il denaro sia ricchezza o che la rappresenti (nel 1600 gli spagnoli ricchi dell'oro e argento rapinato agli indios si ritrovarono più poveri di prima, e nel 1929 le ricchezze in denaro divennero carta straccia). Il valore di una mucca invece, per quanto possa variare, non può essere ridotto a zero, ci ricaverò sempre del latte o, alla mala parata, ne farò bistecche. Io posso essere certamente disposto a scambiare la mia mucca per denaro, ma non cambierei mai tutti i beni del mondo con tutto il denaro del mondo.

Perché non saprei cosa farmene. Il denaro non aumenta di nulla la ricchezza del mondo, perché può acquistare unicamente ciò che c'è già, può trasferire solo la titolarità della proprietà delle cose. Può spostare ricchezza, non è esso stesso ricchezza.. Il denaro raggiunge la sua perfezione e la sua purezza quanto più si smaterializza, perché il denaro in quanto tale non esiste in natura: è un'astrazione. Infatti in qualsiasi forma si presenti (moneta-merce, oro, monete metalliche, cartamoneta, banconote, azioni, obbligazioni, registrazioni in conto corrente, impulsi elettronici, tacca con cui il barista segna che gli devo un caffè) il denaro è una promessa. Funziona da intermediario nello scambio non perché è un valore materiale ma in quanto è una promessa.

Altrimenti si tratterebbe di un baratto, di un semplice scambio di cosa contro cosa. Chi detiene il denaro è in possesso di una promessa che qualcuno, per il momento indefinito, farà qualchecosa per lui (gli fornirà una merce, un servizio, eccetera). La moneta invece è il segno dell'esistenza di questa promessa.

 

Se il denaro è una promessa la moneta è una convenzione4 con la quale si concorda che un determinato oggetto funziona come garanzia di tale promessa, come titolo di credito. Infatti il denaro, quale che sia la sua forma, è sempre un credito. la promessa (cioè il denaro, oltre a essere di per sé aleatoria, non regge all'infinito. È un fatto che i debiti, alla lunga, non sono pagati. Se così non fosse, qualunque piccolo gruzzolo, depositato in banca, nel giro di qualche decennio diventerebbe, con gli interessi composti, enorme. Invece, nel giro di qualche decennio, e anche molto prima, quel gruzzolo scompare. Ma poiché il denaro non esiste, è un credo, una fede, un'illusione, può sparire anche di colpo o in pochissimi giorni. Sismondi (3) fa un divertente elenco di casi, a lui vicini nel tempo, in cui il denaro si volatilizzò: l'antica Banca di Copenaghen fu costretta a sospendere i pagamenti nel 1745; rifondata nel 1791 collassò nuovamente nel 1831; la Banca di Vienna sospese i pagamenti nel 1797; e la Banca di Stoccolma, la prima Banca centrale comparsa al mondo, nel 1762 pagava soltanto 1/96 dei suoi debiti originari. Più recentemente si possono ricordare la grande inflazione che colpì gli Stati Uniti dopo la guerra di secessione (al Sud la moneta perse il 98,4% del suo valore) e quella, ancor più devastante, di Weimar che in pochi mesi cancellò l'intero risparmio tedesco, o il crollo di Wall Street del '29. Ripetiamo: È un fatto che i debiti, alla lunga, non sono pagati. La promessa non viene mantenuta. Il denaro scotta quindi fra le mani e bisogna liberarsene prima che cominci a bruciare le dita. Come il famoso cerino acceso. L'abilità consiste, come nel gioco, nel tenere il cerino in mano fino all'ultimo momento. Per questo gli imprenditori e i finanzieri, che sono gli individui che meglio hanno capito la funzione del denaro, lo fanno girare vorticosamente, cambiandogli di continuo impiego e trattenendo solo quel minimo di liquidità che è loro indispensabile, pronti a disfarsene del tutto. Il gran gioco del denaro è tutto qui: far ricadere, al momento opportuno, la sua inesistenza sui troppo creduloni. Il modo più ragionevole di usare il denaro è quindi disfarsene. E anche piuttosto in fretta. Chi vende infatti per denaro è, in teoria, un fesso (1). Perché cede qualcosa che c'è (un bene, un lavoro) per qualcosa che non c'è ed è mera aspettativa di qualcosa che forse ci sarà. Scambia la certezza del presente con l'incertezza del futuro. Ed è inutile quindi mettere in discussione l'interesse o l'attività finanziaria se non si mette in discussione il denaro. Perché tutto è cominciato lì. È una marcia partita migliaia di anni fa, lenta all'inizio, contrastata per molti secoli; durante il Medioevo, il denaro scomparve e riapparve come una profezia intorno all'anno Mille. Da allora la sua marcia è diventata una scorribanda trionfale che ha finito per travolgere tutto, uomini e cose.

 

La storia del Denaro

Nelle società tribali, antiche e moderne, la produzione e la distribuzione dei beni materiali erano incorporate in relazioni sociali che non avevano natura economica. Lo scambio intertribale nella forma del dono è sempre collettivo (non esiste la figura del 'mercante') è accompagnato da riti religiosi danze, feste, banchetti. E anche quando assume più propriamente la forma del baratto manca completamente il fine di lucro, di guadagno, di profitto, come noi lo intendiamo, che anzi se fosse presente in forma esplicita sarebbe motivo del più profondo disprezzo; il prestigio è l'autentico fine di tutta la faccenda. Che il motivo dell'onore sia assolutamente fondante nella civiltà tribale lo si vede in quell'istituto straordinario che è il potlach dove, puramente e semplicemente, si distruggono voluttuariamente dei beni per schiacciare, per 'annientare' il rivale. La ricchezza dei primitivi viene accumulata per dilapidarla alla prima buona occasione: nel potlach, in feste, in banchetti, nei matrimoni. La ricchezza è fatta per essere spesa a fondo perduto. Anche nelle società degli antichi Imperi si ritiene che il lucro e il guadagno individuali incrinino la solidità e l'unità di gruppo L'equivalenza dei beni, nel baratto, è decisa dalle tradizioni e dalla legge. Ma sul luogo del mercato interviene un funzionario dello Stato che, ferme restando le equivalenze, raziona il bene in modo che tutti ne abbiano la minima quantità necessaria e i ricchi non possano accaparrarselo.

 

Il mercante individuale che guadagna sulla differenza di prezzo fra ciò che acquista e ciò che vende farà la sua prima apparizione in Grecia nel VII e VI sec. a C., solo dopo l'introduzione della moneta coniata. Fu in Lidia, un piccolo regno dell'Asia minore, che, fra la fine dell'VIII sec. a. C. e l'inizio del VII, comparve la moneta (elektron) coniata in metallo prezioso, garantita, nel peso, nella misura e quindi nel valore, da chi l'aveva battuta, cioè dallo Stato era nata la forma-denaro. Insieme al denaro nacque il suo fratello gemello, il mercato. E contemporaneamente fecero la loro apparizione la filosofia, la scienza, l'economia, la polis, la democrazia, la personalità, il lavoro individuale, la povertà individuale e la solitudine dell'uomo. Lacerate infatti in modo irreparabile le strutture tribali, l'uomo, per la prima volta nella sua storia, si trovò a doversi procacciare i mezzi di sussistenza da solo o con la sua famiglia senza poter più contare sull'aiuto solidale del gruppo e nemmeno, come era stato negli antichi Imperi, sull'assistenza dello Stato. Compaiono cioè preoccupazioni che erano ignote alla società tribale e fa capolino una concezione lineare del tempo, una proiezione verso il futuro, che è tipica di una società dove comincia a circolare il denaro. Col denaro si era entrati in pieno nella brutale età del ferro. Ed è da questo momento che l'uomo cominciò a rimpiangere una mitica età dell'oro in cui la terra dava i suoi frutti in abbondanza senza che ci si dovesse affannare troppo né scannarsi fra simili. Ora tutto ha un prezzo, tutto è monetizzabile, tutto è denaro. E col denaro compare, fatalmente, la sua prole: l'interesse, anzi l'usura perché in quei primi tempi non si fa differenza chiamandosi usura qualunque remunerazione del capitale prestato. Il prestito a interesse (di beni nde) prende piede con le civiltà urbane degli antichi Imperi (Sumeri, Ittiti, Egizi) e variava dal 20 al 33%, mentre per i più poveri e bisognosi lo Stato garantiva un interesse ridotto. Ma è con l'invenzione della moneta che si aprono le cateratte. Mentre in Grecia classica ed in Mesopotamia il prestito a interesse (dal 10 al 40%) sfondò senza incontrare resistenza in tutte le altre parti del mondo la comparsa dell'usura sistematica, che rompeva totalmente con tutti i principi di solidarietà sociale, fu uno choc difficile da assorbire. E con il denaro e l'usura (combattuta inutilmente con la legge da Israele alla Persia, dall'India a Roma) irrompono mutui, ipoteche, depositi a interesse, prestiti su pegno, cambi di valute fino alla cambiale. Intorno al IV secolo a. C., in Grecia, compaiono le banche alla cui origine sta la figura del cambiavalute. E con esse la perdita del potere di acquisto (inflazione) cui si accompagna la diminuzione dei salari.

 

È la consueta tesi per cui l'ulteriore impoverimento della povera gente è inevitabile all'inizio di ogni processo di sviluppo, in quanto è necessario per costituire il capitale. Si tratta, si dice, di periodi di transizione. Peccato che non finiscano mai. Si afferma anche il regime della doppia moneta: una forte a disposizione dei mercanti e una debole usata dalla gente comune e questa disparità vige tuttora nei rapporti fra Terzo Mondo e Paesi industrializzati (ove l'imprenditore internazionale paga la manodopera o le materie prime con moneta debole - locale - e rivende poi sui mercati in cambio di dollari.) Il conseguente approfondirsi delle diseguaglianze economiche fenomeno quasi sconosciuto prima del 700 a. C. porta al tentativo di controllare questo potenziale esplosivo rappresentato dall'imponente massa dei poveri attraverso l'esaltazione, teorica, della povertà, con la creazione dell'etica della povertà dignitosa che durerà fino all'avvento della Riforma e dell'industrialismo fino a lambire i nostri giorni prima che si affermasse definitivamente il principio che solo chi ha è. Il denaro così si avvia a diventare un fine. Scrive Max Weber: 'Che uno possa proporsi a scopo del lavoro di tutta la sua vita unicamente il pensiero di scendere nella tomba carico del massimo peso possibile di denaro e di beni, appare spiegabile solo come un prodotto di impulsi perversi'. In questo percorso, dal denaro come mezzo al denaro come fine, è fondamentale la nascita della lettera di cambio (2), la prima forma di cartamoneta che assumerà nel 1694, con la Banca d'Inghilterra, la forma della banconota.

 

Siamo quindi alla nascita della attività di credito, con la quale emerge chiaramente per la prima volta la possibilità di guadagnare denaro con un'attività economica senza il sudore della fronte; emerge la possibilità di far lavorare a proprio vantaggio altra gente senza l'impiego di mezzi coercitivi. E con essa si radica l'usura nonostante i divieti e le condanne (vedi Concilio Laterano del 1139 e Concilio di Vienne del 1311). Verso la fine del XVIII secolo viene legittimato in Europa un capolvolgimento di portata copernicana: si passa da un'epoca in cui l'economia è ancora subordinata alle esigenze della comunità umana a un'altra in cui le leggi economiche prendono liberamente il sopravvento ed è l'uomo a doversi piegare ad esse. I teorici di quella nuova scienza che è l'economia politica considerano le leggi economiche né più né meno che leggi di natura, ineluttabili, alle quali è inutile cercare di opporsi È nato il primato dell'economia. Questo primato si accompagna e si sposa a cambiamenti epocali che, a partire dal XVI secolo, riguardano la concezione del tempo (il futuro viene inteso non più come un aldilà metafisico e religioso ma un aldiqua concreto legato al calcolo, al futuro che nella sua essenza è appunto il denaro. Il concetto di 'investimento' presuppone la fiducia nel futuro), la proprietà terriera (scompaiono l'inalienabilità della terra, il divieto di recintare i campi, l'obbligo di farla riposare - la rotazione a maggese -, il divieto di adibire a pascolo le terre arate senza l'approvazione della comunità), l'urbanizzazione (i cambiamenti di coltivazione decisi dai grandi proprietari costrinsero i contadini ad andarsene trasformando i più poveri di essi, 'da una popolazione di contadini dignitosi , in una folla di mendicanti e di ladri') e la Rivoluzione Industriale (1750/1870 - sposta il centro di produzione dalla terra alla fabbrica; il produttore/contadino diviene un salariato/consumatore inevitabilmente costretto a entrare nel meccanismo monetario.L'industrialismo postula infatti la necessità della moneta in ogni settore dell'economia poiché tutti i redditi devono derivare dalla vendita di qualcosa). Così, che lavori o che riposi, l'uomo non è più il padrone del suo tempo, ma lo schiavo. La società umana diventa un accessorio del sistema economico. E il 'Fare denaro' diventa un'etica, un comandamento morale. L'industrialismo diversifica i beni, parcellizza le produzioni, aumenta la divisione del lavoro: e più il lavoratore si specializza più si allontana dall'autosufficienza e viene a dipendere totalmente dal denaro. Se fra il XVII e il XVIII secolo l'economia si pone al centro della vita dell'uomo, sottomettendola alle sue esigenze, nel XIX è il denaro che si mette al centro dell'economia, finendo in breve tempo per assoggettarla. produzione, investimenti, risparmio, redistribuzione dei redditi dipendono dal tasso di sconto, cioè dal costo del denaro. Quindi nemmeno più direttamente dal denaro in se stesso ma dal frutto della sua gravidanza isterica: l'interesse.

 

La spinta decisiva a questa ascensione del denaro è stata data dalla banconota (4) con la quale il denaro si emancipa da qualsiasi valore intrinseco. A differenza di lettere di cambio, titoli di debito pubblico o certificati di deposito la banconota ha corso legale, cioè deve essere accettata su tutto il territorio nazionale. Siamo in Inghilterra nel 1700.

Nasce dunque il sistema monetario basato sulla fiducia: e se la fiducia crolla, e tutti si presentano agli sportelli bancari a chiedere in cambio delle banconote il 'denaro sonante', o oro che dir si voglia, si hanno i famosi crack finanziari durante i quali le banconote tornano ad essere ciò che realmente sono: carta. Sull'onda poi della 'rivoluzione tenologica' assistiamo alla evoluzione, in senso sempre più virtuale, del denaro: dalla banconota passiamo ai titoli, alle azioni, alle obbligazioni, ai pegni, alle ipoteche, alle polizze di assicurazione, ai fondi di previdenza, alle rateizzazioni. Il denaro, separandosi dalla moneta, assume la forma del credito. Acquista quindi un'esistenza del tutto autonoma, staccata dalle specifiche merci e, pur non possedendo più alcun valore intrinseco, diventa a sua volta merce in quanto denaro. Il che non è solo lucroso ma addirittura inevitabile: infatti tutte le merci esistenti non sono più in grado di soddisfare la gigantesca massa di denaro che si è venuta a creare. Nasce la Borsa, ove azioni, obbligazioni, titoli di Stato, valute, Financial Futures, Derivati, swaps, hedges, knock-out e chi più ne ha più ne metta partecipano a questo gioco cannibalico del denaro che avidamente compra se stesso, un traffico in cui si compra e si vende ciò che non esiste, o meglio si comprano e si vendono proiezioni mentali nel futuro… i Futures appunto!

 

Si è fatto strada il principio che non è ricco chi lavora, ma chi lavora col denaro. Siamo al denaro finanziario: un percorso obbligato, perché il denaro finanziario sta al denaro, per così dire, commerciale, come il missile atomico alla pallottola. Inventata l'una non si può che arrivare all'altro. Dunque questo il percorso durato tremila anni: Moneta - merce (buoi, riso, sale, pelli, ecc.), moneta (coniata in metallo prezioso), moneta cartacea (convertibile in oro o argento), banconota (non più convertibile in oro o argento), moneta scritturale (assegni, depositi, partite di giro), moneta elettronica (denaro formato da bit e byte, cioè da impulsi elettronici, plastic card, smart-chip-card). Si spezza così l'ultimo legame fra denaro e materia, e l'unico elemento frenante di una finanza completamente virtuale sono le persone. Karl Marx ha scritto con profonda intuizione: 'Il materiale in cui si esprime questo simbolo [il denaro] non è affatto indifferente, per quanto diverso esso si presenti storicamente. Insieme al simbolo, lo sviluppo della società elabora anche il materiale a essa sempre più corrispondente'. A un denaro virtuale non può che corrispondere una società virtuale.


Il Denaro come Fine e la Fine del Denaro

Il denaro dunque non è mai stato così presente nella nostra esistenza come oggi che, fisicamente, è assente. Impregna la nostra mentalità, modella le nostre coscienze, determina i nostri stili di vita. Automobili, aerei, telefoni, telefonini, fax, computer, nati allo scopo di risparmiare tempo, ci vedono in continuo affanno, con gli occhi sempre rivolti all'orologio. Non abbiamo tempo di vivere il presente perché ci è rubato dal futuro: questi sono i ritmi cui ci obbliga la logica del denaro. La vita è tutto un soppesare, calcolare, misurare i costi e i ricavi delle nostre e delle altrui azioni. Tutto è tradotto a valutato in termini di denaro. Tutto è business. Anche le attività più spirituali e i sentimenti più sacri sono misurati in denaro: dalla ricorrenza del giorno dei morti ('un business da 100 miliardi') alla morte dei Vip (lady Diana) alla malattia. Neppure la vecchiaia è più la vecchiaia ma il 'rischio vecchiaia' (dal punto di vista assicurativo o della previdenza). Oggi il principio fondamentale di ogni agire economico è la mancanza di scrupoli. Si ha prestigio se si ha denaro, ma si ha denaro anche grazie al prestigio, perché è quest'ultimo che oggi conferisce quella credibilità che una volta era riservata all'onestà. Scrive G. Rimmel (5): 'L'indifferenza con cui si presta ad ogni utilizzazione, l'infedeltà con cui si separa da ogni oggetto, perché non era veramente legato a nessuno, l'oggettività, che esclude qualsiasi rapporto affettivo e lo rende adatto ad essere un puro mezzo, tutto ciò determina un'analogia fatale fra denaro e prostituzione'. E così, come il cane finisce per assomigliare al suo padrone, assumendone tic e fisionomia, l'uomo d'oggi è come il suo denaro: frenetico e vuoto. I due orgogli della società liberale uscita dalla Rivoluzione industriale, il primato della politica e della democrazia, si sono sottomessi alle leggi del mercato finanziario internazionale. E quindi i governanti e le loro scelte dipendono dal denaro e dalle strutture che lo governano (FMI, Banca Mondiale ecc.) (6).

 

Denaro e benessere dell'uomo non hanno nulla da spartire, anzi sono su sponde opposte: il cibo non va dove c'è la fame ma dove c'è il denaro che può comprarlo ai prezzi più remunerativi, durante la guerra il denaro prospera ma la gente sta male, la ricchezza aumenta e la popolazione impoverisce. Sembra che ci sia qualcosa che non quadri: e invece quadra tutto benissimo, dato che il valore è il denaro e niente altro. Gli uomini sono valutati in base a ciò che guadagnano e le disuguaglianze, da quando ha preso piede l'economia monetaria, non hanno fatto che aumentare. I valori che distinguono la società moderna da tutte le altre si rifanno al primato della visione economica, secondo la quale in un mondo di oggetti non possedere significa non esistere. Insomma da un lato il sistema, usando il denaro come specchietto per le allodole, spinge una parte degli uomini a lavorare freneticamente e sempre di più, dall'altro impedisce di lavorare a chi ne ha bisogno. La capacità del denaro di crescere come un tumore sul corpo che gli ha dato vita sino ad invaderlo completamente, soffocarlo e distruggerlo, deriva dalla sua natura squisitamente tautologica, dalla sua attitudine ad autolimentarsi, diventando così un fine, un fine ultimo, un fine che non ha altri fini al di fuori di se stesso. E poiché il denaro è un sacco vuoto, un puro Nulla, il suo fine non ha mai fine, si pone in un futuro irraggiungibile, trascinando con sé, in questa corsa verso il niente, l'uomo. Questa natura è particolarmente evidente nel meccanismo finanziario, del denaro che compra denaro. Scrive Bazelon7: 'Il denaro finanziario non è denaro da spendere. Con esso non si compra mai nulla; serve a guadagnare altro denaro. E quando poi si è in pieno movimento, non si compra nulla nemmeno col denaro guadagnato sul denato adoperato per guadagnarlo, e così via.'

 

Così funziona anche il circuito creditizio internazionale: crediti enormi, ormai inesigibili, vengono pagati sempre più spesso aprendo altre linee di credito al debitore. Cioè il creditore paga il debitore perché lo paghi. Soddisfa la promessa di pagamento di cui è detentore con un'altra (vedi gli Stati Uniti con l'Europa dopo la prima guerra mondiale ed oggi con l'Est asiatico, o il Messico ed il Terzo Mondo con i paesi industrializzati). Così funziona l'attività industriale e commerciale: non si producono o vendono cose utili a chi non le ha, si produce per ottenere valore di scambio e cioè denaro, si deve produrre per produrre (per questo, nonostante esista una tecnologia in grado di produrre materiali quasi indistruttibili, i prodotti hanno una resistenza e un'esistenza sempre più breve). Così funziona il sistema di creazione di nuovi bisogni da soddisfare con nuovi beni (l'offerta che crea la domanda). La produzione non serve più per la soddisfazione di un bisogno ma per accaparrare denaro in funzione del denaro. A questo punto della storia dell'uomo il denaro è diventato la sostanza materiale dell'esistenza, è diventato la 'vera comunità'. È diventato tutto.

 

E i risparmiatori sono i fessi storici di questa vicenda, quelli che, avendone poco, finanziano strutturalmente quelli che ne maneggiano molto, quelli che risparmiano perché temono (causa la disoccupazione e l'abbassamento dei salari) per il futuro. Non hanno capito che a essere diventato precario non è il futuro, ma il denaro.

 

* Questo comunicato è interamente costruito usando liberamente, come in un 'puzzle' che in 4 pagine cerca di riassumerne 300, brani di uno splendido libro di Massimo Fini dal titolo appunto "Il denaro 'sterco del demonio' - storia di un'affascinante scommessa sul nulla", Marsilio Editori, Venezia 1998, pp. 289, £. 29.000.

 

NOTE:

(1) E qui si gioca il paradosso dell'avaro. L'avaro è colui che meno ha capito la funzione del denaro. Perché trattenendolo con sé all'infinito non lo usa come denaro. D'altro canto, e all'opposto, l'avaro è forse colui che ne ha penetrato più profondamente l'essenza squisitamente spirituale. L'avaro ritiene il denaro e trova in ciò il suo godimento. Egli fa di questo mero mezzo un puro fine.Contemplando il denaro l'avaro raggiunge il suo piacere, non ha bisogno d'altro, così come nel Paradiso di Dante i Beati raggiungono l'estasi nella contemplazione di Dio;

(2) E per me pagherete al latore della presente…'. La lettera di cambio nasce dall'esigenza di trasferire denaro in luoghi lontani senza doverlo trasportare materialmente. Siamo nel 1300;

(3) Teorico del pensiero economico della prima metà del 1.800: la sua tesi di base, partendo dall'esperienza inglese, è che l'incremento della produzione ottenuto attraverso l'introduzione delle macchine ha portato al paradossale risultato di un aumento della produzione e di una diminuzione del benessere. Sismondi, che Andromeda non si stanca di citare da quindici anni, è naturalmente ignorato dagli economisti contemporanei;

(4) vedi al proposito il Comunicato Andromeda N. 33/95 dal titolo "Sopra la banca l'usuraio campa, sotto la banca la gente crepa";

(5) G. Simmel: Filosofia del denaro, Utet 1984;

(6) vedi al proposito i Comunicati Andromeda N. 5, 14, 18, 30, 31, 32, 33, 36/95, 42/96, 46/97, 69 e 70/99 su 'inflazione, debito pubblico e internazionale, pensioni, FMI;

(7) D.T. Bazelon, "L'economia di carta", ed. di Comunità, 1964


L’Origine Del Debito.

 

La storia

Nel 1949, Il presidente USA Harry Truman lancia il Development Act che “mirava a mettere in grado milioni di persone nelle aree sottosviluppate di elevarsi dal livello del colonialismo e di raggiungere le capacità di provvedere a se stessi e di creare prosperità”. Ma l’Act divide il mondo in due sulla base dell’economia (paesi industrializzati ricchi e paesi “sottosviluppati” poveri); spinge i paesi poveri a dimenticare le loro culture di sobrietà e a chiedere prestitii per lo sviluppo (per creare delle infrastrutture industriali… vantaggiose alle multinazionali…).

Nel 1973, le multinazionali del petrolio (le 7 sorelle) convincono gli Stati Uniti, allora in deficit, ad aumentare il prezzo del petrolio, quadruplicandolo in pochi mesi. I paesi del sud, con scarse o nulle risorse petrolifere – come India e Brasile – cominciano ad indebitarsi. Col secondo shock petrolifero (nel ’79) paesi produttori di petrolio, USA e compagnie petrolifere ammassano molto denaro liquido che, nelle banche, crea eccesso di liquidità. Occorre trovare il modo di smaltire questo capitale con grossi prestiti, anzi farlo fruttare. Premettiamo che, una Banca Centrale, quando fa un prestito pubblico, impone un tasso d’interesse per l’uso del capitale, e, se si ricorre a banche private (quando la Banca Centrale nega il prestito), il tasso di interesse è fino a quattro volte più alto.

Beh, nel 1970, il 98% dei prestiti erano pubblici, mentre alla fine degli anni ’70 erano soltanto il 30%, e i creditori privati imponevano servizi del debito (tassi d’interesse più spese a carico del creditore) incontrollati. Inoltre il Nord abbassa unilateralmente i prezzi delle materie prime e dei prodotti che il Sud esporta.

 

Il deficit USA e il sistema dei cambi flessibili.

 “La crescita del deficit statunitense, dovuto alla guerra nel Wietnam, e l’enorme quantità di dollari depositati presso le banche all’estero avevano svalutato la moneta statunitense. Perciò, nel 1971, Nixon decide, senza preavviso, di mettere fine al cambio fisso dollaro-oro. Dal 1977 al ’79, il dollaro entrò in una nuova fase di instabilità e deprezzamento del 15%. Per combattere l’inflazione, il governo USA decise una riduzione delle tasse interne e adottò politiche protezionistiche in difesa della propria produzione. Ciò portò in breve tempo ad una rivalutazione del dollaro che, a metà anni ’80, accrebbe il suo valore dell’80%”.

 

I tassi di interesse.

 “La seconda crisi petrolifera del 1979 e la necessità di un risanamento delle proprie bilance dei pagamenti, portò all’adozione di politiche di controllo dell’inflazione da parte dei Paesi più ricchi con un forte rafforzamento del dollaro (una contromisura detta Volker-shock, dal nome del segretario del Tesoro statunitense, Volker) e una lievitazione dei tassi – flessibili – di interesse sui prestiti ai paesi in via di sviluppo, che crebbero in termini reali tra il 1978 e il 1985 di oltre il 20% (e in alcuni casi oltre il 30%)”. (Giorgio Beretta)

 

Il commercio inequo: il prezzo delle materie prime.

“Ha inizio un circolo perverso: i Paesi indebitati devono rifondere i debiti con valuta pregiata (dollari), ma il presso delle loro materie prime è costantemente in calo sui mercati internazionali. Così i Paesi indebitati si trovano due volte sfruttati. I Paesi dell’Africa subsahariana spendono 4 volte di più per pagare debiti a nazioni ricche di quanto possano spendere per gli interventi sanitari a favore delle proprie popolazioni”. (Paolo Giaretta)

 

Uso Dei Prestiti E Circolo Vizioso.

Sul cattivo uso, possiamo cominciare con i progetti “non sostenibili”, stimati al 20%: vie di trasporto non complete, dighe i cui bacini si riempiono di fanghi, ospedali le cui attrezzature non sono in funzione per mancanza di elettricità… Più grave è la fuga illecita di capitali (favorita dalla deregolamentazione imposta dal Fondo Monetario Internazionale, FMI) che riguarda il 50% dei redditi (80% nel caso delle Filippine). C’è poi il saccheggio di risorse: Mobutu (asceso al potere con l’appoggio di Stati Uniti & C.) organizzava il contrabbando di pietre preziose, cobalto, uranio, caffè, avorio… La corruzione e le tangenti assorbono più del 20% del totale dei debiti e raggiungono i “paradisi fiscali”: la corruzione è diventata “strategia” di politica estera. Le spese in armamenti sono responsabili del 20% del debito estero (75% delle armi vendute dal Nord al Sud sono pagate con prestiti concessi da banche commerciali a condizioni analoghe a quelle dei prestiti).

Ma occorre aggiungere l’aggravante delle esportazioni dei profitti: le multinazionali esportano i profitti realizzati al Sud e fanno pagare brevetti e licenze. Conseguenza: oltre 80 paesi hanno oggi redditi pro capite più bassi che dieci anni fa. Ogni famiglia africana consuma 20% meno di 25 anni fa. E le prospettive per i prossimi anni restano negative.

 

Il segreto del capitale (Maurizio Blondet - “Schiavi delle banche” – www.effedieffe.com)

 

Avete accumulato un piccolo o grande risparmio: 50 mila euro, 100 mila. Anche 500 mila, se siete un dentista o un bottegaio. La propaganda del capitalismo terminale vi invita, anzi vi spinge, vi obbliga a farlo fruttare: nel futuro, vi dice la sirena seduttrice, vi ritroverete con una bella somma, ben accresciuta, che renderà serena la vostra vecchiaia. Voi, perciò, affidate i vostri risparmi a un fondo d'investimento, a un fondo pensione. Se i risparmi sono alti, a una società di gestione dei patrimoni. Ogni fondo ha un gestore: un esperto, uno che sa - diversamente da voi - come far fruttare i vostri soldi. Li impiega in azioni e obbligazioni, da esperto qual è: i titoli più lucrosi, nel mix più sapiente. La realtà è un po' diversa. La prima cosa che fa' il gestore, appena ricevuti i vostri soldi, è: comprarsi la Mercedes più grossa sul mercato, aggiungervi una Porsche per i suoi week-end, accaparrarsi un attico di lusso. Per vivere da ricco. La Mercedes nuova del gestore dovrebbe suscitare qualche sospetto. Si sta occupando davvero di far diventare ricchi noi? La Mercedes l'ha comprata coi soldi nostri; fossero stati suoi, magari, avrebbe scelto un modello più economico. Speriamo almeno che accresca il nostro risparmio, il nostro modesto capitale. In realtà, i gestori dei fondi, in media, non riescono quasi mai a battere l'indice. Lo hanno provato studi seri (1): perdono soldi più o meno come avreste fatto voi, se aveste giocato in Borsa personalmente.

 

Almeno vi sareste rovinati da soli, senza pagare commissioni. Perché questo è il punto: perda o vinca, per il gestore è lo stesso. Lui, guadagna sempre: si fa pagare per gestire i vostri risparmi. In anticipo. Grasse commissioni. Il capitale, del resto, mica è suo: è vostro. Suo è il lucro. Ancor peggio, se vi consigliano di mettere i soldi in azioni. Dicono in America: sulla porta di Wall Street (la Borsa) c'è una scritta: Caveat Emptor, stia attento il compratore. Ma questa scritta la vedono solo gli esperti, gli speculatori professionali. E, loro, non hanno nessun interesse ad aprirvi gli occhi, perché la vediate anche voi. Anzitutto, non vi avvertono che la Borsa è come la caccia alla volpe: un gioco per grandi abbienti. Anche negli Stati Uniti, dove tutti hanno qualcosa in azioni, il 10 per cento delle famiglie detiene l'86 per cento dei titoli. Uno degli scopi primari (e il meno confessato) della Borsa è di fabbricare capital gains (profitti sul capitale) per consentire ai miliardari di evitare le tasse: il prelievo fiscale sui redditi di lavoro è aggressivamente progressivo, sui capital gains o è zero, o è a percentuale piatta (non aumenta col reddito). Ma la Borsa serve anche per fabbricare perdite, in modo da compensare profitti: sempre per consentire ai signori di sfuggire al fisco. Tuttavia, la Borsa ha bisogno dei piccoli risparmiatori. Altrimenti, essendo un gioco a somma zero (2), chi potrebbero spogliare i professionisti dell'azzardo? Da qui l'invito generale, nei tempi del capitalismo ultimo, a diventare tutti azionisti. Lo chiamano capitalismo democratico: senza dire che esso presenta per il padronato alcuni vantaggi collaterali. Per esempio, se un'azienda paga i suoi lavoratori, in parte, con proprie azioni (come avviene in Usa, e si vorrebbe cominciare a fare in Europa), su quell'emolumento non deve sborsare i contributi previdenziali. Cercano di stimolare persino il vostro patriottismo: mettendo i risparmi in Borsa, finanziate le aziende italiane (non è vero: le imprese si finanziano sul mercato dei titoli solo in percentuale marginale; per lo più s'indebitano con le banche, emettono bond od obbligazioni, o presso merchant bank).

 

Sempre più seducente, si ripete l'urgente invito a investire i risparmi nei fondi, anche per assicurarsi la pensione: tra vent'anni, il vostro pacchetto di azioni avrà preso un bel valore, e potrete cominciare a realizzarlo. E' una frode (3): le azioni, fra vent'anni, saranno quasi sicuramente ribassate. Per il solo fatto che allora ci saranno meno italiani di oggi, e quindi la domanda di azioni sarà più debole. Negli anni '70, un analista americano di nome Gelvin Stevenson provò a confrontare le performances borsistiche secondo le varie classi di reddito: scoprì che chi ha redditi alti vince, e chi ha redditi bassi, tendenzialmente, perde. E che perde tanto più, quanto più il suo reddito è basso. Fino a pochi anni fa, gli agenti di Borsa - mediatori necessari, se volete acquistare azioni - erano una casta chiusa, un monopolio. Questi sacerdoti del mercato e del rischio, stranamente, si erano protetti da ogni rischio, e dalla concorrenza sui prezzi. Si facevano pagare in commissioni fisse. Ancor oggi, che vincano o perdano (coi soldi vostri), ha poca importanza: loro incassano per ogni transazione che operano a vostro nome. A volte comprano e acquistano coi soldi vostri, solo per accrescere il loro onorario. Diversi anni fa, a New York, un povero risparmiatore di nome Guy R. Pierce affidò il suo modesto gruzzolo, 3 mila dollari, agli agenti Richard, Ellis & Co. Nel giro di un mese, Pierce ritrovò il proprio patrimonio ridotto a 110,98 dollari in liquidità e 50 dollari in azioni. Come scoprì il giudice a cui il malcapitato si rivolse, il suo agente era giunto ad operare sul conto del cliente, in un mese, "fino a 15 acquisti di un solo titolo per complessivi 31 mila dollari, e altrettante vendite di quel solo titolo per oltre 26 mila dollari. In un caso il broker vendette allo scoperto un titolo per ricomprarlo lo stesso giorno, perdendo in entrambe le transazioni". Per questa splendida performance, la Richard, Ellis & Co. addebitò a Pierce commissioni per 1022 dollari.

 

Il capitalismo terminale, finanziario, come tende a retribuire il minimo possibile il lavoro, così tende a non retribuire il risparmio. In ogni caso, la sua vittima predestinata è il lavoratore-produttore, colpito da due parti: da salariato, e da risparmiatore. Il risparmio è una sciagura, di questi tempi. Come Pinocchio, incauto, mostra al Gatto e alla Volpe i suoi zecchini d'oro, così accade a voi risparmiatori quando mettete il denaro risparmiato in banca. In tal modo, il Gatto e la Volpe sono al corrente di quanto avete. Da quel momento, hanno un solo pensiero: portarvi via i soldi. Già il bancario allo sportello, ben istruito, vi fa' notare che tenete cifre troppo grosse sul conto corrente, che non rende niente (ma non è la banca a fare in modo che non renda niente?). Mettetelo nei nostri fondi, il vostro capitale. Che rendono il 3, il 5. Detratte, come ovvio, spese e commissioni. A Pinocchio, il Gatto e la Volpe parlarono di un favoloso orto, dove gli zecchini, seminati, avrebbero generato alberi di zecchini, con frutti d'oro. Voi risparmiatori venite convinti, né più né meno di Pinocchio, che quel campo dei miracoli esiste. E dove sia, lo sa solo il gestore. Invece, se proprio le cose vanno bene - se la Borsa sale, una situazione in cui anche gli inesperti guadagnano - il gestore sì farà fruttare il vostro risparmio il 7, anche il 18 per cento; ma a voi, fateci caso, sarà attribuito il 4, o il 14 per cento. Il resto, arricchisce i gestori. Se le cose vanno male in Borsa e il gestore (come sareste capace di fare anche voi) perde, il danno è tutto vostro. Non rivedrete più il vostro capitale. Ve ne daranno due o tre motivi. Primo: "non le conviene uscire adesso". Secondo: "il suo capitale, in questo momento, non è liquido" (i titoli non sono realmente liquidi, ossia vendibili in tempi di crisi, di calo rapido dei corsi: nessuno li compra). Fino al terminale argomento: "il suo capitale è perduto. Non sapeva di averlo impiegato in un investimento a rischio?".

 

E' il metodo del Gatto e della Volpe. Il vostro capitale, per loro, è un fastidioso passivo: perché devono pagarvi qualcosa, un interesse, un frutto, sborsandolo di tasca loro. L'attivo, per loro, non è il vostro capitale, sono i frutti che loro possono introitare, moltiplicati, dal vostro risparmio. Quelli, se li tengono loro quanti più possono. Ma allora che fare? Lasciare i soldi in banca, su conto corrente che non rende niente? Perché almeno sono liquidi, cioè li potete ritirare in ogni momento? Ah, poveri imperdonabili Pinocchi: voi ignorate tutto della banca, ignorate i trucchi del credito, ignorate gli impegni che avete assunto quando avete messo i soldi in banca. E' appunto sulla vostra ignoranza che ingrassano i finanzieri, gli speculatori, i banchieri. Il trucco comincia lì, proprio nella banca. La banca vi fa' credere che presta il vostro denaro ad attività produttive. Se avete messo 100 mila euro in deposito, essa presta - vi fa' credere - i 100 mila euro a un imprenditore che chiede un fido. Così spiega la forbice fra il tasso passivo che paga a voi - l'1 per cento d'interesse, che con l'addebito delle spese diventa lo 0 per cento, o addirittura un interesse negativo (e voi già ci perdete, per il solo fatto di aver affidato i soldi alla banca) - e il tasso attivo che fa' pagare all'imprenditore, indebitandolo: il 7 per cento, magari il 12 o più. Voi credete che questo sia il lucro della banca: 7 meno 1, 12 meno uno. In percentuale su quei 100 mila euro, fa' un guadagno di 7mila o 12mila. Un po' eccessivo, ma insomma la banca corre dei rischi: l'imprenditore può diventare insolvente, la banca ha delle spese. Il lucro è legittimo. Così credete voi. Ma la banca, sul vostro deposito, in realtà lucra non il 7 ma il 28%, non il 12 ma il 48%. La banca ha davvero scoperto il campo moltiplicatore degli zecchini; solo, non ve ne fa partecipi. A voi, riconosce solo l'1 per cento.

 

Come avviene? Dov'è il trucco?

Il trucco è: quando voi depositate in banca 100 euro, la banca può creare fra i 10 e i 20 prestiti da 100 euro ciascuno: ossia "crea" moneta per mille o duemila euro. Nei paradisi fiscali, dove non si richiedono riserve obbligatorie, anche di più, fino a 10 mila euro. E su tutto quel denaro inventato e dato a prestito la banca lucra gli interessi. Ma come fa' la banca, obietta Pinocchio, a prestare denaro che non ha in cassa? Può perché sa che i depositanti non ritireranno tutti insieme la totalità dei loro depositi, né i debitori realizzeranno di colpo i loro fidi (4). Lo faranno a poco a poco, secondo necessità; lo faranno per lo più emettendo assegni, non ritirando contanti. Basterà il flusso di cassa (il debitore paga gli interessi con denaro vero) per consentire alla banca di pagare contanti ai depositanti, relativamente pochi, che chiedono soldi veri. Per mantenere il pubblico nell'illusione che la banca è solvente, che i soldi li ha (5). Ma quei soldi, non sono altro che scritture contabili. Tra l'85 e il 95 per cento del denaro circolante è creato dalle banche. Attraverso l'apertura di credito. Moneta-credito. Moneta scritturale, come si dice nel gergo della banca. O anche, in America: moneta creata dall'aria, fiat money. O come dice Maurice Allais, l'unico economista Nobel affidabile: moneta creata ex nihilo (6). "Ex nihilo": può essere più chiaro? Ezra Pound, che aveva compreso il trucco, ne era diventato quasi pazzo nello sforzo di avvertirne il pubblico, di gridarlo in versi ruggenti, di svegliare Pinocchio, l'ingannato, dalla sua auto-illusione. Citava di continuo la definizione che l'Enciclopedia Britannica, monumento del pensiero politicamente corretto, dava della banca: "la banca lucra gli interessi dal denaro che crea dal nulla". (7) Ogni banca, avendo in cassa depositi per cento euro, paga per quel deposito l'1 per cento; poi ne presta almeno 400 al 7 per cento, lucrando 28 euro di interessi.

 

Si può essere più chiari di così?

Ma Pinocchio continua a dormire: noi, voi. Pound sapeva anche questo, e citava una frase che il primo lord Rotschild avrebbe pronunciato nel 1861: "pochissimi capiranno il sistema, e quelli che lo capiranno saranno occupati a far soldi. Il pubblico probabilmente non capirà che è contro il suo interesse". E' così. Talora, in certi momenti roventi della storia economica, specie in Usa, le banche hanno creato denaro dal nulla in percentuali enormi, senza il più flebile rapporto coi depositi di cui avevano l'affidamento. In quei rari momenti, tragici crack che rovinavano milioni di uomini e donne, il loro bluff è stato rivelato: troppi depositanti si sono precipitati allo sportello per riprendersi i soldi, e si è visto che la banca, quei soldi, non li aveva. Ma da tempo hanno imparato la quota di espansione della moneta falsa che non inquieta i gabbati risparmiatori. Nei paesi europei, questa quota è fra quattro e sei volte i depositi. Da noi per esempio, con una riserva obbligatoria del 15%, le banche possono, su depositi ammontanti a 2 milioni di euro, fare crediti per 11.333.333 milioni: quasi il sestuplo. E sulla differenza, 9.333.333, la banca estrae gli interessi. E' denaro falso. E' denaro vuoto. Ma il denaro, anche falso, comanda il lavoro: l'imprenditore che ha ottenuto un fido fa' sgobbare gli operai e funzionare i macchinari, per guadagnare tanto da restituire i ratei del capitale con gli interessi. Così il denaro vuoto si riempie con la vera fonte della ricchezza, che è il lavoro e il sudore degli uomini.

Ma così, la banca preleva continuamente un tributo occulto su tutte le attività produttive dell'uomo. Ogni lavoratore, ogni imprenditore, è suo schiavo. Basta che la banca espanda il credito (crei pseudo-capitale) e vedrete i lavoratori accelerare il ritmo, sudare e affannarsi come burattini impazziti per pagare gli interessi sul debito, su quel denaro falso; basta che restringa il credito, e i lavoratori saranno licenziati a migliaia. Anche se noi, personalmente, non prendiamo a prestito denaro dalle banche, tuttavia paghiamo degli interessi, senza saperlo, come consumatori. Infatti ogni prezzo che paghiamo, ogni merce o servizio che compriamo, contiene un certo ammontare di interessi. Margrit Kennedy, una economista del centro-studi Hermann Institut Deutschland, ha provato a determinare la quota d'interessi che paghiamo (alle banche) per alcuni servizi pubblici in Germania. Per la raccolta dei rifiuti (un'attività che impiega poche macchine e molta manodopera), tale quota è il 12% del prezzo. Per l'acqua potabile, il 38%. Per l'edilizia popolare, il 77%. In media, su tutti i beni e i servizi, paghiamo il 50% di interessi. Nei tempi medievali, i sudditi pagavano al signore feudale, o alla Chiesa, "la decima", ossia solo il 10% dei loro introiti. Oggi paghiamo cinque volte la decima ai prestatori di capitale. Il feudalesimo non è tramontato; s'é rafforzato, sotto altra forma. La sola salvezza sarebbe non stare al gioco. Ridurre l'indebitamento delle famiglie e delle industrie, e degli Stati. Ma le banche non lo consentono: esse vogliono indebitare il mondo, perché il mondo lavori per esse.

 

Ecco perché Ezra Pound scrisse quella frase strana, per avvertirci: "un popolo che non s'indebita fa' rabbia agli usurai". Perché sarebbe ben possibile allo Stato emettere moneta libera da interessi, moneta liberatrice dalla schiavitù delle banche e dalla necessità d lavorare per le banche. Ma questa prerogativa è, in Europa, positivamente vietata dal Trattato di Maastricht, nell'articolo 104. Perché le banche indebitano, in modo primario ed essenziale, i governi. Gli Stati. Questi non possono stampare moneta; devono emettere Buoni del Tesoro, titoli in cui riconoscono il loro debito, e consegnarli alla Banca Centrale, che emette moneta per un valore pari ai titoli emessi. In tal modo, anche sulla moneta della nazione la banca - perché la Banca Centrale è dovunque proprietà privata delle banche - preleva un interesse, i frutti dei Buoni. Solo pochi statisti hanno osato stampare moneta di Stato, non gravata da interessi. Quei pochi, pochissimi, hanno provato sul loro corpo la rabbia degli usurai. Nessuno di loro è morto tranquillo nel suo letto. Alla fine del 1862 Abramo Lincoln ebbe bisogno di 449 milioni di dollari di allora per finanziare la guerra di secessione, in pieno corso. Le banche si offrirono di creare quella moneta con il solito metodo: ma chiesero il 30% d'interesse, per via dei rischi della guerra che rendevano lo Stato debitore a rischio d'insolvenza. Lincoln allora ricorse al potere che gli veniva dalla costituzione americana, articolo 1: sottopose al Congresso, che l'approvò, la proposte di emissione di banconote di Stato (greenback), prestito che il popolo può fare a se stesso, senza pagare gli interessi.

 

In piena guerra, si videro l'agricoltura e l'industria nordiste tornare a fiorire. Il lavoro umano, comandato da denaro abbondante, riempì quei biglietti di ricchezza reale. Nel 1864 Lincoln si ricandidò alla presidenza, dichiarando pubblicamente la sua intenzione di continuare ad emettere moneta di Stato, invece che acquistarla ai banchieri di Londra.

Secondo una tradizione difficile da controllare, il superbanchiere londinese sir Goschen (ebreo) disse ai suoi pari: "se questa insana politica finanziaria perdurasse, quel governo fornirà la propria moneta a costo zero. Non avrà alcun debito. Avrà tutto il denaro necessario per i suoi commerci. Questo governo dev'essere distrutto, o distruggerà ogni monarchia del mondo". Era l'inizio del 1865. Il 14 aprile dello stesso anno, Lincoln cadeva sotto le revolverate di un sicario. Era accaduto già ad Alexander Hamilton, il segretario al Tesoro di George Washington, fondatore della banca nazionale americana, emettitrice di banconote di Stato: fu ucciso in duello, non ancora cinquantenne, da uno spadaccino professionale.

Sarebbe accaduto anche a Hitler, colpevole di aver ridotto al minimo le transazioni valutarie nei commerci internazionali, sostituendolo con un sistema di scambio di merci fisiche.

 

Anche su Ezra Pound, come sappiamo, calò la vendetta degli usurai. Egli aveva cercato di proclamare al mondo il trucco del capitale: i soldati americani lo esposero in una gabbia nella Pisa liberata. Poi, per 13 anni, fu recluso in manicomio. Il più grande poeta americano. (di Maurizio Blondet)

 

Note

[1] J. Nikonoff, La comédie des fonds de pension, Parigi 1999.

[2] A somma zero è ogni gioco in cui se uno dei giocatori guadagna, è perché altri giocatori hanno perso la stessa cifra. La roulette, anzi ogni gioco d'azzardo, è un gioco a somma zero. L'economia reale non è un gioco a somma zero persino nel caso peggiore: quando io compro un televisore o un orologio potrò perderci qualcosa (se lo pago più del dovuto), ma entro pur sempre in possesso di un bene reale, che vale più di zero. Nei casi migliori, l'economia è un gioco in cui, più o meno, tutti guadagnano. L'economia non è una torta da cui si tagliano fette più sottili, quanti più sono gli invitati. L'economia è il pasticciere capace di fare una torta più grande, quando ci sono più invitati.

[3] La demografia lo predice ineluttabilmente: la generazione attualmente matura, quella del baby boom, è molto numerosa. Affollando la Borsa, fa' rincarare le azioni. In vecchiaia dovrà realizzare, ossia vendere le azioni che ha acquistato oggi, in tempi di forte domanda; e le venderà alla prossima generazione, che è molto meno numerosa (e meno ricca). Quindi ci sarà un'offerta eccessiva di azioni, e una debole domanda. Bisognerà svendere le azioni. Allora i gestori dei fondi, che dovevano garantirvi la vecchiaia, vi diranno: "è la legge del mercato".

Cfr. Bernard Maris, O la Borsa o la vita, Milano 2001, p. 70.

[4] Fu la famiglia ebraica Del Banco, a Pisa, nel '200, a inventare il giroconto, la girata sugli assegni e sui conti fra cambiavalute, la tecnica bancaria che consente la moltiplicazione della moneta scritturale, la creazione dal nulla. I Del Banco cambiarono poi nome nei secoli: in Germania si chiamarono Kassel, poi von Warburg; emigrati in America, divennero i banchieri Warburg.

[5] Le banche temono sommamente, infatti, la corsa dei depositanti agli sportelli, come avviene in caso di crisi. Avvenne nel '29, è avvenuto nel 2000 in Argentina. Allora si vede il bluff: i conti che il cliente crede liquidi, immediatamente disponibili, non lo sono affatto. In Argentina, i depositanti hanno potuto ritirare solo 100 dollari a settimana. Anche in Italia, chi chiede più di 2500 euro in contanti dal suo conto, deve dare un preavviso di tre giorni. Il denaro, semplicemente, non c'è.

[6] "Essenzialmente, l'attuale creazione di denaro ex nihilo operata dal sistema bancario è identica alla creazione di moneta da parte di falsari. In concreto, i risultati sono gli stessi. La solo differenza è che sono diversi coloro che ne traggono profitto" (Maurice Allais, La crise mondiale aujourd'hui, Parigi 1991).

[7] Come ha scritto uno che il trucco lo ha praticato: "solo a posteriori l'osservazione del bilancio di ogni banca fa' apparire che essa ha trasformato certi depositi in certi crediti. Mentre il processo fondamentale [del funzionamento bancario] è esattamente inverso: le banche prese nel loro insieme creano dei crediti, che solo in seguito alimentano con le masse monetarie e semi-monetarie [col flusso degli interessi lucrati sul denaro ex nihilo]". Il sincero esperto in questione è Jean-Yves Haberer, ispettore alle finanze del governo francese, segretario di Stato (1986-88), e presidente esecutivo del Crédit Lyonnais (Haberer, Monnaie et politique, Parigi, 1996, p.240).

 


Impresa e credito (di Vittorio Soldaini)

 

note critiche di Luciano Orsini. Questo scritto (del 1° dicembre 2001) è stato composto da Vittorio Soldaini, nuovo amico di Agenzia di notizie AFIMO, per l'amico Ugo Malaguti, editore di Letteratura Fantasy, Casa Editrice Perseo di Bologna, esperto al livello mondiale di questo genere letterario (cfr. "Risonanze").

 

EURO: Quello che non vogliono farci conoscere, che mai abbiamo pensato che così potesse essere… e in fondo, in fondo: perché rischiare di stare meglio quando possiamo scomodamente stare male?

L’introduzione dell’Euro è una preziosa occasione per riflettere sull’essenza della moneta, di ogni e qualsivoglia moneta . Se ci rendessimo conto di sapere niente sulla moneta, come minimo ci prenderemmo a schiaffi e ci insulteremmo davanti allo specchio, per "fortuna", si fa per dire, (purtroppo anche per fare) sappiamo nulla perché non ne abbiamo il tempo, dobbiamo darci sotto con il lavoro, oltretutto si trascura la famiglia, nessuno ne parla. Anche quando abbiamo due minuti di tempo libero, ma dico..: potremmo forse infilarci in un tunnel buio, senza torcia (senza alcuna conoscenza)? NO. Non è il caso, specialmente dopo una giornata "come quella di oggi", quella di ieri era anche peggio, non parliamo, per carità, di cosa dobbiamo fare domani, ribadisco: abbiamo forse ammazzato qualcuno? E poi? se ci capisce nessuno, a partire da quelli che sono gli addetti ai lavori (saranno mica "lavori…", ma per favore, e tric e trac e su e giù! .. Una volta che hai i "due minuti", certe cose ti demoralizzano: puoi incappare in notizie come, ah sì, questa la voglio riferire, ho ancora il ritaglio: "La monetina rivela l’errore della fisica" (cfr. "Corriere della Sera del 19.9.2001). Il matematico di Cambridge, H.K.Moffat ha formulato una nuova teoria che mette a posto le cose. "Se si fa ruotare una monetina su un tavolo, si vede che dopo alcuni secondi il moto rotatorio s’interrompe con una specie di tremolio e prima di esaurire le sue rotazioni, in corrispondenza del tremito finale, viene emesso un suono particolare di frequenza crescente, dopodiché la moneta si adagia di lato. La meccanica risalente al 1700 non permette di descrivere completamente il fenomeno". Infatti "è in contrasto con l’esperienza, perché non spiega il finale della rotazione della monetina". Questa "dovrebbe infatti ruotare all’infinito, mentre dopo pochi secondi il suo moto s’interrompe bruscamente". Secondo il matematico, la spiegazione classica "è palesemente sbagliata perché non tiene conto degli attriti e delle viscosità dell’aria". Insomma se ci sono voluti duecento, leggonsi, 200 anni, per formulare questa nuova teoria che "mette a posto le cose" avendo scoperto l’attrito e la viscosità dell’aria, figuriamoci cosa c’è ancora da scoprire su ben altri "attriti" e "viscosità dell’aria" che tira sul dollaro ed ora, la nuova moneta, l’euro, potrà girare senza problemi sul tavolo dell’economia? I giochi son fatti? "rien va plus ?, vogliamo sapere quello che nessuno ci dirà sull’Euro?

 

Non si vede… L’EURO di cominciare

Motus in fine velocior: in ogni anfratto della Penisola non c’è comune, piccolo o grande, che non si dia da fare per far conoscere l’euro al colto ed all’inclita; non si contano le iniziative, mai…finitive, di avvicinare gli Italiani all’Euro. C’è di che scegliere: incontri, convegni, conferenze, balli in piazza con Mister Euro, altrove si eleggono le Miss Euro (che s’ha da fà pe’campà…), corsi per capire il computo degli arrotondamenti, come evitare gli euro falsi, come riconoscere a colpo d’occhio la provenienza del centinaio di eurobanconote ( totale di tutti i tipi di Euro-taglio che potranno circolare liberamente all’interno di Eurolandia ), e… la chiamano Moneta Unica… figurarsi! Dunque Eurolandia sta per mettere in circolazione le nuove banconote ed ancora non sono pochi quelli che tuttora si chiedono, per quale ragione qualcuno, come il Regno Unito, ancora non vuole far parte dell’area della Moneta Unica pur essendo nell’Unione Europea e, a quanto pare, ci penserà ancora più o meno un lustro al termine del quale si farà un referendum che andrà a finire come quello danese e norvegese mentre l’Italia non ha avuto dubbi, nemmeno il referendum: è convinta che avrebbe conosciuto un futuro funesto se non avesse avuto la fissa dell’Euro; in tema di conflitto di interesse, materia privilegiata delle mene politiche domestiche, la turrita penisola non si permette però di chiedere se sia lecito che la Bank of England faccia parte del capitale sociale della Banca Centrale Europea e di conseguenza, nello stesso tempo che al mattino del giovedì, una volta ogni 15 giorni, assieme agli altri 11 governatori delle banche centrali nazionali incontri, al 36° piano dell’Eurotower di Francoforte, il Direttorio della Banca Centrale Europea, composto dal Presidente Duisenberg, dal Vice Noyer e di altri quattro membri fra i quali l’italiano Tommaso Padoa-Schioppa, il governatore della Bank of England possa, vedere e sentire, in anticipo e prendere parte a tutte le decisioni che la Banca Centrale Europea prende in materia di politica monetaria mentre resta ancorata alla sterlina come un granchio attaccato ad uno scoglio levigato e inguantato di petrolio. Si può tranquillamente affermare che in questo modo si configura la fattispecie di Insider Trader: se sulla bandiera italiana secondo Leo Longanesi campeggia la scritta "tengo famiglia", sull’inglese Union Jack ringhia minaccioso il motto reale: "Honny soit qui mal y pense" al quale Andreotti maliziosa-mente risponderebbe che pensare male è sì peccato, ma ci si prende!

 

Chi lascia la moneta vecchia per la nuova sempre a quel punto si ritrova

Sappiamo che l’Euro, come del resto tutte le monete del globo terracqueo, è una cartamoneta che non ha riferimento alcuno con l’oro. E’ solo la convenzione ossia la sua accettazione che da' valore alla moneta, che permette di scambiare beni e servizi. Personali. Mai verificati convincimenti, ricamati con la fantasia piuttosto che dalla conoscenza, ci portano ad accettare le monete perché pensiamo che effettivamente abbiano valore; non ci sfiora l’idea che abbiano valore solo ed in quanto le accettiamo. Inoltre, mai ci siamo chiesti di chi sia la proprietà della moneta all’atto dell’emissione. Il 14 febbraio 1993 ne "il Sole-Ore" si legge che in base al Trattato di Maastricht "Gli esecutivi degli Stati membri non possono compiere atti di signoraggio: appropriarsi cioè di risorse mediante l’emissione di quella forma di debito inesigibile che è la moneta a corso legale". Gli "atti di signoraggio " li compie la Banca Centrale Europea che sola ha il potere, come la Federal Reserve e le altre banche centrali, di prestare moneta creandola dal nulla ( solo carta ed inchiostro ) e di addebitarla, al valore nominale totale, agli Stati membri dell’Unione Europea. Nella comparsa di costituzione e risposta, depositata il 30 settembre 1994, dagli avvocati della Banca d’Italia presso la prima Sezione del Tribunale Civile di Roma, avverso l’esposto del Prof. Giacinto Auriti strenuo sostenitore e teorico della sovranità popolare della moneta, si legge: "Ebbene, alla stregua della puntuale disciplina della funzione di emissione, i biglietti appena prodotti dall’officina fabbricazione biglietti della Banca d’Italia costituiscono una semplice merce di proprietà della Banca centrale che ne cura direttamente la stampa e ne assume le relative spese (art, 4, comma 5, del T.U n. 204/1910).

 

Essi acquistano la loro funzione e il valore di moneta solo nel momento, logicamente e cronologicamente successivo, in cui la Banca d’Italia li immette nel mercato trasferendone la relativa proprietà ai percettori" .Vorrei chiedere ai "percettori" se mai si siano resi conto di cosa sia e da dove tragga origine il debito pubblico ed in base a quale rapporto fra la Banca Centrale e lo Stato come affermano i succitati avvocati: "la Banca d’Italia cede la proprietà dei biglietti, i quali in tale momento, come circolante vengono appostati al passivo delle scritture contabili dell’istituto di emissione, acquistando in contropartita, o ricevendo in pegno, altri beni o valori mobiliari (titoli, valute, ecc.) che vengono invece appostati all’attivo". Insomma, l’istituto (come e da chi è stato "istituito") cede la proprietà di biglietti di costo zero: solo carta ed inchiostro, fra l’altro i fornitori di queste materie prime vengono pagati con i biglietti prodotti con la carta e l’inchiostro che forniscono, quindi in pratica dire che la Banca Centrale a fronte di banconote (ripeto: create a costo zero) "riceve" da parte dello Stato, BOT, CCT, valori mobiliari, pari al totale del valore facciale stampato dall’officina della Banca d’Italia (dicitura stampigliata sulle banconote), non significa che la Banca Centrale cede la moneta in proprietà in cambio dei titoli di Stato, in realtà "cede", nel senso che presta i biglietti al valore facciale(1). Gli avvocati della Banca d’Italia quando scrivono che questa se ne "assume le relative spese", cosa pensano di dire: di grazia, a quali "spese" fanno riferimento? Si possono forse chiamare spese, queste spese ? Oltretutto la banca centrale fissa pure il tasso ufficiale di sconto, in arte TUS - diventato in BCE, Banca Centrale Europea, tasso di riferimento - in sostanza stabilisce la misura percentuale degli interessi che vuole dal prestito! Ma allora come si concilia che contabilmente si dichiari debitrice perché sulla banconota scrive "Lire tot pagabili a vista al portatore" però nello stesso tempo la Banca centrale pretende gli interessi sul totale della moneta "ceduta" allo Stato, per tutto il tempo che resta in circolazione? Da "portatore" a "portatore" mi si dica, si conosce, a memoria d’uomo, un solo "portatore" che sia stato pagato? La cosa raggelante è che, riporto ancora quanto dichiarato allora dagli avvocati di Bankitalia: "L’intera attività della Banca in questi campi è poi sottoposta alla vigilanza del ministro del tesoro e di un’apposita commissione permanente di cui fanno parte, fra l’altro, anche sei parlamentari (artt. 108 e ss. Del T.U. n. 204/1910). Domanda: chi li conosce questi sei parlamentari? Ci sarà qualcuno che vorrà rivelarlo? Non interessa l’appartenenza partitica, quella a volte dura "l’espace d’un matin". Interessa sapere cosa vedono, cosa sentono, come vigilano, a chi ne riferiscono, come sono eletti, nominati, incaricati, quale mandato hanno ed a chi ne rispondono? A proposito si ha per caso alcuna notizia circa una rappresentanza della Unione Europea in seno ad un’auspicabile commissione permanente di vigilanza ? Non vorrei che avesse ragione Edward Luttwak (cfr. "La Stampa" del 3 ottobre 2001) il quale alla domanda "I responsabili della Banca centrale europea?" "Taleban delle politiche monetarie", che " rispondono del loro operato soltanto a Dio".(2) L’euro non conoscerà forse le stesse "mene" della lira o di qualsiasi altra moneta in mano alle banche centrali che, bontà loro, "ne assumono le relative spese" ….? Forse lo Stato, nel caso dell’Euro, l’Unione Europea, non è in grado di accollarsi simili "spese"?

 

Allora, cambia veramente tutto?

La moneta unica azzera tutte le monete nazionali dei Paesi che adottano l’Euro ed ognuno si trova di fronte ad una moneta del tutto nuova, per via del taglio, della grafica, delle dimensioni, ha un recto uguale per tutti mentre ogni Stato membro personalizza l’altra faccia della banconota.. Comunque, alla fine della fiera di tante pretese novità e differenze, l’Euro è sempre una moneta moneta anch’essa a corso legale "forma di debito inesigibile" tale quale la lira.. Il SEBC, Sistema Europeo Banche Centrali, esattamente come prima hanno sempre fatto le banche centrali, nei rispettivi Paesi dell’area Euro, in cambio del "servizio" di indebitare EUROLANDIA, riceve dagli Stati membri titoli di credito: EuroBot ed EuroCct che automaticamente instaurano l’Eurodebito pubblico, gravato inoltre degli interessi (purtroppo questo debito è del tutto esigibile…). In queste condizioni mai si riuscirà a venirne fuori dal debito pubblico(3). Cosa cambia? ASSOLUTAMENTE NIENTE!, prima dell’Euro ogni Stato si indebitava con la banca centrale operante nel proprio territorio (è bene dare un’idea tangibile del costo del "servizio" ad esempio in Italia tale servizio costa, a tutt’oggi 2 milioni 500 mila miliardi di lire, più o meno, pari al debito pubblico) ora i Paesi eurizzati, tutti insieme appassionatamente, si indebitano tutti con il Sistema Europeo Banche Centrali per il "servizio" di stampare e "cedere" l’Euro a Eurolandia !. Il "Changeover", nome d’arte del trapasso dalle monete nazionali all’Euro, costerà, come hanno riportato tutte le testate in edicola, mai che queste, al riguardo, facciano mai una minima riflessione come sta facendo "Impresa e Credito"…, alla Banca d’Italia " la bolletta di 500 miliardi di lire, mentre per il Tesoro la spesa supererà i 1.000 miliardi e per le banche 1.400 miliardi, si raggirano, cosa scrivo?: si aggirano invece intorno ai 2.000 miliardi, i costi per la formazione del personale e adeguamento delle attrezzature degli esercizi commerciali". Sono sicuro che ormai si sia già capito che alla fine paga tutto Pantalone/Cittadino/Consumatore, compreso la "bolletta della Banca d’Italia". Un Onorevole al quale ho fatto presente queste stesse considerazioni mi ha risposto che questo avviene anche negli altri Paesi. Sai che consolazione! Di rimando gli ho fatto notare che in pratica era come dire che l’AIDS non è una malattia perché ce l’hanno tutti! Fino a quando la carta moneta emessa continuerà ad essere di proprietà della Banca Centrale, del SEBC, della Federal Reserve, della Bank of England ecc., quindi addebitata con gli interessi alle collettività che producono i beni ed i servizi che la moneta solo ed unicamente misura essendo mezzo di scambio, penso che ci sia poco da organizzare iniziative, per conoscere la moneta unica, se si cerca solo di imparare tutto sull’Euro ed evitare accuratamente di capire cosa significhi ed anche cosa sia "quella forma di debito inesigibile che è la moneta a corso legale". A proposito, a differenza delle banconote della moritura lirazza, sulla moneta unica la BCE non farà stampigliare la vana promessa in alcuna lingua: "Pagabili a vista al portatore", prima di tutto perché l’Euro è esclusivo frutto degli "atti di signoraggio" con i quali la BCE può, al contrario degli Stati membri "appropriarsi di risorse" come, quanto e quando vuole, in secundis perché siamo al "et de hoc satis": una cifra, la traduzione del taglio nelle principali lingue europee, un disegno uguale per tutti ed uno specifico proprio per fare contenti i singoli stati membri, punto e basta... Non si riporterà nemmeno la scritta "officina della Banca Centrale", della serie meno si scrive, meno sono i problemi! Gli Stati membri, dire partners suona aziendale, dire soci, se non è zuppa à pane bagnato, allora vada per "membri" (rende meglio l’idea…) però sono riusciti ad imporsi ed hanno conservato, come prima, la servile facoltà di indebitarsi e/o di svendere i beni della collettività, di tutti noi, e/o di comprare (nazionalizzare) a carissimo prezzo, con i soldi di tutti per favorire pochi, beni che valgono niente (es.: le centrali elettriche tipo SIP (Società Idroelettrica Piemontese) che pagata a peso d’oro ebbe anche il monopolio del telefono (la famosa Società per l’esercizio telefonico, che con la sigla SIP molti si chiedevano che c’azzeccasse) consacrando così il ciclo vizioso consociativista, instaurato da certa classe politica di concerto con il capitalismo assistito che privatizza i profitti e socializza le perdite. Pensare che all’epoca della nazionalizzazione, ancora teen-ager (come dire che capivo nulla), questi capitalisti "piangevano" come vitelli, come da copione (io sapevo nulla del copione..), e finii per temere che mi avrebbero portato via la bicicletta … (4)

 

Di chi è l’EURO all’atto dell’emissione?

All’onor del vero non tutti i Comuni d’Italia sgomitano in tutti i modi per fare festa all’Euro infatti vi è chi non partecipa a questa sorta di gara per conquistare il primo posto di Comune EuroPierino anzi, si fa benemerito portatore di proporre un’integrazione, a mio avviso sacrosanta, al Trattato di Maastricht. Il Comune di Guardiagrele (CH) dopo aver sperimentato la prima local money europea, il famoso SIMEC moneta - credito di proprietà del portatore, di cui il 6 ottobre 2000 si è occupato perfino il famoso "Wall Street Journal", con deliberazione n. 72 del 18 settembre scorso, ha approvato un Ordine del giorno, all’unanimità di voti palesemente espressi, che "AUSPICA che il Governo si faccia promotore della proposta di integrare il Trattato di Maastricht con una esplicita ed univoca normativa che riconosca, all’attio dell’emissione, l’EURO DI PROPRIETA’ DEI POPOLI EUROPEI e non della Banca Centrale Europea; CHIEDE che il Governo si adoperi nel senso sopra auspicato tanto più perché la suddetta integrazione normativa è del tutto conforme e compatibile con le norme del Trattato di Maastricht."(5) L’ordine del giorno prende le mosse dalla formale diffida, notificata alla Banca Centrale Europea dal Prof. Giacinto Auriti nella sua qualità di Segretario Generale del Sindacato Antiusura SAUS, fondata dall’ accertata mancanza di precisa norma del Trattato che stabilisca di chi sia la proprietà dell’Euro all’atto della sua emissione " e che pertanto è impossibile individuare chi sia creditore e chi debitore nella fase della circolazione."(6) Di conseguenza, si diffida "la Banca Centrale ad astenersi da qualunque forma di emissione di Euro in quanto tale simbolo non può assumere il valore di moneta legale perché carente della certezza del diritto". Il Consiglio Comunale Guardiese infatti ritiene che "il problema sollevato dal Prof. Auriti si impone all’attenzione degli Stati europei perché di vitale importanza in quanto, nel caso in cui la Banca centrale Europea emettesse l’Euro prestandolo, l’Europa rischia di essere dilaniata dal debito come già succede per i popoli del terzo mondo; rilevato perciò che una tale problematica non possa non essere meritevole di considerazione dell’organo rappresentativo, in seno al Comune, di una comunità locale facente parte di uno Stato aderente all’Unione Europea ." Constatato infine "con rammarico e sconvolgente sorpresa che un argomento di tale rilievo sia stato totalmente ignorato al livello di politica economica governativa ed internazionale" il Consiglio Comunale ha auspicato e chiesto quanto di cui sopra.

Duisenberg, Governatore della BCE, accuratamente scapigliato per sembrare pieno di pensieri, c’è da giurarci, farà spallucce, tanto ha in mano un Trattato che è una cambiale in bianco firmata dagli esecutivi degli Stati membri dell’Unione. Per fortuna il Prof. Auriti ha magistralmente individuato il buco nero del Trattato perché non facendo menzione circa la proprietà della moneta evidenzia una lacuna che rivela che la BCE non metteva neanche lontanamente in conto di doversene preoccupare visto che gli Stati membri avevano gareggiato nel sottoscrivere la loro totale abdicazione. Purtroppo per la Banca Centrale Europea e fortunatamente per i popoli europei il Prof. Giacinto Auriti insigne Maestro di Diritto ci ha additato il Governatore che, come il re nella famosa favola, è nudo! Un sonoro plauso al Consiglio Comunale di Guardiagrele per il servizio reso al Diritto ed alla verità! (Vittorio Soldaini 1° dicembre 2001)

 

Caro Ugo a questo punto riproporrei, "paro-paro", come forbitamente dicono a Roma, gli Artt. 105A e 107 del Trattato di Maastricht che abbiamo già "additato" sulle pagine di "Impresa e Credito". Et de hoc satis!

 

Note aggiunte (da Luciano Orsini 24/05/2002)

(1) Bisognerebbe forse aggiungere che alla restituzione del debito, BOT, CCT, valori mobiliari tornano allo Stato, mentre alla Banca Centrale vanno i soldi dei cittadini che di fatto pagano il debito fatto dallo Stato per il welfare più o meno decente. (Ritornerò dopo su questa affermazione).

(2) Luttwak conferma soltanto l’ imprescindibilità delle teorie monetarie, prima di Keynes e poi di Friedmann; ma questo è un problema diverso e ben più importante dal punto di vista economico di quello che accade tra le Banche Centrali ed i governi europei o l’UE. È in realtà il vero problema da affrontare con pensieri nuovi, oltre le denunce.

Il vero problema da risolvere è quindi riconoscere il reale valore del processo economico e soprattutto il riconoscimento che ogni movimento monetario deve essere rapportato al valore del denaro in funzione del processo economico per quello che di fatto appare in esso come denaro valore e lavoro.

Ogni previsione predittiva sull’andamento non deve portare a movimenti monetari secondo formule prefissate da una dottrina economica. È la dottrina economica la responsabile di quello che accade e che vorremmo modificare. In questo scritto non si fa alcun cenno critico nei confronti delle teorie economiche e forse non si ritiene che siano queste a causare il casino Bancario di cui parla Soldaini. Lo Stato richiede (ovvero si fa prestare) alla Banca Centrale gli anticipi di denaro per circostanze che non derivano quindi da una partita in dare ed avere cioè secondo il bilancio reale tra entrate ed uscite fatte dal ragioniere, ma derivano quasi esclusivamente da previsioni macroeconomiche. E’ chiaro quindi che si confondano le stesse origini del denaro e del giro economico al quale è sottoposto. Questo significa che lo Stato si fa garante presso la Banca Centrale per i propri prestiti bancari fornendo in pegno i propri beni, in titoli od immobili o tramite ipoteche e s’impegna in seguito a pagare per mezzo delle tasse. Il problema quindi è il modo d’intendere il fisco che comporta le circostanze anomale per cui lo Stato fa pagare ai cittadini i debiti contratti con la Banca Centrale. Senza dimenticare che lo Stato riceve i propri benefici di signoraggio dai rapporti che contrae con la Banca Centrale, la quale ha un patrimonio privato di fondazione e presta in genere non carta ed inchiostro, ma soldi veri che stanno in deposito nei suoi forzieri. È da questi ultimi che escono i soldi prestati allo Stato e non si tratta sempre di prestiti con nuove emissioni che peraltro vengono fatte anche nei confronti della Banche.

Il vero problema è che la Banca Centrale sia messa nella condizione di non emettere nuove monete se queste con corrispondono a titoli o monete tesaurizzate come patrimonio della Banca Centrale. I fatti devono essere riferiti fino in fondo e gli errori denunciati fino in fondo facendo emergere i fatti che potrebbero correggere gli errori medesimi. Questo è un campo in cui anche coloro che sono esperti o consapevoli possono perdere la tramontana dietro una distorsione che tuttavia è un sintomo e non una causa di malattia. Quindi quello che denunciano Auriti ed Soldaini, mi appaiono - fino a prova contraria - come verità non dimostrate fino in fondo e comunque nella loro semplice enunciazione possono essere tranquillamente superate - a mio parere, dalla fiscalità monetaria.

(3) Il debito pubblico, comunque nasca è prodotto dalla politica che ritiene di dover assistere i cittadini (welfare) prelevando soldi agli imprenditori ed ai lavoratori in genere.

Il debito pubblico proviene, anche se in maniera molto improvvida, da una sorta d’anticipo fatto dallo Stato presso la Banca Centrale per le spese di welfare a beneficio dei cittadini che poi dovranno pagarsi da soli con le tasse quello che serve per il sostegno del welfare. Chi pensa che il welfare sia veramente pagato dallo Stato da sempre, da quando esiste lo Stato? Semmai si può dire che molti governi possono essere incapaci di amministrare uno Stato e quindi fanno una cattiva politica e spendono male i soldi. Tutto questo è fin troppo realistico tanto da aver portato Berlusconi a Palazzo Chigi.

Perché allora ci si dovrebbe scandalizzare se lo Stato restituisce un prestito per i cittadini con i soldi dei cittadini? Mi sembra un metodo sbagliato che occorrerebbe correggere partendo dalle sue cause reali, senza demonizzare la Banca Centrale che pure ha le sue gravi responsabilità. D’altro canto lo Stato, qualora volesse provvedere al welfare con i propri mezzi, invece di chiedere soldi alla Banca Centrale potrebbe vendere i propri patrimoni fino a ridursi in mutande, vendendo anche il patrio suolo agli stranieri od anche ai suoi cittadini come hanno fatto alcuni palestinesi dei territori occupati. Soltanto così lo Stato potrebbe ricavare un vero e proprio capitale da investire per il welfare, senza prestiti bancari e quindi senza debiti per i cittadini. Quindi a me pare che dovremmo restare con i piedi per terra ed ammettere che tutte le manovre monetarie altro non sono che effetti di un agire politico senza idee o con errati pensieri economici.

(4) Tutte queste satiriche o grottesche denuncie di una realtà sociale e politica non dipendono dai rapporti tra Stato e Banche Centrali, ma dalle politiche monetarie che non tengono conto del processo economico.

Quindi è necessario arrivare ad una conduzione dei complessi movimenti monetari e quindi della fiscalità corrispondente alla realtà del processo economico. Una moneta appartiene soltanto a chi l’ha ricevuta in cambio di una merce venduta o di un servizio. La Banca presta denaro, proprio o in deposito di clienti che ce l’hanno messo, e per questo prestito esige restituzione ed interessi. Questo procedimento di per sé non è malsano perché è sostenuto dal livello sociale degli uomini che accettano di essere nati in un Paese senza possedere nulla, mentre ciò è falso perché ad ogni cittadino dovrebbe appartenere (in denaro) almeno una percentuale del terreno dello Stato sul quale è nato e questo noi lo chiamiamo reddito di cittadinanza. Basta esaudire questo diritto per far rientrare nell’alvo delle comuni transazioni del prestito e del credito ogni atteggiamento bancario. È chiaro che, senza la medicina del reddito di cittadinanza, può sembrare un grossa ingiustizia chiedere denaro in prestito ad una Banca, la quale a sua volta farà il suo naturale percorso illusorio, che tuttavia non è di per sé truffaldino. Truffaldino, comunque non del tutto corretto, è invece prestare denaro virtuale, ovvero che non è in deposito nella Banca, a chiunque appartenga, e che quindi ha valore zero, anzi carta + inchiostro. Questo fenomeno va certamente controllato e contenuto, ma non è alla radice del male bensì è un’opportunità concessa dal male ed il male è la teoria monetaria e le formule econometriche.

(5) Il denaro all’atto dell’emissione, secondo me, non appartiene al popolo e non si può dire tout court che invece appartiene al popolo dal momento che tutto il denaro in circolazione, nella sua essenzialità appartiene alla circolazione economica dei beni prodotti. In realtà appartiene a tutti e nessuno e quando entra nelle tasche di qualcuno il denaro deve rappresentare un’avvenuta transazione di beni. In altre parole il denaro che è in qualche luogo, come proprietà di alcuni o di moltissimi, ha un valore che appartiene all’intero processo economico che non è di nessuno ma di tutti coloro che vi hanno concorso, senza che per questo ne derivi anche il diritto di possederlo materialmente. Si tratta di tener conto di un significato "energetico" del denaro e non della sua natura oggettuale fisica e tangibile. Quindi il denaro, si tratti di lire o di euro, non è del popolo sic et simpliciter, senza neppure discutere i fatti, dal momento che questa affermazione è falsa, perché al popolo appartiene realmente soltanto il denaro che ha guadagnato con il lavoro o che ha ereditato e, per diritto indiscutibile, il reddito di cittadinanza. Dovremmo considerare lo Stato come un qualsiasi imprenditore che offre alla Banca Centrale un pegno in cambio di moneta che rappresenta un prestito come per qualsiasi imprenditore e, come un imprenditore, dovrà restituirlo con gli interessi previsti. Come ho detto lo Stato può modificare questo costume e vendere per esempio i propri beni immobiliari alla Banca Centrale in cambio ovviamente di denaro per il welfare. In tal modo la funzione di protezione dello Stato sarebbe corretta e senza produrre un debito, ma soltanto un decremento del suo capitale. In realtà nessuno Stato è un reale benefattore del proprio Paese dal momento che semplicemente anticipa ai cittadini, per mezzo del prestito bancario, i soldi che gli servono per il welfare, ma che i cittadini stessi devono pagare in seguito con le tasse. Ogni volta che si fa la legge finanziaria, ed accade ogni anno, viene sancita questa realtà strutturale dello Stato: programmare stanziamenti, prendere i soldi dalla Banca Centrale, effettuare alla meno peggio o al meglio i programmi di welfare e poi restituire il prestito alla Banca Centrale con i soldi del fisco, quindi dei cittadini. Quindi lo Stato semplicemente media un rapporto debitore-creditore che vincola i cittadini alla Banca Centrale. C’è da chiedersi se in questo iter esista un illecito e se sì da cosa sia prodotto. Si dice che la moneta emessa appartiene ai cittadini. Non è vero. Se questa moneta esprime un valore mercantile, ovvero di merci già prodotte (o titoli di qualsiasi genere) ed in possesso della Banca, può essere data in prestito per essere avviata ad ulteriore elaborazione nel processo economico. Sebbene sia vero il fatto che sono i cittadini a dare il valore al denaro con il loro lavoro relativo alle merci che hanno già prodotto, per questo stesso motivo non possono essere definiti anche detentori del denaro appena emesso, perché questa definizione non è vera. I cittadini sono bensì responsabili del valore del denaro che è girato nel processo economico con la loro attività, ma non del denaro che viene emesso e che deve ancora entrare nel processo economico. È come se dicessi: dal momento che io posseggo la sedia che mi sono costruito per questo stesso motivo mi appartengono tutte le sedie che vedo in giro. Dal suo canto la Banca Centrale incorre o può incorrere nell’illecito emettendo moneta sine materia o senza valore se non quello della carta e dell’inchiostro, cioè senza valore corrispondente ad una merce e pretendendo di darla in prestito con interessi. La Banca Centrale quando fa questo è guidata dal pensiero economico della teoria monetaria, legale, da tutti affermata e da nessuno criticata, neppure da chi critica il comportamento della Banca Centrale, secondo la quale sarebbe necessario ampliare o diminuire il quantum del denaro in circolo per pilotare il processo economico tra i due respingenti astratti e meramente prevedibili della inflazione e della deflazione. È sulla base di quest’imprecisione o predittività macroeconomia con carattere di scienza e quindi indiscussa che la Banca Centrale si permette di emettere nuova moneta senza valore ma che si pensa, secondo i calcoli degli economisti, dovrà per forza acquistarne con il lavoro della gente nel momento che di fatto entra in circolazione. A mio parere è ciò che deriva da questa causa che manda in bestia Auriti ed il simpatico Soldaini, ma io mi chiedo perché non si affronti fino in fondo questo argomento in direzione di questa traccia invece di arenarsi su un sintomo concettuale ossessivamente ripetuto, ovviamente con grande garbo e simpatia. Peccato che questo sintomo concettuale non conduca ad altro che all’osservazione di un fatto (l’emissione monetaria), senza osservare e discutere su quello che accade prima e quello che accade dopo l’evento stesso. Il tapin roulant di questa faccenda e che secondo me ci dobbiamo dire (sempre il "diciamo" di Fiorello) è dato dal fatto che il denaro, invece di essere il testimone di tutto il processo economico, è indotto da una teoria monetaria ad acquisire movimenti assurdi secondo un criterio matematico formale o formulare.

È come se il sangue circolante nelle nostre arterie fosse costantemente deviato dal suo percorso verso una zona a caso dell’organismo dove si ritiene che sarà necessario al termine di una corsa di dieci chilometri: ma nel frattempo il malcapitato muore asfissiato.

(6) Quando tutti noi siamo venuti a contatto con l’euro lo abbiamo "scambiato" con le nostre lire; non mi sembra che si possa parlare di posizione debitoria o creditizia.


Sopra la Banca l’Usuraio campa, sotto la Banca il Cittadino crepa (ovverosia: democrazia o usurocrazia?) (di Nereo Villa)

 

Che le banche (IOR compreso) siano vissute dalla gente come le istituzioni legalizzate dello strozzinaggio è una realtà incontrovertibile. E che la stessa istituzione bancaria sia stata aspramente contestata da noti personaggi della destra e della sinistra può essere ben riassunto dalle frasi di due famosi personaggi: Ezdra Pound - "i politici non sono altro che i camerieri dei banchieri"; Bertold Brecht - "che cos'è una rapina in banca a confronto della fondazione di una banca?". Quanto segue è la spiegazione sintetica della struttura, della funzione e quindi dell'essenza stessa dello strumento monetario. Per quanto riguarda lo IOR (banca vaticana), si osservi la storia del caso Marcinkus (Banco Ambrosiano) e di Calvi, le connessioni dello IOR con la mafia americana e l'articolo 2266 del catechismo romano (premessa teologica della "guerra giusta"), in cui viene giustificata la "guerra giusta" e perfino la pena di morte. Per quanto riguarda banche e multinazionali, occorre prendere coscienza che a partire dal Millesettecento ad oggi si è realizzata una forma cancerogena di sovranità monetaria internazionale e sovranazionale: l'oro, che dalla prima metà del 1900 aveva svolto la funzione di comune denominatore delle varie monete, non bastava più a soddisfare la sempre più crescente necessità di liquidità. Lo strumento capace di assolvere tale necessità fu ed è la sostituzione-truffa della moneta nominale con la moneta merce: chi emette moneta se ne attribuisce autoritativamente la proprietà pur non essendo proprietario di alcun valore corrispondente alla moneta emessa. Tale modifica, procede attraverso i seguenti passaggi del mondo occidentale, occultamente degenerativi di tutto il tessuto sociale:

- 1694: l'oro viene trasformato in carta dalla banca d'Inghilterra, il cui fondatore William Paterson, dichiara spregiudicatamente: "Il banco trae beneficio dall'interesse su tutta la moneta che crea dal nulla".

- 1773: la truffa funzionò al punto che un secolo dopo si trasformò in cinismo, e nel 1773 Amschel Mayer Rothschild, il fondatore tedesco di tale impero finanziario dichiarava addirittura: "La nostra politica è quella di fomentare le guerre, ma dirigendo Conferenze di Pace, in modo che nessuna delle parti in conflitto possa ottenere guadagni territoriali. Le guerre devono essere dirette in modo tale che le Nazioni, coinvolte in entrambi gli schieramenti, sprofondino sempre di più nel loro debito e, quindi, sempre di più sotto il nostro potere".

- 1885: Marx svela nel Capitale (Libro I, capitolo 24, paragrafo 6, Editori Riuniti, Roma 1974, pp. 817-818) i tratti truffaldini del meccanismo su cui stavano crescendo le banche centrali ("Fin dalla nascita le grandi banche agghindate di denominazioni nazionali non sono state che società di speculatori privati che si affiancavano ai governi e, grazie ai privilegi ottenuti, erano in grado di anticipare loro denaro. Quindi l’accumularsi del debito pubblico non ha misura più infallibile del progressivo salire delle azioni di queste banche, il cui pieno sviluppo risale alla fondazione della Banca d’Inghilterra (1694). La Banca d’Inghilterra cominciò col prestare il suo denaro al governo all’otto per cento; contemporaneamente era autorizzata dal parlamento a battere moneta con lo stesso capitale, tornando a prestarlo un’altra volta al pubblico in forma di banconote. Non ci volle molto tempo perché questa moneta di credito fabbricata dalla Banca d’Inghilterra stessa diventasse la moneta nella quale la Banca faceva prestiti allo Stato e pagava per conto dello Stato gli interessi del debito pubblico. Non bastava però che la Banca desse con una mano per aver restituito di più con l’altra, ma, proprio mentre riceveva, rimaneva creditrice perpetua della nazione fino all’ultimo centesimo che aveva dato"), ma questo punto rimane inascoltato dai comunisti stessi. Oggi, le parti sociali non hanno ancora compreso che la riduzione del potere d'acquisto dei salari non è imputabile ai datori di lavoro o ai governi, ma alle banche centrali, perché solo esse hanno il potere di determinare arbitrariamente spinte inflazionistiche o deflazionistiche, costringendo gli imprenditori o a cessare le attività produttive o ad accettare la flessibilità, adeguando costi e prezzi alle oscillazioni dei valori monetari che guidano la stessa globalizzazione dei mercati. In tal modo il principio cardine del regime contrattuale: "Il contratto ha la forza di legge tra le parti" è rovesciato nel nuovo principio: "La legge ha forza di contratto tra le parti". E la legge della moneta non la fa né il datore di lavoro, né il governo, ma il padrone dei (nostri) soldi: il governatore della banca centrale. (Quindi le contestazioni relative alla flessibilità, non avrebbero dovuto essere sollevate nei confronti dei datori di lavoro, ma nei confronti delle banche centrali, da governo, datori di lavoro e lavoratori, uniti sullo stesso fronte. Le rivendicazioni sindacali basate sul plusvalore sono ormai impossibili perché, con la globalizzazione dei mercati, viene meno la possibilità di un ragionevole affidamento sulla esistenza stessa del profitto. E ciò è confermato dalle imponenti crisi economiche, ad es., nel settore automobilistico).

- 22 luglio 1944: gli Stati del mondo disegnano un nuovo sistema monetario in un'anonima località americana, Bretton Woods. In questo nuovo sistema, tutte le monete erano convertibili nel dollaro e solo questo era convertibile in oro. Allo stesso tempo venne istituito il Fondo Monetario Internazionale (FMI), con lo scopo di venire in soccorso a quei paesi che non potevano sostenere la parità determinata a Bretton Woods tra le monete. Tali accordi ebbero principalmente tre conseguenze: 1) gli Stati Uniti cominciarono a stampare più dollari che giornali, dato che era la loro moneta a garantire l'equilibrio del sistema; 2) tutti gli Stati del mondo costituirono riserve per l'emissione di banconote utilizzando dollari, di cui c'era sul mercato finanziario una grande offerta (all'inizio degli anni Settanta, l'80 per cento delle riserve valutarie di tutti gli stati del mondo erano costituite da dollari; 3) il FMI controllava le politiche economiche di tutti i paesi del mondo attraverso il ricatto della leva monetaria. Stati Uniti ed Inghilterra avevano contribuito con l'80% di propri versamenti alla costituzione del FMI, e pertanto ne condizionavano l'attività in maniera determinante. Il sistema resse senza particolari scossoni fino al 1970. Ogni tanto il FMI interveniva a "aiutare" paesi in difficoltà con il cambio della propria valuta, obbligandoli a politiche keynesiane per renderli più docili e sottomessi agli interessi delle potenze occidentali.

 

Il crac si ebbe quando i paesi aderenti all'OPEC, ovvero il cartello dominato dagli arabi dei paesi produttori di petrolio, decisero di aumentare considerevolmente il prezzo del barile (che quadruplicò in pochi mesi) e di rifiutare i pagamenti in dollari, pretendendo il pagamento in oro. I paesi dell'Occidente che, come accennato, avevano riserve in gran parte costituite da dollari, cercarono di cambiare questi dollari e farsi restituire l'oro che avrebbe dovuto essere custodito nei forzieri di Fort Knox, per poter fare fronte ai propri debiti. Ma gli americani non avevano oro a sufficienza, dato che già allora il totale del circolante era di gran lunga superiore all'oro esistente su tutta la terra. (Per dare l'idea della proporzione fra oro e valore monetario circolante, occorre considerare che le attuali riserve auree dei paesi del mondo non superano le 200.000 tonnellate. Eppure il corrispettivo in oro di tutte le banconote e gli equivalenti monetari che girano per il mondo ai prezzi correnti ammonta a un corrispettivo di 75 000 000 di tonnellate di oro. Non è uno scherzo: settantacinque milioni di tonnellate, che ovviamente non esistono... e questi dati sono solo del 1995!

- 15 agosto 1971: Nixon annuncia perciò a Camp David la decisione di sospendere la convertibilità del dollaro in oro, e perciò l'abrogazione unilaterale degli accordi di Bretton Woods svincola il dollaro dal cambio con l'oro. Questa data (agosto '71) costituisce una pietra miliare nella storia del denaro: è il momento cruciale per comprendere la vera natura della moneta. Da allora, infatti, il denaro è definitivamente svincolato da ogni relazione con l'oro. Da allora, i paesi hanno continuato a stampare denaro, fondandolo senza una base "solida", cioè sul nulla.

SITUAZIONE ATTUALE (marzo '03): la grande modifica effettuata consistente nel fatto che chi emette moneta (senza limite e senza costo) se ne attribuisce la proprietà a titolo esclusivo, comporta una occulta metastasi nel tessuto sociale, chiamata debito pubblico, che è conseguenza logica di questa gigantesca truffa: la banca emette moneta p r e s t a n d o l a. Prestare denaro è una prerogativa del proprietario. La banca emittente è per legge dichiarata proprietaria del denaro all'atto dell'emissione. Ma se la banca emette denaro senza valore come mai il denaro ha valore? Chi crea il valore monetario è il cittadino, cioè la comunità, attraverso il sudore della fronte e accettando la convenzione di tale moneta, che non ha altro riscontro se non la sua accettazione. Il sistema bancario invece se ne appropria, ed è oramai avviato a conquistare tramite la sovranità monetaria una sovranità sovranazionale, cioè mondiale. Questo rovesciamento contabile ha realizzato un macroscopico indebitamento di tutti i popoli del mondo verso il sistema bancario: è il fenomeno delle società multinazionali, che conquistano tutti i mercati sbaragliando ogni concorrenza:

1) le multinazionali sono controllate dai medesimi gruppi che strumentalizzano il sistema monetario;

2) ed hanno di conseguenza a disposizione, come le banche centrali, senza costo e senza limite tutto il denaro che vogliono (motivo per cui non è possibile nei loro confronti alcun tentativo concorrenziale da parte delle normali imprese commerciali; e da ciò deriva l'inutilità di codificare le cosiddette leggi antitrust poiché il problema che sta a monte è quello di sottrarre il dominio della moneta al sistema bancario).

 

Perciò lo strumento monetario, che dovrebbe essere strumento, appunto, al servizio della collettività, in effetti è una minaccia alla libertà del cittadino e dei popoli. Il cosiddetto oro-carta (la cartamoneta) è stato accettato come fatto del tutto normale e ragionevole. Il suo valore è convenzionale, così come convenzionali sono il metro o il chilogrammo come unità di misura. Ma al valore convenzionale monetario è stato aggiunto qualcosa di più: il convincimento (erroneo) che esista un limite oggettivo alla emissione della moneta, e cioè che stampare moneta non sia gratuito (come invece è) perché tale stampa sarebbe condizionata dalla disponibilità di un bene reale e limitato: l'oro. In realtà, invece, la collettività da' merce (che ha un costo) in cambio di cartamoneta, che costo non ha (se non quello tipografico): succede cioè che un valore convenzionale può concretizzarsi in un bene reale, oggetto di diritto di proprietà: la (carta)moneta. Tradizionalmente questo valore era però generato dal fatto che, ritenendosi il valore un "qualcosa" connesso alla materia, si riteneva di definire il valore monetario come "intrinseco" all'oro. E, una volta "inventata" la cartamoneta, si giustificava il suo valore sulla base della riserva aurea depositata in banca. Senonché questa costruzione è venuta a cadere dopo l'abolizione degli accordi di Bretton Woods decretata nel '71.

 

E quindi oggi la (carta)moneta ha la veste del "titolo di credito", anche se tale non è: l'espressione riprodotta sulle vecchie banconote italiane era infatti quella tipica della cambiale al portatore sottoscritta dal Governatore della Banca Centrale: per es.: "£ 100.000 pagabili a vista al portatore). Ma che la (carta)moneta sia una falsa cambiale generatrice di debito pubblico emerge dal fatto che, se si presenta la banconota all'incasso, la banca non paga ed è autorizzata dalla legge a non pagare né con oro, né con altro valore (inoltre la cambiale normale si estingue col pagamento, mentre la banconota continua a circolare, dopo ogni transazione, indefinitamente). La strategia di dominazione dei mercati è basata sulla confusione, deliberatamente preordinata nella coscienza del cittadino, tra i due concetti di valore creditizio e valore convenzionale. La non consapevolezza della differenza fra valore convenzionale e valore creditizio permette a poche famiglie di furbi guerrafondai di dominare il mondo e schiavizzare il popolo esattamente come ai tempi di Iside e delle piramidi: spacciando sottoforma di titolo di credito il valore convenzionale, il sistema bancario consegue lo scopo di appropriarsi dei valori convenzionali prodotti dalla collettività, in quanto è chi accetta una convenzione che crea la convenzione stessa, e quindi è la collettività che, accettando la moneta come unità di misura e mezzo di pagamento ne crea e ne conserva il valore (e di conseguenza, ne dovrebbe detenere la proprietà). La banca invece, approfittando del fatto che l'emissione del titolo di credito (il cosiddetto "pagherò la cambiale") è prerogativa del debitore, apparendo come debitore sulla banconota, ed arrogandosi il diritto di emettere il titolo di credito (la banconota), si è impadronita della proprietà della moneta. Con questo sistema riesce a trasformare un debito apparente in un arricchimento sostanziale. La scritta che compariva sulla banconota, per es.: "£. 100.000 pagabili a vista al portatore" stava a significare che, esibendo questo documento alla banca, essa avrebbe dovuto corrispondere con l'equivalente merce (oro). Ma poiché ora (addirittura per legge) la banca non può convertire in oro i titoli monetari, essa è autorizzata ad emettere questa cambiale (che è una falsa cambiale in quanto senza scadenza né responsabilità) con la "garanzia" di non pagarla. La banca realizza così un doppio lucro pari alla differenza tra valore nominale e costo tipografico della moneta - a cui aggiunge poi gli interessi sul "prestato" - e trasforma un proprio debito apparente in un arricchimento sostanziale mediante un macroscopico rovesciamento contabile di cui nessuno si scandalizza - forse perché troppo evidente - e che le consente di appropriarsi di un valore che non ha nulla a che vedere col credito. Perché il credito si estingue col pagamento e la moneta invece continua a circolare. Queste sono le vere ragioni che determinano ogni guerra, compresa quella futura all'Iraq, probabilmente per sostituire all'oro che manca, l'oro nero, il petrolio. È tempo, dunque, che l'opinione pubblica si renda conto che chi crea il valore della moneta non è chi la stampa o la emette, ma chi l'accetta come mezzo di pagamento, cioè la collettività dei cittadini. La mancanza di questa consapevolezza fa sì che ad appropriarsi del valore monetario non siano i popoli, ma il sistema bancario internazionale, in virtù del monopolio culturale della categoria dei valori convenzionali.

 

Su queste premesse si può comprendere l'esatta portata della lettera spedita da uno dei Rothschild alla Ditta Kleimer, Morton e Vandergould di New York il 26 giugno 1863:

"... Pochi comprenderanno questo sistema, coloro che lo comprenderanno saranno occupati nello sfruttarlo, il pubblico forse non capirà mai che il sistema è contrario ai suoi interessi".

 

Dai tempi di Copernico la concezione del mondo è mutata solo in senso eliocentrico, non riguardo al sistema monetario ed alle conseguenti imposizioni fiscali, che sono rimaste ancora quelle precedenti al copernicanesimo ed al cristianesimo. (Da questo punto di vista infatti la frase fatta "sono un onesto cittadino che paga le tasse" risulta conforme al cristianesimo solo se si stabiliscono chiaramente i concetti di "causa" e di "effetto", altrimenti è un'affermazione assurda, in cui l'onestà non è altro che schiavitù, e significa in realtà "sono uno schiavo". Infatti solo se fosse stabilito chi è il padrone del denaro si potrebbe "dare a Cesare ciò che è di Cesare". Oggi invece non si sa assolutamente chi sia il proprietario del denaro in circolazione, in grado di prestarlo ai cittadini tramite emissioni monetarie e formazione di debito pubblico). Il sistema, in quanto basato sulla violazione dei più elementari diritti umani, sta assistendo al suo inevitabile crollo. D'altra parte va ricordato che la concezione copernicana fu considerata permessa dalla chiesa cattolica romana solo nel 1822 (Santo Uffizio dell'11 settembre 1822)! Forse che per la socializzazione della moneta (reddito di cittadinanza, proprietà del portatore della moneta, e triarticolazione dell'organismo sociale) si dovranno attendere tempi altrettanto lunghi, cioè fino a quando tutto ciò non sia riconosciuto non dalla chiesa ma dai partiti, dalla scienza ufficiale e dai massmedia? In ogni caso, se pensi che la gestione della moneta sia roba da banchieri, è proprio per questo pensiero che ti hanno sempre gabbato. L'unica risposta a Bin Laden è il Prete Gianni in te stesso. (Ho parlato di questo argomento nel '95 nel mio libro "Il sacro simbolo dell'arcobaleno" e oggi molte bandiere arcobaleno vengono esposte in tutta Italia. La pace però va costruita culturalmente, non artificialmente).


Intervista a Giacinto Auriti (di Dino Granata)

 

Giacinto Auriti, 77 anni il prossimo mese d'ottobre, ex docente di quattro cattedre di Giurisprudenza. Cofondatore dell'Università di Teramo. Diverse pubblicazioni in materia giuridica. In questa lunga intervista ci parla del suo progetto monetario "alternativo". La Guardia di Finanza ha eseguito degli accertamenti a scopo cautelativo. Ma non c'è dubbio, fa intendere il "vecchio" professore, che questo progetto se reso operativo, potrebbe mettere in discussione l'intero sistema economico mondiale. E' stato lo scopo unico di un'intera vita di studi, sacrifici ed incomprensioni. Un progetto al quale, partendo dalla dottrina sociale della chiesa, ha lavorato ininterrottamente per oltre trent'anni. Adesso Auriti, con una nomination al Nobel per l'Economia, lo ha trasformato in un fatto concreto ed operativo. Come laboratorio di partenza il professore ha scelto il suo paese, Guardiagrele, quindicimila anime ai piedi di un'imponente massiccio roccioso proprio nel cuore dell'Abbruzzo.

 

Prof. Auriti la Guardia di Finanza ha sequestrato i simec da Lei messi in circolazione. Perché?

Perché c'è un provvedimento della procura della repubblica che ha ordinato il sequestro dei simec, e hanno portato come giustificazione la violazione delle norme bancarie, che sono norme ridicole, un provvedimento assolutamente infondato perché noi abbiamo dimostrato che è valore indotto e non valore creditizio. Abbiamo esercitato un diritto come ha detto Bruno Tarquini, procuratore generale di Cassazione scrivendo la sua relazione sulla materia ad un congresso tenutosi all'università. Il titolo è questo, "I simec: legittimità costituzionale e legislativa dell'induzione giuridica". Quindi si può fare.

 

Che motivazione daranno all'operazione di sequestro?

Questo è un sequestro preventivo direi cautelativo, perché non c'è un'imputazione di reato. Dovranno dimostrare che noi nel pieno rispetto dall'articolo 42 della Costituzione e delle leggi italiane abbiamo commesso qualche reato. Sarebbe veramente assurdo tutto ciò. Anche perché noi abbiamo fatto tutto alla luce del sole.

 

Che cosa succede adesso a Guardiagrele?

E come se ci avessero tirato il sangue. La liquidità sul mercato è come il sangue. Questo blocco improvviso della nostra liquidità è un fatto grave, i miei concittadini, i commercianti, si troveranno presto sull'orlo del fallimento, quindi dal paradiso sono precipitati nell'inferno per il provvedimento di un magistrato che, cosi facendo, sta di fatto uccidendo un paese. Un paese che era chiamato la piccola Svizzera, che era rinato perché tutti entusiasti dell'iniziativa. Ora è precipitato nell'impossibilità di pagare, perché se tu hai la moneta e te la tolgono e come se togliessero il sangue dal mercato. Io sono indignato per questo.

 

Non crede che tutto ciò abbia dei risvolti positivi, cio è una maggiore legittimazione e attendibilità per il suo progetto?

Certo. Comunque noi gli risponderemo per le rime, perché noi abbiamo ragione da vendere. Noi abbiamo avuto un magistrato che non è informato sul valore giuridico del Simec.

 

Dopo anni di teoria e di studio Lei era riuscito a rendere operativo un progetto che lo stesso sindaco di Guardiagrele l'aveva definito una Rivoluzione copernicana. Ci sarà da parte sua un nuovo tentativo?

Questa è una rivoluzione che non si ferma più per una ragione molto semplice: perché è vera. E poi perché è scientificamente inconfutabile. La moneta deve essere di proprietà del popolo non della banca, oggi la banca emette la moneta prestandola ai cittadini; siccome prestare è una prerogativa del proprietario, si appropria il valore monetario creato dai cittadini, quindi deve accreditare; e allora questo principio è talmente forte è talmente valido che nessuno lo può contestare. Sembra utopia ma non è utopia. Sul piano scientifico l'utopia non esiste. Se ti avessero detto un secolo fa che si andava sulla luna l'avresti preso per matto. La stessa cosa il principio della proprietà popolare della moneta. Dunque, noi da questo punto di vista siamo tranquilli, superata questa fase del sequestro, che noi consideriamo un episodio meramente marginale rispetto alla logica della scuola che noi stiamo portando avanti sul piano della moneta. Be superato questo, si affermerà in tutto il mondo perché i popoli preferiranno essere proprietari piuttosto che debitori dei loro soldi. Oggi tutti i popoli sono poveri perché hanno un debito pari a tutto il loro denaro, perché all'atto dell'emissione la banca centrale emette moneta solo prestandola, mentre dovrebbe accreditarla e non addebitare. Ecco, questo è quello che noi sosteniamo.

 

Il comune di Guadiagrele è stato reso famoso grazie a Lei per questo motivo, anche se l'amministrazione non ha preso parte all'iniziativa. I comuni di tutta Italia possono entrare nel merito di un "sistema monetario autonomo"?

Eccome! Lo abbiamo scritto sulla moneta simec, ossia Simbolo Econometrico convenzionalmente accettato nei comuni collegati e collegabili a norma della legge che collega i comuni per scopi sociali. Non solo, lo abbiamo detto anche nella scritturazione apposta sul simec, noi abbiamo affermato che questo è emessa in attuazione del secondo comma dell'articolo 42 della costituzione che sancisce l'accesso alla proprietà per tutti. Quindi è la costituzione che dice di creare un diritto della persona con contenuto patrimoniale, e il contenuto patrimoniale noi lo creiamo con i simec, quindi non diamo come contenuto economico beni di consumo o beni programmati dai vertici politico economici come nei paesi socialisti, ma diamo ai cittadini il denaro per comprarli, in modo che il cittadino quando spende sceglie i beni che vuole consumare. Ecco il principio della proprietà popolare della moneta che è il reddito di cittadinanza. E questo significa anche rispettare le linee della dottrina sociale della chiesa; ad esempio la "Renum Novarum" essenzialmente si basa su due parole: tutti proprietari. E noi lo facciamo con i simec perché sono diventati moneta locale, quindi hanno valore indotto, e allora diamo al cittadino il denaro per comprare quello che vuole.

 

Cosi fosse, il progetto monetario da Lei concepito è destinato ad estendersi a macchia d'olio non solo in Italia ma in tutta Europa?

Infatti! Anche in America ne parlano. Mi ha telefonato un'Agenzia giornalistica americana, perché anche loro vogliono essere proprietari dei dollari che oggi appartengo alla Federal Reserve Bank, come il popolo inglese vorrà la proprietà della Sterlina che appartiene alla Banca d'Inghilterra fino ad arrivare ad un principio universale: ogni popolo proprietario della sua moneta, per rispondere cos“ alla globalizzazione.

 

Come lo spiega alle Società per Azioni che battono moneta?

Bè questo è lo stesso linguaggio che uno può avere col cane che non vuole mollare l'osso. Hanno senza averne il diritto la proprietà della moneta che hanno usurpato con l'avvento dello Stato costituzionale. La cosa più grave che è successa con la rivoluzione francese è stata la moneta nominale, e la Banca di Francia, che è stata la malattia che ha poi invaso tutto il mondo perché hanno tolto la sovranità monetaria al potere politico, per darla al vertice delle alte logge che noi ben conosciamo. E allora, in questa situazione noi vogliamo contrapporre alla proprietà di banca la proprietà di popolo. Ecco perché tutti i popoli sono con noi; noi gli facciamo una domanda elementare: volete essere proprietari o debitori dei vostri soldi? All'atto dell'emissione la banca d'Italia stampa e presta mentre deve stampare e accreditare. Quando stampa e presta carica il costo del denaro del 200 per cento, quindi fa usura.

 

Come lo avete definito questo progetto?

Lo abbiamo chiamato "Democrazia Integrale" perché la parola democrazia vuol dire sovranità al popolo. Questo a noi sta bene, però il popolo deve avere la sovranità monetaria, cioè la proprietà della moneta all'atto dell'emissione, altrimenti il popolo sarà costituito solo di camerieri dei Banchieri.

Sta subendo pressioni personali data la delicatezza dell'argomento?

No, devo dire di no, l'unica cosa che sto costatando e che prendono questi provvedimenti cosi, senza alcuna logica. Questo di per se è molto strano. Però sa una cosa?

 

Cosa professore?

Ho avuto una soddisfazione morale, quando è andata via da casa mia la Guardia di Finanza, ho notato che c'era tutto il popolo in piazza. C'è stato uno scroscio d'applausi che mi ha veramente commosso, E questo sa perché? Perché coi simec gli ho raddoppiato la pensione. E' venuto anche un giornalista a vedere com'è la realtà. Be, uno gli ha detto, "guardi io prendo settecento mila lire di pensione il mese, prima non campavo, ora invece campo bene. Capisce? La gente ha toccato con mano, tutto qui. Noi vogliamo solo attuare l'articolo 42 della costituzione che avrebbero dovuto attuarla i governi che si sono succeduti e la Banca d'Italia. E quelli non l'hanno fatto, perché a chi ha la pancia piena poco importa di chi ha la pancia vuota.

 

Scusi professore, non vorrei entrare nel merito della sua teoria ma può spiegarci come funziona?

Il cittadino viene e cambia il simec alla pari con la lira. Poniamolo cosi: uno deposita centomila lire e prende in cambio centomila simec. I centomila simec in mano alla persona che effettua il cambio diventano duecentomila cioè il doppio, perché il simec per convenzione vale il doppio della lira, e siccome lui l'accetta e accetta anche di partecipare alla convenzione nasce un valore convenzionale che non ha riserva. Il simec è senza riserva: come il francobollo d'antiquariato.

 

Si spieghi meglio

Il cittadino va dal commerciante a fare la spesa e quest'ultimo accetta i simec per il doppio perché vale il doppio. Quando vengono da me a fare il cambio, io li cambio per il doppio, perché tutti quanti lo accettano per il doppio.

 

E la differenza chi la paga?

Qualcuno afferma che non ho i soldi per fare fronte poi al pagamento della differenza. Ma il simec non è una cambiale con la quale si estingue un pagamento. La cambiale si paga e poi si strappa, il simec invece resta in circolazione perché ha già un valore. Se io non pago la cambiale sono inadempiente. Invece io le monete le cambio, ma non è l'obbligo di un debitore, è solo l'obbligo di chi cura una convertibilità punto e basta. La stessa cosa potrebbe essere con i dollari: supponiamo un cheque, se io non ho le lire sufficienti, effettuo il cambio per metà in lire e per metà in dollari e la stessa cosa vale per i simec, perché i simec sono già un valore indotto, cioè ho in mano il valore monetario, cambio la parte che gradualmente posso cambiare. E allora cosa avviene, che per effetto della velocità di circolazione, che potremmo definire come una dinamo, arrivo a cambiare rapidamente al doppio. Cioè quanta è la velocità tanta e l'energia (valore) prodotta. Le banche funzionano cosi, solo che lo fanno col 10 e anche col 15 per cento. Io lo faccio al 50%.

 

Che significa?

Significa che la banca con il 10% 15% tiene fronte ad un'esposizione debitoria del cento per cento. A me quello che interessa è la convertibilità, cioè quello che è avvenuto qui a Guardiagrele.

 

Che differenza c'è tra valore indotto e valore creditizio?

Il valore indotto è creato dalla convenzione, il valore creditizio è commisurato al valore del bene oggetto del credito.

 
Avete stabilito dei giorni per la convertibilità?

No, chi viene da noi lascia le lire e prende i simec, lascia i simec e ritira i soldi, e questo avviene continuamente, tutti i giorni.

 

Come reagisce la gente?

La gente è entusiasta perché qui è rinata Guardigrele. Quando è entrato sul mercato il valore indotto del simec è ritornato il sangue nell'economia.

 

E i commercianti?

I piccoli commercianti sono rinati. La gente invece di andare negli Ipermercati va dai piccoli negozianti a comprare. Tanto che la grande distribuzione se ne accorta subito, eccome, perchè hanno visto calare le vendite.

 

Visto lo spirito con il quale nasce, l'iniziativa è rivolta solo ai piccoli commercianti, o all'intero organismo produttivo?

Solo per piccola e media impresa, perché per la grande distribuzione e le multinazionali, noi non siamo disponibili, e l'ho detto subito. Io voglio salvare la piccola e media impresa che è strozzata da questo mondo di grande capitale che basa, come noi sappiamo, sulla moneta-debito emessa dalle banche centrali. Questo noi l'abbiamo dimostrato nelle Università.

 

Che cosa farete adesso?

Aspettiamo fiduciosi perché noi abbiamo dalla nostra la legge. Per adesso l'importante è stato rompere il ghiaccio, e abbiamo dimostrato che senza avere riserva possiamo creare convenzionalmente valore indotto. E come un francobollo d'antiquariato. Inoltre il simec può essere abbinato alla lira. Quindi non c'è incompatibilità tra la lira e il simec. Anzi aumenta il potere d'acquisto nostra moneta. E siccome e valore convenzionale, e prodotto interno lordo.

 

A breve terrete qualche manifestazione?

Si, ci sarà presto una riunione con tutti i sindaci d'Italia.

 

Tema?

Il reddito di cittadinanza.

 

Dino Granata

Per chi volesse approfondire l'argomento, Dino Granata mette a disposizione ulteriori informazioni sul sito:

http://utenti.tripod.it/dinogranata/index-5.html

 


L'induzione giuridica con particolare riguardo al valore indotto della moneta. (di Giacinto Auriti)

 

Considerazioni preliminari di teoria generale del diritto.

Per spiegare la natura e le caratteristiche dell'induzione giuridica, occorre muovere dalle seguenti premesse di teoria generale:

a) il diritto e' uno strumento perche' e' il risultato di una attivita' creatrice dello spirito;

b) poiche' ogni strumento e' un oggetto che ha valore, non si puo' definire il diritto se non si definisce il valore;

c) il valore e' un rapporto tra fasi di tempo. Cosi', ad esempio, posso dire che una penna ha valore perche' prevedo lo scrivere. Dunque il valore e' il rapporto tra il momento della previsione ed il momento previsto;

d) nella prima fase il valore e' il giudizio di strumentalita', che attiene all'oggetto; nella seconda fase e' il momento edonistico, che attiene al soggetto. In questo senso, la realta' spirituale del diritto - in cui risiede la strumentalita' - e' tempo intersoggettivo. Cosi' ad es. il credito e' il rapporto tra il momento "ricordato" della sua instaurazione e quello "previsto" del suo adempimento che lega creditore e debitore. In questo senso si spiega il diritto come rapporto necessario e funzionale tra fasi di tempo e quindi il diritto nella sua forza cogente come "dover essere";

e) da queste premesse emerge che il diritto ha un valore in se', diverso da quello del bene oggetto del diritto perche' soddisfa il bisogno della certezza del diritto. Cosi' ad es. se consideriamo due atti reciproci di donazione tra due soggetti, si ha ex post, un effetto uguale a quello di un contratto di permuta. Ma se le parti, invece di due atti di donazione instaurano un contratto, vuol dire che c'e' il motivo, in quanto ognuno da' la sua prestazione per la certezza giuridica della controprestazione altrui.

Dunque nell'elemento convenzionale del contratto risiede un'utilita' e quindi un valore autonomo diverso da quello della prestazione e della controprestazione. Su tale premessa balza evidente la distinzione tra valore creditizio e valore convenzionale: mentre il valore del credito e commisurato al valore dell'oggetto del credito, il valore convenzionale e' creato dalla stessa convenzione e la sua entita' e struttura sono liberamente concepite e realizzate dall'accordo tra le parti. Nasce cosi' un valore che non ha altro costo che attivita' mentale delle parti e' l'elemento materiale necessario alla sua manifestazione formale.

 

La moneta come fattispecie giuridica.

Solo su queste premesse e' possibile dare una definizione scientifica della moneta, colmando una lacuna culturale millenaria non pi'u' tollerabile. La moneta ha valore perche' e' misura del valore. Poich‚ ogni unita di misura ha la qualita' corrispondente a cio' che deve misurare, come il metro ha la qualita' della lunghezza perche' misura la lunghezza, cosi' la moneta ha la qualita' del valore perche' misura il valore. Qui l'attivita' convenzionale non e' produttiva solamente della misura del valore, ma anche del valore della misura: quello che noi chiamiamo "potere d'acquisto". Nella moneta si verifica un fenomeno analogo a quello dell'induzione fisica. Come nella dinamo l'energia meccanica causa energia elettrica, cosi' nella moneta, la convenzione causa il valore indotto nel simbolo. Pertanto la moneta e' un bene collettivo in quanto creato dalla convenzione sociale, ma di proprieta' privata individuale, attribuita, a titolo originario, al portatore del simbolo, in virt'u' dell'induzione giuridica. L'ostacolo di fronte al quale tutti gli economisti si sono fermati si basa sull'errore iniziale di non aver definito la moneta come fattispecie giuridica e lo stesso diritto come strumento o bene esso stesso e cioe' come espressione di un valore proprio, diverso da quello del bene oggetto del diritto. Su questo equivoco iniziale, si e' preteso di giustificare il valore monetario sulla base della riserva d'oro confondendo e spacciando sotto la parvenza di valore creditizio, il valore indotto, ossia configurando la moneta, non come misura del valore, ma come titolo di credito rappresentativo della riserva. La moneta non e' credito ma oggetto di credito. Del resto se fosse vero che la riserva serve a conferire alla moneta il potere di acquisto, dopo la cessazione degli Accordi di Bretton Woods, e con l'abolizione della riserva d'oro, il dollaro avrebbe dovuto perdere totalmente il suo valore: mentre non solo non ha perso valore, ma ha sostituito l'oro come moneta base del sistema monetario mondiale. La tesi che pretende di giustificare il valore della moneta sulla base della riserva e' clamorosamente errata oltretutto perche' fondata su una concezione materialistica del valore. Di solito si considera il valore dell'oro come una proprieta' del metallo ed in questo senso si parla impropriamente di "valore intrinseco". Anche l'oro ha valore perche' ci si e messi d'accordo che lo abbia. Siccome questo metallo e' stato considerato tradizionalmente come simbolo monetario, per consuetudine gli e' stato attribuito il valore indotto. Poich‚ la convenzione e' una fattispecie giuridica, ed ogni unita' di misura e' convenzionalmente stabilita, la materia prima per creare moneta, e' esattamente la medesima che serve a creare fattispecie giuridiche e cioe' spazio e tempo: spazio, che e' la materia con cui il simbolo monetario si manifesta; tempo che e' la previsione convenzionale della possibilita' di comprare. L'elemento formale della fattispecie monetaria pu• essere l'oro o qualsiasi altro simbolo di costo nullo come carta ed inchiostro. Questo aspetto della irrilevanza del valore della merce con cui il simbolo monetario si manifesta, e acutamente rilevato dal Nussbaum, il quale analizzando la storia monetaria delle colonie americane, rileva che, quando le merci venivano accettate come moneta, si verificavano contestualmente due fenomeni: aumentavano di valore e la merce di cattiva qualita' acquistava lo stesso valore di quella di buona qualita'. Cio' avveniva perche' la merce incorporando valore indotto, assumeva, come simbolo monetario, la mera funzione di elemento formale di una fattispecie giuridica. Ci si puo' spiegare, questo secondo aspetto del fenomeno monetario rilevato dal Nussbaum, con l'ovvia considerazione che, anche per noi, avere in tasca banconote nuove di zecca o logore, e' del tutto indifferente. E cio' avveniva anche, ad esempio, per le pelli di castoro quando venivano usate come moneta. Questo prova che anche l'oro altro non e' che una fattispecie giuridica e che il suo cosiddetto valore intrinseco altro non e' che valore indotto. Tanto e' vero cio' che, se compro una sterlina d'oro al prezzo di duecentomila lire, scambio il simbolo aureo con due pezzi di carta del valore di pochi centesimi.

 

Valore creditizio e valore monetario: caratteristiche differenziali.

E' gran tempo ormai che si esca definitivamente dall'equivoco di spacciare sotto la parvenza di valore creditizio il valore monetario. Per comprendere le differenze fondamentali tra moneta e credito, basta muovere dalle seguenti considerazioni:

a) il credito si estingue col pagamento, la moneta, invece, continua a circolare dopo ogni transazione indefinitamente, perche', come ogni unita' di misura, e' un bene ad utilita' ripetuta;

b) il valore del credito e' sottoposto al rischio dell'inadempimento, il valore monetario e' attuale e certo, perche', per l'induzione giuridica, la moneta e' bene reale, oggetto di diritto di proprieta';

c) nel credito, prima si vuole il precetto normativo e poi lo si manifesta; nella moneta, prima si crea la manifestazione formale, cioe' i simboli monetari, e poi gli si attribuisce il valore all'atto dell'emissione. Chi crea il valore della moneta non e' chi la emette, ma chi l'accetta. Come nell'induzione fisica nasce l'energia elettrica con la rotazione degli elementi della dinamo, cosi' nell'induzione giuridica, nasce il valore della moneta all'atto della sua emissione, cioe' quando inizia la fase dinamica della sua circolazione nella collettivita' che, accettandola convenzionalmente, ne crea il valore;

d) il valore del credito e' causato dalla promessa del debitore, come avviene nella cambiale, in cui l'emittente e' il debitore. Il valore della moneta e' causato dall'accettazione del primo prenditore. Oggi la moneta e' emessa sotto forma di una falsa cambiale, perche' firmando come debitore, il governatore delle banca centrale induce la collettivita' nel falso convincimento che sia lui stesso a creare il valore della moneta.

In analogo errore cadono le teorie che pretendono di configurare la moneta come titolo rappresentativo dei beni disponibili sul mercato, in quanto conferirebbero alla moneta il suo potere di acquisto. (In questo senso ricordo la dichiarazione di Nixon a Camp David del 15 agosto 1971 con cui fu abolita la convertibilita' del dollaro in oro ed abrogati gli accordi di Bretton Woods). Come ogni unita di misura, anche la moneta ha una sua utilita' condizionata dalla esistenza degli oggetti da misurare. Se non vi fossero oggetti da misurare nella lunghezza, il metro sarebbe inutile, ed inutile la moneta se non vi fossero beni da misurare nel valore, ma cio' non significa che l'unita di misura rappresenta gli oggetti misurati. Ma la prova dell'insufficienza di questa tesi sta nel fatto, che mentre il portatore di un titolo rappresentativo puo' pretendere la consegna dell'oggetto del credito su consegna del documento, il portatore della moneta pu• solo proporre l'acquisto dei beni al proprietario. A parte il fatto che, mentre il titolo di credito si estingue con il pagamento, la moneta no. Nella relazione al disegno di legge sul conto intrattenuto dal Ministero del Tesoro presso la Banca d'Italia, approvato dal Consiglio dei Ministri il 10/2/93, e' contenuta una preziosa dichiarazione, rara per la sua impudente sincerita': "La ratio di queste disposizioni", recita testualmente la relazione, " e' evidente: garantire la piena indipendenza delle Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, nella gestione della politica monetaria....... In conseguenza non e' consentito agli esecutivi degli Stati firmatari del Trattato, di esercitare signoraggio in senso stretto: ovvero di appropriarsi di risorse (sic!) attraverso l'emissione di quella forma di debito inesigibile che e' la moneta inconvertibile di corso legale". Dunque:

a) esistono risorse che, ovviamente, non sono di chi se ne appropria, altrimenti sarebbe impossibile appropriarsene;

b) normalmente non dovrebbe essere consentito a nessuno di appropriarsi di "risorse" altrui e non solamente agli Stati firmatari del Trattato, mentre cio' e' consentito alle Banche Centrali e alla Banca Centrale Europea che come si sa - emettono "debito inesigibile" cioe' moneta inconvertibile di corso legale". Le "risorse" (altrui) di cui parla la relazione alla legge, altro non e' che il valore indotto della moneta creato dalla collettivita'. Le banche centrali hanno raggiunto un tale grado di professionalita' nell'appropriarsi di risorse altrui, da aver consolidato in se stesse, e nei governi, il convincimento di avere il diritto di farlo, mediante una vera e propria forma di furto legalizzato, clamorosamente incostituzionale.

 

Caratteristiche di una "nuova moneta".

Solo dopo aver definito il valore monetario come valore indotto, e' possibile indicare le caratteristiche essenziali di una nuova moneta. Essa dovra' avere la qualita' positiva della moneta d'oro e non quella negativa: la qualita' positiva della moneta nominale e non quella negativa. La qualita' positiva dell'oro e' che il portatore ne e' il proprietario; la qualita' negativa e' che la sua rarita' non e' controllabile perche' causata dalla rarita' stessa dell'oro. La qualita' negativa della moneta nominale sta nel fatto che il portatore ne e' il debitore, perche' la banca centrale la emette solo prestandola; la qualita' positiva e' che non pone problemi di rarita'. Come e' noto, la storia della moneta insegna che il maggior difetto del sistema aureo sta nelle gravi congiunture economiche per rarita' monetaria, causate dalla impossibilita di adeguare gli incrementi monetari agli incrementi produttivi. Poich‚ ogni unita' di misura deve avere la qualita' corrispondente a cio' che deve misurare, la rarita' e' una qualita' essenziale della moneta, perche' e' la misura del valore dei beni economici che sono appunto, tali, perche' limitati nella quantita', cioe' rari. Per sostituire al limite naturale della rarita' aurea quello discrezionale della moneta nominale, sara' sufficiente tenere conto delle normali oscillazioni dei valori di mercato. Posto infatti che il prezzo non e' solamente l'indice del valore dei beni, ma anche del punto di saturazione del mercato, per cui il mercato e' saturo quando i prezzi tendono a coincide con i costi di produzione, quando questa tendenza si verifica, si dovra' desistere sia dall'emissione di moneta, sia dalla produzione di nuovi beni. L'Uomo potra' tornare ad assaporare il gusto della vita e disporre finalmente del suo tempo che la logica della grande usura gli ha sottratto. I vuoti monetari causati dalla monetizzazione del debito, costringono l'uomo del nostro tempo a correre per tentare di colmarli aumentando la velocita' di circolazione della moneta in un clima di angosciosa ed ansiosa incertezza. Una volta l'uomo lavorava per conseguire un profitto. Oggi lavora per pagare debiti in una situazione di cronica insolvenza. Pretendere infatti, nell'attuale sistema, di pagare un debito di denaro con altro denaro, e' come pretendere di pagare un debito con un altro debito. Infatti, tutto il denaro in circolazione e' gravato di debito verso la banca centrale che lo emette in un solo modo: prestandolo. In questo sistema chi pi'u' produce pi'u' si indebita e potra' pagare i debiti solo con i beni reali ed il prodotto del suo lavoro. Alle nuove generazioni, se non si sostituisce alla moneta-debito la moneta-prorieta', non rimarra' altra alternativa che quella tra il suicidio o la disperazione. Non a caso Mos‚ disponeva con l'anno sabbatico (Deuteronomio 15,1) la remissione dei debiti per sostituire alla moneta-debito, la moneta-proprieta'.

 

Una verità che scotta (di Augusto Ferrara)

 

Nella silenziosa calura del post-ferragosto di questo anno giubilare, il titolo potrebbe dare adito a varie interpretazioni: il caldo, conseguenza del solleone, i piromani nei boschi, i drammi quotidiani dei giovani e meno giovani sulle strade che amareggiano il più; intenso e lungo periodo vacanziero dell'anno.

Niente di tutto questo: si tratta di una rivoluzione monetaria che parte verso la metàdel luglio 2000 da Guardiagrele, in Provincia di Chieti, una delle cittàpiù; interessanti d'Abruzzo, abitata da circa 10.000 guardiesi, ricca di storia, arte ed artigianato, distesa su un colle ai piedi della Maiella e sede dell'omonimo Parco Nazionale.

La piazza centrale è dominata dal più; importante monumento cittadino, il Duomo di S. Maria Maggiore, e delimitata dall'antico palazzo della illustre famiglia degli Auriti, oggi rappresentata dal settantasettenne prof. Giacinto, che, pur autodefinendosi "contadino"è stato docente di ben quattro cattedre di Giurisprudenza ed autore di pubblicazioni scientifiche di contenuto giuridico e sociale.

Presidente del Comitato locale antitrust, il prof. Auriti è stato promotore nel 1993 di una proposta di legge "Per ripartire tra i cittadini il reddito monetario del capitale amministrato dallo Stato in attuazione del secondo comma dell'art. 42 della Costituzione".

Quale Segretario del Sindacato Pro Loco Comitato Antiusura Auriti fa presente che l'8 marzo 1993 denunciò per truffa, falso in bilancio, associazione a delinquere ed usura l'allora Governatore e firmatario dei biglietti di banca d'Italia, Carlo Azelio Ciampi e, successivamente, il Governatore Fazio.

Oggi, venerdì diciotto agosto, alle ore 11 circa, godiamo della ospitalità del prof. Auriti, al primo piano dell'omonimo palazzo, così pieno di ricordi e testimonianze di varie generazioni. Ci viene ricordato un evento storico, quando, nel 1897, suo nonno cedette la carica di Onorevole al Parlamento del Regno d'Italia al giàcelebre Poeta pescarese Gabriele D'Annunzio.

Il prof. Auriti, deus ex machina, ideatore e realizzatore della "moneta del popolo", mostra pagine di giornali in varie lingue sul significato del "valore indotto" e sulla recente esperienza monetaria del Simec, attualmente sospesa per il blitz della Magistratura davanti alla quale è sub iudice (28 agosto 2000).

L'interesse della stampa inglese, statunitense, svizzera, giapponese, è dimostrato da corrispondenti delle più; importanti agenzie giornalistiche in lista d'attesa, tanto che, trattandosi di varie ore di laboriosi colloqui, il professore ha in animo di quantificare ogni appuntamento, stavolta in lire e non in Simec.

Al fine di diffondere la veritàsulla ultima possibilitàdi difesa dell'Italia e dei Paesi interessati alla imminente circolazione-capestro dell'Euro, don Giacinto (come amorevolmente viene chiamato dai concittadini), ha giàaperto un sito di più; pagine su Internet; tutti comprenderanno la differenza base tra un biglietto di banca e un Simec: il primo è addebitato al portatore, mentre il Simec viene accreditato al cittadino.

Prima del commiato con l'autorevole interlocutore, poniamo due domande al prof. Auriti:

 

1 - Qual è il Suo parere sull'Euro, a pochi mesi dalla entrata in circolazione?

Nessuna norma del Trattato di Maastricht stabilisce di chiéla proprietàdell' Euro; questa lacuna normativa deve essere colmata nel senso che la proprietàva attribuita ai singoli popoli europei. Diversamente, ogni cittadino dell' Euro, compresa la nostra generazione, si troveràindebitato nei confronti del dollaro, fino alle estreme conseguenze del suicidio.

 

2 - Quale potrebbe essere la soluzione?

Ogni Nazione e popolo europeo dovràessere accreditato, e quindi responsabilizzato con precise leggi finanziarie a difesa del cittadino; il Simec potrebbe costituire la moneta provvisoria per tamponare l' emergenza.

 

Breve storia della moneta moderna

suggerita dal prof. Giacinto Auriti

 

1694 - Viene costituita a Londra la Banca d'Inghilterra, che diviene proprietaria di circa tre quarti del pianeta Terra.

1795 - La Rivoluzione francese trasferisce al popolo la gerarchia politica ma non quella finanziaria.

1865 - Guerra di Secessione: Abramo Lincoln, primo Presidente degli Stati Uniti d'America, abolisce la schiavitù. Viene creato il dollaro della Secessione, e quindi la Federal Reserve di Forte Knox.

1999 - Con il Trattato di Maastricht nasce l'Euro. Non aderisce la Banca d'Inghilterra legata al dollaro.

2001 - Il primo settembre, le banconote e monete metalliche Euro entreranno in distribuzione presso Banche, Uffici cambio e distributori automatici.

 

Breve storia del Simec Guardiagrele Anno 2000

 

Aprile/maggio - Preparativi, sperimentazione scientifica e costituzione del Comitato Sindacale Antiusura per la creazione della carta-moneta di proprietàdel cittadino: responsabile unico, il Segretario Generale Giacinto Auriti.

Giugno/luglio - Vengono stampati, in diecine di migliaia di esemplari, sette tagli diversi (lo stesso numero degli Euro), bicolori, con relativi numeri di serie ad inizio della lettera A: 500 - 1.000 - 2.000 - 5.000 - 10.000 - 50.000 - 100.000 per un importo complessivo di 168.500. Nel dritto è riportato, sulla sinistra, il contrassegno rappresentato dal Simbolo Econometrico Di Valore Indotto con la clausola: marchio registrato - riproduzione vietata. Sulla destra, superiormente alla cifra, il relativo numero romano ad eccezione del taglio da 500 che, nell'esagono riporta l'intera cifra. Al centro, con scritta in nero, la proprietàdella moneta e la specifica dell'emissione firmata dal Segretario Generale del Sindacato Antiusura Giacinto Auriti.

Al retro, identica per tutti i tagli, l'immagine di un focolare acceso sormontato da una croce, il valore in lettere e, in un rettangolo sottostante, il richiamo del simbolo accettato dai vari Comuni convenzionati con i tre articoli della Costituzione italiana. Per la seconda volta (dopo la sterlina inglese) in una moneta, un ulteriore elemento di garanzia: in aggiunta alla filigrana, contro eventuali falsari, è rappresentato dalla soprastampa a caldo, in argento, dello stemma-simbolo con il recente sistema dell'ologramma. Infine, nella bordatura colorata inferiore, la scritta latina NON BENE PRO TOTO LIBERTAS VENDITUR AURO (non è bene vendere la libertàper tutto l'oro del mondo).

Martedì 11 luglio - Un primo quantitativo di Simec viene ritirato dall'Istituto tipografico e mostrato ai soci del Sindacato. Si concretizzano gli accordi con la distribuzione delle vetrofanie per gli operatori che aderiscono alla vendita.

Fine luglio - Il passaparola popolare e la stampa locale si impadroniscono della operazione commerciale; il potere di acquisto rispetto alla lira raddoppia. Il successo prende alla sprovvista gli stessi autori e Guardiagrele si anima all'inverosimile. La Magistratura prende atto del fenomeno, ma non interviene. La Guardia di Finanza effettua un controllo da cui risulta tutto regolare.

Domenica 6 agosto - Festa del Patrono e Mostra dell'Artigianato. Dall'intero Abruzzo e dall'Estero si moltiplicano le presenze. Dalle 39 attivitàcommerciali di luglio si giunge alle oltre 70 con il coinvolgimento delle due Province di Chieti e L'Aquila. Alcuni tagli della "moneta del popolo" vengono esauriti. Inizia l'emergenza ed in Piazza S. Maria Maggiore, alla cassa di "Casa Auriti" si alternano giovani volenterosi che accettano prenotazioni di ulteriori tagli al momento mancanti. La Guardia di Finanza torna a fare dei controlli. Tutto regolare.

Giovedì 10 agosto - Il sole tramonta alle ore 19 e 19 ed il professore, don Giacinto per i guardiesi, attorniato dai compaesani, concede interviste sulla operazione finanziaria. Le sue frasi ricorrenti sono: finalmente il denaro è del cittadino, e non di chi lo stampa - il suo valore è dato da chi lo usa e non da chi lo mette in circolazione - e per concludere, con l'Arte l'Italia può vendere il Bello.

La richiesta numismatica di collezionisti, da varie parti d'Italia e dall'Estero, aumenta a vista d'occhio.

Dopo il ferragosto guardiese - Da alcune regioni d'Italia giungono rappresentanti comunali e di categorie commerciali interessati alla esperienza monetaria. Lettera aperta del prof. Auriti con le firme di oltre 1000 cittadini per il dissequestro della "moneta auritana". Iniziano contatti politici per una interpellanza parlamentare alla riapertura delle Camere. Lettera aperta al Clero (diretta a Vescovi e Cardinali) in difesa della "MONETA DEI POVERI" perchédiventi la "MONETA DEL GIUBILEO" che così conclude: Quando la moneta era d'oro, non era possibile attribuirla gratuitamente all'atto dell'emissione per l'alto costo dell'oro. Oggi, con i simboli di costo nullo, non solo è possibile, ma doveroso, per sollevare l'umanitàdal signoraggio della grande usura. Siamo certi che la moneta emessa dalla Chiesa sarebbe certamente conforme al grande evento del Giubileo. E saranno favorevoli anche tutte le religioni notoriamente schierate contro l'usura, in una visione sostanzialmente ecumenica.


L’Euro di chi è (di Giacinto Auriti*)

 

I Popoli del Terzo Mondo prima di essere dilaniati dalla fame sono dilaniati dal debito. Cinquanta milioni di uomini muoiono di fame ogni anno, non per mancanza di derrate alimentari, ma del denaro per comprarle (come è provato dalla distruzione abituale delle eccedenze di prodotti agricoli).

 

Poiché il denaro in circolazione è emesso a costo nullo dalle banche centrali, solo prestandolo, balza evidente che i vuoti monetari sono arbitrariamente pianificati dalla parsimonia feroce dei grandi usurai che dominano il sistema monetario.  Solo su queste premesse ci si spiega perché l’Europa con l’avvento dell’Euro rischia di far parte del Terzo Mondo. Se la Banca Centrale Europea emetterà moneta prestandola – come hanno fatto sin dalla fondazione della fondazione della Banca d’Inghilterra tutte le banche centrali - i Popoli Europei saranno tutti destinati ad essere colonie monetarie dell’impero usurocratico, tanto più perché - a norma dell'art. 117 e s. del Trattato di Maascricht – si sono convenzionalmente impegnati a non manifestare obiezioni, proposte, desideri.

 

Nel silenzio del Trattato sulla proprietà dell'Euro, la BCE ha il potere di servire o servirsi dei Popoli Europei. Se li vuole servire deve stampare e accreditare, se se ne vuole servire deve stampare e prestare. Poiché questa seconda ipotesi è la regola costante di tutte le banche centrali del mondo, è ovvio che non potrà cambiare senza una esplicita previsione normativa. Se i Popoli Europei vogliono evitare la drammatica tempesta della moneta-debito (preconizzata da Alan Greespan, Presidente della Federal Reserve Bank che è in grado di prevederlo perché è in grado di causarla) devono consensualmente programmare l’integrazione del Trattato per colmarne una lacuna normativa inammissibile e intollerabile perché nessuna norma dice di chi è la proprietà dell’Euro.

 

L'Euro va esplicitamente dichiarato di proprietà dei Popoli Europei, con una norma integrativa pienamente legittima perché non contraddice con nessuna norma del trattato vigente. Ciò in applicazione dell’ovvio principio per cui piuttosto che elemosinare la remissione dei debiti non dovuti è molto più conveniente prevenirne l’instaurazione: non accettarli. Poiché questa proposta è perfettamente coincidente con il Messaggio del Papa sulla estinzione dei debiti del Terzo Mondo, è un'ottima occasione per avere la prova che il Governatore della Banca d'Italia è un vero cattolico quale dice di essere.

 

Perché mai ci dovremmo indebitare, infatti, verso la BCE per un valore pari a tutto il denaro che vorrà mettere in circolazione? Qual è il corrispettivo di questo debito immane ed arbitrariamente imposto dal falso creditore a falsi debitori? La risposta, scandalosamente inconfutabile, è: Unico corrispettivo è il nulla! Si impone quindi – con la massima urgenza – che il Governatore Fazio proponga ai Governi ed ai Governatori degli Stati Europei la norma integrativa ed interpretativa del Trattato di Maasricht che concepisca l’Euro proprietà (e non debito) del portatore.

 

È tempo ormai che si acquisti la consapevolezza che il valore della moneta all’atto dell’emissione è creato da chi l’accetta. Ecco perché tutti possono prestare denaro tranne chi lo emette. Potrebbe altrimenti riproporsi anche per l’Europa l’alternativa tra la sopravvivenza dei Popoli e quella dei debiti. Nascerebbe così ineluttabilmente, come nella Vandea, il diritto alla rivoluzione.

 

* Segretario generale del Sindacato Antiusura SAUS – Direttore della Scuola dei Valori Giuridici e Monetari, Centro Celestiniani, L’Aquila.


L’ esperimento monetario di Guardiagrele

 

Guardiagrele, un tranquillo paese di appena 10.000 anime alle pendici della Majella, maestosa montagna abruzzese, in questo storico ultimo anno del secondo millennio, sta vivendo un capitolo di grande importanza della sua storia e di quella della moneta intesa come mezzo di scambio.

 

I protagonisti sono abitanti e commercianti del paese e di alcuni centri vicini, e Giacinto Auriti, già professore universitario di teoria del diritto, che ha scoperto una mostruosa incongruità nell'attuale ordinamento economico e monetario. Dice, infatti, che il valore della moneta, non è intrinseco ma si basa solo sulla fiducia posta in essa dalla gente che la accetta come mezzo di scambio. Quindi, al momento della sua emissione questa moneta, che rappresenta il controvalore della produzione di noi tutti, non è, secondo Auriti, proprietà della Banca, da emettere contro una promessa di ripagarla, ma dovrebbe al contrario essere emessa ed accreditata, senza alcuna contropartita, sul conto dei cittadini. Visto però che le sue spiegazioni non fruttavano niente, che la sua denuncia contro la banca centrale per truffa contro i cittadini non veniva presa sul serio e che neanche un disegno di legge al vaglio del parlamento smuoveva la situazione, il professore ha deciso di avviare un esperimento dimostrativo, per provare appunto il concetto del valore indotto, un valore assegnato alla moneta dalla fiducia degli utenti.

 

Detto fatto, Auriti ha coniato il termine "Simec" per la sua moneta. Questo "Simbolo ecometrico di valore indotto" è stato messo in circolazione nella cittadina di Guardiagrele e nei centri vicini nel mese di luglio ed ha presto raggiunto una notevole diffusione, con settanta negozi convenzionati e centinaia o addirittura migliaia di utenti, pare tutti soddisfatti. La prova dell'efficacia dell'esperimento? I simec funzionavano cos“ perfettamente che molti commercianti non aderenti al sistema si vedevano presto senza clienti. Da qui una valanga di esposti contro il professore ed una azione quasi "di guerra" di sequestro dei simec in circolazione, che ha impegnato ben 120 fra poliziotti e finanzieri. L'ordine di sequestro era partito dal tribunale di Chieti e dopo l'intervento delle forze dell'ordine, cittadini e commercianti si trovavano, come ha detto Auriti in un'intervista, all'improvviso senza sangue, cioè senza liquidità. Buio pesto, rabbia e disperazione.

 

Ma il 31 agosto 2000, in una decisione che possiamo definire storica, il tribunale del riesame di Chieti ha disposto il dissequestro, ha dato ragione al professore ed ai suoi che sostenevano che era tutto legale.

 

L'esperimento continua? Pare di si. Prima di ripartire, si attende comunque la sentenza scritta, per conoscere i ragionamenti del tribunale. Certamente Auriti ha già ottenuto un traguardo importante, quello di portare la sua idea alla conoscenza del paese. Perfino la Lega Nord si sta interessando all'esperimento dei simec e potrebbe adottare una moneta simile nella sua roccaforte, la Padania.

 

Non solo la Padania si sta svegliando. Dal mondo intero i riformatori monetari guardano l'esperimento del professor Auriti con interesse e con una certa trepidazione. Andrà a buon fine? La banca centrale si convincerà alla luce dei fatti?Si potrà imitare questo esperimento in altri paesi? Una cosa è certa. Urge una riforma seria del sistema economico/monetario e sociale. Le idee non mancano; hanno però il problema di non trovare spazio nei cosiddetti mezzi di informazione.

 

Ulteriori informazioni sulle teorie monetarie di Auriti ed altri riformatori sociali


“Sfida”  alle Banche Centrali d’Italia e d’Europa

 

Il prof. Giacinto Auriti, docente in pensione della facoltà di Giurisprudenza dell’ Ateneo di Teramo, da una diecina di anni sta  “sfidando” , con scienza e coscienza, il ruolo e la funzione degli Istituti di emissione monetaria, nazionali ed europee. Egli , infatti, sostiene che il sistema delle Banche Centrali, compresa la BCE, si è ingiustamente ed arbitrariamente appropriato della “moneta” e della sua gestione, quale strumento sostitutivo del baratto,  prestandola non solo al popolo, che invece ne dovrebbe essere  il legittimo proprietario , ma anche allo  stesso Stato ; con ciò esercitando di fatto un’ “attività usuraia” atipica oltre che illegittima. Trattasi, ovviamente, di pura argomentazione giuridica non priva , ove trovasse applicazione , di effetti sociali , politici ed economici rivoluzionari. Ad aggravare questo presunto stato di illegittimità originario nella creazione e nella gestione della moneta a corso legale, si aggiungono, ovviamente, gli abusi  e le vessazioni del sistema bancario privato la cui realtà è nota a tutti. Incontro esclusivo  col Prof. Giacinto Auriti (di Nicola Scipione)

 

I fatti

A volte i sogni non muoiono all’ alba ma all’ ora di pranzo. Era mezzogiorno del 10 agosto, infatti, quando, con uno schieramento di 120 uomini, rappresentativo di tutte le forze dell’ ordine, è stato data esecuzione ad uno specifico mandato della Procura teatina, che prevedeva il blocco di un’ iniziativa, o di un’ avventura, che le cronache  locali hanno definito, appunto , come il sogno di un vecchio di 77 anni, ma anche di un centinaio di commercianti che gli hanno creduto e che ora si ritrovano di colpo nel periodo ante SIMEC ( abbreviazione di : “Sim-bolo Ec-onometrico convenzionalmente accettato  nei Comuni collegati e collegabili a norma dell’ art. 24, L. 142/90 e L. 265/99  in attuazione del  2° comma dell’ art. 42 della Costituzione italiana” , così come si legge sul retro di tutte le “banconote” della serie SIMEC (da 500 a 100mila) . Dal sogno sono usciti anche molti operai e pensionati che per due settimane avevano  visto raddoppiare di fatto salari e pensioni. Peccato! Anche se, come vedremo sotto, non è stata l’ ultima parola, ma l’ interruzione di un discorso e di una sfida che sicuramente continuerà. Oggetto del mandato : sequestrare le “banconote” SIMEC, create da un’ Associazione Culturale  denominata Alternativa Sociale per la Proprietà di Popolo (ASSPP) con sede in Guardiagrele * (CH)  e messe in circolazione dal SAUS (sindacato anti - usura) nel sistema commerciale del paese, e di alcuni centri limitrofi, con un potere convenzionale d’ acquisto doppio della lira (PRENDI DUE PAGHI UNO)  Insieme al sequestro della “carta-moneta”, ovunque si trovasse  ( negozi e sede del cosiddetto borsino di cambio ) , le forze dell’ ordine hanno notificato al prof. Auriti , quale responsabile sia dell’ Asspp che del SAUS, anche un avviso di garanzia per violazione del Testo Unico delle leggi bancarie n. 385 datato 1993. Reati ipotizzati : raccolta di risparmio e finanziamento abusivi. Così l’ ideatore ed il realizzatore della moneta di “ proprietà del portatore ”, alternativa alla lira,  ha subito la reazione del “braccio forte della legge” che lui ha contestato invano da molto prima che fosse  compilato  il Testo Unico 385. Il prof. Auriti ha accolto serenamente la decisione della magistratura teatina ma ha subito proposto ricorso, con richiesta di dissequestro, dichiarando che la sua iniziativa costituisce un sperimentazione scientifica che peraltro stava avendo successo per l’ adesione  massiccia di cittadini e commercianti ;  e ciò è tanto vero che subito dopo il sequestro , hanno promosso una raccolta di oltre mille firme su un documento di appoggio alla iniziativa monetaria di “don Giacinto” . Tutto questo per effetto, stando a quanto si dice in giro,  delle immancabili  proteste, certamente legittime ed insindacabili,  di quelle persone che non concepiscono e/o non riescono ad inserirsi nelle innovazioni, qualunque siano , in modo costruttivo , seppur critico, per l’ effetto perverso della concezione strettamente utilitaristica della propria attività. Le ultime notizie di cronaca dicono, però, che i commercianti  che hanno sollecitato l’ intervento dell’ autorità giudiziaria sembra cha stiano mordendosi le dita perché quasi più nessuno entra nei loro negozi per fare spese. Altre voci maligne sostengono pure che insieme ai reclami di alcuni commercianti ci siano state pressioni della Banca d’ Italia , la quale, ovviamente, non vede di buon occhio l’ esperimento guardiese dal momento che in Cassazione pende nei suoi confronti una citazione del prof. Auriti. Ieri , 30 agosto,  il prof. Auriti ha vinto la sua prima battaglia giudiziaria; il Tribunale del riesame di Chieti, infatti, ha disposto il dissequestro dei biglietti SIMEC e quindi la possibilità di far continuare “l ‘esperimento” di una moneta alternativa, ma contemporanea, alla Lira. Nel prosieguo cercheremo di spiegare sinteticamente alcune delle motivazioni con cui  il Tribunale si è sicuramente imbattuto durante il riesame.        

 

L’intervista                                                                                                                                                       

Fin qui la cronaca degli ultimi giorni. Ma veniamo all’ intervista. Il  giorno prima del “blitz”  giudiziario- poliziesco , avevamo concordato col prof. Auriti un incontro nella sua residenza per le ore 18 dello stesso giorno (9 /8) . Lo abbiamo trovato , insieme ad alcuni collaboratori, seduto al bar davanti casa , tutto preso a spiegare il suo SIMEC ad un “guardiese”  rientrato per passare le ferie, e che non riusciva a capire chi pagasse la differenza fra SIMEC e Lire.  Ci siamo inseriti nel dibattito perché il Professore ha preferito rispondere in pubblico alle nostre domande. E’ accaduto , però, che molte di quelle che avevamo preparato trovavano risposta  nei suoi interventi spontanei per cui l’ intervista si è trasformata di fatto in conferenza stampa alla presenza di un solo giornalista e di un gruppo di passanti che si infoltiva man mano fermandosi  ad ascoltare. Sui visi di queste persone abbiamo avvertito un misto di soddisfazione,  per l’ esperienza  unica che si stava vivendo nel paese, e di fiducia acritica nella teoria  di “don Giacinto” ; teoria che , in verità , non lascia molto spazio alla comprensione dei motivi culturali di fondo su cui si basa il SIMEC, motivi che sono di ordine religioso, spirituale,  filosofico, giuridico,  politico, economico, finanziario, storico, psicologico, ed altro. Insomma, alla gente non importa sapere come e perché; ciò che la  interessa e la convince è l’ aumento del potere d’ acquisto dei propri soldi. Onestamente bisogna ammettere che non è facile seguire il professore  nelle sue spiegazioni miste di riferimenti pratici alla portata di tutti e di citazioni e riflessioni culturali a 360 gradi. Ma la gente gli ha creduto sulla parola  di uomo,  stimato come    persona onesta e docente preparato. Alle sue spalle , infatti, c’è una carriera ultra trentennale di docente universitario dedicata alla “Teoria generale del diritto”, nonché al “Diritto Commerciale internazionale comparato” nei cui ambiti ha trovato ampio e naturale  spazio lo studio e la ricerca  per una definizione scientifica della moneta; definizione finora non codificata, appunto, come “fattispecie giuridica”. Dalla teoria alla pratica, o meglio alla “sperimentazione scientifica”, il passo è stato la logica conseguenza , meditata e ponderata, benché non priva di rischi.      

 

Le fasi 

Dopo quasi due ore di “colloquio pubblico” crediamo di poter presentare prima alcuni dati e poi le  “idee - chiave” sulla cui base il prof. Auriti ha ideato e costruito la “messa in prova” di una moneta alternativa che convalidasse la fattibilità pratica della sua teoria il cui sviluppo è previsto in tre fasi:   

- la prima (quella di Guardiagrele) definita transitoria,  è  stata la fase sperimentale di una moneta che ha circolato ed ha avuto valore prescindendo dalla Banca d’ Italia, cioè da ogni tipo di riserva  (né oro né dollari, ma solo valore indotto);  l’ esperienza, secondo Auriti , ha avuto enorme successo , più di quanto ci si aspettasse; e ciò, sempre secondo Auriti, incoraggia ad andare avanti nella sperimentazione;

-  la seconda fase , che richiede l’ adesione delle Amministrazioni comunali, è quella che prevede la distribuzione a tutti i cittadini di una moneta alternativa e parallela alla Lira (SIMEC);  si tratta , cioè, di dare una prima concretezza istituzionale alla prosecuzione dell’ iniziativa;  

- la terza fase è quella  in cui si dovrebbe dare ad ogni cittadino la possibilità di accedere alla proprietà privata , in esecuzione dell’ art. 42, 2° comma, della Costituzione, attribuendo a TUTTI un  “reddito di cittadinanza”.

Appare chiaro che l’ effettiva realizzazione dell’ idea costituirebbe, oltre che una rivoluzione epocale in campo monetario, un evento dalla valenza sociale ed economico-politica imprevedibile ed  incalcolabile. Il Prof. Auriti la chiama “chiusura di un ciclo storico” il cui inizio viene individuato nel 1694. anno di fondazione della Banca d’Inghilterra, la quale per la prima volta viene messa in discussione nei suoi principi  fondanti.

 

Alcuni dati

-  Le banconote SIMEC sono state stampate per un valore complessivo di 600 milioni, corrispondenti ad un miliardo e 200 milioni di lire;

-  Il “giro d’ affari “creato dalla circolazione dei SIMEC  è stato pari a 5 miliardi di lire in due settimane;

-  I negozi convenzionati erano un centinaio di cui alcuni anche nei comuni limitrofi a Guardiagrele;

- Nello “schieramento” dei circa 120  uomini, con tanto di giubbotti anti-proriettili , erano rappresentate tutte le forze : Polizia di Stato , DIA, Guardia di Finanza e Carabinieri;    

- Più di mille persone hanno sottoscritto una petizione  per sostenere il dissequestro  dei SIMEC e quindi la prosecuzione dell’ esperienza monetaria  avviata nel noto centro commerciale ed artigianale in provincia di Chieti.

 

Le Idee-chiave

- La moneta, quale strumento ideato per facilitare la compravendita di beni , deve essere di proprietà del portatore , “proprietà di popolo” dice il Professore; allo stato invece, risulta emessa come titolo di credito dato in prestito al portatore; nessuna legge finora, né italiana né europea, ne ha indicato il proprietario;

- Analizzando, infatti, le attuali banconote in corso legale , nonché il prossimo EURO, si può dedurre, però, che proprietario della moneta risulta essere la Banca d’Italia (e la Banca Centrale Europea) che di fatto la presta sia al popolo che al Governo dello  Stato, dichiarandola nel contempo inesigibile ed inconvertibile; cioè se il portatore , come si legge sulle banconote, va alla Banca  d’ Italia e chiede il pagamento a vista di una  banconota, quale titolo di credito, constaterà che si tratta di un debito  che la Banca stessa non può onorare ( ed è già un assurdo logico - giuridico), non solo , ma per legge lo stesso titolo non è convertibile in oro , cioè in quella corrispondente parte della riserva aurea a cui il sistema monetario  affida  la funzione di garanzia  del debito/credito creato con la moneta legale; 

- Di qui il concetto di  Valore creditizio assegnato alla moneta all’ atto della sua emissione ; in pratica , però, si tratta di tante cambiali  che l’ Istituto Centrale non pagherà mai , come spiegato sopra.

- La moneta inoltre , per convenzione internazionale ormai indiscussa, ha la qualità  di simbolo con cui si misura il valore  dei beni materiali , ma nello stesso tempo è uno strumento con cui si da valore alla stessa misura;

- Il valore è dato dalla quantità di altri beni che si può ottenere in cambio della moneta e viceversa; ma la moneta non acquisisce la funzione di valore contestualmente alla emissione ; tale qualità, invece, le viene attribuita dal possessore nel momento in cui la mette in circolazione creando , così,  un “valore indotto” effetto di una pura convenzione che trasforma   uno strumento materiale (la carta moneta) in un atto  giuridico concreto, definibile, appunto, valore indotto,  cioè  “potere d’ acquisto”.  

- L’ induzione giuridica ,  che genera Il potere d’ acquisto mediante convenzione , figlia a sua volta di un atto spirituale proprio dell’ uomo: “il diritto”,  costituisce l’ attività spirituale tipicamente umana con cui il valore si incorpora nella moneta e ne  giustifica il diritto di proprietà da parte del popolo.

-  La “velocità di circolazione” costituisce la chiave per capire  come funziona il “ prendi due e paghi uno” ; molti si sono chiesti : chi rimette la differenza  quando i bottegai tornano al “borsino” per cambiare SIMEC con Lire ? Nessuno, risponde il  Professore. Ma come è possibile? Con la velocità di circolazione, appunto ; cioè? Bisogna creare una circolazione veloce dei SIMEC : più SIMEC vengono acquistati, più Lire si depositano nel borsino,  più cresce la disponibilità di riconversione per i commercianti; questo giro virtuoso prevede, ovviamente , che chi deve riconvertire i SIMEC in Lire non vadano tutti contemporaneamente al “borsino”, occorre  attendere, cioè, che la vendita di SIMEC  crei la disponibilità di Lire. Insomma chi non dovesse trovare la disponibilità oggi la troverà domani, ma non perderà niente, a meno che il giro virtuoso non si fermi. Perciò occorre accelerare la velocità  di circolazione in modo che il “valore indotto” c’è ma non si vede. Si è vista bene , però, l’ effetto moltiplicatore sulla compravendita di merce.

 

Dalla teoria alla pratica

Fin qui la teoria, credibile sul piano della logica giuridica,  ma che deve fare i conti con l’uso pratico della moneta ufficiale ,  consolidato da secoli, e che  ormai ha creato una rete di interessi, più o meno leciti,  ad ogni livello, che finirebbero nelle ortiche se  dovesse essere  sostituita dalla teoria del SIMEC. Con la sperimentazione di Guardiagrele , infatti, la posta in gioco era quella di verificare se , come aveva proposto anche Keynes, quando fu creato il Fondo Monetario Internazionale, un sistema monetario poteva funzionare senza alcuna  riserva a garanzia . A Guardiagrele ha funzionato e siamo certi che tornerà a funzionare , ma… Ma, con sincerità, nonostante la decisione del Tribunale di Chieti,  non crediamo che questo successo  possa estendersi al punto da provocare una riflessione politica nazionale ed europea, almeno nel breve medio termine. Pensiamo anzi che qualcosa o qualcuno farà ancora di tutto,  con mezzi leciti e non , per impedire che la “rivoluzione” avviata a Guardiagrele di Chieti possa continuare. Perché di rivoluzione monetaria mondiale si tratta. A meno che la Lega nord  non avvii la sperimentazione  nella Padania  , come pare voglia fare  in seguito a contatti già presi col prof. Auriti e la conferenza stampa parlamentare dell’ On. Borghezio , tenuta oggi a Roma: un tale esperimento nel nord – Italia assumerebbe ben altro peso e dimensione.

Diciamo ancora di più: finora diversi segnali concreti confermano il nostro dubbio: 

- una proposta di legge presentata due volte al Senato (1995) e mai esaminata; 

- una proposta di legge di iniziativa popolare che non è riuscita a decollare;   

- atto di citazione nel 94 contro la Banca d’ Italia respinta dal Tribunale civile di Roma ed ora all’ esame della Cassazione;  

- Corso universitario triennale specifico, tenuto dal Prof. Auriti come docente dell’ Ateneo teramano e conclusosi con successo di frequenza , non è stato autorizzato a proseguire; 

- ultimo episodio il blitz del 10 agosto , sintomatico dell’ aria che tira intorno al SIMEC, benché annullato ,nel suo effetto, dal Tribunale del riesame.

Noi siamo convinti che la questione meriti una maggiore e diversa divulgazione a livello di opinione pubblica come fatto di cultura , ma ancor più come oggetto di trattazione scolastica a livello secondario ed universitario. Ma anche in questo senso c’ è qualcosa che non ci convince: perché la grande stampa nazionale scritta e parlata ha ignorato il fatto di cronaca che sui fogli regionali ha avuto titoli a mezza pagina? Solo il TG1 di oggi 31 ha presentato ora immagini di precedenti interviste dando al servizio un taglio di curiosità folkloristica a chiusura del telegiornale.

 

*Industrioso centro della provincia teatina, alle pendici della Maiella , a pochi chilometri dalla stazione sciistica di Passo Lanciano,  rinomato per la lavorazione artigianale dell’ oro , del ferro, e del legno, nonché per la presenza di un molino che produce farine di cereali teneri e duri, nonché fi farro , normali ed integrali..

Calisto Tanzi come il Governatore della Banca Centrale (di Giacinto Auriti)

 

A commento del caso Parmalat, il direttore del quotidiano "Il Tempo", Franco Bechis, sotto il titolo "Alzi la mano chi aveva capito" (articolo di fondo del 3 gennaio '04) conclude: "Purtroppo i casi Parmalat sono casi da magistratura, non storture del sistema. Sono eclatanti, ma non c'è rimedio legislativo. L'unico è quello che si sta applicando: il codice penale." Ebbene, io dichiaro di avere il diritto di alzare la mano perché in data 8 maggio 1993, a conclusione di un Convegno sulla teoria dl "valore indotto" della moneta, presentai una denuncia per truffa contro il Governatore protempore della Banca d'Italia: Azeglio Ciampi, attuale Presidente della Repubblica Italiana. La Banca Centrale all'atto dell'emissione, presta il denaro che dovrebbe accreditare e la truffa consiste nel trasformare la collettività da proprietaria a debitore del proprio denaro. Nel corso sui valori giuridici e monetari, da me svolto all'Università di Teramo, fu provato che la multinazionale è la banca centrale che entra in prima persona sul mercato, perché ha necessità di disporre, senza limiti e senza costi, di tutto il denaro che vuole. La multinazionale entra in crisi quando si taglia il cordone ombelicale che la collega alla banca centrale. Non a caso la FIAT e la Parmalat sono entrate in crisi dopo che la sovranità monetaria era stata trasferita dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea. E poiché il padrone del sistema non è chi riceve il sangue monetario dal cordone ombelicale, ma chi lo emette, pur essendo d'accordo con Bechis che la legge da applicare è il codice penale, va evidenziato che la responsabilità penale non va limitata solo al vertice della multinazionale, ma va innanzi tutto e fondamentalmente estesa ai vertici della Banca Centrale in un'ipotesi eclatante di associazione a delinquere. Ciò premesso, quando il Bechis afferma che "...i casi Parmalat sono eclatanti… ma non c'è rimedio legislativo", dà la prova che anche lui non può alzare la mano perché non ha capito la cosa più importante. Come si fa, infatti, ad applicare il codice penale, cioè a stabilire chi è il ladro e chi il derubato, o chi è il truffato e chi il truffatore, se non si stabilisce di chi è la proprietà della moneta all'atto dell'emissione? Solo con una legge si può instaurare la proprietà popolare della moneta. Quando la moneta era concepita come titolo rappresentativo della riserva, la banca centrale poteva dire: "la moneta è mia perché la riserva è mia" e quindi poteva emettere la moneta "prestandola" perché prestare è prerogativa del proprietario. Abolita la convertibilità ed addirittura la stessa riserva con la fine degli accordi di Bretton Woods (15 agosto 1971) il compenso dovuto alla banca centrale va commisurato a quello dovuto alla tipografia, mentre la banca centrale si appropria illecitamente della differenza tra costo tipografico e valore nominale e dell'equivalente relativo credito abusivamente acquisito, perché emette prestando un valore creato dalla collettività per convenzione e che andrebbe pertanto ad essa accreditato e non addebitato. Poiché i fatti notori, in quanto tali, per assumere rilevanza giuridica non necessitano né di prove né tantomeno di accertamento giudiziale, i magistrati sono tenuti a promuovere d'ufficio, come adempimento di atto dovuto, procedimento penale per truffa e falso in bilancio nei confronti del Governatore della Banca Centrale in conformità della denuncia da me presentata in data 8 maggio '93 al Procuratore della Repubblica di Teramo. Calisto Tanzi pur essendo collegato per associazione a delinquere con il Governatore, appartiene alla categoria dei ladri di polli che sono notoriamente esposti al grave rischio di essere perseguiti penalmente; rischio da cui sono immuni i governatori delle banche centrali che, prestando il dovuto all'atto dell'emissione, caricano il costo del denaro del 200% oltre gli interessi, e trasformano i popoli da proprietari in debitori del proprio denaro. Il Tanzi ha copiato l'esempio datogli dal governatore perché ha creato con falsi in bilancio valori monetari usando come riserva l'illusione della stessa come fa il governatore, e c'è riuscito fintanto che ha retto il cordone ombelicale che lo collegava alla Banca Centrale. Tagliato il cordone, la truffa è stata scoperta. Poiché, a quanto pare, il pulito ha la rogna, si impone una giustizia monetaria di dimensioni mondiali per restituire il maltolto, trasformando i popoli da debitori in proprietari della propria moneta.  (da www.AbruzzoPress.it)


Riconoscere alla comunità nazionale la proprietà della moneta

e la sovranità monetaria (di Luigi Natali)

 

Disegno di legge n. 1282 per la proprietà popolare della moneta, d’iniziativa del senatore Luigi Natali e altri, presentata al Senato l’11-1-1995

 

     Onorevoli senatori!

     Scopo della presente legge è colmare un vuoto legislativo non più tollerabile, che in essa, infatti, verrebbe — oltre e più che non semplicemente definito e chiarito — espresso e sancito nella sua autentica essenza, a seguito di studi, riflessioni ed esperienze di carattere giuridico-scientifico compiuti da un autentico maestro qual è il prof. Giacinto Auriti, che ne ha approfondito la realtà nel corso di tanti anni di insegnamento universitario.

     Nessuna legge stabilisce infatti di chi debba essere la proprietà della moneta all’atto dell’emissione.

 

     Come è noto i simboli monetari sono formalmente strutturati come false cambiali (ad esempio: «Lire mille pagabili a vista al portatore. Firmato il Governatore della Banca d’Italia»), o, come dicono le autorità monetarie, come debito inesigibile, fattispecie talmente assurda da considerarsi addirittura impossibile.

     La verità è che la moneta ha valore perché è la misura del valore. Poiché ogni unità di misura ha la qualità corrispondente a ciò che deve misurare, come il metro ha la qualità della lunghezza perché misura la lunghezza, la moneta ha la qualità del valore perché misura il valore. Pertanto il simbolo monetario non è solamente la manifestazione formale della convenzione monetaria, ma anche il contenitore del valore indotto e incorporato nel simbolo, che è, appunto, il potere d’acquisto. Con la scoperta del valore indotto come valore giuridico (cfr. Giacinto Auriti, L’ordinamento internazionale del sistema monetario, Teramo 1993, Ed. Edigrafitel, pp. 41 e segg.) si è finalmente data la giustificazione scientifica del valore monetario. Come è stato dimostrato, si verifica qui una fattispecie analoga a quella dell’induzione fisica. Come nella dinamo si trasforma energia meccanica in energia elettrica, così nella moneta si trasforma il valore della convenzione, cioè di uno strumento giuridico, in un bene reale oggetto di diritto di proprietà. In breve, il valore della moneta è causato dalla previsione del comportamento altrui come condizione del proprio. Ognuno è disposto infatti ad accettare moneta contro merce perché prevede di dare moneta contro merce. È caratteristica della mente umana anticipare al momento attuale i valori previsti. Ciò spiega perché dalla previsione di “poter acquistare” nasca nella mani del primo prenditore del simbolo monetario il valore nuovo e attuale che è il “potere d’acquisto”.

     Il valore della moneta quindi è causato non dall’attività dell’organo di emissione, che, predisponendo ed erogando i simboli, determina solo il presupposto formale del valore monetario, ma dall’accettazione da parte della collettività. L’emissione dei simboli in conformità del corso legale (c.d. corso forzoso) è un atto di eteronomia. L’accettazione della moneta, che ne determina convenzionalmente il valore, è atto di autonomia. Dalla confusione tra la prima fase e la seconda è derivata una grave ingiustizia nel regime giuridico dei valori monetari. Il momento meramente strumentale dell’emissione dei simboli ha invaso quello edonistico della proprietà della moneta, sicché la Banca Centrale, emettendo moneta prestandola, espropria e indebita la collettività del suo denaro senza contropartita. Il rapporto che si è venuto a instaurare tra Banca Centrale e collettività è diventato, così, analogo a quello di chi presta nasse vuote ai pescatori indebitandoli non solo delle nasse, ma anche del pesce che sarà pescato.

     L’ostacolo di fronte al quale tutti i monetaristi si sono trovati, si basa sull’errore iniziale di non aver definito la moneta come fattispecie giuridica, e lo stesso diritto come strumento, come espressione, cioè, di un valore proprio diverso da quello del bene del diritto.

     Su questo equivoco iniziale si è preteso di giustificare il valore monetario sulla base della riserva, confondendo e spacciando sotto la parvenza di valore creditizio il valore indotto; ossia configurando la moneta stessa non come misura del valore (e quindi valore della misura, quale è), ma come titolo di credito rappresentativo della riserva.

 

     È gran tempo ormai che si esca definitivamente dall’equivoco di spacciare sotto la parvenza di valore creditizio il valore monetario.

     Per comprendere le differenze fondamentali tra moneta e credito basta muovere dalle seguenti considerazioni:

     1. il credito si estingue col pagamento, la moneta continua a circolare dopo ogni transazione, perché, come ogni unità di misura, è un bene a utilità ripetuta;

     2. nel credito, come in ogni fattispecie giuridica, prima si vuole il precetto normativo e poi lo si manifesta; nella moneta, prima si crea la manifestazione formale, cioè i simboli monetari e poi le si attribuisce il valore all’atto dell’emissione. Chi crea il valore della moneta non è infatti chi la emette, ma chi l’accetta. Come nell’induzione fisica nasce l’energia elettrica con la rotazione degli elettrodi, così nell’induzione giuridica nasce il valore monetario all’atto dell’emissione, cioè quando inizia la fase dinamica della circolazione della moneta;

     3. il valore del credito è causato dalla promessa del debitore, come avviene nella cambiale in cui l’emittente è il debitore. Il valore della moneta è causato dall’accettazione del primo prenditore, perché egli sa, come membro della collettività nazionale, che gli sarà accettata da tutti i partecipanti della convenzione monetaria, cioè dalla collettività, che crea appunto per questo il valore indotto della moneta;

     4. il valore del credito è sottoposto al rischio dell’inadempimento. Il valore monetario è attuale e certo perché, per l’induzione giuridica, la moneta, pur essendo un bene immateriale, è un bene reale oggetto di diritto di proprietà.

 

     Poiché il valore del titolo di credito è causato dalla promessa del debitore, sottoscrivendo il titolo monetario sotto la parvenza di una falsa cambiale, il Governatore della Banca Centrale induce la collettività nel falso convincimento che sia lui stesso a creare il valore monetario.

     In tal modo la Banca Centrale, non solo espropria e indebita la collettività nazionale del suo denaro, ma pone le premesse — come vedremo — per usurpare, tramite la sovranità monetaria, la stessa sovranità politica.

 

     Nella relazione al disegno di legge sul conto intrattenuto dal Tesoro presso la Banca d’Italia, varata dal Consiglio dei Ministri il 10 febbraio 1993, è contenuta una preziosa dichiarazione, rara per la sua brevità e per il suo contenuto di verità scandalosa.

     «La ratio di queste disposizioni — recita la relazione — è evidente: garantire la piena indipendenza delle Banche Centrali e della Banca Centrale Europea nella gestione della politica monetaria [...]. In conseguenza non si consente agli esecutivi degli Stati firmatari del trattato di esercitare signoraggio in senso stretto: ovvero di appropriarsi di risorse attraverso l’emissione di quella forma di debito inesigibile che è la moneta inconvertibile a corso legale.»

     Dunque:

     1. esistono delle risorse che non sono di chi se ne appropria, altrimenti sarebbe impossibile appropriarsene;

     2. normalmente non dovrebbe essere consentito a nessuno di appropriarsi di risorse altrui, e non solamente agli “esecutivi degli stati firmatari del trattato”, mentre invece ciò deve essere consentito solamente alle Banche Centrali e alla Banca Centrale Europea (che avrebbero così per legge la licenza di rubare);

     3. l’oggetto del furto dovrebbe consistere in un debito inesigibile ossia nelle false cambiali delle banconote («Lire mille pagabili a vista al portatore. Firmato il Governatore della Banca Centrale»), che, come tali, non dovrebbero avere alcun valore. Il valore di un debito è infatti causato dalla sua esigibilità. E altro è dire che è inesigibile perché il debitore non può pagare, altro è dire — come nel nostro caso — che è inesigibile perché il debitore (cioè la Banca Centrale) ha per legge la garanzia di non pagare.

 

     Se fosse vera questa tesi, siccome il debito inesigibile è uno strumento inutile, le Banche Centrali non ruberebbero nulla.

     Ma se questa tesi fosse vera, per noi dovrebbe essere indifferente avere denaro in tasca o non averlo. Quando poi si conclude col definire il debito inesigibile come moneta incovertibile di corso legale, si esclude che possa essere debito. La moneta infatti, come bene reale, può essere oggetto di debito (e di credito), non debito essa stessa.

     Una volta dimostrato che la moneta ha valore indotto causato dalla convenzione sociale, approfittando della circostanza che l’emissione della cambiale è prerogativa del debitore, le Banche Centrali, apparendo come debitori di false cambiali, si sono arrogate il potere di “esercitare signoraggio” per “appropriarsi di risorse” monetarie, ossia del valore indotto creato dalle collettività nazionali, con il risultato di espropriarle e indebitarle del loro denaro, senza contropartita. È questa la grande usura intuita da Pound.

     Per dare ordine a questo sistema monetario assurdamente ingiusto e antisociale, si impone la necessità di colmare, mediante interpretazione autentica, la grave lacuna legislativa denunciata, definendo, a titolo originario, proprietaria della moneta la collettività dei cittadini.

     Va con l’occasione messo in rilievo che la legge proposta non tocca menomamente l’autonomia della Banca Centrale, perché è fin troppo evidente che l’autonomia attiene alle competenze funzionali e al patrimonio costituito dagli edifici e dalle strutture aziendali dell’Istituto; ma la proprietà della moneta è del tutto estranea: per quanto sopra dimostrato essa è dei cittadini e non della Banca.

     Va infine evidenziato che questa legge è perfettamente compatibile col sistema monetario internazionale, perché considera solo aspetti di diritto privato (cioè la proprietà della moneta e la posizione di creditore e di debitore), come tali di stretto diritto interno del tutto irrilevanti per il diritto internazionale. Il progetto è altresì perfettamente compatibile con il trattato di Maastricht perché rispetta l’autonomia anche della Banca Centrale Europea, proponendone il completamento e il coordinamento sul principio che ogni popolo sia dichiarato proprietario della sua moneta e riconosciuto collettivamente e reciprocamente come tale.

     Non può infine essere taciuto il particolare proprio della proposta di legge, che, in applicazione del fondamentale principio democrativo della sovranità popolare, riconosce al popolo anche la sovranità monetaria.

 

 

Proposta di legge

 

Art. 1

 

     La moneta all’atto dell’emissione nasce di proprietà dei cittadini italiani e va accreditata dalla Banca Centrale allo Stato.

 

Art. 2

 

     A ogni cittadino è attribuito un codice dei redditi sociali mediante il quale gli viene accreditata la quota di reddito causato dalla emissione monetaria e da altre eventuali fonti di reddito.

 

1° firmatario: sen. Luigi NATALI (An);

sen. Romano MISSERVILLE (vice presidente del senato, An);

sen. Giampiero BECCARIA (sottosegretario all’industria, Fi);

sen. Antonella BAIOLETTI (An);

sen. Giovanbattista XIUMÉ (An);

sen. Antonio BELLONI (Ccd);

sen. Ferdinando SIGNORELLI (An);

sen. Francesco BEVILACQUA (An)

sen. Ida D’IPPOLITO VITALE (Fi);

sen. Salvatore RAGNO (An);

sen. Giuseppe SPECCHIA (An);

sen. Antonio BATTAGLIA (An);

sen. Francesco CASILLO (An);

sen. Filippo RECCIA (An);

sen. Giuseppe MUL

 

Banca d’Italia (di Savino Frigiola)

Savino Frigiola - da http://saba.fateback.com/articoli/truffaresiduipassivi.htm

 

La Banca d’Italia, dopo l’ultima legge bancaria, è divenuta una Spa totalmente privata, le cui quote sociali, caso unico nelle ex banche d’emissioni europee, attualmente socie della BCE, sono detenute solo da alcuni gruppi bancari ed assicurativi, anch’essi privati.  Da ciò deriva l’insanabile e di gran lunga il più devastante conflitto d’interessi esistente poiché, la B. I. attraverso la vigilanza e sorveglianza, che ancora detiene sull’intero sistema bancario e creditizio, compreso sulle banche sue socie, esercita in assoluta autonomia il controllo economico e monetario dell’intera Nazione, secondo propri fini, disgiunti, diversi e spesso contrastanti da quelli governativi. In questa situazione il ruolo dei politici, eletti democraticamente, in campo economico è ridotto a quello di semplici comparse mosse dall’attenta regia del privatissimo Istituto di Via Nazionale, retto da organismi autocratici ed autoreferenziali. Le pesanti polemiche esistenti in campo finanziario e monetario, sono tutte imputabili a questa degenerata situazione, forzatamente in atto sul teatro della politica economica nazionale, giacché la vigilanza, oltre che nei confronti delle altre banche, viene svolta anche presso quelle socie di Bankitalia stessa. Il Governo se intende veramente governare le sorti del Paese e mantenere gli impegni assunti con gli elettori, deve agire risolutamente e rapidamente per trasferire da Bankitalia all’Esecutivo, che avendone avuto il mandato risponde del suo operato ai cittadini, la vera guida economica e per conseguenza anche quella politica dell’intera Nazione. A riprova del conflitto istituzionale, Antonio Fazio, convinto di dover esercitare il ruolo di Governatore dell’Italia intera, invadendo campi non propri per distogliere l’attenzione dalla sua chiacchierata istituzione che governa, discredita pubblicamente l’operato dell’Esecutivo politico sostenendo, senza alcun pudore, che per rilanciare l’economia nazionale occorre destinare più risorse per rimettere in moto i cantieri delle “Opere Pubbliche” e ridurre il debito pubblico nazionale. Simili affermazioni rappresentano delle ovvietà se profferite da un profano, ma sulle labbra del Governatore suonano come una beffarda provocazione..

 

Per ottemperare le accorate esortazioni del Governatore Fazio e quelle inerenti al “mezzogiorno” del Presidente Ciampi, nonché Governatore Onorario di Bankitalia, occorre che il Governo,  in proprio ed in nome e per conto delle altre Pubbliche Amministrazioni, agisca rapidamente per rientrare in possesso delle ingentissime somme corrispondenti ai famosi “Residui Passivi” (si parla di oltre 600 mila miliardi di Lire, 110 mila miliardi solo nel 1995) allora versate ed ancora giacenti proprio nelle casse della Banca d’Italia. L’operazione in sé risulta di vitale importanza giacché questa gigantesca massa monetaria liquida ed utilizzabile, sottratta dalla circolazione, della quale mancanza ne risente pesantemente l’economia dell’intero mercato, era destinata proprio alla realizzazione delle opere di pubblica utilità.

Questa macroscopica operazione, realizzata progressivamente, con la benedizione dei governi di sinistra e con quelli a guida di esponenti bancari, ha determinato :

-   la progressiva deflazione sull’intero mercato nazionale con la caduta degli investimenti strutturali e la mortificazione del PIL (artatamente si continua a confonde l’aumento dei prezzi per inflazione)

-  l’impossibilità di poter destinare alla ricerca, pubblica e privata, le indispensabili risorse finanziarie, della qual cosa i soliti “soloni”, oggi, ne denunciano le gravi conseguenze

-  l’impoverimento generale dell’intero sistema economico nazionale, sia pubblico che privato che si ripercuote direttamente ed indirettamente su tutti i cittadini.

La situazione risulta ancor più grave se si considera che: mentre la circolazione monetaria si è drasticamente ridotta, il debito pubblico generato dall’emissione monetaria corrispondente alla somma dei residui passivi congelati, è stato mantenuto in essere. (dalla comparsa difensiva della Banca d’Italia chiamata in giudizio: “…come visto, la moneta viene infatti immessa nel mercato … la Banca d’Italia cede la proprietà dei biglietti, (che nulla le sono costati, salvo le spese tipografiche ndr) i quali, in tale momento, come circolante, vengono appostati al passivo nelle scritture contabili dell’Istituto d’Emissione acquistando in contropartita, o ricevendo in pegno, altri beni o valori mobiliari (titoli del debito pubblico ndr) che vengono invece appostati nell’attivo”

Pertanto o lo Stato si riappropria di queste ingentissime somme per aprire nuovi cantieri e mettere in sicurezza il disastrato territorio, ma anche per riassettare il proprio bilancio, o deve pretendere l’abbattimento del debito pubblico corrispondente all’importo della massa monetaria sparita. Ci si augura che le pattuglie dei “fazisti”, annidate nei vari schieramenti politici, sia di maggioranza che d’opposizione, non assumano il sopravvento all’interno della rispettiva compagine politica esercitando il ruolo del Cavallo di Troia per conto di “bankitalia & affini”. Ciò vale in primis per AN, in virtù delle proprie radici politiche e culturali, (Quota Novanta docet), non tanto per non ricoprire il ruolo, secondo la visione poundiana, dei “camerieri dei banchieri” , quanto per essere conseguenti al consenso ricevuto dai propri elettori, sempre più sensibili alla giustizia economica e sociale. Al danno non può essere aggiunto e sopportabile anche la beffa.

 


TRIBUNALE CIVILE DI ROMA

Atto di citazione

 

Il Prof. Giacinto Auriti, residente in Roma ed ivi eletto domicilio alla Via A. Traversari n.55 presso e nello studio dell'Avv. Giuseppe Marzano dal quale e' rappresentato e difeso, disgiuntamente e congiuntamente all'Avv. Berardino Ciucci e al Dott. Proc. Antonio Pimpini, giusta procura in calce al presente atto.

 

premesso

 

-che l'istante agisce in proprio quale cittadino italiano, e quale legale rappresentante dell'Associazione Culturale "Alternativa Sociale per la proprieta' di Popolo" (ASSPP); -che, allo stato attuale, esiste una consuetudine interpretativa per cui, all'atto dell'emissione, la banca centrale mutua allo Stato italiano ed alla Collettivita' Nazionale, tutto il denaro che pone in circolazione; -che a seguito di recenti ricerche scientifiche (cfr. Auriti Giacinto- L'Ordinamento Internazionale del Sistema Monetario- Edigrafital Teramo, 1993) e' stato dimostrato che la moneta ha valore perche' e' misura del valore. -che, infatti, ogni unita di misura ha la qualita' corrispondente a cio' che deve misurare: come il metro ha la qualita' della lunghezza perche' misura la lunghezza, la moneta ha la qualita' del valore perche' misura il valore. -che, pertanto, l'attivita' convenzionale e qui produttiva non solamente della misura del valore, ma anche del valore della misura: cio' che noi chiamiamo potere d'acquisto. Nella moneta si verifica un fenomeno analogo a quello dell'induzione fisica. Come nella dinamo l'energia meccanica causa l'energia elettrica, cosi' nella moneta la convenzione causa il valore indotto nel simbolo. Pertanto, il simbolo non e' solamente la manifestazione formale della convenzione monetaria, ma anche il contenitore del valore indotto. -che, quindi, la moneta e' un bene collettivo, in quanto creato dalla convenzione sociale, ma di proprieta' privata individuale perche' da intendersi attribuita, a titolo originario, al portatore del simbolo in virt'u' dell'induzione giuridica; -che fino ad oggi l'erogazione della moneta e' effettuata dalla banca centrale addebitando allo Stato ed alla Collettivita' l'intero ammontare senza corrispettivo e quindi conferendo solo la proprieta' a titolo derivativo per il tempo limitato alla durata del prestito; -che tale consuetudine interpretativa e' da considerarsi contra legem, in quanto la fattispecie giuridica monetaria va necessarimente considerata come espressione di un valore creato dalla medesima collettivita' la quale viene, oggi, contestualmente all'emissione stessa, espropriata ed indebitata di tutti i valori monetari. -che, allo stato attuale, nessuna legge indica il proprietario della moneta all'atto dell'emissione; -che la moneta-carta viene presentata sotto la veste formale di falsa combiale (ad es.: œ. 100.000 pagabili a vista al portatore, f.to il governatore della banca d'Italia); -che e' gran tempo ormai che si esca dall'equivoco di spacciare sotto la parvenza di valore creditizio il valore monetario. Infatti, per comprendere le differenze fondamentali tra moneta e credito e sufficiente riportarsi alle seguenti considerazioni:

A) il credito si estingue col pagamento, mentre la moneta continua a circolare dopo ogni transazione indefinitamente perche', come ogni unita' di misura, e' un bene ad ultilita' ripetuta;

B) il valore del credito e' sottoposto al rischio dell'inadempimento, mentre il valore monetario e' attuale e certo poiche', per l'induzione giuridica, la moneta e' bene reale, oggetto di diritto di proprieta';

C) nel credito prima si determina il precetto normativo e poi lo si manifesta, mentre nella moneta prima viene creata la manifestazione formale (simbolo monetario) e successivamente, all'atto dell'emissione, per il tramite dell'accettazione, le si conferisce il valore. In altri termini, crea il valore della moneta non chi la emette, ma chi l'accetta;

D) il valore creditizio e' causato dalla promessa del debitore, come avviene nella cambiale, mentre il valore monetario e causato dall'accettazione convenzionale della collettivita'; -che attualmente il portatore della moneta ha la proprieta di valori illecitamente gravati di debito verso la banca centrale, di cui non ha la consapevolezza perche' questo debito e senza scadenza e non e individuale ma collettivo;

-che su tali premesse il mercato viene dissanguato dalla grande usura del sistema bancario perche' pretendere oggi di pagare un debito di denaro con altro denaro e come pretendere di pagare un debito con un altro debito. Poiche' cio' e' impossibile, a lungo andare, gli operatori economici si vedono costretti a pagare il debito non dovuto con l'esproprio dei loro beni. Solo cosi' si puo' speigare la c.d. conversione dei crediti bancari in capitale a rischio (pacchetti azionari) che costituisce la fase conclusiva dell'illecito arricchimento che trova la sua origine nel momento dell'emissione monetaria. A siffatto, paradossale stato di cose, non potra porsi rimedio se non stabilendo chi sia il proprietario della moneta all'atto dell'emissione cosi' colmando, con autorevole interpretazione giurisprudenziale, un vuoto legislativo ormai non piu tollerabile. -che, peraltro, la situazione de qua risulterebbe oltremodo aggravata nell'ipotesi in cui l'istante dovesse accedere al credito bancario. Infatti, la sua iniqua posizione di debitore originario della moneta viene ulteriormente onerata dagli interessi richiesti dall'istituto di credito che, siccome si configurano come accessori al bene principale (moneta) di proprieta dei cittadini, non sono dovuti. La situazione fattuale teste' espressa espone evidentemente il deducente all'inibizione, per fatto e colpa del sistema bancario e dell'en-issione monetaria, della legittimazione giuridica, rectius "capacita giuridica'.

Pertanto, l'istante, come in atti rapp. dom. e difeso,

 

CITA

 

la Banca d'Italia, in persona del Governatore legale corr. in Roma alla Via Nazionale a comparire innanzi al Tribunale di Roma, G.I. e sezione designandi, per l'udienza del ............... , ore e locali di rito. Con l'invito a costituirsi nei termini e modi di legge e con l'espresso avvertimento che, in mancanza, si procedera in sua legittima dichiaranda contumacia per ivi sentir accogliere le seguenti

 

CONCLUSIONI

 

Piaccia all'Ill.mo Tribunale di Roma, contrariis reiectis, cosi' provvedere: dichiarare la moneta un bene reale conferito, all'atto dell'emissione, a titolo originario, in proprieta di tutti i cittadini appartenenti alla collettivita nazionale italiana, con conseguente declaratoria d'illegittimita dell'attuale sistema dell'emissione monetaria che trasforma la banca centrale da ente gestore ad ente proprietario dei valori monetari. Vinte le spese di lite.

-Avv Giuseppe Marzano-

-Avv. Berardino Ciucci-

-Dott. Proc. Antonio Pimpini-

In proprio e rappresentarmi e difendere nella presente procedura, ed in ogni sua occorrenda fase e grado, gli Avv.ti Giuseppe Marzano del Foro di Roma, Berardino Ciucci del Fore de L'Aquila ed il Dott. Proc. Antonio Pimpini del Foro di Chieti. Eleggo domicilio nella Studio in Roma alla Via . Traversari n. 55

RELATA DI NOTIFICAZIONE.

Ad istanza come in atti, io sottoscritto Ufficiale Giudiziario, addetto all'Ufficio Unico delle Notificazioni presso il Tribunale di Roma, ho notificato copia del suesteso atto di citazione, conforme all'originale, alla Banca d'Italia, in persona del Governatore legale rapp. pro tempore, corr. in Roma alla Via Nazionale, e cio' ho fatto mediante Ho altresi notificato, a titolo di notiziamento e su richiesta dell'istante, copia del suesteso atto al Ministero del Tesoro, in persona del ministro pro tempore, e cio' ho fatto mediante

NOTIFICATO IL 24/06/1994


TRIBUNALE CIVILE DI ROMA

Comparsa di costituzione e risposta

 

per la BANCA D'ITALIA, Istituto di diritto pubblico con sede in Roma, via Nazionale 91 in persona del suo legale rappresentante pro tempora, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Vittimberga e Sergio Luciani e dal dott. proc. Marco Mancini dell'Avvocatura della Banca stessa, come da mandato in calce alla presente comparsa, domiciliata presso gli stessi in Roma, via Nazionale, 91

convenuta

 

CONTRO

 

Auriti Giacinto, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe Marzano e Berardino Ciucci e dal dott.proc. Antonio Pimpini, elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv.to Giuseppe Marzano in Roma, via A.Traversari n.55,

attore

* * *

 

Con atto di citazione, notificato il 24 giugno 1994, il prof. Giacinto Auriti agendo sia in proprio quale cittadino italiano, sia quale legale rappresentante dell'Associazione Culturale "Alternativa Sociale per la Proprietà di Popolo"(ASSPP) sostenendo che allo stato attuale nessuna legge indicherebbe il proprietario della moneta all'atto dell'emissione e lamentando che sino ad oggi, in base ad una consuetudine interpretativa contra legem, l'erogazione della moneta sarebbe "effettuata dalla banca centrale addebitando illegittimamente allo Stato ed alla collettività l'intero ammontare corrispettivo" in modo da conferire "solo la proprietà a titolo derivativo per il tempo limitato alla durata del prestito", ha convenuto la Banca d'Italia dinanzi al Tribunale di Roma per ivi sentir "dichiarare la moneta un bene reale conferito, all'atto dell'emissione, a titolo originario, in proprietà di tutti i cittadini appartenenti alla collettività nazionale italiana, con conseguente declaratoria d'illegittimità dell'attuale sistema dell'emissione monetaria che trasforma la banca centrale da ente gestore ad ente proprietario dei valori monetari".

 

* * *

 

La domanda attorea nei confronti della Banca d'Italia deve essere respinta perché improponibile e/o inammissibile e comunque palesemente infondata nel merito.

La visione della moneta e delle funzioni monetarie che l'attore intende accreditare è palesemente distorta e completamente infondata. Da un punto di vista logico, è innanzitutto ben evidente che l'accettazione da parte della collettività, lungi dall'essere causa del valore della moneta, ne rappresenta in realtà solo l'effetto, sicché il sillogismo deve essere rovesciato: non è vero che la moneta vale in quanto è accettata, ma semmai, come la storia e la cronaca stanno a dimostrare, che essa è accettata solo in quanto abbia un valore. Di qui la necessità che tale valore, rispondendo ad un fondamentale interesse pubblico, sia difeso e garantito dalle Pubbliche Autorità, funzione nei moderni stati affidata alle banche centrali.

Sotto il profilo giuridico, poi, il batter moneta ha da sempre rappresentato e rappresenta tutt'ora una delle più evidenti e indiscusse espressioni della sovranità statale, sicché può correttamente affermarsi che il valore della moneta trae il proprio fondamento solo ed unicamente da norme dell'ordinamento statale, che, per solito, disciplinano minutamente la creazione e la circolazione della moneta, ne sanciscono l'efficacia liberatoria, ne sanzionano la mancata accettazione in pagamento e tutelano la fede pubblica contro la sua falsificazione ed alterazione.

Anche in Italia, questa fondamentale prerogativa sovrana dello Stato è compiutamente disciplinata dal legislatore sia per quanto attiene all'attribuzione della funzione di emissione, che in ordine alle relative modalità di esercizio.

La funzione di emettere moneta, affidata nella sua quasi totalità alla Banca d'Italia, sulla base di un rapporto avente natura concessoria, dall'art. 28 aprile 1910, n. 204, ha successivamente assunto il carattere di un'attribuzione istituzionale della Banca centrale, a seguito del R.D.L. 12 marzo 1936, n. 371, e dell'art. 1 dello Statuto della stessa Banca, approvato con R.D. 11 giugno 1936, n. 1067, e successive modificazioni, a norma del quale essa è un istituto di diritto pubblico che, quale unico istituto di emissione, emette biglietti nei limiti e con le norme stabilite dalla legge.

 

In ordine alle modalità di esercizio di tale funzione, l'art. 4 del T.U. n. 204/1910 e il D.P.R. 9 ottobre 1981, n. 811, prevedono che alla fabbricazione del biglietto concorrano la Banca d'Italia e lo Stato, tramite il Ministero del tesoro, in modo che ne l'una ne l'altro possano formare un biglietto completo.

 

Mentre per la fabbricazione l'Istituto di emissione e il Ministero del tesoro hanno competenze congiunte e coordinate, le decisioni riguardanti la quantità dei biglietti da immettere nel mercato ed i tempi dell'immissione competono alla sola Banca quanto strumentali all'esercizio delle funzioni di controllo della liquidati del sistema e di salvaguardia del valore del metro monetario, affidatele nell'ordinamento italiano (T.U. n. 204/1910 e Statuto della Banca d'Italia, ma anche art. 47 della Costituzione) e ora trovanti fondamento, anche a livello comunitario, nell'art. 105 del Trattato di Maastricht sull'Unione Monetaria Europea.

 

Sia in ordine alla fabbricazione che all'emissione monetaria, l'attività della Banca d'Italia, pur caratterizzandosi per una forte discrezionalità tecnica, non è esente da vincoli e da controlli riguardanti la produzione dei biglietti, l'iter di emissione, l'annullamento e la distruzione delle banconote logore o danneggiate. In particolare, i tagli dei biglietti che possono essere emessi dalla Banca d'Italia sono stabiliti con legge, mentre le caratteristiche e le quantità dei biglietti da stampare vengono stabilite con distinti decreti del Ministro del tesoro. L'intera attività della Banca in questi campi è poi sottoposta alla vigilanza del Ministro del tesoro e di un'apposita commissione permanente di cui fanno parte, fra l'altro, anche sei parlamentari (artt. 108 ss. del T.U. n. 204/1910).

 

* * *

 

Tanto premesso, va rilevato innanzi tutto che nell'esercizio della funzione di emissione, è attribuito alla pubblica amministrazione un potere discrezionale assoluto, prerogativa della sovranità statale, che trae fondamento dalla necessaria preminenza dell'interesse pubblico alla fabbricazione ed alla circolazione della moneta rispetto a tutti gli eventuali interessi privati che con esso possano confliggere. A fronte di tale potere, non esistono posizioni soggettive giuridicamente tutelate, bensì meri diritti civici al godimento di pubbliche funzioni. Né discende il difetto assoluto di giurisdizione o, quantomeno, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.

 

A ciò si aggiunga l'evidente carenza di interesse ad agire dell'attore, il quale ha promosso un'azione di accertamento senza che esistesse alcuna situazione di incertezza da rimuovere tant'è che l'emissione della moneta è compiutamente disciplinata dal legislatore in modo da non lasciare spazi all'immaginazione o alla fantasia né alcun pregiudizio, anche soltanto potenziale, per l'attore in proprio o per l'associazione che lo stesso asserisce di rappresentare.

 

La domanda attorea è poi, anche nel merito, destituita del benché minimo fondamento.

 

Essa muove, infatti, dalla premessa, completamente errata, secondo cui difetterebbe nel nostro ordinamento una norma di legge che indichi il proprietario della moneta all'atto dell'emissione, sicché l'appropriazione della stessa da parte della Banca d'Italia si baserebbe su una consuetudine interpretativa contra legem.

 

Ebbene, alla stregua della puntuale disciplina della funzione di emissione, i biglietti appena prodotti dall'officina fabbricazione biglietti della Banca d'Italia costituiscono una semplice merce di proprietà della Banca centrale, che ne cura direttamente la stampa e ne assume le relative spese (art. 4, comma 5, del T.U n. 204/1910). Essi acquistano la loro funzione e il valore di moneta solo nel momento, logicamente e cronologicamente successivo, in cui la Banca d'Italia li immette nel mercato trasferendone la relativa proprietà ai percettori.

 

Tale immissione, che rappresenta uno dei principali strumenti a disposizione della Banca centrale per l'esercizio delle cennate funzioni di regolazione della liquidità del sistema e di tutela del valore del metro monetario, avviene tramite operazioni che l'Istituto di emissione, in piena autonomia conclude con il Tesoro, con il sistema bancario, con l'estero e con i mercati monetario e finanziario, operazioni tutte previste e compiutamente disciplinate dalla legge e dallo statuto della Banca d'Italia (artt. 25 - 42 del T.U. n. 204/1910 e artt. 41 - 53 dello Statuto)

 

Alla luce di quanto sinora precisato, è del tutto abnorme e campata in aria l'affermazione dell'attore secondo cui esisterebbe una consuetudine interpretativa contra legem, in base alla quale la Banca centrale all'atto dell'emissione "mutua allo Stato italiano ed alla Collettività Nazionale, tutto il danaro che pone in circolazione". Come visto, la moneta viene infatti immessa nel mercato in base ad operazioni legislativamente previste e disciplinate, a seguito del compimento delle quali la Banca d'Italia cede la proprietà dei biglietti, i quali, in tale momento, come circolante, vengono appostati al passivo nelle scritture contabili dell'Istituto di emissione, acquistando in contropartita, o ricevendo in pegno, altri beni o valori mobiliari (titoli, valute, ecc.) che vengono, invece, appostati nell'attivo. Tali operazioni trovano evidenza, come prescrive la legge, nella situazione della Banca d'Italia mensilmente pubblicata sulla Gazzetta ufficiale.

Se si considera oltretutto che, come già osservato, le spese di fabbricazione dei biglietti e l'imposta di bollo sono a carico della Banca centrale e che gli utili annuali da essa conseguiti, effettuati i prelevamenti e le distribuzioni di cui all'art. 54 dello Statuto, ai sensi dell'art. 23 del T.U. n. 204/1910 vengono devoluti allo Stato, si evidenzia altresì l'assoluta inconsistenza ed insensatezza delle tesi attoree, secondo cui l'erogazione della moneta sarebbe effettuata dalla Banca d'Italia addebbitandone allo Stato ed alla collettività l'intero ammontare senza corrispettivo. Ne consegue, pertanto, che non è dato riscontrare alcunché di arbitrario o di illegittimo nelle prerogative esercitate in campo monetario dalla Banca centrale, perché, contrariamente a quanto preteso dall'attore, l'intera materia e compiutamente disciplinata dal legislatore, in modo tale che nessun aspetto attinente all'attribuzione o all'esercizio della funzione di emissione può dirsi regolamentato da consuetudini interpretative e, men che mai, da consuetudini contra legem.

 

* * *

 

Alla luce delle suesposte considerazioni, si confida nella reiezione, da parte dell'intestato Tribunale, della domanda proposta dal prof. Auriti, della quale e difficile persino comprendere l'oggetto (art. 163, 3° comma, n. 3, e art. 164, 1° comma, c.p.c.), con condanna dell'attore, non solo alla refusione delle spese di lite, ma altresì al risarcimento dei danni ex art.96 c.p.c., atteso che, anche a considerare con la miglior benevolenza l'azione da questi intentata, riesce difficile non ravvisarvi il carattere della "temerarietà".

* * *

 

Tutto ciò premesso, la Banca d'Italia, come sopra rappresentata e difesa, formula le seguenti

 

CONCLUSIONI

 

"Piaccia all'Ill.mo Tribunale adito, ogni contraria istanza e deduzione reiette, respingere la domanda attorea siccome improponibile e/o inammissibile e, comunque, infondata nel merito. Condannare, in ogni caso, l'attore alla refusione delle spese di lite nonché al risarcimento dei danni causati e causandi ai sensi dell'art.96 c.p.c., nell'importo che riterrà di liquidare in via equitativa".

 

Con ogni più ampia riserva e salvezza anche di richieste istruttorie.

 

 

Roma, 20 settembre 1994


Il Messico sfida i globalisti - Moneta d'argento  (20.12.2004)

http://www.niburu.nl/index.php?showarticle.php?articleID=5831&lang=ENG

 

I governatori, i giornalisti e la maggioranza dei cittadini messicani stanno incutendo una paura del diavolo alle elite ed alla loro banca centrale. Essi propongono con forza di monetizzare nuovamente le loro vaste riserve d'argento. Con il Venezuela in piena rivolta contro i globalisti e l'Argentina che accumula oro, l'aggiunta del Messico alla crescente saggezza che viene dimostrata nell'America meridionale e centrale deve apparire sconcertante al cartello bancario sionista. Le truppe Usa in Colombia ed una piazzaforte nella politica Peruviana al momento sembrano essere le loro sole posizioni di potere reale nella regione. Per quanto difficile da credere possa sembrare, il Messico potrebbe essere il punto di svolta che alla fine scaccia i truffatori del denaro di carta fuori dal sud-America. BRAVO ! Eccovi la storia, leggermente tagliata:

 
Le tre Bandiere dell’Argento
 

(17 dicembre 2004 - di Hugo Salinas Price – Presidente de la Asociación Mexicana Cívica Pro Plata, “President Mexican Civic Association Pro Silver” - Questo articolo, tradotto in inglese dallo autore stesso, e' apparso in lingua spagnola l' 11 dicembre 2004 su "La Jornada", giornale di Mexico City).

 

L'argento come veicolo dei risparmi del popolo si e' dimostrato una bandiera molto efficace che ha raccolto sostegno tra i principali partiti politici messicani, che in ogni altra questione sono profondamente in disaccordo gli uni con gli altri. Il 30 novembre ultimo scorso i 31 Governatori di tutti gli stati che compongono la Repubblica del Messico inviarono un comunicato alla Commissione "Percorsi e Mezzi" della Camera dei Rappresentanti messicana, nel quale espressero la loro unanime approvazione della monetizzazione dell'argento e sollecitarono la Commissione ad approvare una legge che mirasse a raggiungere esattamente questo obiettivo. 176 scrittori al giornale messicano misero la firma a dichiarazioni a piena pagina da parte del giornalistico "Club dei principali giornali di Citta' del Messico", ad ulteriore supporto della creazione della moneta denominata "Liberta' ", da una oncia (31,1 grammi) di argento. Anche una organizzazione permanente di ex legislatori ha espresso il loro sostegno alla misura in favore della monetizzazione dell' argento. Un sondaggio dalla tv nazionale "Atzeca" rivelo' che il 96 % degli spettatori approvavano la monetizzazione dell'oncia di argento, quando fu chiesto se fossero a favore oppure no. La Banca del Messico, Banca Centrale messicana, e' inflessibilmente contraria a questo provvedimento. Non vuole che il pubblico abbia l'opportunita' di accumulare risparmi in argento monetizzato. Desidera mantenere il proprio inalterato monopolio sulla stampa del denaro messicano, che non ha alcun valore intrinseco, e non vuole che il popolo abbia alcuna alternativa per i suoi risparmi, eccetto che carta-moneta o depositi bancari. La Banca del Messico ha inviato una rappresentanza di dodici uomini alla seduta del 30 novembre 2004 della Commissione "Percorsi e Mezzi", alla scopo di confondere ed intimidire i membri di tale Commissione, e prevenire un voto favorevole alla legge di monetizzare l'argento. Non sappiamo come i membri della Commissione esprimeranno il loro decisivo voto, quando il tempo verra'. Anche nel caso il loro voto fosse negativo, possiamo effettuare la previsione, in base al supporto dato a questa ragionevole e benefica misura nell'interesse del Messico, che l'idea di monetizzare l'argento non morira'. L'idea di usare l'argento come denaro che non possa essere svalutato, per i risparmi del popolo, e' ora fermamente radicata nella pubblica coscienza del Messico. Un'idea in marcia e' una forza che non muore facilmente. Se venisse soppressa, riguadagnerebbe solo maggiore forza. E' questa la storia di tutte le idee. L'argento utilizzato come denaro in Messico, circolante in parallelo con la carta-moneta, non conta quanto poco significativa l’importanza di tale piccolo ammontare d'argento nella economia nazionale, vuol dire che i Messicani ricorderanno sempre che l'argento puo' effettivamente essere usato come reale, onesto denaro. E che, mentre gli anni passano, esso sara' sempre li', ad invitarci ad usarlo nei piu' pericolosi e oscuri tempi che possono venire. L’argento in circolazione servira' a ricordarci che e' possibile per una societa' usare l'argento e ricavare benefici dall'uso di denaro reale, di denaro onesto. Altrimenti e' possibile che noi possiamo dimenticare cio’, come e' successo a molte nazioni nel mondo. Quando il Messico monetizzera' l'argento, esso diventera' un faro di speranza per il mondo, una luce che indica la via per uscire dalla palude della schiavitu' e del perpetuo impoverimento che viene con il denaro di carta. Il denaro di carta, che e' oggi il solo tipo di denaro nel mondo, assicura il controllo economico e quindi politico sulle popolazioni che lo usano. La casta bancaria mondiale che emette il denaro di carta ed il denaro virtuale, elettronico minaccia di diventare il potere sovrano per mezzo del fittizio denaro che emette, ed aspira a dominare tutta l'umanita'. Il risultato del denaro di carta e' la disumanizzazione della razza umana. Questa e' la terza e piu' importante bandiera dell'argento: la causa della umanita'.

Pertanto le bandiere dell'argento sono tre:

 

1) La bandiera dei risparmi del popolo.

2) La bandiera dell'unione nazionale.

3) La bandiera della preservazione degli uomini dalla disumanizzazione.

 

La moneta d'argento come denaro: un' idea che ha preso vita

e non sara' soppressa.  (traduzione Francesco Caselli)

 

L'Argentina sfida il Fondo Monetario ed impartisce una lezione di economia alla Grande Finanza

 

(30 dicembre 2004 - Sepp Hasslberger - http://www.newmediaexplorer.org/)

 

Tre anni dopo il collasso della economia argentina sotto il peso delle ricette per lo sviluppo fornite dal FMI e dalla Banca Mondiale, la ripresa in sboccio della nazione sud-americana sbalordisce gli osservatori internazionali. Sfidando le prescrizioni del FMI, il presidente Kirchner ed i suoi consiglieri economici avevano detto ai creditori di mettersi in coda ed attendere, mentre si ricostruiva l'economia a partire dal punto piu’ basso. Un eccellente articolo sul ”the New York Times” riferisce la storia.

 

Il saccheggio della Argentina da parte della finanza internazionale e la susseguente disintegrazione della sua economia nel dicembre 2001 e' solo uno degli esempi di quale sia stata la politica ufficiale del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale per decenni: indebitare le nazioni in sviluppo garantendo enormi prestiti per progetti che beneficano gli appaltatori stranieri piuttosto che l'economia locale, raccogliere i rimborsi e, quando avviene il del tutto prevedibile default finanziario, passare alla spremitura per "aprire la nazione alla economia di mercato". Abbassare le paghe, eliminare ogni sussidio sociale, aprire i servizi di base alla competizione multinazionale e cedere le materie prime a prezzi di svendita. John Perkins, in passato un membro rispettato della

comunità bancaria internazionale, ha deprecato duramente questa pratica. Nel suo libro "Confessioni di un sicario dell'economia" descrive come egli, da professionista ben pagato, aiutò gli Usa a derubare nazioni povere in tutto il mondo per migliaia di miliardi di dollari, concedendo loro in prestito più denaro di quanto esse potessero eventualmente restituire, e successivamente a prendere possesso delle loro economie. Democracynow.org ha pubblicato una interessante intervista a Perkins. In effetti le aspre critiche mosse dai seguaci del globalismo economico dipingono un quadro a tinte nere. La "soluzione magica" proposta da "la creme de la creme" degli economisti è – difficile da credere - legare la valuta argentina al dollaro e rinnovare gli sforzi per compiacere la finanza internazionale. Peccato che naturalmente ciò sia esattamente la causa primaria del crollo. Come si comportarono gli Argentini ? Ripudiarono il "buon consiglio" ed iniziarono a lavorare nella propria nazione, convincendosi che l'economia di un paese non viene costruita con investimenti internazionali, quanto piuttosto con produzione e consumi realizzati proprio all'interno di esso. Ecco qui di seguito la copia dell'articolo del “the New York Times”…

 

La ripresa economica argentina sfida le previsioni

(di Larry Rohter pubblicato il 26 dicembre 2004 su “the N.Y. Times”)

 

BUENOS AIRES, 23 dicembre 2004 -

Quando l'economia argentina collasso' nel dicembre 2001, le previsioni da giorno del Giudizio Universale abbondavano. A meno che essa adottasse politiche economiche ortodosse e siglasse velocemente un accordo con i suoi creditori stranieri, certamente sarebbe seguita una super-inflazione, il peso sarebbe diventato senza valore, investimenti e riserve di valuta estera sarebbero svaniti ed ogni prospettiva di crescita sarebbe stata soffocata. Ma tre anni dopo che l'Argentina dichiaro' un default per un debito record di più di 100 miliardi di dollari, il piu' largo nella storia, l'apocalisse non e' arrivata. Invece l'economia e' cresciuta del + 8 % annuale per due anni consecutivi, le esportazioni sono parecchio cresciute, la moneta e' stabile, gli investitori stanno gradualmente ritornando e la disoccupazione e' calata dai livelli record - il tutto senza un accordo relativo al debito, ne' le misure standard richieste dal Fondo Monetario Internazionale per concedere la sua approvazione. La ripresa argentina è stata innegabile, ed e' stata raggiunta almeno in parte ignorando e persino sfidando l'ortodossia economica e politica. Piuttosto che procedere alla immediata soddisfazione dei possessori di obbligazioni, banche private ed FMI, così come invece altre nazioni in sviluppo hanno fatto in crisi anche meno severe, il governo a guida peronista scelse per prima cosa di stimolare i consumi interni e disse ai creditori di mettersi in coda insieme a tutti gli altri. "Questo e' un importante evento storico, che sfida 25 anni di politiche fallimentari" ha asserito Mark Weisbrot, economista presso il Centro di Ricerche Economiche e Politiche, gruppo di ricerca di orientamento liberale in Washington. “Mentre altre nazioni continuano tuttora a zoppicare, l'Argentina sta sperimentando una crescita molto sana, senza che alcun segno indichi che essa non possa continuare, ed essi hanno ottenuto questo risultato senza essere costretti a fare alcuna concessione per ottenere l'arrivo di capitale straniero." Le conseguenze di tale decisione si possono vedere nelle statistiche governative e nei negozi, nei quali i consumatori una volta di piu' spendevano robustamente prima di Natale. Piu' di due milioni di posti di lavoro sono stati creati a  partire dal punto piu' basso della crisi all'inizio del 2002, e secondo le statistiche ufficiali anche il reddito reale, cioe' al netto della inflazione, e' rimbalzato, ritornando quasi al livello degli ultimi anni '90. Fu in questi anni che la crisi emerse, durante i quali l'Argentina provo' a stringere la cinghia secondo le prescrizioni FMI, col solo risultato di collassare nella peggiore depressione della sua storia, che provoco' anche l'avvio di una crisi politica. Alcuni dei nuovi posti di lavoro provengono dal programma governativo volto alla creazione di occupazione a bassa paga, ma circa la meta' riguardano il settore privato. Come risultato, la disoccupazione ha declinato da piu' del 20 % a circa il 13 %, ed il numero di Argentini che vivono sotto la linea della poverta' e' sceso di circa 10 punti percentuali dal livello record del 53,4 % di inizio 2002. "Le cose non sono assolutamente tornate normali, ma abbiamo acquisito la sensazione di essere tornati sulla strada giusta" - ha affermato Mario Alberto Ortiz, riparatore di impianti di refrigerazione. "Per la prima volta dacche' tutto crollo', posso effettivamente permettermi di spendere un po' di soldi". Gli economisti tradizionali seguaci del libero mercato rimangono scettici riguardo l'approccio governativo. Mentre riconoscono che c'e' stata una ripresa, la attribuiscono soprattutto a fattori esterni piuttosto che alle politiche del Presidente Néstor Kirchner, che ha assunto la carica dal maggio 2003. Inoltre sostengono anche che la ripresa comincia a perdere forza. "Siamo stati fortunati"- ha affermato Juan Luis Bour, capo economista presso la Fondazione Latino-Americana di

Ricerche Economiche in Argentina. "Abbiamo avuto prezzi alti per le merci e bassi tassi di interesse. Ma se vogliamo crescere nel 2005, dobbiamo fare un accordo per la questione del debito e riscontrare l'arrivo di capitale estero." Il FMI, che i dirigenti argentini incolpano di aver provocato la crisi in prima battuta, ribatte che l'attuale governo agisce almeno in parte come il FMI ha sempre raccomandato. Ha limitato la spesa e si e' attivato per incrementare le entrate, una prescrizione classica per una economia sofferente, ed ha accumulato un attivo di entita' doppia di quella che il Fondo aveva richiesto prima che le trattative fossero congelate molti mesi fa. "Il ritorno a questi numeri incoraggianti e' stato molto aiutato da una disciplina fiscale, che e' quasi senza precedenti secondo gli standard argentini"- ha affermato John Dodsworth, il responsabile FMI in Argentina. "Abbiamo avuto un attivo primario che e' aumentato in maniera decisa in questi pochi ultimi anni, sia a livello centrale che a quello provinciale, e che e' stata l'ancora fondamentale dal lato economico." Ma una parte di tale attivo record del bilancio e' arrivato da un paio di tributi sulle esportazioni e sulle transazioni finanziarie, che gli economisti ortodossi del FMI e di altri organismi vogliono vedere abrogati. Circa un terzo delle entrate governative è ora raccolto da tali tributi, che sono aumentati. "Il FMI vuole che queste tasse siano eliminate, ma d'altra parte i suoi rappresentanti desiderano anche che l'Argentina migliori la sua offerta ai creditori e anche che essa rimborsi il Fondo, cosi' da poter ridurre la sua esposizione presso di esso" - ha affermato Alan Cibils, economista argentino associato allo indipendente Centro Interdisciplinare per lo Studio di Indirizzo Pubblico in Argentina. In altre parole dicono: "Dovete pagare di piu' e trattenere di meno", che e' una prescrizione sicura per produrre un'altra crisi. A causa della assenza di un accordo sul debito e dello stallo sulle tariffe delle "utility" (gas, luce e acqua), alcuni investitori, specie europei, continuano ad evitare l'Argentina, citando quella che chiamano la carenza di "sicurezza giudiziaria". Ma altri, soprattutto latino-americani, abituati ad operare in ambienti instabili o essi stessi sopravvissuti a simili crisi, hanno aumentato la loro presenza in Argentina a causa della espansione delle opportunita'. "Questi sono slogan che le persone ripetono senza pensare, come se essi fossero pappagalli" - ha affermato Roberto Lavagna, ministro della economia, quando interpellato in merito alle previsioni che gli investimenti starebbero per venire meno. "Nel 2001 e all'inizio del 2002 tutti i tipi di contratto furono annullati" - ha detto. "Cosi' perche' ora investono ? Chiaramente perche' oggi possono ottenere un ottimo livello di rendimento." La compagnia petrolifera brasiliana Petrobras ha comprato una parte delle azioni di una primaria compagnia energetica argentina. Un'altra compagnia brasiliana, la AmBev, ha acquisito una larga compartecipazione nella Quilmes, importante societa' argentina produttrice di birra, ed una compagnia messicana ha acquisito il controllo di una grossa industria fornaia e pasticciera. Le nazioni asiatiche, Cina e Sud-Corea soprattutto, hanno cominciato ad operare in Argentina. Durante una visita di stato il mese scorso, il presidente cinese Hu Jintao ha annunciato che la sua nazione progetta di investire venti miliardi di dollari ìin Argentina nello spazio dei prossimi dieci anni. Ma il grosso dei nuovi investimenti viene dagli stessi Argentini, che stanno cominciando a spendere il loro denaro in patria, sia riportando i loro risparmi dall'estero, sia prelevandoli dal di sotto dei loro materassi. Per la prima volta in tre anni, e' maggiore la quantita' di denaro che entra nella nazione di quella che ne esce. Cio' ha consentito a Kirchner il lusso di assumere una linea dura con il fondo monetario e con i creditori esteri che reclamano il rimborso. "La questione e' che l'Argentina ha al momento un attivo di conto, cosicche' essa in realta' non ha granche' bisogno di investimenti stranieri" - ha affermato Claudio Loser, economista argentino e precedente direttore del FMI per l'emisfero occidentale. "Gli investimenti nazionali stanno prendendo piede, perche' vi sono opportunita' in agricoltura, petrolio e gas." Proprio questa settimana il governo ha annunciato che le riserve di valuta estera sono risalite a 19,5 miliardi di dollari, il loro livello piu' alto a contare dal crash e a piu' del doppio del minimo segnato a meta' del 2002, un anno che segno' un deflusso netto di 12,7 miliardi di dollari. "Il picco degli investimenti negli anni '90 era del 19,9 % del PIL, e oggi e' del 19,1%, in risalita da un minimo del 10%" - ha affermato Lavagna. Il governo Kirchner continua a cercare un accordo riguardo il debito di 167 miliardi di dollari tuttora esistente, e progetta di effettuare quella che esso definisce la sua offerta finale all'inizio del prossimo mese. Ma la svolta in Argentina ha inspirato un tale senso di confidenza che il governo non solo parla di tagliare i suoi ultimi legami con il FMI, ma anche insiste che ogni rimborso ai possessori di obbligazioni debba essere condizionato al protrarsi della buona salute economica dell'Argentina. "E' molto semplice" - ha affermato Lavagna. "Nessuno puo' raccogliere soldi da una nazione che non sta crescendo economicamente." (traduzione di Francesco Caselli)

 

Ecco come vogliono che vediamo la faccenda

 

"Proposta argentina è una truffa" (da Repubblica 12/01/2005)

 

Audizione del presidente della Tfa Stock alla Camera

Ai risparmiatori viene chiesto di respingere l'offerta

Tango bond, allarme dei detentori - La Malfa: "Spetta al governo esercitare pressioni sull'Argentina"

ROMA - "Con la pubblicazione del prospetto sui bond l'Argentina ha realizzato l'imbroglio più importante della storia". Non usa mezzi termini Nicola Stock copresidente del Gcab, associazione che tutela molti detentori di bond argentini finiti in default, e presidente della Task force argentina, l'associazione costituita in seno all'ABI per la tutela degli investitori italiani titolari di tango-bond. L'offerta, secondo Stock, che è stato sentito oggi in audizione dalla commissione Finanze della Camera, è "iniqua, inammissibile e inaccettabile per le condizioni economiche". Il comitato consiglia di non aderire e ritiene che l'Argentina possa migliorare nettamente l'offerta dall'attuale valore netto di mercato valutato in circa il 27 per cento "ad almeno il doppio".

"La posizione della TFA è chiara ed è quella di raccomandare gli investitori a non aderire all'offerta del governo argentino che è unilaterale perchè non negoziata con i maggiori creditori nonostante questa fosse una richiesta del fondo monetario internazionale. Questa offerta - ha detto Stock - è iniqua ed inammissibile e il nostro obiettivo è quello di convincere i bond holders a non consentire il successo dell'offerta".

Secondo la Tfa, il governo argentino è finanziariamente in grado di migliorare l'offerta riducendo il periodo per il pagamento del capitale attraverso i nuovi bond, dai 35 anni previsti dal prospetto attuale a 10-15 anni. In questo modo si alzerebbe la percentuale di rimborso al 55 per cento circa, spiega Stock, con tassi di interesse "del 2-2,5 per cento".

Perchè l'offerta attuale sia valida occorre l'adesione dell'80 per cento dei titolari delle obbligazioni. Una percentuale molto alta che Stock si dice certo che non verrà raggiunta. "Il numero di investitori italiani che intendono aderire - ha pronosticato il presidente della Tfa - è limitatissimo". Secondo le stime del copresidente del Gcab "l'Argentina oggi può contare su adesioni per circa il 25 per cento del debito in default da parte di banche, fondi pensione e società di assicurazione argentini". In caso di mancata accettazione, il governo argentino dovrebbe sedersi di nuovo al tavolo delle trattative con i rappresentanti dei detentori di titoli.

Nell'eventualità, invece, che l'offerta venga accettata (le adesioni possono arrivare a partire da venerdì, il termine scade il 25 febbraio), Stock ha preannunciato "azioni legali molto forti da parte degli investitori. Ci sono già negli Usa - ha detto - due class action molto forti" mentre altre 14 azioni collettive attendono la certificazione. "Noi - ha aggiunto - cercheremo di non fare cause al governo argentino, ma se continuiamo a prendere calci nel sedere...".

Comunque, ha ricordato, "sulla base di quanto indicato nel prospetto informativo, le obbligazioni che non parteciperanno all'offerta di scambio manterranno intatti i diritti originari". Se l'offerta venisse accettata, ha detto ancora Stock, si creerebbero problemi per la stabilità dei mercati.

Al termine dell'audizione, il presidente della commissione Finanze Giorgio La Malfa ha definito "del tutto convincenti" le valutazioni di Stock e ha sottolineato che spetta al governo italiano esercitare

"tutte le pressioni" necessarie sull'Argentina contro l'offerta di rimborso dei tango-bond.

(12 gennaio 2005)

 

Utopia finale

Abbiamo preso il caso Argentina come esempio, vedendo il punto di vista del Governo Argentino, dei “manovratori” della opinione pubblica (giornalisti, politici, giornali…) e del FMI…

Vediamo cosa propongono i “semplici” cittadini tramite Internet

“… Iniziative a sostegno dei Risparmiatori coinvolti nel crack Argentina

I 450.000 risparmiatori italiani vittime del default dei bond argentini e i loro familiari coinvolti, prendendo spunto dall'emendamento presentato dall'Onorevole Guido Rossi in sede di approvazione della Finanziaria 2004 ed essendo chiare le responsabilità del sistema bancario italiano in questa vicenda

CHIEDONO AI PARLAMENTARI ITALIANI

- che sia votata una legge che istituisca a carico delle banche italiane un fondo per il rimborso del 50% del valore nominale delle obbligazioni. Ciò permetterebbe ai risparmiatori di avere un risarcimento parziale dato che lo stato argentino, per ora, ha avanzato solo un'offerta di rimborso

del 25% del valore dei titoli;

- in alternativa chiedono che sia votata una legge che imponga alle banche italiane di riacquistare a prezzo pieno i titoli venduti alla clientela. In tal modo le banche risarcirebbero i risparmiatori e allo stesso tempo diverrebbero proprietarie dei bond, potendo così trattare direttamente con lo stato argentino ed ottenere un rimborso soddisfacente data la loro maggiore forza contrattuale.

Le responsabilità delle banche italiane sono estremente gravi: fin dal 1999 la Banca d’Italia aveva informato il sistema bancario italiano che il rating dell’Argentina era sceso al livello B1 e, ciò nonostante, nel triennio 1999-2001, le banche hanno continuato a collocare i titoli presso i propri clienti. In moltissimi casi, gli istituti di credito italiani non hanno svolto solo un ruolo d'intermediari (beneficiando di sostanziose commissioni) ma hanno venduto alla clientela allo sportello le obbligazioni che detenevano nella propria diretta titolarità, con un palese conflitto d'interesse. In generale poi la clientela non era stata informata in modo esauriente del rischio Paese, non certo riflesso dallo spread dei tassi, all'epoca solo di 3-4 punti superiori rispetto ai titoli di stato emessi dal Tesoro USA.  Si sottolinea infine che, nella circostanza, del tutto nulla é stata vigilanza di Banca d'Italia, ABI e Consob nei confronti del sistema bancario.…”

 

Ultima ora:

Polemica tra Consumatori e Consob sul prospetto (da iltempo.it 10-1-05)

È scontro tra le associazioni dei consumatori e a la Consob all’indomani della pubblicazione del prospetto con le proposte di rimborso dei bond argentini, che prevedono la perdita fino a poco meno del 70% del capitale investito. Se vorranno accettare l’offerta del governo di Buenos Aires, i risparmiatori potranno farlo da venerdì 14. E per limitare la perdita dovranno accettare lo scambio entro il 4 febbraio. «La Consob rischia di essere complice delle malefatte del governo argentino», attacca Elio Lannutti dell’Intesa dei consumatori perchè «ha approvato troppo rapidamente un prospetto che lascia troppo a desiderare e che discrimina tra i risparmiatori, mentre doveva mettere paletti ben diversi». L’offerta di scambio propone ai risparmiatori tre titoli alternativi ai «tango bond» originali: obbligazioni «par», «discount» e «quasi par». Le prime sono rimborsate alla pari, se tutto andrà bene e comunque ce ne sono solo per 15 miliardi di dollari, le seconde restituiranno il 33,7% del capitale investito, e per la struttura dell’offerta rischiano di essere le più diffuse. Le ultime il 66,9%. Questo livello di rimborso avrebbe potuto essere un buon compromesso, però, attacca Lannutti, «è destinato solo alle obbligazioni in pesos, quindi praticamente ai soli risparmiatori argentini e questa è una grave discriminazione». Chi non farà in tempo a prenotare i «par bonds» rischia di avere i «discount», per i quali il termine di accettazione non scade il 4 febbraio, ma il 25. A tutti i possessori di bond argentini, comunque, Lannutti consiglia di rifiutare l’offerta e puntare sui risultati delle cause internazionali. Perchè, dice, «se l’offerta fallisce, cioè se non troverà l’approvazione della maggioranza degli obbligazionisti, allora l’argentina sarà obbligata a migliorarla o la comunità internazionale la metterà al bando». Immediata la replica della Consob che avverte: «Il nulla osta alla pubblicazione del prospetto informativo delle obbligazioni argentine è stato rilasciato dalla Consob, come sempre in casi analoghi, sulla base di un esame del documento d’offerta dal punto di vista della trasparenza delle informazioni, senza entrare - come prevede la normativa in vigore - nel merito dell’offerta e senza formulare alcun giudizio sulla convenienza dell’operazione». La Consob sottolinea infine che «non entra mai, nè potrebbe farlo, nel merito delle offerte, che ricadono sempre sotto la responsabiluità degli offerenti, in questo caso il Governo della Repubblica argentina».

 

La questione delle riserve auree (Lunedì 27 Dicembre 2004)

 

La carta stampata in Italia non fa grandi utili. Non è il profitto la ragione per cui esiste. Un contributo alla sua esistenza viene, oltre che dai privilegi concessi da leggi ad hoc, dalla pubblicità e dalla vendita di pregevoli gadget (libri, VHS, DVD, ecc.). Il contenuto è irrilevante al profitto. Le polemiche che riempiono la carta stampata oggi saranno domani meno che irrilevanti. Un esempio da manuale di paralogismi, incongruenze e ignoranza storica ed economica sono le cose scritte sui giornali in questi giorni in merito alla proposta di vendere le riserve auree della Banca d'Italia per ridurre il debito pubblico. A dispetto della catena delle argomentazioni, siamo d'accordo sulle conclusioni: che Banca d'Italia venda le sue riserve. Servirà questo a ridurre il debito pubblico? Rispondo con un'altra domanda. C'è qualcuno che lo crede? Nessuno stato moderno ridurrà mai il debito pubblico. Lo stato moderno si è formato dal ‘500 in poi. È una realtà storica, come l'Egitto dei faraoni, l'Impero mongolo o la breve egemonia di Atene. Avendo lo stato moderno il monopolio della violenza e l'esercizio incontrastato della sovranità porterà alla rovina le società sotto il suo controllo. La civilizzazione nata dal capitalismo e dall'economia di mercato, in ogni epoca impedita dall'azione dei governi, si sfalderà sotto il peso dei debiti, delle regolamentazioni delle tasse e dell'inflazione monetaria. A contrastare l'azione dei governi c'è il desiderio di vivere degli uomini, che, nel tempo loro concesso, producono, inventano, commerciano, tentano, in qualche modo, di portare avanti la divisione del lavoro. Purtroppo, più un uomo è impegnato a produrre e ad ottenere profitto nel suo limitato orizzonte di attività e meno riesce a capire la globalità delle forze storiche in azione. Esiste almeno un uomo che, nel 1913 o nel 1939, qui in Europa aveva ottimizzato la produzione del bene X, che poteva fornire ai consumatori a basso prezzo e di buona qualità, ottenendone un lauto profitto, solo per vedere i suoi sforzi nullificati qualche mese dopo, dalle bombe. Queste righe sono un contributo tardivo agli sforzi di quell'uomo. Mentre tutti sanno di avere bisogno di scarpe, quell'uomo non sa di avere bisogno di queste righe. Gli unici disposti a pagare per i servizi di un intellettuale sono i governi. Gli imprenditori e i consumatori non finanziano gli intellettuali. Gli intellettuali sono molto vanitosi e vorrebbero essere, come tutti, molto ricchi. Dal momento che gli imprenditori e i consumatori non finanziano gli intellettuali, gli intellettuali diventano i servi del governo e sfogano contro l'impresa tutta la frustrazione accumulata. Ovviamente la produzione degli intellettuali moderni, a parte la funzione ideologica immediata pro-statalista, non ha alcun valore intellettuale (si pensi a tutte le pagine stampate sotto i regimi comunisti o a quelle stampate, oggi e qui, dopo la ventura iperinflazione planetaria). Così si spiega come si possano leggere discussioni senza senso sui giornali in merito alla questione delle riserve auree: it's a tale, told by an idiot, full of sound and fury, signifying nothing . La prima cosa seria da dire sulla questione è che le riserve auree della Banca d'Italia non si sa dove siano. Mentre le scuole statali promuovono visite al Parlamento, non si possono fare visite alle riserve auree (ed è un peccato, perché i ragazzi ne sarebbero entusiasti). Da cose lette qua e là mi sono fatto l'idea che le riserve auree delle banche centrali siano sotto la FED di New York, che regola le transazioni auree tra banche centrali spostando lingotti da un armadio con su scritto “U.S.” a uno con su scritto “Germany”. Sfido chiunque a reclamare una proprietà che sta nei bunker di una potenza nucleare. Le transazioni in oro tra banche centrali avvengono senza differenza tra lettera e denaro: l'oro è moneta per le banche centrali. I privati che comprano e vendono oro prevedono una piccola differenza tra denaro e lettera: l'oro è quasi moneta per i privati. La vera moneta per i privati attualmente è la cartamoneta imposta per decreto dai governi e alcuni suoi complessi succedanei. Essa è continuamente inflazionata da chi la emette. La seconda cosa seria da dire sulla questione è che non ci è dato sapere quanto oro sia nella disponibilità delle banche centrali. Una imprecisata quantità di oro è stata prestata dalle banche centrali a delle bullion bank che lo hanno venduto, lasciando alle banche centrali una promessa di pagamento in oro. Il Fondo Monetario Internazionale non impone alle banche centrali di differenziare tra l'oro ancora in loro possesso e i crediti in oro. Basta visitare il sito della Banca Centrale Europea per vedere che la voce è “Gold and Gold Receivables”. Già! Ma sarebbe bello sapere quanto oro e quanto credito in oro abbiano oggi le banche centrali. Sono assolutamente a favore dell'idea di vendere i crediti in oro. Quei crediti non valgono la carta su cui sono scritti: se le bullion bank dovessero ripagare il loro debito in oro spingerebbero talmente in alto il suo prezzo in termini di moneta per decreto che il sistema delle monete per decreto crollerebbe. Quel debito non è stato scritto per essere ripagato, ma per permettere al sistema delle monete per decreto di continuare ad esistere. Si il grafico: È il grafico del tasso di cambio euro/dollaro e del prezzo dell'oro in dollari. Cosa dire: è l'oro che quota come una moneta o l'euro che si comporta come una commodity? Più semplicemente il prezzo dell'oro è manipolato in modo da non risultare mai più conveniente come moneta rispetto a tutte le monete per decreto importanti. Chi negli ultimi quattro anni avesse acquistato oro in euro ci avrebbe rimesso quel due per cento che danno i titoli di stato a breve. Il fenomeno può essere anche visto come un premio assicurativo che l'oro impone a fronte dell'insolvenza dei governi. Quando il cigno nero volerà nei cieli d'Europa, lo si vedrà come un ben misero premio da pagare. La terza cosa seria da dire sulla questione è che l'attuale quotazione dell'euro sul dollaro dipende più dalla sua ingente, anche se forse solo apparente, copertura aurea, che da una inesistente maggiore virtù monetaria della BCE rispetto alla FED. Gli aggregati monetari nell'area euro sono aumentati in misura molto maggiore negli ultimi anni rispetto a quelli in circolazione negli USA. Per noi, che abbiamo colto le fallacie del mercantilismo grazie al sussidiario di storia delle scuole medie, l'euro forte è un sorprendente piacere, anche se mai ci è dato modo di coglierne i vantaggi alla pompa della benzina. Non è quindi nell'auspicio di un euro debole che vediamo con favore la vendita delle riserve auree. Chi ha l'oro, fa le regole. Senza oro, le banche centrali e i governi smetteranno di fare le regole. E allora in buon ordine vedremo all'opera le forze economiche: il cigno nero, l'iperinflazione che si scarica sui prezzi, il caos contrattuale, l'interruzione della divisione del lavoro, la guerra. Il silenzio dei giornalisti? Ahimè, forse no. Il grande esperimento di pianificazione economica iniziato a Bretton Woods nel 1944 e proseguito con la chiusura della Gold Window nel 1971 volge verso la sua fine naturale.

*Intervento a cura di Fabio Gardel - US Equity & Macro LAB


Adusbef: arroganza di Fazio al termine (Roma, 24 dicembre 2004)

 

Elio Lannutti, presidente dell'Adusbef, l'associazione dei consumatori afferma:"Le riserve auree presso Banca d'Italia, pari a 79 milioni di once, dalle quali si potrebbero ricavare agli attuali prezzi di mercato ben 26 miliardi di euro, equivalenti al 30% di tutte le privatizzazioni fatte, non sono della medesima Banca d'Italia, ma dei Cittadini, che le hanno risparmiate consumando meno di quanto sia stato prodotto". Lannutti, altresì, rimarca: "L'arroganza del Governatore di BankItalia Fazio ha i giorni contati: il 27 gennaio 2005 al Tribunale di Lecce si discuterà la causa promossa dal Comitato per la sovranità monetaria e da Adusbef per sottrarre a Bankitalia il 'signoraggio' sulla moneta".

 

La Banca d'Italia ci sottrae il Reddito di Cittadinanza (Michael Spitz)

20 ottobre 2004

 

In Brasile dal 01 gennaio 2005 iniziera' ad essere corrisposto mensilmente il reddito di cittadinanza (RDC), cioe' a ciascun cittadino in quanto tale, a partire dagli appartenenti alle classi piu' povere, e poi con il tempo anche a quelli delle altre classi meno disagiate. In Alaska, stato Usa, da anni viene corrisposto solo a Natale a tutti i cittadini, cioe' dai piu' poveri ai piu' ricchi, ed assomma a circa 1.600 dollari annuali ognuno. Ad iniziative simili guardano o le hanno gia' intraprese Sudafrica, Nuova Zelanda e altre nazioni. Perfino nella italianissima Campania, per iniziativa del partito della Rifondazione comunista, che probabilmente si e' ispirato al buon amico il presidente brasiliano, si e' riusciti nel 2004 a riconoscere alle famiglie piu' disagiate un RDC di 350 Euro al mese riferito a ciascun nucleo familiare, e non al singolo cittadino. Iniziativa chiaramente anche molto contrastata, che lo stesso partito ha cercato, con esiti finora apparentemente scarsi, di introdurre in altre regioni italiane. L'ostacolo principale, evidentemente, e' il solito: il reperimento dei fondi !! Invece i fondi esistono e consentirebbero di riconoscere ad ogni cittadino italiano, dal piu' povero al piu' ricco (cioe' il solito Berlusconi), molte centinaia di Euro al mese, vita natural durante. L'importo preciso va ottenuto dividendo la massa di moneta stampata oggi dal nulla ogni mese dalla Banca Europea, per la parte che spetta all'Italia, che ammonta al 12,7 % del totale dell'Europa a 25 nazioni, in circa 58 milioni di parti eguali. Infatti creare moneta - il guadagno che ne deriva si chiama "signoraggio" - non costa nulla dal 15 agosto 1971, quando il presidente Usa Nixon aboli' per il dollaro la possibilita' di chiedere e ottenere oro in cambio della moneta. Le Banche centrali delle altre nazioni, legate da accordi monetari di sudditanza con il dollaro superstar, dovettero adeguarsi, volenti o nolenti. A questo punto molti si chiederanno: ma questa grande ricchezza, sottratta ai legittimi proprietari, i Cittadini italiani, dove finisce ? La incamera una certa banca di diritto privato, e per nulla statale, per caso denominata "Banca d'Italia", e ne distribuisce gli utili ai suoi azionisti, che sono le privatissime maggiori banche italiane, le privatissime maggiori compagnie assicurative italiane, e noti maggiori enti previdenziali italiani. Prego controllare sul numero di "Famiglia Cristiana" del 4 gennaio 2004, rinvenibile anche attraverso i soliti motori di ricerca. Per esempio presso digilander.libero.it. Questa allocazione scorretta delle risorse, in Italia e nel mondo, conferisce un potere economico enorme agli attori finanziari dell'economia e indebolisce sino a farne degli zombi gli attori produttori della economia reale. L'apparato produttivo reale italiano e occidentale in genere e' stato distrutto. Prego consultare a proposito il sito in italiano www.movisol.org dello scienziato Usa della politica Larouche. Ecco perche' gli organi di informazione offrono una litania di cattive notizie dal mondo produttivo reale. Mai visto riportare dagli organi di informazione, pero', che siano a rischio gli altissimi stipendi dei dipendenti della Banca d'Italia, o che qualche banca stia chiudendo. Come puo' essere che in una economia in sfacelo la categoria delle aziende bancarie letteralmente prospera ?  Grazie ! Quelli I NOSTRI SOLDI letteralmente se li stampano, e se li tengono solo per se' !! Queste affermazioni non sono mie originali. Le idee sono di altri. Questi altri si riuniscono a Roma, per un convegno sabato prossimo 23 ottobre 2004 alle 15:00.

Il manifesto del convegno sta a http://saba.fateback.com/apconvegnonoeuro.html

Coloro che si scomoderanno ad andare riceveranno conoscenze di qualita', vedranno la luce in fondo al tunnel e avranno un obiettivo realistico per il quale eventualmente impegnarsi.

Agli altri rimane comunque la risorsa dei siti di riferimento da me citati.

 

l bidone vuoto del capitalismo italiano (di Marco Saba)

 

Guido Carli diceva, secondo l'economista Giancarlo Galli, che Enrico Cuccia era "l'ultimo guardiano del bidone vuoto del capitalismo italiano". A mio avviso la fortuna di Carli consiste nel fatto di essere morto prima del lungamente dovuto processo che un giorno faranno ai tre gentiluomini che si inventarono, per l'Italia, il mafiosissimo Trattato di Maastricht. Carli era uno dei tre: gli altri due li troverete in calce al Trattato. Se, infatti, il signoraggio privato equivale ad un pizzo che dobbiamo pagare per usare la nostra moneta, allora nel Trattato, dove all'Art. 105A si specifica chi emette monete metalliche e chi le banconote, si "santifica" questa distorsione malefica. In pratica, il signoraggio sulle banconote spetta ai signori privati proprietari della banca centrale; quello sulle monetine metalliche, al Ministero del Tesoro del paese firmatario del Trattato.

La legge del 50

Se, come appare, la quantità di moneta metallica equivale ad un cinquantesimo rispetto alle banconote, si vede come allo Stato venga lasciato un ben misero signoraggio: l'elemosina. Ad esempio: la moneta da un centesimo di euro costa di più a coniarla del suo valore convenzionale. Partendo dall'ipotesi che la banca centrale europea stia stampando circa 60 miliardi di euro al mese (altrimenti non reggerebbe il cambio col dollaro, stampato a 70 miliardi di dollari a botta, sempre mensilmente), appropriandosi del relativo signoraggio, e considerando che alla Banca d'Italia spetta il 14,7 % di tale bottino, è facile, dividendo per 50 l'ultima somma, calcolare quanto miseramente guadagna il Ministero del Tesoro. Ma la legge del 50 non finisce qui. Essendo la riserva frazionaria in cash vicina al 2%, ciò significa che le banche commerciali possono stampare credito per 50 volte l'ammontare mensile stampato dalla BCE. Ovvero: 3.000 miliardi di euro al mese. Totale europeo del furto mensile da signoraggio privato: 3.600 miliardi di euro.

Come diventare capitalista miliardario in Italia

La BNL è socia della Banca d'Italia al 2,7 %. Ciò significa che la BNL "guadagna" il 2,7% del 14,7% di 60 miliardi di euro al mese, attraverso il signoraggio della stampa di banconote. Se Carlo De Benedetti, come ha recentemente annunciato, possiede il 2% della BNL, diventa facile calcolare quanti soldi in tasca (i tuoi soldi) si mette questo gentiluomo, mensilmente, grazie al signoraggio. Il guaio è che questo signore fa l'imprenditore: fa quindi concorrenza sleale a chi i soldi se li deve guadagnare onestamente, sul mercato (che quindi libero non è più). Ecco la base del "potere forte" del bidone vuoto del capitalismo italiano: le grandi famiglie italiane che fanno i signori del signoraggio, vengono considerate "capitaliste". In realtà sono dei ricettatori del frutto della rapina di cui da una vita si occupa il Prof. Giacinto Auriti. Ma perché questo bidone è vuoto? Perché anche Carli si rendeva conto che sarebbe arrivato, prima o poi, il giorno del "redde rationem". Il giorno in cui tutte le attività di questi fortunati "signori" andranno confiscate per cercare di restituire, almeno in parte, il signoraggio al legittimo proprietario: il sovrano popolo italiano.

Se non hai il conto, non ti pagano l'assegno

Grazie alla comprensione del sistema della riserva frazionaria (avendo 100 euro cash, la banca può crearne 5.000 di credito elettronico-virtuale), diviene facile capire perché le banche non vogliono pagare assegni tratti sulla loro sede quando un non-cliente si presenta per l'incasso in contanti. Se il soggetto fosse cliente, la banca si limiterebbe ad accreditare l'importo dell'assegno sul conto del cliente elettronicamente. Praticamente, continua a farla franca. Se invece il soggetto NON è cliente,

e pretende il pagamento in contanti, avviene quanto segue (ipotizzando di 1000 euro l'importo dell'assegno): la banca versa al soggetto 1.000 euro in contanti. AUTOMATICAMENTE la banca si trova senza 1.000 euro cash da usare COME RISERVA FRAZIONARIA per il suo millantato credito: in pratica, deve CHIUDERE prestiti per 50.000 euro, 50 volte i 1.000 euro cash. ORRORE! Il direttore della filiale si opporrà financo all'intervento della forza pubblica (la quale, da parte sua, ben poco sa su queste segrete cose). Questo è uno dei risultati dello pseudocapitalismo italiano, che fa vincere proprio quelli che barano. Prevedo molto, ma molto, lavoro per l'ADUSBEF.

 

Riferimento bibliografico:

UNIVERSITA' DEGLI STUDI "G. D'ANNUNZIO"

FACOLTA' DI GIURISPRUDENZA - TERAMO

CATTEDRA DI TEORIA GENERALE DEL DIRITTO

Giacinto AURITI

L'ORDINAMENTO INTERNAZIONALE DEL SISTEMA MONETARIO

Edigrafital, Teramo 1996

http://saba.fateback.com/ordinamento.html

"Dire che uno Stato non può perseguire i suoi scopi per mancanza di denaro è come dire che un ingegnere non può costruire strade per mancanza di chilometri".

 

Babbo Natale spiega ai bambini buoni la moneta e l’oro (di Fabio Gardel - 21/12/2003)

Cari Bambini, 

il vostro papà e la vostra mamma hanno lavorato tutto l’anno per guadagnare i soldini con cui poter mangiare tutti i giorni, riscaldare la casa e farvi arrivare i regali che oggi io vi porto. Tuttavia non sanno cosa sono i soldi che hanno guadagnato. Sanno certo che l’ortolano cede le sue verdure in cambio di pezzi di carta filigranati detti “euro”, ma non sanno perché questo avvenga, né lo sa l’ortolano, che a sua volta cede gli “euro” al macellaio in cambio di carne, che a sua volta... capite bene come continua la storia.

 

È un po’ come stare in piedi: ci sappiamo stare più o meno tutti e non sappiamo perché (per i più portati per le scienze, stare in piedi è una cosa complicatissima che richiede la collaborazione dell’occhio, dell’orecchio e di tutta la pelle!). Così è per i soldi: tutti li usiamo e non sappiamo cosa sono. Il babbo e la mamma, quando si dovessero porre delle domande sulla questione (non lo faranno!), si risponderebbero frettolosamente: “I soldi sono quello che lo Stato dice che sono, e lo stabilisce tramite il Codice Civile e ne affida la produzione alla Banca Centrale”. Cari bambini, chi di voi giocando a Monopoli non ha pensato: “Come sarebbe bello se questi soldi del Monopoli fossero veri e ci si potessero comprare tutti i giocattoli del mondo!”. Ecco, al mondo esistono delle persone che sembrano dei papà e mamma come i vostri, o forse dei nonni, e invece sono dei mostri, degli orchi, dei vampiri assetati di sangue che rubano ai vostri genitori gran parte di quello che guadagnano. Come fanno? Hanno il potere di far diventare i soldi del Monopoli soldi veri. Gli “euro”, i “dollari”, le “sterline” eccetera sono i soldi del Monopoli dove il Monopoli di questi Orchi è il Mondo Stesso. Mentre i vostri genitori devono più o meno lavorare per avere i soldi, gli orchi li possono creare dal nulla e comprarci tutto quello che vogliono o darli a chi piace a loro, di solito altri orchi e mostri come loro. Se i vostri genitori hanno risparmiato 1000 “euro”, ecco che gli orchi ne creano altri mille. Ma al supermercato non sono certo raddoppiate le uova o la pasta o le bistecche. Adesso però a comprarle non ci sono solo i 1000 “euro” dei vostri genitori, ma anche i 1000 “euro” degli orchi. Quindi le cose del supermercato costeranno il doppio. Il papà e la mamma daranno la colpa al padrone del supermercato, chiamandolo ingordo ed egoista, ma, come voi avrete capito, la colpa è solo degli orchi. Solo che gli orchi sono i padroni di tutti i giornali e di tutte le televisioni e di tutte le scuole, di tutto purtroppo, quindi sono solo loro che raccontano le favole ai vostri genitori. Per esempio, nelle favole che gli orchi raccontano ai vostri genitori, l’aumento del prezzo della spesa viene chiamato “inflazione”. È un trucco degli orchi per nascondere al vostro papà il fatto che l’inflazione è la creazione di “euro” dal nulla, in quantità sempre maggiori. L’aumento del prezzo della spesa è solo un effetto della maggior quantità di “euro” in circolazione. In questo modo gli orchi succhiano il sangue dai vostri genitori. Utilizzano anche un altro sistema chiamato “tassazione”, ma questa è un’altra favola. In sintesi, comunque, il papà e la mamma sono gli schiavi degli orchi e non ne sono pienamente consapevoli, anche se a volte si lamentano delle tasse o dei prezzi. Adesso voi cari bambini vi starete chiedendo: “Ma gli orchi esistono da sempre?”  Ebbene sì, ma non ce ne sono stati mai tanti in giro come oggi, e non sono mai stati tanto ben vestiti. Avete presente un qualsiasi signore con una giacca e una cravatta? Molto probabilmente è un orco o un collaboratore degli orchi. Siete mai entrati in una banca? Ecco, lì sono tutti orchi o collaboratori degli orchi. Gli orchi più pericolosi sono quelli che insegnano nelle scuole dei grandi chiamate “università”, perché lì ai vostri papà e mamma hanno cercato di rubare, non solo i risparmi, ma addirittura l’anima, per venderla agli orchi. Forse già la vostra maestra è un orco, ma non vorrei spaventarvi proprio sotto le feste, però tenete gli occhi aperti a scuola, ok?

 

Tanto tempo fa, però, cari bambini, i soldi non erano quelli del Monopoli degli orchi, ma erano monete vere e proprie, belle, brillanti, d’oro e d’argento. Monete vere, fatte di roba preziosa che sta solo sotto terra e ci vuole tanto lavoro per tirarla fuori. Se i vostri bis-bis-nonni avessero risparmiato 1000 monete d’oro, gli orchi non avrebbero potuto creare dal nulla, senza lavorare in miniera, 1000 monete d’oro, quindi i vostri antenati avrebbero potuto fare la spesa sempre più o meno allo stesso prezzo; anzi, via via che la tecnologia migliorava, avrebbero potuto comprare sempre più cose con quelle monete d’oro. E allora gli orchi cosa si sono inventati, per derubare le persone? Hanno aperto le banche e detto alla povera gente: “Mettete le monete qui da noi e saranno al sicuro”. Poi gli hanno detto: “Invece di portare a giro le monete d’oro, così pesanti, andate a fare la spesa con le nostre banconote!” Che cos’è una banconota? È una ricevuta di carta che rappresenta un diritto di proprietà sulle monete d’oro. Mano a mano che la gente si andava fidando delle banconote, gli orchi delle banche hanno cominciato a stampare molte più banconote rispetto alle monete d’oro che erano conservate nelle loro banche. Cominciavano a realizzare i loro sogni di bambini malvagi di fare dei soldi del Monopoli dei soldi veri. A volte però le cose andavano male agli orchi. Dal momento che si davano tanto da fare per realizzare il male al mondo organizzando o finanziando le guerre, la gente talvolta prendeva paura e si presentava alla banca con le banconote per riavere indietro il suo oro. E questo faceva fallire gli orchi. Allora gli orchi delle banche cominciarono a congiurare con gli orchi dello Stato: dapprima gli chiesero di aiutarli a trovare l’oro per rimborsare le loro banconote false, poi addirittura di rendere moneta legale solo e soltanto le banconote false, tagliando ogni relazione tra le banconote e la moneta d’oro.

Gli orchi hanno lavorato più di trecento anni per realizzare il loro sogno di creare la moneta dal nulla e di far dimenticare alla gente che la moneta vera è quella d’oro. Dal 15 Agosto 1971 la moneta creata dal nulla e chiamata “dollaro” è stata dichiarata non più convertibile in oro da un grande orco americano. Negli ultimi venti anni gli orchi hanno usato l’oro che avevano sequestrato alla povera gente per tenere basso il prezzo dell’oro che si può comprare con le loro banconote. Mentre tutto diventava sempre più caro, l’oro diventava sempre meno caro, in modo da scoraggiarne l’acquisto come forma di risparmio. Il vostro papà non penserà mai all’oro come modo per risparmiare i suoi soldi. Gli orchi sono di una intelligenza diabolica, ma i vostri genitori sono buoni e alla fine, se smetteranno di credere alle favole degli orchi e si ribelleranno alla loro schiavitù, vedrete che sarà uno scherzo metterli su dei barconi e mandarli alla deriva in mezzo al mare. Ma bisogna far presto, cari bambini, perché più il tempo passa e più c’è il rischio che anche il vostro papà diventi un orco.

 

Cosa si sono inventati gli orchi da vendere ai vostri genitori come forma di risparmio, visto che i soldi del Monopoli diventavano sempre meno buoni per comprarci le cose? Hanno usato le televisioni e i giornali e le loro banche per vendere ai vostri genitori roba di carta che non è neppure più di carta, ma solo una illusoria scrittura sullo schermo di un computer. Roba che si chiama “azioni” o “obbligazioni” o “opzioni”. Di per sé non è roba necessariamente disonesta, ma è disonesto come la usano gli orchi. Convincono i vostri genitori a comprare questa roba da loro quando costa tanto e poi gliela ricomprano quando costa poco oppure lasciano che essa perda completamente di valore in mano al vostro papà. In questi giorni gli orchi hanno organizzato uno spettacolino di Natale in cui gli orchi dello Stato e della Banca Centrale dicono cose brutte agli orchi delle banche e della finanza perché hanno venduto al vostro papà delle cose di carta che non valgono più nulla: è un teatrino orrendo e squallido perché gli orchi sono tutti d’accordo dal giorno uno della storia del mondo. Però i vostri genitori, se voi non gli raccontate questa favola che state leggendo, crederanno che bisogna dare sempre più potere a un gruppo di orchi in modo che possano controllare un altro gruppo di orchi: in realtà gli orchi approfitteranno tutti insieme di ogni aumento di potere per succhiare il sangue ai vostri genitori.

 

C’è un modo per liberare papà e mamma dagli orchi? Una cosa che assolutamente bisogna fare è ritornare alla moneta d’oro e vietare che le banche creino più banconote (ricevute per le monete d’oro) rispetto alle monete d’oro che mamma e papà hanno depositato in banca. Se la banca vuole prestare monete d’oro a un uomo d’affari, la banca deve telefonare ai vostri genitori e chiedere: “Posso prestare 1000 monete d’oro a Giovanni? Se dite di sì, io vi do un certo interesse e ne chiedo a Giovanni uno maggiore, da qui a cinque anni; voi in cambio vi impegnate a non richiedere indietro le 1000 monete d’oro per cinque anni. Sappiate però che Giovanni può fallire e non restituire il prestito. È per questo che chiediamo un interesse e delle garanzie”

 

In parole tecniche, questo sarebbe un sistema bancario a riserva intera. Sembra solo una denominazione astrusa. In realtà è il modo per esiliare gli orchi per sempre o per costringerli a presentarsi con il loro vero volto mostruoso. Gli orchi sono talmente sicuri di aver fregato i vostri genitori che gli consentono oggi di comprare oro a prezzi incredibilmente bassi: quando domani il regno degli orchi finirà, la ricchezza dei vostri genitori dipenderà da quanto oro saranno riusciti a comprare oggi.

 

Mi raccomando, a Natale, intorno all’albero, leggete ai vostri genitori la favola della moneta e degli orchi. Ne va della loro e della vostra salvezza.

Un abbraccio,  il vostro Babbo Natale

 

 

 

 


Nasce il partito per la riforma monetaria e la fine della truffa del  signoraggio privato

(08/12/2004) http://sebastianoscrofina.blogspot.com/2004/12/nasce-il-partito-per-la-riforma.html

 

Informo i lettori che è da poco nato il partito "NO EURO DEI BANCHIERI", che sta raccogliendo le firme per essere in lizza alle prossime elezioni. Si tratta di un'evoluzione del "Comitato no euro": dopo la "svolta" di Rimini l'obiettivo principale di questo neo-partito sembra essere diventato non già un'anacronistica, demagogica e generica lotta all'euro, quanto una specifica, mirata e decisa lotta alla rapina del signoraggio privato dei banchieri finalizzata alla restituzione del maltolto. Il sito http://www.noeuro.it/ purtroppo non riporta ancora gli aggiornamenti in questione. Vi terrò informati sugli sviluppi.

 

Nasce a Rimini il partito "No Euro dei banchieri"

RIMINI, 24 Novembre '04 - Nel corso di un Convegno organizzativo, che ha avuto luogo a Rimini Sabato 20 Novembre '04, cui hanno preso parte personalità del mondo economico ed esponenti di associazioni di diverse regioni d'Italia, sono state gettate le basi per la costituzione di una nuova formazione politica che si chiamerà "No Euro dei banchieri". Nel corso di un appassionato dibattito è stata sostenuta l'improcrastinabile necessità che lo Stato, "in nome e per conto dei cittadini", si riappropri del valore della moneta al momento dell'emissione. Il debito pubblico, determinato quasi totalmente dall'emissione monetaria, dal signoraggio e dagli interessi passivi, impedisce l'armonico sviluppo del Paese e vanifica i propositi di buon governo, sia delle formazioni di sinistra che di destra. I raggruppamenti politici si accusano reciprocamente di incapacità, perdendo di vista la vera ragione della crisi: il disinvolto saccheggio che si determina sulle spalle di tutti i cittadini all'atto dell'emissione monetaria. Ciò non solo impedisce di soddisfare le istanze sociali, ma impoverisce il "Sistema Paese", al punto che strati di popolazione sempre più vasti hanno serie difficoltà a sbarcare il lunario ed arrivare a fine mese. Governo ed opposizione ignorano, o fingono d'ignorare, il perverso meccanismo dell'emissione monetaria, causa dei più grossi malesseri sociali. "La situazione - si è sostenuto durante il dibattito - è paradossale ed insostenibile, tutti sono indebitati: Stato, Pubbliche Amministrazioni, aziende d'ogni tipo, industrie grandi e piccole, artigiani, commercianti, famiglie, privati cittadini; ma a favore di chi? Chi è il creditore di questo immane debito? Gli elettori, anche se ancora non hanno ben compreso da che parte giunge la fregatura, sentono, avvertono, percepiscono che l'attuale sistema politico, nel suo insieme, risulta inidoneo a risolvere le grandi problematiche della Nazione.

 

"Man mano che cresce questa consapevolezza, che purtroppo tende a scivolare verso la rassegnazione, aumenta di pari passo il numero degli elettori che, constatata l'inutilità di votare, sia per la destra che per la sinistra, disertano le elezioni. Gli effetti della crisi sono destinati a crescere. Occorre predisporre per gli elettori un polo alternativo di riferimento, anche per scongiurare eventuali turbative nell'ordine pubblico. Non è casuale se sin dalle ultime elezioni europee, normali cittadini e consumatori, sentendosi non più rappresentati e tutelati da alcuna formazione politica, hanno deciso di scendere in campo per sostenere in prima persona le loro istanze politiche, sociali e solidali." A tale proposito Renzo Rabellino, Presidente del comitato No Euro dei Banchieri, Diego Volpe Pasini, rappresentante dell'Associazione Consumatori Codacons, e rappresentanti di altre associazioni economiche, si sono incontrati ed hanno deciso di unire le proprie forze per sviluppare sinergie, per obbiettivi comuni, se del caso affrontare uniti le prossime elezioni regionali. Al termine del dibattito si è provveduto alla nomina di Comitato nazionale organizzativo cui fanno parte Renzo Rabellino, Presidente, e Savino Frigiola, vice presidente vicario, con il compito di organizzare l'Assemblea costituente del nuovo Movimento politico, da tenersi a Roma o Milano, entro i primi mesi del prossimo 2005.


La storia di Bankenstein : " Voglio tutto il pianeta più il 5% ! "

(23/04/2004 - di Larry Hannigan traduzione e adattamento di Marco Saba)

 

Bankenstein era eccitato mentre ancora una volta si ripeteva il discorso che avrebbe tenuto alla gente che si sarebbe presentata all'indomani. Aveva sempre cercato il prestigio ed il potere ed ora il suo sogno stava per realizzarsi. Bankenstein era un artigiano orafo che lavorava con l'oro e con l'argento, producendo gioielli ed ornamenti, ma non gli bastava lavorare per vivere. Aveva bisogno di emozioni, di una sfida, ed ora il piano era pronto. Per generazioni la gente aveva usato il sistema del baratto. Una persona manteneva la sua famiglia provvedendo a tutti i suoi bisogni, oppure si specializzava in un particolare tipo di commercio e scambiava con altri le eccedenze per procurarsi i beni che non produceva direttamente. I giorni di mercato erano sempre rumorosi ed allegri. La gente gridava le proprie merci e le persone avevano occasione di fare nuove conoscenze. Ma ormai c'erano troppa gente e troppe discussioni. Non c'era più tempo per scambiare due chiacchiere - bisognava escogitare un nuovo sistema. In generale la gente era felice e godeva dei frutti del proprio lavoro. In ogni comunità si era formato un semplice sistema di governo per assicurare a tutti l'esercizio dei propri diritti e delle libertà e perché nessuno venisse obbligato a fare cose contro la sua volontà, costretto da parte di altre persone o altri gruppi di uomini. Questo era l'unico scopo del governo ed ogni governatore era promosso ed eletto dalla comunità locale.

 

Tuttavia, i giorni di mercato ponevano dei problemi da risolvere: un coltello valeva uno o due sacchi di grano? Una mucca valeva più di un carro? E così via. Nessuno aveva pensato ad un sistema migliore. Ma era apparso Bankenstein che aveva fatto un annuncio: "Ho trovato una soluzione ai nostri problemi di baratto ed invito la cittadinanza ad una riunione domattina". Il giorno dopo si era creata una grande adunanza nella piazza centrale del paese e Bankenstein cominciò a spiegare tutto sul nuovo sistema che aveva inventato e che si chiamava "moneta". Suonava bene. Da dove cominciamo? - chiese la gente.

 

"L'oro che uso per fare gioielli ed ornamenti è un metallo eccellente. Non si arrugginisce né si sciupa con il tempo. Batterò della moneta in oro e chiameremo queste monete 'dollari'." Bankenstein spiegò il sistema dei valori ed illustrò come la moneta sarebbe stato un sistema di scambio migliore del baratto. Uno dei governanti notò: "La gente potrebbe cominciare a scavare l'oro ed a farsi le proprie monete". "Questo non sarebbe corretto" - disse subito Bankenstein. "Solamente le monete approvate dal Governo potranno avere corso legale e queste avranno un particolare marchio di riconoscimento". La cosa sembrò ragionevole e venne proposto di distribuire le monete in parti uguali alla popolazione. Ma il fabbricante di candele disse: "Io ne merito di più perché ognuno usa le mie candele". "No" disse il contadino. "Senza cibo non c'è vita quindi siamo noi che ne dobbiamo avere di più".

 

Ed il battibecco continuò. Bankenstein li lasciò discutere per un po' ed alla fine disse: "Poiché nessuno riesce a mettersi d'accordo, suggerisco che ne riceviate l'ammontare che mi chiederete. Non c'è un limite se non la vostra capacità di restituirmele. Più ne avrete e più dovrete restituirmene nell'arco di un anno". "E che cosa avrai in cambio?" chiese la gente. "Poiché offro un servizio, ovvero la distribuzione della moneta, devo essere pagato per il mio lavoro. Diciamo che per 100 monete, me ne dovrete 105 per ogni anno di indebitamento. Le 5 saranno il mio ricarico e lo chiamerò 'interesse'."  Sembrava non ci fosse altra soluzione ed il 5% sembrò una cifra ragionevole. Fissarono di cominciare col nuovo sistema il venerdì successivo. Bankenstein non perse tempo: stampò monete giorno e notte e per la fine della settimana era pronto. La gente faceva la coda al suo negozio e, dopo che le monete furono controllate dai governatori, si cominciò col nuovo sistema. Qualcuno ne prese a prestito poche, giusto per provare come funzionava. Scoprirono che la moneta era una cosa meravigliosa e ben presto ogni prodotto ebbe il suo prezzo in monete d'oro o dollari. Il valore attribuito ad ogni oggetto venne chiamato "prezzo". Il prezzo dipendeva soprattutto dalla quantità di lavoro necessaria per produrre il bene. Se ci voleva molto lavoro, il prezzo era alto. Se invece il lavoro necessario era poco, il prezzo era economico. In una città viveva Andrea, che era l'unico orologiaio. I suoi prezzi erano cari perché i clienti erano disposti a pagare per avere proprio uno dei suoi orologi. Ben presto un altro uomo si mise a fare l'orologiaio ed offrì i suoi orologi ad un prezzo inferiore per riuscire a venderli. Così anche Andrea fu costretto ad abbassare i prezzi e ben presto i due prezzi scesero. I due orologiai furono costretti ad offrire una qualità migliore ed un prezzo inferiore per poter mantenere la clientela. Questa era la pura e semplice libera concorrenza. La stessa cosa accadde con i muratori, i trasportatori, i contabili, i contadini ed in ogni altro ramo produttivo. I clienti sceglievano quello che a loro pareva più conveniente poiché avevano libertà di scelta. Non c'erano ancora dei sistemi, come le licenze o i dazi doganali, per impedire ad altre persone di entrare nel commercio. Lo standard di vita aumentò e rapidamente tutti si chiesero come avrebbero fatto senza il sistema monetario. Alla fine dell'anno, Bankenstein uscì dal suo negozio e visitò tutta la gente che gli doveva dei soldi. Qualcuno aveva di più di quello che aveva preso in prestito, ma questo significava che altri ne avevano meno, poiché era stata emessa una quantità definita di moneta. Quelli che avevano più di quello che avevano preso in prestito, restituirono per ogni 100 monete 105 monete, ma dovettero continuare a prenderne in prestito per andare avanti. Gli altri scoprirono per la prima volta che avevano un debito.

 

Prima di dargli altre monete, Bankentein pignorò alcune loro proprietà ed ognuno cercò di darsi da fare per trovare quelle cinque monete in più che sembravano sempre così difficili da conquistare. Nessuno realizzò che, presa nel suo insieme, la comunità non avrebbe mai potuto soddisfare il debito finché tutte le monete non fossero state pagate, ma anche allora sarebbero mancate quelle 5 monete in più che non erano mai state coniate. Solamente Bankenstein si rendeva conto che era impossibile pagare l'interesse - quella moneta in più che non esisteva: qualcuno ci doveva rimettere. E' vero che anche Bankenstein avrebbe dovuto spendere qualche moneta per le sue spese, ma non avrebbe mai potuto spendere il 5% di tutta l'economia solo per sé. C'erano migliaia di persone e Bankenstein era solo uno. Inoltre, era sempre un orafo che faceva già una discreta vita. Nel retrobottega, Bankenstein aveva una cassaforte ed alcuni pensarono che fosse prudente lasciargli in consegna qualche moneta per custodirla. Lui gli caricava sopra una modesta cifra per il deposito: in base alla quantità di moneta ed al tempo del deposito. In cambio, al cliente rilasciava una ricevuta. Quando un cliente andava a far spese, non portava normalmente con sé una gran quantità di monete: piuttosto pagava il negoziante rilasciandogli una delle ricevute delle monete in deposito da Bankenstein. I negozianti riconoscevano la validità e la genuinità delle ricevute e le accettavano con l'idea di poi restituirle a Bankenstein per riavere indietro le monete. Le ricevute passavano di mano in mano al posto delle monete d'oro. La gente riponeva una grande fiducia nelle ricevute e le accettava come fossero monete d'oro.

 

Ben presto, Bankenstein si accorse che difficilmente la gente veniva nel suo negozio per scambiare le ricevute con le monete. Allora si disse: "Ho con me tutte queste monete d'oro in deposito e devo comunque lavorare duramente per guadagnarmi la vita. Non ha senso. Ci sono un sacco di persone che sarebbero disposte a pagarmi un interesse per poterle usare. Quest'oro rimane qui fermo, inutilizzato. E' vero che non è mio: ma è nella mia disponibilità. Questa è la sola cosa che importa. Non ho più bisogno di coniare monete: posso usarne un po' di quelle che sono in deposito". All'inizio cominciò prestandone solo poche per volta e con estrema cautela. Ma, col passare del tempo, divenne sempre più disinvolto e prestava molta più moneta. Un giorno gli venne richiesto un grosso prestito in monete d'oro. Bankenstein suggerì al cliente: "Invece di trasportare una così grande quantità d'oro, aprirò un deposito a suo nome e le rilascerò ricevute sufficienti per le monete depositate". Il cliente accettò ed uscì dal negozio con una manciata di ricevute. Aveva appena ottenuto un prestito, ma l'oro rimaneva nella cassaforte. Appena il cliente se n'era andato, Bankenstein sorrise. Poteva finalmente avere la botte piena e la moglie ubriaca. Poteva prestare oro e rimanerne in possesso. Amici, stranieri ed addirittura nemici avevano bisogno di fondi per portare avanti i loro affari e, finché potevano offrire garanzie, avrebbero potuto prendere a prestito le somme necessarie. Bankenstein era diventato capace di emettere prestiti per multipli del valore che effettivamente era stato depositato nella sua cassaforte, e pensare che non ne era nemmeno il proprietario!  Tutto andava bene finché i veri proprietari non avessero richiesto indietro il loro oro e finché fosse rimasta la fiducia della gente. Bankenstein cominciò a tenere un libro dei debiti e dei crediti per ogni cliente. Il mestiere di prestar soldi si stava rivelando molto lucroso. Il suo livello sociale, all'interno della comunità, aumentava di pari passo con la sua ricchezza. Stava diventando un uomo importante che meritava rispetto. In materia di finanze, la sua parola era come un verdetto sacro. Gli orafi delle altre città cominciarono ad incuriosirsi sulle sue attività e un giorno chiesero di incontrarlo. Lui spiegò quello che stava facendo ma fece attenzione a sottolineare l'importanza della segretezza della cosa. Se il loro piano fosse stato reso noto a tutti, la truffa sarebbe presto finita. Si misero così d'accordo per mantenere la più stretta segretezza sulla loro alleanza. (associazione segreta) Ognuno tornò nella sua città e divenne un altro Bankenstein.

 

La gente ora accettava le ricevute come fossero oro colato. Molte ricevute venivano depositate in cassaforte come se fossero oro. Quando un mercante voleva pagare qualcuno per la sua merce, questi scriveva semplicemente un biglietto con istruzioni per Bankenstein dove indicava a chi andavano trasferiti i fondi da prelevare sul suo conto. Bankenstein ci metteva pochissimo ad effettuare le scritture contabili da un conto all'altro. Questo sistema divenne popolare e questi biglietti di istruzioni vennero chiamati "assegni". A notte fonda, gli orafi fecero un altro incontro segreto con Bankenstein in cui questi spiegò loro un nuovo piano. Il giorno dopo, gli orafi organizzarono una riunione con tutti i governanti e Bankenstein disse: "Le ricevute di deposito che abbiamo emesso sono diventate molto popolari. Non c'è dubbio che molti tra voi le stanno usando e che le trovano molto convenienti". I governanti annuirono mentre si chiedevano dove voleva arrivare. "Bene," disse Bankenstein, "alcune di queste ricevute sono state copiate da dei contraffattori. Questa pratica deve finire." I governatori si allarmarono: "Che possiamo fare?". Bankenstein replicò: "Il mio suggerimento è di affidare innanzitutto al governo il compito di stampare le nuove ricevute su carta speciale con stampati disegni complessi, e che ogni ricevuta sia firmata dal governatore capo. Noi orafi saremmo felici di pagare le spese di emissione perché risparmieremmo un sacco di tempo necessario per compilare le nostre ricevute".  I governatori pensarono che era una buona idea poiché ritenevano che fosse loro compito proteggere la gente dalla contraffazione. Così furono d'accordo per stampare le ricevute.

 

"In secondo luogo" proseguì Bankenstein, "alcune persone hanno cominciato a fare delle miniere e si stampano le loro monete d'oro. Suggerisco che si faccia una legge che obblighi chiunque trovi una pepita d'oro a consegnarcela. Naturalmente la pagheremo con le ricevute e con le monete d'oro." L'idea sembrava buona e senza troppo pensarci, stamparono un gran numero di ricevute nuove di pacca. Ogni ricevuta aveva stampato un valore: 1, 2, 5, 10 dollari, etc. Il basso costo di stampa veniva pagato dagli orafi. Le note (ricevute) erano molto più facili da trasportare e presto vennero comunemente accettate dalla popolazione. Nonostante la loro popolarità, comunque, queste nuove banconote e monete erano usate solamente nel 10% delle transazioni. I documenti mostravano che le scritture contabili rappresentavano il 90% di tutti gli affari.

 

Era già pronta la seconda parte del piano.

Fino ad allora, la gente pagava Bankenstein per conservare le loro ricchezze. Per attrarre maggiori depositi, Bankenstein offrì un interesse del 3%. Molti già pensavano che in effetti Bankenstein pagasse loro il 3% mentre riprestava i loro soldi al 5%, guadagnando un 2%. Ma la gente non faceva obiezioni poiché ricevere il 3% sui depositi era sempre meglio che pagare per l'uso della cassaforte. Il volume dei risparmi crebbe e con la moneta in più nelle casseforti, Bankenstein riusciva ad imprestare il doppio il triplo e fino a nove volte il valore delle monete e delle banconote che possedeva. Doveva stare attento a non superare le nove volte poiché una persona su dieci effettivamente chiedeva indietro le monete o le banconote per usarle. Se al momento del ritiro non c'era abbastanza moneta come richiesto, la gente diveniva sospettosa specialmente perché i loro estratti conto mostravano la quantità depositata. Nonostante ciò, sui 900 dollari che Bankenstein creava con le false scritture contabili, riusciva a percepire fino a 45 dollari di interessi, ovvero il 5% di 900 dollari. Quando il prestito veniva ripagato, assieme all'interesse, ovvero 945 dollari, i 900 dollari venivano cancellati dalla colonna dei debiti e Bankenstein si teneva i 45 dollari di interesse. Lui pagava il 3% a chi gli aveva depositato i 100 dollari effettivamente in cassaforte, ovvero tre dollari, ed in cambio, inventandosene 900, ne guadagnava 45, con un netto di 42 dollari. Insomma, per ogni 100 dollari depositati, Bankenstein era capace di guadagnarne 42, mentre la gente pensava ne guadagnasse solo 2. Anche gli altri orafi-Bankenstein facevano la stessa cosa. Creavano monete dal nulla, con un tratto di penna sulle scritture contabili, e ci si facevano pagare sopra gli interessi.(anatocismo) In realtà non coniavano moneta, poiché era il governo che stampava le note e le monete e poi le dava agli orafi per distribuirle. L'unica spesa di Bankenstein era la minima spesa tipografica. Ma gli orafi creavano crediti dal nulla e su questi si facevano pagare gli interessi. (signoraggio)

 

La maggior parte delle persone pensava che la fornitura di moneta fosse una operazione governativa. Essi pensavano anche che Bankenstein prestasse loro la moneta effettivamente depositata da qualcun altro. Ma la cosa strana era che nessun deposito diminuiva, nonostante venissero fatti dei prestiti. Se tutti fossero corsi allo sportello a ritirare i propri soldi, la frode sarebbe saltata agli occhi. Quando veniva richiesto un prestito, in banconote o monete, non c'erano problemi. Bankenstein semplicemente spiegava ai governanti che l'aumento della popolazione e della produzione richiedeva più banconote, e così le otteneva pagando le minime spese di stampa. Un giorno, un uomo senziente andò a trovare Bankenstein. "L'interesse che Lei chiede è sbagliato" - disse. "Per ogni 100 dollari che emette, ne chiede indietro 105. I 5 in più non potranno mai essere pagati perché non esistono. I contadini producono cibo, le industrie producono beni manifatturieri, e così via, ma solamente Lei produce monete. Supponiamo che ci siano solo due imprenditori in questo paese, e che tutti gli altri siano impiegati. Ognuno dei due prende a prestito 100 dollari, ne paga 90 di stipendi e spese varie e gli rimangono 10 dollari di profitto (il suo stipendio). Questo significa che il potere d'acquisto totale è di 90 + 10 dollari per due, ovvero 200 dollari. Ma per ripagarvi, occorre vendere tutta la produzione per 210 dollari. Se uno dei due vende per 105, l'altro non potrà che vendere per 95, ed una parte della merce rimarrà invenduta poiché non v'è moneta per acquistarla.

 

Il secondo imprenditore rimane in debito con voi per 10 dollari e potrà solo ripagarvi prendendone a prestito ancora. Questo sistema è impossibile." L'uomo continuò: "Dovreste emettere 105 dollari, 100 per me e 5 per voi da spendere. In questo modo ci sarebbero 105 dollari in circolazione, ed il debito potrebbe essere ripagato." Bankenstein ascoltò attentamente ed alla fine disse: "L'economia finanziaria è una materia complessa, caro ragazzo. Ci vogliono anni di studio. Lascia che mi occupi io di queste materie e tu pensa agli affari tuoi. Tu devi diventare più efficiente, devi aumentare la produzione, tagliare le spese e diventare un uomo d'affari migliore. Sarò sempre disposto ad aiutarti su questa strada." L'uomo se ne andò ma non era convinto. C'era qualcosa che non tornava nelle operazioni di Bankenstein e si era reso conto che le sue domande erano state aggirate. Certo, molta gente ripetta la parola di Bankenstein: "E' un esperto, gli altri devono aver torto. Guardate come si è sviluppato il paese, come la nostra produzione è aumentata - dobbiamo considerarci ricchi." Per coprire l'interesse della moneta che avevano preso a prestito, i commercianti erano costretti ad aumentare i prezzi. I dipendenti si lamentavano che le paghe erano insufficienti ed i datori di lavoro rifiutavano di aumentare gli stipendi, dicendo che sarebbero andati in rovina. I contadini non riucivano ad ottenere un giusto prezzo per i loro prodotti. Le massaie si lamentavano che il cibo era troppo caro. Alla fine alcuni fecero sciopero, una cosa sino ad allora sconosciuta. Altri venivano colpiti dalla povertà e nemmeno i parenti riuscivano più ad aiutarli. La maggior parte si era scordata del vero valore delle cose che aveva intorno - il suolo fertile, le grandi foreste, i minerali ed il bestiame. Tutti pensavano solo ai soldi che sembravano sempre troppo scarsi. Ma la gente non metteva mai in dubbio il sistema e pensavano che fosse il governo a gestirlo. Alcune persone si misero assieme accomunando i soldi che avevano in eccesso e crearono delle società di finanziamenti e prestiti. In questo modo, poterono richiedere il 6% di interessi, che era di più del 3% richiesto da Bankenstein. Ma loro potevano solo prestare il denaro che avevano e non disponevano del magico potere di Bankenstein di crearlo dal niente semplicemente falsificando le scritture contabili. Queste società finanziarie infastidivano in qualche modo Bankenstein ed i suoi compari, così questi ultimi misero su delle società simili per conto loro. Per la maggior parte acquistarono le società concorrenti, o ne assunsero il controllo, in modo che tutto il mercato del credito fosse in mano loro. (monopolio)

 

La situazione economica peggiorò.

I dipendenti erano convinti che i loro capi facevano troppi profitti. I proprietari dicevano che i lavoratori erano troppo pigri e che non lavoravano onestamente. Ognuno dava la colpa all'altro. Il governo non riusciva a trovare una risposta mentre il problema immediato diventava di prendersi cura di chi era colpito dalla povertà. I governanti cominciarono a creare degli schemi di assistenza sociale e promulgarono leggi che obbligavano la gente a con tribuire. Questo fece arrabbiare parecchia gente che pensava che la carità fosse un atto volontario. "Queste leggi non sono nient'altro che una rapina legalizzata. Prendere qualcosa a qualcuno contro la sua volontà, al di là dello scopo per cui lo si faccia, non è differente dal rubare." Ma ognuno si sentiva indifeso ed era terrorizzato dalla possibilità di finire in galera se non avesse pagato. Gli schemi di assistenza sociale sembravano dare un qualche sollievo, ma ben presto il problema si ripresentò e fu necessario raccogliere altri soldi. Il costo di questo assistenzialismo aumentava di pari passo con la dimensione dell'amministrazione governativa. Molti governanti erano persone sinceramente orientate a fare del loro meglio. Questi non amavano chiedere ancora più soldi al loro popolo e, alla fine, risolsero di chiederlo in prestito a Bankenstein ed ai suoi compari. I governanti non avevano idea di come ripagare i debiti contratti. I genitori non poterono più pagare i maestri per i loro bambini, né i dottori. Gli operatori dei trasporti cominciavano a fallire. Alla fine il governo venne costretto ad assumersi tutti questi servizi ad uno ad uno. Insegnanti, dottori ed altri, divennero dipendenti pubblici. Pochi erano soddisfatti del loro lavoro: avevano ora un stipendio assicurato ma perdevano la loro identità. Erano diventati i piccoli ingranaggi di una macchina gigantesca.

 

Non c'era più spazio per l'iniziativa personale, per un riconoscimento dei meriti: lo stipendio era prefissato e le promozioni arrivavano solo se andavano in pensione o morivano i loro superiori. Nella più completa disperazione, i governanti chiesero consiglio a Bankenstein. Infatti lo consideravano come un saggio e questi sembrava sempre sapere come risolvere i problemi monetari. Bankenstein li ascoltò mentre essi illustravano tutti i loro problemi, ed alla fine disse: "Molta gente non è capace di risolvere da sé i propri problemi - hanno bisogno di qualcuno che lo faccia per loro. E' ovvio che siete d'accordo sul fatto che la maggior parte della gente ha il diritto di essere felice e di essere fornita con i beni essenziali per vivere. Uno dei nostri detti è: tutti sono uguali - o no? Bene, l'unico modo per bilanciare la situazione è di prendere la ricchezza dai ricchi e darla ai poveri. Introducete un sistema di tassazione. Più uno guadagna, più deve pagare. Raccogliete le tasse da tutti secondo le loro capacità e datele a tutti secondo i loro bisogni. Le scuole e gli ospedali saranno gratuiti per quelli che non potranno permetterseli." Bankenstein fece un bel discorso infarcito di alti ideali e concluse: "A proposito, ricordatevi che mi dovete dei soldi. E' da un po' che mi avete richiesto prestiti. L'unica cosa che posso fare per aiutarvi, è di chiedervi di ripagare solo l'interesse. Il capitale rimarrà lì fermo." Essi se ne andarono e senza riflettere a fondo sulle considerazioni di bankenstein, introdussero la tassa progressiva sul reddito. Più uno guadagnava, più pagava. Questo sistema non piaceva a nessuno, ma o pagavano o finivano in prigione. I commercianti furono costretti ad aumentare ulteriormente i loro prezzi. I dipendenti chiesero stipendi più alti costringendo gli imprenditori più deboli a chiudere - o a rimpiazzare i lavoratori con le macchine. Questo causò ancor più disoccupazione che costringeva il governo ad aumentare lo stato sociale e gli interventi assistenziali. Vennero introdotti dazi doganali ed altri sistemi protezionistici allo scopo di tenere a galla qualche industria per mantenere un minimo di occupazione. Alcuni cominciarono a chiedersi se lo scopo della produzione fosse quello di produrre merci o semplicemente di offrire assunzioni. Mentre le cose peggioravano, cercarono di attuare il controllo degli stipendi, dei prezzi, e di quant'altro. Il governo cercò di aumentare le tasse in tutti i modi possibili. Qualcuno notò che su un filone di pane, dal grano del contadino fino al fornaio, c'erano più di 50 tasse. Arrivarono gli "esperti" e qualcuno andò al governo. Ma nonostante le annuali riunioni, non riuscivano ad ottenere niente a parte gli articoli di stampa che dicevano che le tasse andavano "ristrutturate", ma alla fine aumentavano sempre. Bankenstein cominciò a richiedere indietro gli interessi "dovuti" ed una fetta sempre maggiore del prodotto interno lordo andava sprecato nel ripagamento della sua truffa contabile (in Italia siamo al 106% di debito pubblico rispetto al PIL: produciamo 100 ma siamo "indebitati" per 106).

 

Si formarono quindi dei partiti politici e la gente cominciò a chiedersi chi poteva meglio risolvere i suoi problemi. I partiti parlavano di tutto, delle personalità, degli ideali, delle ideologie, di tutto fuorché del vero problema. (omertà) I Comuni cominciarono ad avere delle difficoltà. In una delle città l'interesse sul debito era superiore alle tasse raccolte in un anno. Attraverso il paese, l'interesse non pagato aumentava. L'anno dopo, venivano calcolati gli interessi sull'interesse, incrementando ulteriormente il debito. Lentamente ma inesorabilmente, la ricchezza del Paese diventava possesso o era sotto il controllo di Bankenstein e della sua cosca, parallelamente molta gente ne diveniva schiava. Ma il controllo sulla gente non era ancora completo ed i malviventi non sarebbero stati al sicuro finché non lo fosse stato. La maggior parte delle persone che osavano opporsi, poteva essere silenziata attraverso la pressione finanziaria o venendo ridicolizzata. Per ottenere lo scopo, la cosca di Bankenstein comprò la maggior parte dei giornali, delle radio e delle televisioni selezionando accuratamente le persone che vi avrebbero operato. Molte persone avevano un sincero desiderio di migliorare il mondo, ma non realizzavano di essere strumentalizzate. Si occupavano sempre degli effetti dei problemi trascurandone le cause. C'erano vari giornali: uno per la destra, uno per la sinistra, uno per i salariati ed uno per i padroni, e così via. Non aveva molto significato a quale gruppo uno appartenesse, l'importante era di non guardare in faccia i problemi reali. (omertà) 

 

Il piano di Bankenstein era quasi completo - tutta la nazione era indebitata con lui. Attraverso l'educazione ed i media, Bankenstein controllava la mente delle persone. Queste potevano solo pensare quello che decideva lui. Quando un uomo ha più soldi di quanti mai ne possa spendere per soddisfare i suoi piaceri, che cosa più lo può eccitare? Per quelli che hanno la mentalità della classe dirigente, la risposta è il potere - il puro potere dell'uomo sull'uomo. Anche gli idealisti venivano assunti nei media e nel governo, ma i veri camerieri che Bankenstein cercava erano quelli con la mentalità della classe dirigente. La maggior parte degli orafi avevano scelto questa strada. Essi conoscevano l'eccitazione della grande ricchezza, ma non ne erano più soddisfatti. Avevano bisogno di una sfida più eccitante ed il gioco finale era il potere sulle masse. Essi credevano di essere superiori a tutti gli altri: "E' nostro dovere e diritto governare. Le masse non sanno cosa è bene per loro. Hanno bisogno di essere inquadrati ed organizzati. Governare è il nostro diritto dalla nascita."  Attraverso tutto il paese, Bankenstein ed i suoi picciotti possedevano molti uffici di prestito. Certo, erano di proprietà privata ed erano separati l'un l'altro. In teoria, erano in concorrenza l'uno con l'altro, ma in realtà lavoravano gomito a gomito.

Dopo aver convinto alcuni governanti, misero su una istituzione che chiamarono la "Banda Centrale". Non usarono neppure i loro soldi per crearla: crearono del credito utilizzando i depositi della stessa popolazione. Questa istituzione aveva la sembianza di una operazione del governo tesa a regolare la fornitura della moneta, ma stranamente, nessun funzionario pubblico venne mai ammesso nel consiglio d'amministrazione. Il governo non prendeva più a prestito direttamente da Bankenstein, ma cominciò ad usare un sistema di cambiali che scontava presso la Banda Centrale. I Buoni del Tesoro offerti non erano altro che la promessa di future tasse da riscuotere dai cittadini. Questo era confacente al piano di Bankenstein: far sì che la sua rapina sembrasse una operazione governativa. Ma dietro le scene, il burattinaio era sempre lo stesso. Indirettamente, Bankenstein aveva un tale controllo sull'operato del governo che quest'ultimo non aveva più scelta. Bankenstein amava dire in privato: "Datemi il controllo sulla moneta di una nazione e non mi fregherà niente di chi fa le leggi". Non aveva alcuna importanza quali fossero i governanti di volta in volta eletti, Bankenstein aveva il controllo della moneta, la linfa vitale della nazione. Il governo otteneva i soldi, ma ogni volta veniva caricato l'interesse su ogni prestito. Sempre più risorse venivano bruciate in progetti assistenzialisti e, ben presto, il governo non fu più nemmeno in grado di pagare l'interesse, figuriamoci il capitale. (pizzo) Ancora si trovavano delle persone che ponevano la domanda: "La moneta è una creazione dell'uomo. Non può essere aggiustata per servire l'uomo invece di comandarlo?"

 

Ma queste persone diminuivano sempre più e le loro voci si sperdevano nel folle trambusto per l'interesse inesistente. Le amministrazioni cambiavano, i partiti cambiavano di nome, ma le politiche continuavano uguali. Al di là di qualsiasi governo che fosse al "potere", l'obiettivo di Bankenstein si avvicinava sempre più ogni anno che passava. Le politiche della gente non contavano niente. Il popolo veniva tassato al limite, non poteva ormai pagare di più. Era giunto il momento per l'ultima mossa di Bankenstein. Il 10% della moneta era ancora sotto forma di banconote e monete. Queste dovevano essere abolite in un modo da non destare sospetti. Finché la gente usava il contante, essa era libera di acquistare quello che voleva, mantenendo ancora un qualche controllo sulla propria vita. Andare in giro con somme in contanti non era abbastanza sicuro, data la povertà e la disperazione diffusa causate dalla cosca di bankenstein: si poteva essere anche rapinati da qualcun altro! Gli assegni non venivano accettati al di fuori della comunità locale e quindi si doveva pensare ad un sistema più efficiente per sostituire il contante. Ancora una volta, Bankenstein aveva pronta la risposta. La sua cosca creò una carta di plastica personalizzata che mostrava il nome, la foto ed un numero d'identificazione del portatore. Ogni volta che questa carta veniva presentata, il negoziante telefonava al computer centrale per controllarne il credito. Se era a posto, la persona poteva fare acquisti fino ad un certo importo. All'inizio le persone vennero autorizzate a spendere una piccola somma, e se questa veniva ripagata entro il mese, non veniva addebitato alcun interesse. Questo poteva andar bene per il dipendente, ma l'uomo d'affari come poteva fare? Egli doveva acquistare macchinari, materie prime, pagare i dipendenti, etc. Vendendo poi i prodotti, ripagava il credito utilizzato.

 

Se un mese non ce la faceva, gli veniva caricato un interesse di 1,5% al mese. In un anno, l'interesse composto superava il 18%. Gli uomini d'affari non avevano altra possibilità che aggiungere questo costo al prezzo finale dei loro prodotti. Anche se questa moneta e credito (circa 18%) non era stato prestato a nessuno. In tutto il paese, agli imprenditori venne addossato il compito impossibile di ripagare i 100 dollari presi a prestito con 118 dollari di cui 18 non sono mai esistiti. Ma Bankenstein ed i suoi picciotti acquisivano sempre più prestigio nella società. Venivano considerati come pilastri di rispettabilità, dei veri e propri uomini d'onore. Le loro affermazioni sulle questioni finanziarie ed economiche venivano seguite con fede religiosa. Sotto il fardello di tasse sempre maggiori, molte piccole imprese collassarono. Per effettuare delle attività venivano richieste licenze specifiche, chi non le aveva non poteva reinserirsi. Bankenstein controllava tutte le grandi società che avevano centinaia di filiali e sussidiarie. Queste sembravano in concorrenza tra loro, ma lui le controllava tutte. Gli eventuali concorrenti venivano sistematicamente eliminati. Gli elettricisti, gli idraulici, i tappezzieri: tutti subirono lo stesso fato. Vennero fagocitati dalle società giganti di bankenstein che ricevevano i sussidi governativi. Bankenstein aveva voluto le carte di credito per eliminare i contanti: una volta che questi fossero spariti, solo chi possedeva la carta di credito avrebbe potuto sopravvivere.  Egli pianificò che chi avrebbe perso la carta di credito, sarebbe stato impossibilitato a vendere od ad acquistare qualsiasi cosa, fino a che non ne fosse stata verificata l'identità. Per questo propose una legge che imponeva a tutti di fare un tatuaggio di identificazione sulla mano, un tatuaggio rilevabile da uno speciale lettore collegato al computer.

 

Ogni computer sarebbe stato collegato al computer centrale dimodoché, di ognuno, si potesse sapere dove era e cosa stesse facendo, in qualsiasi momento.


L’Isola dei Naufraghi (di Louis Even)

 

Salvati dal naufragio. Un’esplosione ha distrutto la loro nave. Ognuno si aggrappa ai primi pezzi fluttuanti che gli capitano sotto mano. Cinque sono riusciti a trovarsi riuniti sullo stesso relitto spinto dalle onde. Degli altri compagni del naufragio nessuna notizia. Da ore, lunghe ore, scrutano l’orizzonte: qualche nave viaggiante li vedrà? La loro zattera di fortuna approderà su qualche riva ospitale? Ad un tratto, si sente un grido: Terra! Terra laggiù! Guardate! Proprio nella direzione verso cui le onde ci spingono! Ed a misura che si disegna, in effetto, la linea d’una riva, i visi si rallegrano. Essi sono cinque. Cinque Canadesi: Francesco, il grande e forte carpentiere, che per prima ha gridato: Terra! Paolo, coltivatore. Giacomo, specialista per l’allevamento di animali. Enrico, dottore in agraria. Tommaso, ingegnere minerario.

 

Un’isola provvidenziale. Rimettere i piedi su una terra ferma, per i nostri uomini è un ritorno alla vita. Una volta asciugati e riscaldati, il loro primo pensiero è fare conoscenza con quest’isola dove sono stati spinti… lontani dalla civilizzazione. Questa isola la battezzano col nome: L’Isola dei Naufraghi. Un rapido giro sull’isola colma le loro speranze. L’isola non è un deserto arido. Essi sono ora i soli uomini ad abitarla attualmente. Ma altri hanno dovuto viverci prima di loro: hanno incontrato qua e là sull’isola greggi semiselvaggi. Giacomo, l’allevatore, afferma che potrà migliorarli e trarne un buon rendimento. In quando al suolo dell’Isola, Paolo lo trova in gran parte assai propizio alla coltura. Enrico ha scoperto alberi fruttiferi e spera poter ottenerne grande profitto. Francesco vi ha notato soprattutto le belle distese forestali, ricche in legno di ogni specie: sarà molto facile abbattere alberi e costruire ricoveri per la piccola colonia. In quanto a Tommaso, l’ingegnere, ciò che lo ha interessato è la parte la più rocciosa dell’Isola. Egli vi ha notato molti segni indicando un sottosuolo molto ricco di minerali. Nonostante la mancanza di attrezzi perfezionati, Tommaso crede avere abbastanza iniziativa e scaltrezza per trasformare il minerale in metalli utili. Ognuno potrà dunque occuparsi alle sue opere favorite per il bene di tutti. Tutti sono unanimi a lodare la Provvidenza per lo scioglimento relativamente felice d’una grande tragedia.

 

Le vere ricchezze. Ecco i nostri uomini al lavoro. Le case ed i mobili sono costruiti dal falegname. Nei primi tempi, si sono accontentati di alimenti primitivi. Ma ben presto i campi coltivati danno buone raccolte. Stagioni dopo stagioni, il patrimonio dell’Isola si arricchisce. Si arricchisce non d’oro o di denaro stampato, ma di vere ricchezze: cose che nutrono, che abbigliano, che ricoverano, che rispondono a veri bisogni. La vita non è sempre facile e mancano tante cose alle quali erano abituati nella civiltà. D’altronde, la loro sorte avrebbe potuto essere molto più triste. Essi hanno comunque già conosciuto tempi di crisi in Canada. Essi ricordano le privazioni a cui sono stati sottoposti, mentre che i magazzini erano pieni, a dieci passi dalla loro porta di casa. Almeno, sull’Isola dei Naufraghi, nessuno li condanna a vedere marcire, sotto i loro occhi, cose di cui hanno bisogno. Poi le tasse sono sconosciute. Non c’è da temere i sequestri. Se il lavoro è duro talvolta, almeno si ha il diritto di godere i frutti del lavoro. Insomma, sfruttano l’Isola, benedicendo Dio, sperando un giorno di poter ritrovare parenti ed amici, con due grandi beni conservati: la vita e la salute.

 

Il maggiore inconveniente. Il nostri uomini si riuniscono spesso per discutere dei loro affari. Nel sistema economico molto semplice che essi praticano, una cosa ritorna sempre più in mente: non hanno alcuna specie di moneta e lo scambio, il cambio diretto di prodotti con prodotti, ha molti inconvenienti. I prodotti da scambiare non sono sempre l’uno di fronte all’altro nello stesso momento. Così avviene che la legna consegnata al coltivatore durante l’inverno, potrà essere rimborsata in legumi soltanto fra sei mesi. Molte volte viene consegnato di colpo un grosso materiale da uno degli uomini, ed in cambio, egli vorrebbe differenti piccoli oggetti, prodotti da parecchi altri ed ad epoche differenti. Tutto questo complica gli affari. Se vi fosse denaro in circolazione, ognuno potrebbe vendere i suoi prodotti agli altri in cambio di denaro. Con la moneta ricevuta si potrebbe comprare dagli altri le cose che si desiderano, quando le si desiderano e quando vi sono. Tutti sono d’accordo a riconoscere la comodità di possedere un sistema di denaro. Ma nessuno di loro sa come stabilirne uno. Hanno imparato a produrre la vera ricchezza, le cose. Ma non sanno fare i segni, il denaro. Nonostante si decide insieme di avere denaro, ignorano come fare e come farlo incominciare quando non ce n’è... Senza dubbio molti uomini istruiti sarebbero altrettanto nell’imbarazzo; tutti i loro governanti sono stati nello stesso imbarazzo dieci anni prima della guerra. Solo il denaro mancava al paese ed il governo restava paralizzato di fronte a questo problema.

 

Arrivo d’un rifugiato. Una sera che i nostri uomini, seduti sulla spiaggia, parlano per la centesima volta di questo problema, tutto d’un tratto vedono avvicinarsi una barca guidata da un solo uomo. Si affrettano ad aiutare il nuovo naufrago. Gli offrono le prime cure e discorrono. Parla francese, ma i lineamenti del viso fa pensare che è di un’altra origine. Apprendono che è un Europeo, il solo sopravvivente di un naufragio. Il suo nome: Martin Golden. Felice di avere un altro compagno, i cinque uomini lo accolgono con calore e gli fanno visitare la colonia. “Malgrado siamo perduti lontano dal resto del mondo - gli dicono - non siamo proprio da compiangere. La terra rende molto bene ed anche la foresta. Una sola cosa ci manca: non abbiamo denaro per facilitare lo scambio dei nostri prodotti.” “Benedite il caso che mi ha portato qui! - risponde Martin - Il denaro non ha misteri per me. Io, sono un banchiere ed in poco tempo posso installarvi un sistema monetario che vi darà soddisfazione.” Un banchiere!... Un banchiere!... Un angelo venuto direttamente dal cielo non avrebbe inspirato maggiore reverenza. In paesi civilizzati non siamo forse abituati ad inchinarsi davanti ai banchieri che controllano le pulsazioni della finanza?

 

Il dio della civiltà. “Signor Martin, poiché siete banchiere, voi non lavorerete sull’Isola. Vi occuperete solamente del nostro denaro.” “Me ne disobbligherò colla soddisfazione, come ogni banchiere, di stimolare la prosperità comune.” “Signor Martin, vi costruiremo una dimora degna di voi. Nel fra tempo, vi possiamo installare nell’edificio che serve alle nostre riunioni pubbliche ?” “Molto bene, amici miei. Ma incominciamo a sbarcare tutto ciò che sono riuscito a salvare dal naufragio: una piccola pressa, della carta e soprattutto un piccolo barile che tratterete con molto cura.” Si sbarca tutto. Il piccolo barile intriga la curiosità della nostra brava gente. “Questo barile - dichiara Martin - è un tesoro senza pari. È pieno d’oro!” Pieno d’oro! Cinque anime mancarono di sprigionarsi da cinque corpi. Il dio della civiltà entrato nell’Isola dei Naufraghi. Il dio giallo, sempre nascosto, ma potente, terribile, la cui presenza o assenza o i minimi capricci possono decidere della vita di 100 nazioni! “Dell’oro! Signor Martin, vero grande banchiere! Ricevete i nostri omaggi ed i nostri giuramenti di fedeltà.” “Dell’oro per tutto un continente, miei amici. Ma non è l’oro che deve circolare. Bisogna nascondere l’oro: l’oro è l’anima di tutto il denaro sano. L’anima deve restare invisibile. Io vi spiegherò tutto da quando vi darò il denaro.”

 

Un seppellimento senza testimone. Prima di separarsi per la notte, Martin rivolge loro un’ultima domanda: “Per incominciare, di quanto denaro avreste bisogno sull’Isola, per facilitare i vostri scambi?” Si guardano. Consultano umilmente lo stesso Martin. Colle suggestioni del benevolo banchiere si conviene che $200 per ognuno paiono abbastanza per incominciare. Appuntamento fissato per domani sera. Gli uomini si ritirano, scambiano tra di loro, riflessioni commosse, vanno a dormire tardi, s’addormentano bene soltanto verso il mattino, dopo avere a lungo sognato oro ad occhi aperti. Martin, lui, non perde tempo. Dimentica la sua stanchezza per non pensare che al suo avvenire di banchiere. Allo spuntare del giorno scava un fosso e rotola il barile dentro, lo copre di terra, lo dissimula con dei ciuffi d’erba accuratamente posti, vi trapianta un piccolo arbusto per nascondere ogni traccia. Poi mette in moto la sua piccola pressa, per stampare mille biglietti da un dollaro. Vedendo i biglietti uscire della pressa, tutti nuovi, sogna in se stesso: “Come sono facili da fare questi biglietti! Essi traggono il loro valore dai prodotti che serviranno a comprare. Senza prodotti, i biglietti non varrebbero nulla. I miei cinque ingenui clienti non pensano a questo. Credono sia l’oro a garantire i dollari. Io li tengo per la loro ignoranza!” Verso sera, i cinque arrivano correndo presso Martin.

 

A chi il denaro fatto di fresco? Cinque mucchietti di biglietti erano là, sulla tavola.  “Prima di distribuirvi questo denaro - disse il banchiere - bisogna intendersi.” “Il denaro è basato sull’oro. L’oro, collocato nella volta della mia banca, è mio. Dunque il denaro è mio... Oh! Non siate tristi. Io vi presterò questo denaro e voi l’userete a vostro piacere. In attesa, non vi carico che gli interessi. Visto che il denaro è raro sull’Isola, essendo che non ce n’è affatto, io credo di essere ragionevole, domandandovi solo un piccolo interesse dell’otto per cento.” “Un ultimo punto amici. Gli affari sono affari, anche tra grandi amici. Prima di toccare il proprio denaro, ognuno di voi, firmerà questo documento: c’è l’impegno per ognuno di voi di rimborsare capitale ed interessi, su pena di confisca, da me, delle loro proprietà. Oh! Una semplice garanzia. Io non tengo per nulla ad avere mai le vostre proprietà, io mi contento del denaro. Io sono sicuro che voi conserverete i vostri beni e che mi restituirete il denaro.” “E’ pieno di buon senso, Signor Martin. Noi raddoppieremo d’ardore al lavoro e vi rimborseremo tutto.” “Va bene. E venite a trovarmi ogni qual volta abbiate problemi. Il banchiere è il migliore amico di tutti... Adesso, ecco ad ognuno i suoi 200 dollari.” Ed i nostri cinque uomini se ne vanno contenti, la testa e le mani piene di dollari.

 

Un problema d’aritmetica. Il denaro di Martin ha circolato nell’Isola. Gli scambi si sono moltiplicati, semplificandosi. Tutti si rallegrano e salutano Martin con rispetto e gratitudine. Frattanto, Tommaso, l’ingegnere, è inquieto. I suoi prodotti sono ancora sotto terra. Non ha più in tasca che qualche dollaro. Come potrà rimborsare alla prossima scadenza il banchiere? Dopo aver ragionato a lungo sul suo problema individuale, Tommaso considera questo socialmente: “Considerando la popolazione di tutta quanta l’Isola - pensa - siamo noi in grado di mantenere i nostri impegni? Martin ha fatto una somma totale di $1,000. Egli domanda una somma di $1,080. Persino prenderemmo insieme tutto il denaro dell’Isola per portarglielo, ciò farebbe $1,000 e non $1,080. Nessuno ha fatto gli $80 in più. Noi facciamo prodotti, non dollari. Martin potrà dunque sequestrare tutta l’Isola, poiché noi tutti insieme, non possiamo restituire capitale ed interessi. “Quelli che sono capaci rimborsano per se stessi, senza preoccuparsi degli altri, molti cadranno subito, altri sopravviveranno. Ma, il turno degli altri verrà ed il banchiere prenderà tutto. Dunque è meglio mettersi insieme immediatamente e regolare quest’affare socialmente.” Tommaso non ha difficoltà a convincere gli altri che Martin li ha imbrogliati. Tutti si danno appuntamento dal banchiere.

 

Benevolenza del banchiere. Martin indovina il loro stato d’animo, ma fa buona faccia. L’impetuoso Francesco presenta il caso: “Come possiamo noi portarvi $1,080 quando non ce n’è che $1,000 in tutta l’Isola?” “E’ l’interesse, miei buoni amici. Non è la vostra produzione aumentata?” “Si, ma, il denaro, lui, non è aumentato. Ora, c’è giustamente del denaro che voi reclamate e non dei prodotti. Voi solo potete fare del denaro. Ora voi non avete fatto che $1,000 e ne domandate $1,080. Questo è impossibile!” “Aspettate, miei amici. I banchieri si adattano sempre alle condizioni per il maggior bene comune... Io non vi domanderò che l’interesse. Niente altro che $80. Voi continuerete a tenere il capitale.” “Voi ci abolite i nostri debiti” “No, mi dispiace, ma un banchiere non rimette mai un debito. Voi mi dovete ancora tutto il denaro prestato. Ma voi non mi rimetterete ogni anno che l’interesse. Se voi siete assidui a pagare l’interesse, io non vi incalzerò per il rimborso del capitale. Qualcuno di voi possono divenire incapaci di pagare persino il loro interesse, poiché il denaro va da una persona all’altra. Allora organizzatevi come una nazione e fondate un sistema di collezione. Ciò si chiama tassare. Voi tasserete di più quelli che avranno più denaro, e gli altri meno. Purché voi mi apportiate collettivamente il totale dell’interesse, io sarò soddisfatto e la vostra nazione andrà bene.” I nostri uomini rincasano metà calmati e metà pensierosi.

 

L’estasi di Martin Golden. Martin è solo. Qualche minuto di raccoglimento. Egli conclude: “Il mio affare è buono. Buoni lavoratori, questi uomini, ma ignoranti. La loro ignoranza e fiducia fanno la mia forza. Essi volevano del denaro, io gli ho passato delle catene. Essi mi hanno coperto di fiori, mentre io li ingannavo. Oh! grande Rothschild, io sento il tuo genio di banchiere impadronirsi dei mio essere. Tu lo hai ben detto, illustre maestro: ‘Che mi sia accordato il controllo del denaro di una nazione ed io m’infischio di chi fa le sue leggi.’ Io sono il padrone dell’Isola dei Naufraghi, perché ho il controllo del suo sistema monetario. Potrei controllare un universo. Ciò che faccio qui, io, Martin Golden, lo posso fare nel mondo intero. Che io esca, un giorno, da questa Isola: so come governare il mondo senza tenere di scettro. Il mio diletto sovrano sarebbe di versare la mia filosofia nelle teste dei cristiani: banchieri, padroni di industria, politicanti, salvatori di popolo, professori, giornalisti, essi sarebbero miei servi. La massa dei cristiani si addormenta meglio nella sua schiavitù, quando i capomastri di schiavi sono essi stessi cristiani.” E tutta la struttura del sistema bancario rothschildiano sorge nello spirito lietissimo di Martin. Frattanto, la situazione peggiora sull’Isola dei Naufraghi. Anche se la produttività aumenta, diminuiscono gli scambi. Martin pompa regolarmente i suoi interessi. Bisogna pensare a mettere denaro da parte per lui. Il denaro incolla, e lui fa circolare il male. Quelli che pagano più tasse gridano contro gli altri e aumentano i loro prezzi per trovare compenso. I più poveri, che non pagano tasse, gridano contro i costi della vita e comprano meno. Il morale diminuisce, la gioia di vivere se ne va. Non si ha più cuore al lavoro. A che vale? I prodotti si vendono male; e quando si vendono, bisogna infliggere delle tasse per Martin. La gente si priva. E’ la crisi. Ed ognuno accusa il suo vicino di mancare di virtù e di essere la causa della vita sempre più cara. Un giorno, Enrico, riflettendo nel mezzo del suo frutteto, conclude che il “progresso” apportato dal sistema monetario del banchiere, ha rovinato tutto nell’Isola. Certamente, i cinque uomini hanno i loro difetti; ma il sistema di Martin nutre tutto ciò che è di più cattivo nella natura umana. Enrico decide di convincere e di raccogliere i suoi compagni. Incomincia da Giacomo. Subito fatto: “Eh! - dice Giacomo - non sono affatto sapiente, io; ma è da molto tempo che lo sento: il sistema di quel banchiere è più putrido che il letame della mia stalla della scorsa primavera?” Tutti sono guadagnati l’uno dopo l’altro, ed un nuovo abboccamento con Martin è deciso.

 

Presso il fabbro di catene. Ci fu una tempesta presso il banchiere: “Il denaro è raro sull’Isola, Signor, perché voi ce lo togliete. Vi paghiamo, vi paghiamo, e vi dobbiamo ancora altrettanto che al principio. Lavoriamo, facciamo le terre più belle, ed ecco che siamo più mal presi di prima che voi foste arrivato. Debito! Debito! Debiti fin sopra le teste!” “Orsù! miei amici, ragioniamo un po’. Se le vostre terre sono più belle, è grazie a me. Un buon sistema bancario è il più bell’attivo per un paese. Ma per approfittarne bisogna, prima di tutto, conservare la fiducia al banchiere. Venite a me come ad un padre... Voi volete altro denaro? Molto bene. Il mio barile d’oro vale molte volte mille dollari... Tenete, io ipotecherò le vostre nuove proprietà e vi presterò immediatamente un altro mille dollari.” “Due volte più di debiti? Due volte più di interesse da pagare ogni anno, senza mai finire?” “Si, ma io ve ne presterò ancora tanto che voi aumenterete la vostra ricchezza fondiaria; e voi non mi restituirete che l’interesse. Voi accatasterete i prestiti, li chiamerete: debito consolidato. Debito che potrà aumentare di anno in anno. Ma anche il vostro reddito. Grazie ai miei prestiti, voi svilupperete il vostro paese.” “Allora, più il nostro lavoro farà produrre l’Isola, piò il nostro debito totale aumenterà?” “Come in tutti i paesi civilizzati: il debito pubblico è un barometro della prosperità.”

 

Il lupo mangia gli agnelli. “E’ questo ciò che voi chiamate denaro sano, Signor Martin? Un debito nazionale divenuto necessario ed impagabile? Ciò non è sano, ciò è malsano.” “Signori, ogni denaro sano deve essere basato sull’oro e deve uscire dalla banca allo stato di debito. Il debito nazionale è una buona cosa: esso mette i governi sotto la saggezza incarnata nei banchieri. A titolo di banchiere, io sono una fiaccola di civiltà nella vostra Isola.” “Signor Martin, noi non siamo che degli ignoranti, ma noi non ne vogliamo sapere affatto di tale civiltà. Noi non prenderemo più a prestito un solo soldo da voi. Denaro sano o non sano, noi non vogliamo più fare affari con voi.” “Mi dispiace questa decisione goffa, Signori. Ma, se rompete il contratto con me, io ho le vostre firme. Rimborsatemi immediatamente tutto, capitale e interessi.” “Ma, questo è impossibile, Signore. Anche restituendovi tutto il denaro dell’isola, non saremmo liberi.” “Non posso farci niente… Avete firmato, si o no? Si! Ebbene, in virtù della santità dei contratti, io sequestro tutte le vostre proprietà ipotecate, come convenuto tra noi, al tempo in cui eravate così contenti di avermi. Voi non volete servire con beneplacito la potenza del denaro, voi la servirete con la forza. Voi continuerete a sfruttare l’Isola, ma per me e alle mie condizioni. Andate. Io vi darò i miei ordini domani.”

 

Il controllo dei giornali. Come Rothschild, Martin sa che colui che controlla il sistema monetario di una nazione, controlla questa nazione. Ma lui sa anche, che, per mantenere questo controllo bisogna intrattenere il popolo nell’ignoranza e divertirlo con altre cose. Martin ha notato che tra i cinque uomini, due sono conservatori e tre sono liberali. Lo ha notato dalle conversazioni dei cinque, la sera, soprattutto da quando sono diventati suoi schiavi. Si litigano tra rossi e blu. Di quando in quando, Enrico, meno partigiano, suggerisce un’Unione degli Elettori, per meglio risolvere insieme, una situazione penosa a tutti... Unione pericolosa che può portare alla dittatura. Martin si applicherà dunque ad inasprire le loro discordie politiche il più possibile. Si serve della sua piccola pressa per pubblicare due foglietti settimanali: “Il Sole” per i rossi; “La Stella” per i blu. “Il Sole”, in sostanza dice: Se voi non siete più padroni nel vostro paese, è a causa di questi arretrati di blu, sempre attaccati ai grossi interessi. “La Stella” dice in sostanza: Il vostro debito nazionale è l’opera dei maledetti rossi, sempre pronti a qualsiasi avventura politica. E i nostri due gruppi politici si litigano sempre più, dimenticando il vero fabbro di catene, il controllore del denaro, Martin. Un giorno Tommaso, l’ingegnere, scopre, incagliata nel fondo di un’ansa, alla fine dell’Isola e velata da alte erbe, una barca da salvataggio, senza remi, senza altra traccia di servizio che una cassa ben conservata. Apre la cassa: oltre a un panno e a qualche piccolo oggetto, la sua attenzione si ferma si di un libro-album ancora ben conservato intitolato: “Primo Anno di Verso Domani”. Curioso, il nostro uomo si siede e apre questo libro. Egli legge. Egli divora. S’illumina: “Ma ecco - esclama - ciò che avremmo dovuto sapere da molto tempo.”

 

Un relitto prezioso. Il denaro non trae affatto il suo valore dall’oro, ma dai prodotti che il denaro compra. “Il denaro può essere una semplice contabilità, i crediti passando da un conto all’altro secondo le compre e le vendite. Il totale del denaro in rapporto con il totale della produzione. “Ad ogni aumento della produzione, deve corrispondere un aumento equivalente del denaro... Mai interesse da pagare sul denaro, nascendo... Il progresso rappresentato, non da un debito pubblico, bensì da un dividendo uguale a ciascuno... I prezzi, aggiustati al potere di acquisto per un coefficiente dei prezzi... Il Credito Sociale...” Tommaso non si tiene piò. Si alza e corre, con il suo libro, a fare partecipi della sua splendida scoperta i suoi quattro compagni.

 

Il denaro, semplice contabilità. E Tommaso si insedia professore: “Ecco - egli dice - quello che avremmo potuto fare, senza il banchiere, senza oro e senza firmare alcuno debito. Io apro un conto al nome di ciascuno di voi. A destra, i crediti, che fa aumentare il vostro conto; a sinistra, i debiti, che lo fa diminuire. Noi volevamo ciascuno $200 per cominciare. Di comune accordo, decidiamo d’iscrivere per ognuno un credito di 200. Ciascuno ha immediatamente $200. Francesco compra da Paolo dei prodotti per $10. Io tolgo a Francesco 10, gli resta 190. Aggiungo 10 a Paolo, ha adesso 210. Giacomo compra da Paolo per $8. Tolgo 8 a Giacomo, gli resta 192, mentre Paolo, lui sale a 218. Paolo compra legna da Francesco $15. Io tolgo 15 a Paolo, resta con 203; aggiungo 15 a Francesco che risale a 205. E così di seguito; da un conto all’altro, tutto come i dollari di carta vanno da una tasca all’altra. Se qualcuno di noi ha bisogno di denaro per aumentare la sua produzione, si apre il credito necessario per lui, senza interesse. Egli rimborsa il credito - una volta venduta la produzione. La stessa cosa per i lavori pubblici. Si aumentano anche periodicamente, i conti di ciascuno di una somma addizionale, senza togliere niente a nessuno, in corrispondenza al progresso sociale. Questo è il dividendo nazionale. Il denaro è così uno strumento di servizio.

 

Disperazione del banchiere. Tutti hanno compreso. La piccola nazione è diventata creditista. L’indomani, il banchiere Martin riceve una lettera firmata dai cinque: “Signore, voi ci avete indebitati e sfruttati senza alcuna necessità. Noi non abbiamo più bisogno di voi per reggere il nostro sistema monetario. Noi avremo ormai tutto il denaro che ci bisogna, senza oro, senza debito, senza ladro. Noi stabiliamo immediatamente nell’Isola dei Naufraghi, il sistema del Credito Sociale. Il dividendo nazionale sostituirà il debito nazionale. Se voi tenete al vostro rimborso, possiamo rimettervi tutto il denaro che avete fatto per noi, non di più. Voi non potete reclamare quello che non avete fatto.” Martin è in disperazione. E’ il suo impero che crolla. I cinque diventati creditisti, il mistero del denaro o del credito non esiste più per loro. “Cosa fare? - egli pensa - Chiedere loro perdono, diventare come loro? Io, banchiere, fare ciò?.. No. Io cercherò piuttosto di non aver bisogno di loro e di vivere in disparte.”

 

Soperchieria scoperta. Per proteggersi contro ogni reclamo futuro possibile, i nostri uomini hanno deciso di far firmare dal banchiere un documento attestando che egli possiede ancora tutto quello che aveva arrivando nell’Isola. Da qui l’inventario generale: la barca, la piccola pressa e... il famoso barile d’oro. Fu necessario che Martin indicasse il luogo. Si dissotterra il barile. I nostri uomini lo tirano fuori dal buco con molto meno rispetto questa volta. Il Credito Sociale ha insegnato loro a disprezzare il feticcio oro. L’ingegnere, alzando il barile, trova che, essendo oro, non pesa molto: “Dubito che questo barile sia pieno d’oro.” L’irruente Francesco non esita più. Un colpo d’accetta ed il barile spiega il suo contenuto: d’oro, non una oncia! Rocce niente che volgari rocce senza valore!... I nostri uomini hanno stentano a crederlo: “Costui ci ha truffati a questo punto, il miserabile! Quanto creduli dovemmo essere stati per cadere addirittura in estasi di fronte alla solo parola: ORO! Abbiamo ipotecato tutte le nostre proprietà per dei pezzi di carta basati su quattro palate di roccia! Ladro e bugiardo. Abbiamo litigato e ci siamo odiati gli uni e gli altri per mesi e mesi per una tale soperchieria! Il demonio!”. E mentre Francesco alzava l’accetta, il banchiere partiva verso la foresta a tutta velocità.


Dalla parabola alla realtà (di Louis Even)

 

Sistema di denaro-debito

Il sistema di denaro-debito, introdotto da Martin sull’Isola dei Naufraghi faceva indebitare finanziariamente la piccola comunità nella misura in cui, per il suo lavoro, essa sviluppava ed arricchiva l’Isola. Non è esattamente questo che avviene nei nostri paesi civilizzati? Il Canada attuale è certamente più ricco di ricchezze reali di quanto lo fosse 50 o 100 anni fa o dai tempi dei pionieri. Ora, prova a comparare il debito pubblico, la somma di tutti i debiti pubblici del Canada di oggi con quella che era questa somma 50 anni fa, 100 anni fa, tre secoli fa! C’è però la popolazione canadese essa stessa che, nel corso dei anni, ha prodotto l’arricchimento. Perché dunque tenerla indebitata per il risultato del suo lavoro ? Considera, per esempio, il caso delle scuole, degli acquedotti municipali, dei ponti, delle strade, ed altre costruzioni di carattere pubblico. Chi le costruisce? Dei costruttori del paese. Chi fornisce i materiali? Dei manifatturieri del paese. E perché essi possono così impiegarsi a dei lavori pubblici? Perché ci sono altri lavoratori che producono alimenti, vestiti, scarpe, o forniscono servizi che possono utilizzare tali costruttori ed fabbricanti di materiali. E’ appunto la popolazione, nel suo insieme, che per il suo lavoro di tutti i tipi, produce tutte queste ricchezze. Se essa fa venire prodotti dall’estero, è per contropartita dei prodotti che essa stessa fornisce all’estero. Ora, cosa si constata? Dappertutto, si tassa i cittadini per pagare queste scuole, questi ospedali, questi ponti, queste strade ed altri lavori pubblici. Si fa dunque pagare alla popolazione, collettivamente, quello che la popolazione, collettivamente, essa stessa ha prodotto.

 

Pagare più del prezzo

E non finisce qui. Si fa pagare al popolo più del prezzo di quello che essa stessa ha prodotto. La sua stessa produzione, arricchimento reale, diviene per essa un debito caricato di interessi. Con gli anni, la somma degli interessi può uguagliare, o anche superare, l’importo del debito imposto dal sistema. Avviene così che si fa pagare la popolazione due volte, tre volte, il prezzo di quello che essa stessa ha prodotto. Oltre i debiti pubblici, vi sono anche i debiti industriali, anche questi caricati di interessi. Essi forzano l’industriale, l’imprenditore, ad aumentare i suoi prezzi al di là del costo di produzione, al fine di poter rimborsare capitale ed interessi, altrimenti farebbe bancarotta. Debiti pubblici o debiti industriali, è sempre la popolazione che deve pagare tutto ciò al sistema finanziario. Pagare in tasse quando si tratta di debiti pubblici, pagare in prezzi quando si tratta di debiti industriali. I prezzi gonfiano mentre le tasse schiacciano il portamonete.

 

Sistema tirannico

Tutto questo e molto altre cose indicano bene un sistema di denaro, un sistema di finanza, che comanda invece di servire, e che tiene la popolazione sotto la sua dominazione, come Martin manteneva gli uomini dell’Isola sotto la sua dominazione prima che si rivoltassero. E se i controllori del denaro rifiutano di prestare, o se mettono condizioni troppo difficili per i corpi pubblici o per gli industriali, cosa succede? Succede che i corpi pubblici rinunciano a dei progetti che sono però urgenti; succede che gli industriali rinunciano a sviluppi o produzioni peraltro rispondenti a necessità, bisogni. E ciò è causa di disoccupazione. E per impedire addirittura ai disoccupati di morire, bisogna tassare quelli che hanno ancora qualcosa o che guadagnano ancora un salario. Si può immaginare un sistema più tirannico, i cui malefici si fanno sentire fra tutta la popolazione?

 

Ostacolo alla distribuzione

 

E questo non è tutto. A parte l’indebitare la produzione che finanzia, e il paralizzare quella che rifiuta di finanziare, tale sistema è un cattivo strumento finanziario di distribuzione dei prodotti. E’ bello avere dei negozi e dei depositi pieni, è bello avere tutto ciò che serve per una produzione anche più abbondante, ma la distribuzione dei prodotti è razionata. Per ottenere i prodotti, in effetto, è necessario pagarli. Dinanzi ai prodotti abbondanti, occorrerebbe un’abbondanza di denaro nei portamonete. Ma questo non è il caso. Il sistema mette sempre più prezzo sui prodotti che denaro nei portamonete del pubblico necessitante di tali prodotti. La capacità di pagare non è equivalente alla capacità di produrre. La finanza non è in accordo con la realtà. La realtà è un’abbondanza di prodotti facili da fare. La finanza è moneta razionata e difficile da ottenere.

 

Correggere ciò che è vizioso

Il sistema fiscale attuale è dunque veramente un sistema punitivo, invece di essere un sistema di servizio. Questo non vuol dire che bisogna sopprimerlo, ma correggerlo. Ed è questo che si potrebbe realizzare magnificamente con l’applicazione dei principi finanziari conosciuti sotto il nome di CREDITO SOCIALE. (Da non confondere col partito politico che prende falsamente lo stesso nome).

 

Il Credito Sociale

 

Il denaro conforme al reale

Il denaro di Martin, sull’Isola dei Naufraghi, non avrebbe avuto alcun valore se non vi fosse stato alcun prodotto sull’Isola. Anche se il suo barile fosse stato realmente pieno d’oro, che cosa quest’oro avrebbe potuto comprare in un’Isola senza prodotti? Oro o denaro di carta o qualsiasi importo di cifre nel libro di conto di Martin non avrebbe potuto nutrire nessuno, se non vi fossero stati prodotti alimentari. Lo stesso per i vestiti. E così per tutto il resto. Ma c’erano dei prodotti sull’Isola. Questi prodotti provenivano dalle risorse naturali dell’Isola e dal lavoro della piccola comunità. Questa ricchezza reale, che da sola dava valore al denaro, era la proprietà degli abitanti dell’Isola e non la proprietà esclusiva del banchiere Martin. Martin li indebitava per ciò che apparteneva a loro, e loro l’hanno compreso quando hanno conosciuto il Credito Sociale. Hanno compreso che ogni denaro, ogni credito finanziario, è basato sul credito della società stessa, non sull’operazione del banchiere. Hanno compreso che il denaro doveva dunque essere di loro proprietà dal momento iniziale della sua emissione; doveva dunque essere consegnato a loro, diviso tra loro, e pronto a passare in seguito dagli uni agli altri secondo il va e vieni della produzione degli uni e degli altri. La questione del denaro diventava da quel momento per, loro quello che è essenzialmente: una questione di contabilità. La prima cosa che si esige da una contabilità è di essere esatta e conforme alla cose che esprime. Il denaro deve essere conforme alla produzione o alla distruzione di ricchezza. Seguire il movimento della ricchezza: produzione abbondante, denaro abbondante; produzione facile, denaro facile; produzione automatica, denaro automatico; gratuità nella produzione, gratuità nel denaro.

 

Il denaro per la produzione

Il denaro deve essere al servizio dei produttori, a misura del loro bisogno per mobilitare i mezzi di produzione. Questo è possibile, poiché si è già fatto, dall’oggi al domani, non appena fu dichiarata la guerra. Il denaro, che mancava dappertutto da dieci anni, tutto ad un tratto arrivò, e durante i sei anni di guerra, non vi fu mai alcun problema di denaro per finanziare tutta la produzione possibile e richiesta. Il denaro può dunque essere, e deve essere, al servizio della produzione pubblica e della produzione privata, con la stessa fedeltà che fu al servizio della produzione di guerra. Tutto ciò che è fisicamente possibile per rispondere ai bisogni legittimi della popolazione deve essere reso finanziariamente possibile. Ciò sarebbe la fine degli incubi dei corpi pubblici. E sarebbe la fine della disoccupazione e delle sue privazioni, finché restano delle cose da fare per rispondere ai bisogni, pubblici o privati, della popolazione.

 

Tutti capitalisti, Dividendi ad ognuno

Il Credito Sociale preconizza la distribuzione di un dividendo periodico a tutti. Una somma di denaro che, diciamo, sarà versata ogni mese ad ogni persona, indipendentemente del suo impiego - tutto come il dividendo versato al capitalista, anche quando egli non lavora personalmente. Si ammette che il capitalista di dollari, colui che investe denaro in una impresa, ha diritto ad un reddito sul suo capitale, reddito che si chiama dividendo. Ci sono altri individui che mettono il loro capitale in opera, e questi altri sono ricompensati per questo, in salari. Ma il capitalista tira un reddito dalla sola presenza del suo capitale nell’impresa. Se vi lavora personalmente, tira allora due redditi: un salario per il suo lavoro ed un dividendo per il suo capitale. Ebbene, il Credito Sociale considera che tutti i membri della società sono capitalisti. Tutti possiedono in comune un capitale reale che concorre molto di più alla produzione moderna del capitale-dollari o del lavoro individuale dei impiegati.

 

Quale è questo capitale comunitario?

Dapprima vi sono le risorse naturali del paese, che non sono state prodotte da nessuno, che sono una gratuità divina a quelli che abitano quel paese. Poi, vi è la somma delle conoscenze, delle invenzioni, delle scoperte, dei perfezionamenti nelle tecniche di produzione, di tutto questo progresso, acquisito, accumulato, ingrandito e trasmesso da una generazione all’altra. Questa è una eredità comune, guadagnata dalle generazioni passate, che la nostra generazione utilizza ed ingrandisce ancora per passarla alla seguente. Questa non è la proprietà esclusiva di nessuno, ma un bene comunitario per eccellenza. E questo è bene, il più grande fattore della produzione moderna. Elimina solo la forza motrice del vapore, dell’elettricità, del petrolio - invenzioni degli ultimi tre secoli - e dimmi cosa sarebbe la produzione totale, anche con molto più lavoro e con orari più lunghi per tutti i lavoratori del paese. Senza dubbio, c’è ancora bisogno di produttori per mettere questo capitale in rendimento, ed essi ne sono ricompensati dal loro salari. Ma, il capitale lui stesso deve procurare dividendi ai suoi proprietari, dunque a tutti i cittadini, tutti ugualmente co-eredi delle generazioni passate. Poiché questo capitale comunitario è il più grande fattore di produzione moderna, il dividendo dovrebbe essere capace di procurare ad ognuno almeno quanto occorre per provvedere ai bisogni essenziali dell’esistenza. Poi nella misura in cui la meccanizzazione, la motorizzazione, l’automazione, prendono una parte sempre maggiore nella produzione, con sempre minore rispettivo lavoro umano, la parte distribuita dal dividendo dovrebbe diventare sempre più grande. Ecco tutta un’altra maniera di concepire la distribuzione della ricchezza rispetto al modo odierno. Invece di lasciare persone e famiglie nella grande miseria o di tassare quelli che guadagnano per soccorrere coloro che non sono più utili alla produzione, si vedrebbero tutte le persone assicurate da un reddito di base del dividendo. Migliore ripartizione alla sorgente. Sarebbe nello stesso tempo, un mezzo, ben appropriato alle grandi possibilità produttrici moderne, di realizzare in pratica il diritto di ogni essere umano all’uso dei beni materiali. Diritto che ogni persona trae dal solo fatto della sua esistenza. Diritto fondamentale e imprescindibile che Pio XII rammentava nel suo storico radio messaggio del 1° giugno 1941:

“I beni creati da Dio, lo sono stati per tutti gli uomini e devono essere a disposizione di tutti, secondo i principi della giustizia e della carità. Ogni uomo, come essere dotato di ragione, trae di fatto dalla natura il diritto fondamentale di usare dei beni materiali della terra... Un tale diritto individuale, non dovrebbe essere soppresso in alcuna maniera, nemmeno dall’esercizio d’altri diritti sicuri e riconosciuti su beni materiali”. Un dividendo a tutti ed a ognuno: ecco dunque la formula economica e sociale più radiosa che sia mai stata proposta a un mondo il cui problema non è produrre, ma distribuire i prodotti.

 

Non da un partito politico

Numerosi, in parecchi paesi, quelli che vedono nel Credito Sociale di Douglas, il più perfetto che è stato proposto per servire l’economia moderna dell’abbondanza, e per mettere i prodotti al servizio di tutti. Occorre dunque far prevalere questa concezione dell’economia, affinché divenga attuazione pratica. Sfortunatamente, in Canada, dei politicanti hanno disonorato le due parole “Credito Sociale” prendendole per designare un partito politico. Questo è il più grande torto, che mai è stato fatto alla comprensione ed all’espansione della dottrina di Douglas. Ciò è diventato una sorgente di confusione ed una causa di diffidenza. Molta gente rifiuta a priori di sentire parlare del Credito Sociale, perché ci vede un partito politico, e ha già dato la sua adesione ad un altro partito. Pertanto, il Credito Sociale, autenticamente compreso, non è un partito politico. E’ esattamente il contrario. Il fondatore stesso della scuola creditista, C.H. Douglas, lo conosceva certamente meglio di quelle piccole teste gonfiate che vogliono servirsi dell’idea superficiale che ne hanno per cercare di soddisfare le loro ambizioni politiche. Ora, Douglas, ha dichiarato nettamente che c’è incompatibilità tra Credito Sociale e politica elettorale. Partito politico e Credito Sociale sono due termini che si escludono l’un l’altro, per la loro stessa natura, per il loro scopo, il loro motore, il loro spirito. I principi del Credito Sociale riposano su una filosofia. E questa filosofia da’ la precedenza alla persona sul gruppo, sulle istituzioni e sul governo stesso. Tutta l’attività, fata in nome del Credito Sociale autentico deve essere un’attività al servizio delle persone. È tutto un altro motore che anima e orienta le attività di un partito politico. Ogni partito politico, antico o nuovo, ha come primo scopo di conquistare o di conservare il potere, di diventare o di restare il gruppo che governerà il paese. E’ la ricerca del potere per un gruppo. Il Credito Sociale, al contrario, concepisce il potere ridistribuito a tutti: il potere economico, a partire da un dividendo periodico permettente ad ogni individuo di dare dei comandi alla produzione del suo paese; il potere politico, facendo dello Stato, e dei governi di ogni tipo, “cosa” della persona, non facendo le persone “cose” dello Stato.

 

È il governo che interessa i partiti politici. Mentre è la persona, il fiorire della persona che interessa il vero creditista. La politica di partito incita i cittadini ad abdicare la loro responsabilità personale al partito, mettendo tutta l’importanza sul voto, su un atto di qualche secondo che il cittadino compie nascosto dietro uno schermo, dopo essere stato servito di stufato elettorale di tutte le salse durante quattro settimane. Il Credito Sociale, al contrario, insegna ai cittadini a prendere essi stessi le loro responsabilità, in politica come nelle altre cose ed in ogni tempo, tramite l’essere sorveglianti e coscienti dei governi, gridando la verità e denunciando le ingiustizie senza tregua ovunque dove si trovano. Ogni partito politico contribuisce a dividere il popolo, i partiti lottando gli uni contro gli altri, alla ricerca del potere. Ora, ogni divisione indebolisce. Un popolo diviso, indebolito, si fa mal servire. La dottrina del Credito Sociale, al contrario, rende i cittadini coscienti delle aspirazioni fondamentali comuni ad ogni persona. Un movimento creditista autentico insegna ai cittadini ad unirsi per delle domande sulle quali tutti si accordano, a fare all’occorrenza le pressioni concertate sui governanti, qualunque sia il gruppo al potere. E’ per questo che il giornale “Vers Demain” da cui sono tratte queste pagine, raccomanda in politica: la pressione del popolo raggruppato fuori dei parlamenti, ma operando sui governi, al fine di far legiferare nel senso del Credito Sociale gli eletti del popolo. Per fare prevalere grandi idee, come la bella concezione creditista dell’economia, si ha bisogno non di politicanti avidi di vanagloria e di denaro ma di apostoli che si diano senza calcolo, non avendo in vista che il trionfo della verità ed un mondo migliore per tutti; apostoli distaccati da ogni ricompensa quaggiù, facendo tutto il loro possibile per la causa abbracciata e, per il resto, rimettendosi nelle mani di Dio. Il giornale “Vers Demain” lavora per formare questi apostoli. Il giornale “Vers Demain” presenta i loro obiettivi, le loro attività e le loro attuazioni. (Louis Even)

 

Le tasse attuali sono ladrocinio

 

Servizio del debito

In tutti i budgets dei nostri corpi pubblici, dal federale al provinciale, dal comunale allo scolastico, vi è un articolo e non dei minori - che non è affatto destinato a pagare un servizio pubblico. Si tratta di quello che porta la denominazione “servizio del debito”. Il debito non è certamente un servizio pubblico. Questo è dunque piuttosto il tributo ad un servaggio pubblico. Il denaro attribuito ogni anno a questo fine, non costruisce e non contempla un solo ponte, né un metro quadrato di strada. Intanto è il punto più sacro dei budgets. Il meno discusso, o piuttosto, non discusso del tutto. Spese incompressibili, dicono. Incompressibili, ma estensibili perché vanno aumentando generalmente con gli anni. Tutto ciò che fu costruito al paese, in fatto di strade, ponti, scuole, chiese, edifici pubblici, è stato costruito dalla popolazione: alcuni vi lavorano direttamente, altri producendo tutto quanto è necessario ai bisogni di coloro che il settore pubblico impiega. Frutto, dunque, del lavoro collettivo della popolazione. Intanto è la popolazione del paese che paga le tasse ogni anno, per servire interessi a persone che non hanno messo mano al lavoro e che sono spesso dei perfetti stranieri. Per questo, il meccanismo della tassazione è un vero meccanismo di ladrocinio. Legalizzato, ma in realtà furto. Tutte le città, grande o piccole, tutti i comuni hanno nel loro budget questo articolo che va a cercare di forza il denaro dei cittadini senza dare niente in cambio. I ladri fanno esattamente la stessa cosa. Con la differenza che i ladri, quelli che tutti chiamano ladri, agiscono senza autorizzazione. Essi corrono dei rischi: essi rischiano la prigione, il penitenziario. Invece i ladri, ai quali vanno le tasse dei cittadini non rischiano niente. Non devono nemmeno scomodarsi per avere il denaro.. I nostri consigli comunali, le nostre commissioni scolastiche, si incaricano di eseguire il furto per loro e passano loro devotamente il frutto. La polizia, le autorità, la legge, entrano in scena solamente contro chi trascura o rifiuta di cedere il loro denaro. Il punito sarà colui che osa dire no agli agenti dei ladri che percepiscono le tasse. La casa vi passerà. Non gli dicono esattamente: O la borsa o la vita!”, ma: “La tua borsa o la strada per la tua famiglia!”. E la stessa cosa succede al governo provinciale… al governo federale… altrimenti c’è la prigione per chi non vuole piegarsi alle esigenze degli agenti di tale furto legalizzato.

 

Sviluppi pubblici

Ed anche qualora il denaro delle tasse o delle imposte servisse veramente a pagare servizi pubblici, perché tassare gli individui per pagare i lavori, quando la capacità di produzione del paese può fornire allo stesso tempo sviluppi pubblici e prodotti da mettere sul mercato? Ora, se la popolazione di un paese può fornirle entrambi, che ragione c’è di toglierne il diritto a beni privati come condizione per permettere di averle come beni pubblici? E la popolazione è capace di fornirle entrambi. Infatti vi sono centinaia di migliaia di braccia che si offrono e di cui la produzione dice di non avere bisogno. Una grande capacità di produzione non è dunque, utilizzata. Quando esista una capacità di produzione non utilizzata, le tasse che diminuiscono il diritto degli individui a usufruire di prodotti che rispondono ai loro bisogni, sono un furto.

 

Misure di sicurezza sociale

Vi sono anche le imposti prelevate per finanziare la cosiddetta sicurezza sociale: contributi alle famiglie, pensioni di vecchiaia, pensioni agli invalidi, contributi alle mamme bisognose, ecc. E’ certamente giusto che, in qualsiasi modo ognuno, impiegato o no, di buona salute o malato, abbia accesso a cose necessarie per la vita. Ma in un mondo dove la produzione è abbondante nonostante il non impiego di tutte le braccia disponibili, perché togliere agli uni per permettere agli altri d’avere qualcosa? Perché prendere dal piatto di Tizio per mettere nel piatto vuoto di Sempronio, quando la casseruola è piena da debordare? E’ però questo che si fa finanziariamente per le tasse, perché il sistema finanziario è falso: raziona davanti all’abbondanza. Mantenerlo, e tassare davanti all’abbondanza, è rubare a coloro che vengono tassati. Ecco dunque un altra fetta di tasse moderne che costituisce un furto legalizzato. E c’è ancora dell’altro.

 

Governi fuori del loro ruolo

I governi oggi sempre di più occupano funzioni che non sono loro proprie. Che motivo c’è per un ruolo di governo di fare ciò che persone, famiglie, gruppi liberi, corpi intermediari e amministrazioni locali, fanno già bene - ed anche meglio - del governo. Se un ostacolo qualunque impedisse agli individui, alle famiglie, ed ai corpi intermediari di compiere la loro propria funzione, il governo dovrebbe intervenire, non per compierla a loro posto, ma piuttosto per togliere quell’ostacolo che solo il governo può togliere. C’è il caso di ostacolo puramente finanziario.  L’assenza di mezzi di pagamento di fronte a mezzi fisici potenti costituisce un vizio di finanza. Se il governo, anziché correggere questo vizio del sistema finanziario - correzione che solo esso può ben svolgere, tassa i cittadini per sostituirsi alle famiglie o ai corpi intermediari, commette parecchi errori. Trascura il suo proprio ruolo. Lascia perpetuarsi e fortificarsi il monopolio finanziario e deruba quelli che tassa. Si immischia in quello che non è di sua competenza. Il governo si fa così ladro e invasore al contempo. Da’ come scusa l’impotenza finanziaria di gruppi inferiori, quando dovrebbe sopprimere la sorgente di tale impotenza, originata da un sistema finanziario disordinato. E’ così che il bilancio preventivo della provincia di Quebec è stato triplicato, o quasi, in tre anni di amministrazione liberale (negli anni 1960). E parallelamente è triplicato o quasi il debito pubblico. Il tutto, fornito da tasse o prestiti, che non sono altro che tasse a venire. Tutti i governi fanno lo stesso. I contribuenti si fanno spolpare sempre di più. Non è solamente il loro potere d’acquisto che ne soffre. La loro libertà personale si fa rodere dalle usurpazioni crescenti dello Stato e dei suoi burocrati. Nelle conferenze tra i governi, federali e provinciali, il problema è sempre soprattutto questione della ripartizione delle sorgenti della fiscalità, e cioè il decidere quale sia la parte del governo federale e quale quella delle provincie del denaro da estorcere ai contribuenti: diritti federali da tassare e diritti provinciali da tassare. I diritti dei cittadini non entrano in considerazione. Per loro c’è solo che esistono i governi: ma per proteggerli, non per svaligiarli.

 

Quando mai c’è stata una riunione tra “tassatori” e tassati per proteggere i diritti dei secondi limitando i poteri dei primi?

Il furto legalizzato che noi denunciamo comprende dunque, almeno:

quello che il governo toglie dal potere d’acquisto degli individui, quando la produzione attende compratori;

quello che il governo sottrae al popolo per pagare tributi al sistema, che indebita la popolazione nella misura in cui essa sviluppa il paese;

quello che il governo prende in tasse per occuparsi di funzioni che dovrebbe lasciare alle persone, alle famiglie e a corpi intermediari;

tutto quanto preleva sui frutti dell’attuale produzione, mentre la potenziale produzione dimora nel nulla a causa di un sistema finanziario viziato che il governo rifiuta di correggere;

tutto quanto tale sistema di tassazione comporta in onerose spese che sarebbero inutili in un sistema finanziario sano, conforme alla realtà delle moderne capacità di produzione sia nel settore pubblico che, contemporaneamente, in quello privato.

Il meccanismo attuale delle tasse e delle imposte che così tanto occupa i governi è dunque davvero un meccanismo di furto legalizzato. Il ladro è soprattutto il monopolio del denaro e del credito. Gli agenti del ladro sono i governi. Le vittime sono i contribuenti cioè direttamente o indirettamente, tutta la popolazione.

Per completare quanto sopra detto basta aggiungere l’ANTROPOCRAZIA.