Collana: I NOSTRI SOLDI, LE NOSTRE FATICHE
www.SIGNORAGGIO.com
Banca d’Italia,
Banca Centrale Europea,
Federal Reserve:
la
grande truffa
volume 1
di 3
release 0.6
Girovagando
su Internet e visitando i cosiddetti “Siti Alternativi di Informazione”, si
scoprono cose incredibili ! Provate quindi ad inserire, in un qualunque motore
di ricerca (www.yahoo.com, www.google.com, www.lycos.it, ecc…) le parole: “SIGNORAGGIO”,
“BCE”, “BANCONOTE” e scoprite su cosa camperebbero i Signori Banchieri…
Il diritto di
“signoraggio” è il potere del “signore” di emettere biglietti con un valore
nominale ampiamente superiore al valore intrinseco e quindi di ricavare un
guadagno dalla sovranità sulla moneta.
Perché debba farlo
una Banca PRIVATA è un mistero…
Prefazione
Effettuando
le ricerche suggerite, ci appaiono tantissimi siti che, all’unisono, dicono
tutti la stessa cosa: esisterebbe una Pratica Mondiale, che, se confermata,
rappresenterebbe la più grande truffa mai perpetuata, mai inflitta a essere
umano.
Senza
cadere vittime di allarmismo o catastrofismo, andiamo ad analizzare la scoperta
che più voci indipendenti (e provenienti da TUTTO il Mondo) portano alla
ribalta, grazie a questi Siti di Altra Informazione. Infatti risulta pressoché impossibile trovare traccia di questo
argomento sui normali Media (televisione, giornali, ecc).
Poniamoci
qualche domanda:
Alto
Tradimento:
una
cittadina italiana sta aspettando una risposta dal Presidente Ciampi
Da una
cittadina italiana, Barbara Sacchiero
(inviata
come Raccomandata A.R. il 2 novembre 2004)
Egregio
Presidente,
Le
scrivo perché, sia come cittadina italiana che come cittadina europea, mi sento
tradita dall'attuale non redistribuzione del signoraggio sull'emissione di
banconote e sulle aperture di credito.
Ho cioè
l'impressione che l'euro non sia la moneta degli europei ma bensì la moneta di
alcuni furbacchioni parassiti che profittano dell'ignoranza della popolazione.
Sarebbe
bello e probabilmente nel Suo caso rappresenta anche un vero e proprio debito
morale, se Lei apparisse in televisione a reti congiunte e ci spiegasse perché
mai un popolo Sovrano debba pagare a dei privati per poter usare la sua moneta.
Ci
spieghi dove vanno a finire quei due miliardi di euro al giorno di signoraggio
sulle emissioni della BCE.
Ci spieghi perché alcuni
italiani più furbi, i soci delle società socie della Banca d'Italia, possano
imporre al resto della popolazione questa tassa privata.
Ci
illustri, La prego, il meccanismo di funzionamento della riserva frazionaria,
dove la moneta cartacea viene moltiplicata per cinquanta a beneficio dei soci
di certe banche, sottraendo anche in questo caso il signoraggio al popolo
Sovrano.
E' una
lezione civica che spetta a Lei tenere se non come presidente almeno per la
carica di governatore onorario di quella fortunata "Banca d'Italia"
che - diciamocelo - proprio dell'Italia non è.
Se Lei
ci farà questa lezione, dissolverà un grande clima di sospetto iniziato con la
denuncia effettuata dal Professor Giacinto Auriti.
E' nostro diritto, di italiani,
sapere se siamo in una situazione di alto tradimento o se possiamo continuare a
fidarci ciecamente delle istituzioni.
La
ringrazio per l'attenzione ed in attesa di una Sua presa di posizione in
merito, Le porgo cordiali saluti.
Con
perfetta osservanza,
Barbara
Sacchiero
cittadina
italiana impoverita
(altra
lettera inviata come Raccomandata A.R. il 15 gennaio 2005)
da più
parti sento stranissime ed inquietanti voci riguardanti il nostro (?) sistema
finanziario ed economico.
Cosi mi
sono detto: “Chi meglio di Lei può dissipare queste voci?”
Chi
meglio di Lei può far chiarezza?
Lei che
è stato anche Governatore di quella Banca, a cui ora guardiamo con sospetto,
sospetto più che legittimo, date le informazioni di cui veniamo quotidianamente
a conoscenza...
Chi
meglio di Lei può spiegarci e svelarci la verità?
Lei che
si batte sempre contro l’omertà, le ingiustizie e la disonestà…
E cosi Le giro una lettera che
una concittadina italiana Le ha già inviato, facendo mie le sue paure, e i suoi
timori, ma anche le sue speranze, che poi sono quelle di tutti i Cittadini
Italiani (ed Europei).
Ecco,
quindi, cosa le chiediamo:
“Le
scrivo perché, sia come cittadino italiano che come cittadino europeo, mi sento
tradito dall'attuale non redistribuzione del signoraggio sull'emissione di
banconote e sulle aperture di credito.
Ho cioè
l'impressione che l'euro non sia la moneta degli europei ma bensì la moneta di
alcuni furbacchioni parassiti che profittano dell'ignoranza della popolazione.
Sarebbe
bello e probabilmente nel Suo caso rappresenta anche un vero e proprio debito
morale, se Lei apparisse in televisione a reti congiunte e ci spiegasse perché
mai un popolo Sovrano debba pagare a dei privati per poter usare la sua moneta.
Ci
spieghi dove vanno a finire quei due miliardi di euro al giorno di signoraggio
sulle emissioni della BCE.
Ci spieghi perché alcuni
italiani più furbi, i soci delle società socie della Banca d'Italia, possano
imporre al resto della popolazione questa tassa privata.
Ci
illustri, La prego, il meccanismo di funzionamento della riserva frazionaria,
dove la moneta cartacea viene moltiplicata per cinquanta a beneficio dei soci
di certe banche, sottraendo anche in questo caso il signoraggio al popolo
Sovrano.
E' una
lezione civica che spetta a Lei tenere se non come presidente almeno per la
carica di governatore onorario di quella fortunata "Banca d'Italia"
che - diciamocelo - proprio dell'Italia non è.
Se Lei
ci farà questa lezione, dissolverà un grande clima di sospetto iniziato con la
denuncia effettuata dal Professor Giacinto Auriti.
E' nostro diritto, di italiani,
sapere se siamo in una situazione di alto tradimento o se possiamo continuare a
fidarci ciecamente delle istituzioni.
La
ringrazio per l'attenzione ed in attesa di una Sua presa di posizione in
merito, Le porgo cordiali saluti.
Con
perfetta osservanza,
Sandro
Pascucci
cittadino
italiano impoverito”
15/1/2005
Duisenberg,
costose per l'Italia le piccole banconote di euro
La
risposta della Banca centrale europea alla proposta di Giulio Tremonti
(Conferenza
stampa presidente BCE 12.9.2002)
La Banca centrale europea sta
valutando le implicazioni dell'introduzione di banconote da uno e due euro
suggerita dal nostro ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Lo ha rivelato il
presidente della BCE Willem Duisenberg rispondendo il 12 settembre a una
domanda sull'argomento nel corso di una conferenza stampa a Francoforte.
L'introduzione di queste due nuove banconote non sarebbe però un affare né per
l'Italia né per gli altri Paesi che attualmente godono del diritto di
"signoraggio" sulle monete. (13 settembre 2002)
Estratto
della conferenza stampa del presidente della BCE Willem F. Duisenberg
Francoforte 12.9.2002
Domanda
[1]:
Mr Tremonti, il ministro italiano dell’Economia, ha
proposto l’adozione delle banconte da 1 e 2 euro, insieme con le monete allo
scopo di impedire ulteriori aumenti dei prezzi. Il 74% degli italiani è
d’accordo con questa proposta e noi vogliamo sapere che cosa pensa lei di
questo e se ne avete parlato alla Banca centrale europea. Grazie.
“Duisenberg: non abbiamo progetti di
introdurre banconote da 1 o 2 euro, ma ne abbiamo sentito parlare.
Naturalmente, ne abbiamo discusso. Stiamo valutando le implicazioni di
introdurre tali banconote. In linea di principio non abbiamo niente contro
questo progetto, ma stiamo valutando le implicazioni e spero che Mr Tremonti si
renda conto che se tale banconota dovesse essere introdotta, egli perderebbe il
diritto di signoraggio [2] che si accompagna ad essa. Dunque se egli, come
ministro dell’Economia, ne sarebbe contento non lo so.”
[1] Ecco il testo originale in inglese:
Question:
Mr. Tremonti, the Italian finance minister, proposed the adoption of EUR 1 and
EUR 2 banknotes together with coins in order to prevent more rises in price.
74% of Italians agree with this proposal, and I want to know what you think
about it and if you have discussed this in the European Central Bank. Thank
you.
Duisenberg:
We have no plans to introduce EUR 1 or EUR 2 banknotes, but we have also heard
those noises. Of course, we have discussed it. We are assessing the
implications of introducing such a banknote. In principle we have nothing
against it, but we are assessing the implications and I hope that Mr. Tremonti
realises that if such a banknote were to be introduced, he would lose the
seigniorage which goes with it. So whether he, as a minister of finance, would
be all that pleased, I do not know".
EURO:
Ciampi e Prodi mentono sapendo di mentire (di Marco
Saba)
La recente polemica sull'euro,
innescata dalla raffica di fallimenti ed indagini sui bond "allegri"
(Argentina, Cirio, Parmalat, etc.), è scatenata anche dal fatto che la spesa
per le famiglie sta raddoppiando. Cosa che lascia il lettore confuso e
brancolante nel buio monetario. Occorrerebbe aver letto i testi della Scuola
Austriaca di Economia, pubblicati in inglese e liberamente disponibili sul sito
www.mises.org, per capire il bandolo della matassa: l'attuale sistema bancario
è in perenne bancarotta fraudolenta a causa della riserva frazionaria. (Nota di
Nereo)
A monte,
l'emissione monetaria è lasciata ad una banca centrale privata, ad un monopolio
di privati che ne sono soci, e che si arricchiscono con la truffa del signoraggio.
La Banca Centrale Europea, di cui sono socie le banche centrali tra cui
Bankitalia, è una tipografia che stampa banconote, e fin qui tutto bene.
Dopodiché, invece di cederle al popolo dell'Unione Europea, al prezzo di costo
e aggiungendo un minimo margine di utile - il margine che normalmente applicano
le tipografie in tutti gli altri casi - le affitta AL VALORE DI FACCIATA più un
interesse annuo denominato "tasso di sconto". Ad esempio, una
banconota da 100 euro che potrebbe essere ceduta a 0,05 euro, viene a costare
alla comunità 102.5 euro. Questo furto si chiama "signoraggio".
(Il diritto di "signoraggio" è il
potere del 'signore' di emettere biglietti con un valore nominale ampiamente superiore al valore
intrinseco e quindi di ricavare un guadagno dalla sovranità sulla moneta)
Gli stati membri dell'UE
lasciano pagare ai propri cittadini questo sovrapprezzo tassandoli col
cosiddetto "debito pubblico". Siccome la BCE stampa banconote
garantite solo da aria fritta, ne stampa quante ne vuole senza alcun controllo
nei confronti del debito pubblico.
La Federal
Reserve (la privata banca centrale americana) esagera nella stampa del dollaro,
poiché deve anche acquistare le azioni delle multinazionali USA, onde evitare
il crollo delle borse americane. Quindi, in Europa, percepiamo un fittizio
"aumento" di valore dell'euro rispetto alla valuta americana. In
realtà, il meccanismo di stampa "a go go" è proprio quello che
innesca l'inflazione. Questo spiega perché, a fronte di progressi nell'economia
europea, invece di acquistare valore, l'euro ne perde. Se la moneta
deflazionasse, non sarebbero più nemmeno necessarie le lotte sindacali per
riadeguare gli stipendi. Questo spiega anche perché, negli anni sessanta, con
uno stipendio da operaio si poteva mantenere una famiglia di 4 persone. Il
sogno dei padroni privati delle tre principali banche centrali, quella europea,
quella americana e quella giapponese (euro, dollaro e yen) è di arrivare ad una
unica valuta mondiale in modo da inflazionare a piacimento senza che il
pubblico abbia più alcun valore di raffronto. Non si potrà più confrontare il
valore relativo dell'euro rispetto alle altre due valute. Questo sistema
conduce al fenomeno dell'iperinflazione, un dramma che portò la Germania ad
entrare nell'epoca del Nazismo. E' questo che vuole la sinistra opposizione? Ma
vediamo, in un modo molto semplificato, come l'intero sistema delle banche, che
ruotano intorno alla banca centrale, sia legato a doppio filo alla truffa
monetaria. Alle banche normali viene regalato il sistema della riserva
frazionaria.
Quando
il Signor Brambilla versa 100 euro nella sua banca, questa corre a versarli
alla banca centrale nel "conto riserve". La banca centrale si
affretta ad acquistare titoli del debito pubblico monetarizzando il debito
degli stati. Questi ultimi rimborseranno i titoli alla banca centrale tassando
i cittadini. Si tratta di amministrazioni statali che ben si guardano dallo
spiegare questi meccanismi ai cittadini. A questo punto, la banca del signor
Brambilla, con i 100 euro versati a riserva, acquisisce dalla banca centrale il
beneplacito di stampare 2.000 (duemila) euro di credito. In questo caso,
consideriamo che la riserva frazionaria sia al 5%. Dunque, alla fine dell'anno,
il signor Brambilla avrà in conto corrente i suoi cento euro più, diciamo,
l'uno per cento d'interesse. La sua banca avrà prestato i 2000 euro creati con
la riserva frazionaria chiedendo, diciamo, il 10% d'interesse a vari altri
signor Brambilla. Questo meccanismo di creazione dal nulla dei 2000 euro è
inflazionario. Mettiamo che, nell'aggregato, si determini una inflazione del
5%. Alla fine dell'anno, il Brambilla avrà 101 euro nominali ma del valore di
95,95 euro a causa dell'inflazione. La banca del Brambilla, da parte sua, avrà
2200 di credito che varranno, sempre considerando l'inflazione, 2.090. Pagati i
101 a Brambilla, Le rimangono 2.099 euro svalutati del 5%. Ma CREATI dal nulla.
Se il signor Brambilla INVECE volesse prendere a prestito i 2000 euro creati da
aria fritta, dovrebbe dare garanzie alla banca, garanzie REALI, ad esempio
immobili, per almeno il 200% dell'importo, ovvero per 4000 euro. Quindi, al
primo Brambilla la banca garantisce il deposito di 100 euro con il 5% di
riserva frazionaria (5 euro realmente in cassa), mentre, quando lei stessa ne
presta duemila, riceve garanzie per 4.000 euro. Questa è la misura del
ladrocinio del sistema bancario a riserva frazionaria, che crea ricchezza, per
pochi furbi, e la povertà di un popolo per sempre incravattato dal "debito
pubblico".
Ma
riflettiamo: se un Popolo è Sovrano, perché mai dovrebbe pagare un "signoraggio"
alla banca centrale o a chicchessia?
Gruppo
Intesa (27,2%),
Gruppo
San Paolo (17,23%),
Gruppo
Capitalia (11,15%),
Gruppo
Unicredito (10,97%),
Assicurazioni
Generali (6,33%),
INPS
(5%),
Banca
Carige (3,96%),
BNL
(2,83%),
Monte
dei Paschi di Siena (2,50%),
Gruppo
La Fondiaria (2%),
Gruppo
Premafin (2%),
Cassa di
Risparmio di Firenze (1,85%),
RAS
(1,33%)...
e siamo
arrivati al 94,35%. E l'altro 5,65% di chi è? Sono tutti debitori del popolo
Sovrano, altro che "creditori". Il batter moneta, come anche il
crearsi un esercito, è una prerogativa del Sovrano: del popolo. Come è anche
suo diritto il ribellarsi al tiranno. Il diritto economico del Popolo Sovrano è
un diritto "inalienabile": non può essere né ceduto né affittato. E'
anche uno dei diritti previsti dalla Carta dei Diritti dell'Uomo delle Nazioni
Unite, oltreché nel comma 2 dell'Art. 42 della Costituzione. Tutto quanto sopra
detto non può non essere a conoscenza di Carlo Azeglio Ciampi: ha lavorato per
cinquant'anni nella Banca d'Italia, diventandone perfino governatore. Ciampi
non può non sapere che ruolo lui stesso abbia avuto nello sfruttare il popolo -
non Sovrano, ma servo della gleba - rimasto all'oscuro dei propri diritti. Se
continua a fare l'omertoso, si avanza l'ipotesi di alto tradimento.
Specialmente se si scoprisse di chi sono le società proprietarie di Bankitalia.
Dopo un'indagine sul giro del fumo delle scatole cinesi, ci sarà da ridere!
Sarebbe come riscoprire che: uno dei soci dell''800 della savoiarda Banca
d'Italia, per la quale fu "necessaria" l'unità d'Italia, era proprio
il Conte di Cavour! Se Ciampi non vuol cantar chiaro, almeno dia le dimissioni.
Allo stesso modo, Romano Prodi, nella sua funzione di autocratico Presidente
della Commissione europea dei dodici assenti (i popoli europei), non può non
sapere della "truffa del signoraggio".
Essa
appare tra le righe di un recente rapporto della sua stessa commissione, del 14
febbraio 2002, intitolato: "Risposte alle sfide della
globalizzazione" [SEC(2002) 185, pagine 58 e 59]. "Cari"
presidenti, Ciampi e Prodi, non ricordate che il Trattato di Maastricht, dove
si "santificava" la truffa della privata Banca Centrale Europea,
venne elaborato e concluso proprio a cavallo delle stragi Falcone e Borsellino?
Non è che questi ultimi due eroi stessero proprio indagando sulla criminalità
bancaria? Forse cominciavano a chiedersi che cosa fosse il requisito di
onorabilità: il fatto che, per fare il banchiere, bisogna essere "Uomo
d'Onore". A cosa serve "veramente" il segreto bancario? Non è
che, in Sicilia, la gente è talmente disperata che si trova sempre qualcuno
pronto ad ammettere che, sì, il vero capo della mafia era proprio lui? Ma quale
mafia? Non certo quella che ruota attorno ai soci privati della BCE di
Francoforte. E pensare che, quando sopra parlavo dei 100 euro del signor
Brambilla, non ho nemmeno incluso le spese annuali di "tenuta conto"
trattenute dalla banca - mediamente circa 30 euro - né ho incluso tutti i
giorni di valuta rubati, né tutte quelle altre cosucce, tutte quelle piccole
truffe che, ogni tanto, riempiono i giornali e la bocca delle varie
associazioni dei Consumatori. Associazioni che, acchiappando i topolini, si
lasciano troppo spesso sfuggire gli elefanti. Quando mai il vostro bancario di
fiducia vi svelasse che il suo stipendio è automaticamente ancorato al tasso
REALE di inflazione, saprete ora perché. Dice bene Bossi, quindi, che l'euro di
Prodi è la rapina del millennio. Non vi pare?
Nota di Nereo: Per il concetto di "riserva
frazionaria" confrontare nell'articolo di J.G. Hülsmann "Gli undici
miti sulla deflazione"
(http://www.liberanimus.org/hulsman.deflazione.html),
la distinzione di due casi: (A) il caso di un sistema bancario a riserva
frazionaria operante in un contesto di merce-denaro (commodity-money) come
l'oro o l'argento; (B) il caso della moneta cartacea: "Nel primo caso,
l'offerta di oro (o di argento) fisico non può ovviamente dissolversi nell'aria
e perciò stabilisce un fondo robusto nel caso di deflazione delle banconote del
sistema a riserva frazionaria. Tale deflazione generalmente inizia quando un
numero crescente di persone rifiuta d'accettare tali note di pagamento, e
termina normalmente in una corsa alla banca (bank run), nella quale gli stessi
possessori dei biglietti vogliono liberarsene e si precipitano alla banca che
li ha emessi per riscattarli in oro o argento. Al termine di tale corsa,
l'offerta di denaro si è contratta considerevolmente a causa della sparizione di
tutti i biglietti sostenuti dalla riserva frazionaria. Tuttavia la riserva di
denaro metallico rimane e offre un fondo solido, al di sotto del quale
l'offerta di denaro non può scendere.
Non c'è ragione perché questo processo deflazionista
non possa risolversi in poche ore o giorni. Al termine, molte banche e molti
imprenditori saranno in bancarotta, nella misura in cui avranno finanziato le
loro imprese tramite il debito invece che con mezzi propri (equity). Questo
naturalmente spiega perché l'attuale establishment, finanziato col debito, si
oppone ferocemente alla deflazione; ma questo non significa che la produzione
non potrebbe andare avanti senza di questi: di fatto può farlo e lo farà
"sotto una nuova gestione". Nel secondo caso, non esiste alcun fondo
solido che assicuri l'arresto del processo deflazionista all'offerta di moneta
cartacea. Quando la gente non gradisce più possedere moneta di carta e comincia
a venderla a qualunque prezzo, ciò risulterà in un declino ancor più
pronunciato del potere acquisitivo di questa moneta, il che convincerà anche
chi l'ha appena comprata a liberarsene. Il risultato è una spirale
deflazionista che termina quando la moneta svanisce dalla circolazione. Notare
che questo non significa che l'economia retrocederà all'era del baratto. In
questi casi la gente comincia ad usare altre monete come oro, argento o valute
straniere. La spirale deflazionista perciò sottintende l'effetto benefico di
sostituire un tipo inferiore di moneta (inferiore dal punto di vista di chi la usa)
con una moneta superiore. Ripetiamo, non vi è ragione perché questo processo
non possa concludersi in pochi giorni e, parimenti, non vi è ragione
d'aspettarsi che la produzione non riprenda altrettanto rapidamente sotto una
nuova gestione"
Sistema
bancario e rischi per titoli statali (di Nereo Villa -
08/10/2003)
Il 27
settembre del 1964 negli Stati Uniti venne pubblicato il famigerato rapporto
della commissione Warren, incaricata di indagare sull'assassinio di Kennedy. In
tale rapporto si sosteneva che unico responsabile dell'omicidio era Lee Harvey
Oswald. Tale rapporto fa tremare ancora oggi anche i nostri politici più
“coraggiosi”. Su “Libertà” del 27 settembre di 39 anni dopo, infatti si leggono
parole di Bossi sul debito pubblico: "Dal 2008 in avanti il sistema
cambia, perché altrimenti la gente si sparerebbe, perché i titoli di stato
diventerebbero tutta carta straccia". Cosa significano queste parole?
Perché Bossi non chiarisci la questione? Dovrebbe conoscerla, ammesso che abbia
letto gli articoli della stessa "La Padania" in merito a tale
"carta straccia". Il coraggio necessario per attuare una fiscalità
sociale a misura d'uomo non esiste proprio. Lincoln e Kennedy ebbero invece
quel coraggio. Ma ambedue pagarono caro. Lincoln creò le banconote
"green-backs", e venne ucciso poco dopo, nel 1865. Durante la guerra
civile americana, i Rothschild di Londra finanziarono il Nord, e i Rothschild
di Parigi il Sud. Per ridurre il livello del debito che il suo governo avrebbe
affrontato, Lincoln fece quel denaro. Le banconote "green-backs"
erano come dovevano - e come dovrebbero - essere, e cioè prive di interessi
bancari. Ciò si rilevò potenzialmente disastroso per le banche, e se la cosa
fosse continuata dopo la guerra e si fosse diffusa in altri paesi, le banche e
i banchieri avrebbero perso il loro potere. Lincoln fu assassinato da John
Wilkes Booth che, secondo alcuni studiosi, era un agente della Casa Rothschild.
Dopo la morte di Lincoln cessò ovviamente anche la stampa dei green-backs.
Kennedy propose
la stessa soluzione e subito dopo fu anch'egli ucciso a Dallas, in Texas, nel
1963. I suoi obiettivi principali erano di prendere il controllo della moneta
della nazione, togliendola dalle mani delle Banche della Federal Reserve e di
terminare così la guerra in Vietnam. Il vero motivo del suo assassinio è
percepibile ad ogni essere umano pensante. Dopo quello storico omicidio il
vicepresidente J.B.Johnson, appena assunta la carica di Presidente, ordinò
infatti il ritiro di tutte le banconote fatte stampare da Kennedy. Kennedy
aveva infatti ordinato l'emissione, da parte del Tesoro, di 4.292.893.815
dollari, con banconote che non riportavano più la scritta "Federal Reserve
Note", ma quella, invece, di "United States Note". L'ordine
esecutivo di Kennedy (E.O. 11110 del 4 giugno 1963) era un ordine coraggioso,
ed è in fondo quello che bisognerebbe aspettarsi oggi dai nostri politici
italiani. Ma campa cavallo! Costoro tremano di fronte ai banchieri. E'
comprensibile. Ma non bisogna far finta di avere coraggio dicendo le cose a
metà per paura dei banchieri. Infatti, per impedire una commissione
d'inchiesta, libera e indipendente, sull'assassinio di Kennedy, Johnson e il
capo dell'FBI, Hoover, crearono la "Commissione Warren" per fornire
ed avvalorare la versione ufficiale sull'assassinio. Di questa Commissione
faceva parte anche un certo J. McCloy, che non aveva avuto alcuna esperienza
nel campo del crimine, né dell'ordine pubblico, né in quello della sicurezza
della nazione. In compenso però era il Presidente della Chase Manhattan Bank!
Perché
la presenza di un banchiere nella Commissione Warren? Le uccisioni di Lincoln e
di Kennedy testimoniano dunque che per conservare ed aumentare debiti non
dovuti, per questa mega truffa planetaria, non vi è solo lo strumento della
guerra. Per evitare l'estinzione dei debiti bancari, cioè per evitare
l'estirpazione del cosiddetto "debito pubblico", sostituendolo con un
credito sociale o col reddito di cittadinanza che ne scaturirebbe attraverso
l'emissione di biglietti di stato, vi è anche l'assassinio! Kennedy aveva
infatti capito che l'egemonia dell'usura poggiava sull'idea truffaldina della
banca centrale: emettere moneta prestandola al popolo, il quale, creandone il
valore con l'accettazione, avrebbe invece dovuto esserne il proprietario fin
dall'emissione. Per semplice logica umana, tutti infatti possono prestare
denaro, ma non chi lo emette. Se io ti presto una banconota devo averla. Se
non ce l'ho e te la stampo, ti presto casomai la carta, non il valore che stampo
su di essa. In altre parole, se mi presti la tua rete per pescare e mi
indebiti perennemente anche dei pesci che pescherò in futuro, non posso
accettare, perché io devo restituirti solo la tua rete, magari con un grazie o
con gli interessi per l'usura (della rete). Eppure oggi non è così e questi
esempi descrivono esattamente l'attuale sistema bancario mondiale, che tutti
ancora accettiamo, mentre persone e governi stanno affogando in un mare di guai
come è successo in Argentina. Bisognerebbe dunque ricordare quel 27 settembre
di 39 anni fa, altro che aspettare il 2008 quando ci saremo ancora più
invischiati nella melma dell'Euro e dell'Europa.
I grandi
banchieri ossia i pirati e usurai mondiali (di D.E.)
Chiesa
Viva
Mensile
di formazione e cultura, Direzione, Redazione e Amministrazione: “Operaie di
Maria Immacolata” e Editrice Civiltà – via Galileo Galilei, 121 - 25123 Brescia
- c/c postale n° 11193257 - tel e fax: 030-370.00.03 - 20 pp. 24x31,5 ANNO
XXXIV - N° 363 LUGLIO-AGOSTO 2004
Su
queste pagine sono già apparsi illuminati articoli del dott. G. Armenise, del
Prof. Giacinto Auriti, del dott. Bruno Traquini, del dott. Franco Adessa,
sull'iniquo sistema bancario-finanziario nazionale e internazionale (1). Data
l'importanza per tenere viva l'attenzione, ripsopongo l'argomento, cercando di
esporlo in modo semplice e comprensibile anche ai non specialisti. Il vigente
sistema bancario mondiale è il mezzo attraverso cui i grandi banchieri si fanno
proprietari della moneta circolante e si arricchiscono, e dominano sempre più;
e le persone ed i governi nazionali subiscono questo furto e affogano semore
più nell'indebitamento, e nella dipendenza economica, politrica, culturale.
Queste le tappe storiche per giungere ai meccanismi di espropriazione del
capitale, di interessi ed usura, e di dipendenza.
Fino al
Medioevo, il mezzo di credito e di scambio, cioè la valuta, era costituita da
metalli preziosi (l'oro e l'argento) e, per ragioni di sicurezza, i proprietari
cominciarono a depositare le loro ricchezze presso gli orafi, che disponevano
di camere blindate adatte alla loro custodia. Fu loro affidata anche la
possibilità di "conio", ossia di coniare le monete e i lingotti, in
modo di accertare la quantità del metallo prezioso contenuto, ed il valore di
ogni moneta e lingotto. A fronte di questi depositi di oro e argento, gli
orafi/banchieri emettevano "ricevute" di carta che servivano ai
proprietari per i loro pagamenti e acquisti. Constatata la praticità del
sistema, la "carta-moneta" o "banconota" (che era garantita
dal deposito equivalente di oro/argento nelle banche degli orafi) si diffuse
grandemente e si impose come il mezzo prevalente di scambio. Già a questo punto
iniziò una prima forma di furto e usura: gli orafi/banchieri capirono che in
qualsiasi momento, solo una frazione dell'oro e dell'argento veniva ritirata
dai proprietari; allora, pensarono, "perché non prestiamo delle
"ricevute", "carta-moneta" anche ad altre persone che non
possiedono l'equivalente in oro e argento e inoltre le tassiamo
d'interessi?". Le autorità statali, o perché non chiaramente consapevoli
della gravità dell'insidia, o perché conniventi e corrotte dai banchieri, hanno
permesso questo. Di conseguenza, i banchieri hanno prodotto "dal
nulla" (cioè senza avere un corrispettivo controvalore di oro o di argento
in deposito) grandi capitali di carta/moneta che a loro è costata solo il
minimo costo di stampa, ma che hanno prestato ai privati ed agli Stati, al
valore nominale, cioè secondo il valore stampato sulle banconote. Ad esempio,
dietro richiesta di un prestito di 200 miliardi di lire, hanno stampato
2.000.000 di banconote da lire 100.000. Il costo della stampa delle banconote è
500 milioni, il valore nominale delle banconote è 200.000 milioni. La
differenza: 199.500 milioni è il guadagno di emissione, o "diritto di
signoraggio". "diritto" che, in realtà, è solo un enorme
"furto". L'aver ristretto il potere di stampare banconote alle sole
banche centrali emittenti, non ha tolto la basilare iniquità di questo
meccanismo, sia in se stesso, sia per la reale identità e proprietà delle
"banche centrali emittenti".
Inoltre,
i banchieri centrali, non contenti di essersi appropriati del valore delle
banconote stampate, concedono il prestito, a un privato, richiedendo poi la
restituzione della somma iniziale, aumentata
dell'interesse
del 10% o del 20% all'anno. Da dove viene questo interesse? Dall'attività e dal
lavoro di chi ha chiesto il prestito. Così, il sistema dei banchieri succhia la
ricchezza prodotta dal lavoro e, per tutelarsi di questa restituzione aumentata
dall'interesse, chiedono pegni e garanzie su terreni, case, attività agricole,
commerciali, industriali, ecc. Se il prestito non viene restituito alla
scadenza, maggiorato dell'interesse, la banca pignora e si appropria dei beni
in garanzia.
...e
indebita anche gli Stati
Difficile
a credersi, ma purtroppo vero: anche gli Stati, dietro pressione dei politici
fiancheggiatori (fatti eleggere dai banchieri, con laute sovvenzioni durante le
campagne elettorali!), si sono prestati a questo furto e usura. Cioè, anche gli
Stati hanno chiesto grandi prestiti ai banchieri centrali, per le spese del
bilancio statale, per costruire opere, per fronteggiare guerre, ecc., e hanno
dato in garanzia ai banchieri, a pari valore nominale delle banconote ricevute,
dei "Titoli di Stato" o a lunga scadenza (es. CCT), i quali, oltre al
dovere della restituzione del capitale, sono gravati di interessi. E da qui è
iniziato il crescente indebitamento anche degli Stati nei confronti dei
banchieri. E la necessità di aumentare le imposte ai cittadini per poter pagare
gli interessi della massa dei titoli di Stato dati in "garanzia" ai
banchieri.(ndt: quando è lo Stato ad essere insolvente, si parla di
"privatizzazioni". Indovinate chi compra?)
Due
settori si sono dimostrati eccezionalmente redditizi per i banchieri: essere
autorizzati quale "banca centrale emittente" ed i "prestiti di
guerra".
Prospettando
l'utilità della moneta unica nazionale, e alimentando ad arte il pubblico
sospetto e diffidenza che, se fosse il singolo governo ad emettere banconote,
lo farebbe secondo i propri particolari interessi politici, i banchieri più
potenti, con l'appoggio dei loro soliti fiancheggiatori politici, sono riusciti
ad ottenere dallo Stato il diritto di fondare la "banca centrale emittente".
Il che significa che lo Stato, per il fabbisogno di moneta circolante, delega
alla banca centrale di stamparla. La banca centrale la stampa (con spesa che è
una percentuale infima rispetto al valore nominale) e la da alle Casse dello
Stato, facendosi dare in cambio un pari valore nominale di "Titoli di
Stato", fruttiferi di interessi. Cioè, la banca centrale, dietro ad un
minimo costo di stampa, con un furto all'intera nazione, si fa proprietaria di
tutta la moneta nazionale, che addebita alla comunità tramite lo Stato,
richiedendo in garanzia dei "Titoli di Stato", che, inoltre, sono
caricati di interessi annui, che sono complessivamente enormi, dato che è
elevatissima la massa di carta-moneta circolante. Quando la massa di moneta
circolante è insufficiente, o quando le Casse dello Stato sono vuote, e lo
Stato non può pagare gli stipendi dei pubblici dipendenti, e non può fare opere
pubbliche, ecc., o si rivolge direttamente ai cittadini chiedendo denaro in
prestito e offrendo loro direttamente "Titoli di Stato" (es. BOT o
CCT) (il che è legittimo, perché corrisponde ad un prestito reale ed
effettivo), oppure chiede nuova carta-moneta alla banca centrale, la quale la
stampa, se ne fa proprietaria, e l'addebita (cioè la ruba) alla Nazione e, inoltre,
chiede a garanzia, a pari valore nominale, dei "Titoli di Stato"
fruttiferi di continui interessi annuali. Ulteriormente incredibile, ma vero,
oltre al diritto di "signoraggio" di stampa e appropriazione del
denaro nazionale, anche maggiorato degli interessi annui dei "Titoli di
Stato" corrispettivi, i grandi banchieri sono riusciti, poi, ad ottenere
dallo Stato (tramite i soliti rappresentanti politici loro compiacenti) il
potere di regolare (secondo il loro interesse) la quantità e la circolazione
del denaro e del credito, come pure il potere di decidere il "tasso di
sconto".
I grandi
banchieri si sono accorti che con oculati "prestiti di guerra" si
fanno i più eccellenti affari. Infatti, per avere a disposizione abbondanti
finanze e speranza di vincere la guerra, ogni Stato è disposto a fare grandi
sacrifici, a cedere le riserve auree e la comproprietà delle attività
minerarie, agricole, commerciali, industriali, nazionali, e a pagare alti
interessi. I grandi banchieri, inoltre, si sono resi multinazionali, per cui le
diverse filiali della stessa banca hanno prestato contemporaneamente agli
opposti contendenti e guerreggianti. Spesso, facendosi persino riconoscere dal
futuro "vincitore" (per questo più lautamente finanziato e armato),
il diritto privilegiato di ottenere la garanzia del pagamento di tutto il
prestito concesso alla parte "vinta" (ovviamente mediante
espropriazione dei beni della Nazione vinta). Un solo esempio tipico, quello
dei rothschild nella Seconda Guerra mondiale. I rami americano, inglese, russo,
ecc. hanno prestato denaro ai loro governanti e hanno fatto ottimi affari. Ma
ha fatto ottimi affari anche il ramo tedesco. I Rothschild tedeschi si sono
offerti di procurare al Reich nazista i rifornimenti desiderati, richiedendo di
essere pagati in oro e valute pregiate che hanno depositato in Svizzera. Alla
fine della guerra, la Germania era semidistrutta, le casse dello Stato
totalmente vuote, i grandi industriali - ad es. i Krupp (produttori di acciaio
e armi) - ridotti sul lastrico, mentre i Rothschild,a nch'essi tedeschi, erano
divenuti ancora più ricchi e più potenti di prima! Ne consegue che, ricevendo
enormi benefici dalle guerre (quali concessori dei prestiti bancari e quali
proprietari dell'industria bellica che vende armi), i grandi banchieri sono i
principali interessati a soffiare sui contrasti nazionali ed inter-etnici ed a
fare scoppiare ovunque le guerre. Come diceva A. M. Rithschild: "la guerra
è la nostra attività e industria più redditizia"!
Note:
(1) G.
Armenise, "Quando Banca fa rima con Usura", Chiesa viva n.325;
G.
Auriti, "Eliminare i debiti o i popoli? L'euro di chi è?", Chiesa
viva n.327;
"Note
di filosofia del valore", Chiesa viva n. 330; "Valore indotto, valore
creditizio e signoraggio", Chiesa viva n. 334; "Giustizia
monetaria", Chiesa viva n. 345;
Bruno
Tarquini, "La moneta, la banca e l'usura", Chiesa viva n.336, 337,
338;
F.
Adessa, "Il governo di A.M. Rothschild", Chiesa viva n. 337, 338.
Il
meccanismo bancario della creazione di denaro costituisce una vera e propria
truffa ai danni dei cittadini. (di Nereo
Villa)
Nessun
economista affronta seriamente il problema: la creazione di denaro è vista
quasi come una conseguenza naturale dell'istituzione delle banche(1) o come una
curiosità con effetti benefici sul sistema economico che tutt'al più dove
indurre i banchieri ad operare con prudenza ed oculatezza per evitare che le
conseguenze della creazione di denaro possano travolgere la stessa banca. Il
meccanismo bancario di creazione di denaro è invece alla base
dell'appropriazione di risorse ingentissime da parte del sistema finanziario ai
danni dell'economia reale e di tutti i cittadini. Per capire come funziona
questo meccanismo, dobbiamo immaginativamente spostarci indietro nel tempo di
un paio di secoli e ritornare nella situazione che favorì la nascita delle
banche moderne, cioè a quei depositi in oro che le situazioni politiche e la
relativa ricchezza indotta dai commerci con l'estremo Oriente e il Nuovo Mondo
avevano generato. Le banche ricevevano l'oro e in cambio, rilasciavano
certificati a vista o al portatore, che erano utilizzati per i pagamenti da
parte dei titolari dei depositi, e, a loro volta, potevano essere utilizzati
per effettuare nuovi depositi. E qui sta l'inghippo. Infatti, finché il
certificato, nominativo o al portatore viene trasferito da un possessore ad un
altro, nel sistema non si crea alcunché, dato che si tratta della stessa somma
che semplicemente cambia di mano. Se invece, sulla somma depositata la banca
emette un prestito, allora si crea del denaro.
Un
esempio: stiamo nel 1884 a Dawson city nel Klondike. Sono appena uscito dalla
banca del West dove ho depositato mille dollari in oro, frutto di un duro
lavoro nelle miniere. La banca offre un buon interesse, e d'altra parte, ci
sono troppi brutti ceffi in giro per portarmi tutta quella somma addosso. La
banca, inoltre, gode di buona fama, e così io sono sicuro che nessuno porterà
via il mio gruzzolo. Tengo con me qualche spicciolo, e riparto per il
giacimento che ho scoperto nel nord del paese. La banca sa che non tornerò
presto a riprendere l'oro. Conta sulla mia avidità e sul desiderio di sfruttare
al meglio la miniera. Così quando si presenta un imprenditore a chiedere un
prestito di ottocento dollari per costruire un casinò per i minatori, la banca
lo concede volentieri, sia perché lo considera un buon investimento, sia perché
l'imprenditore in questione è persona economicamente solida. D'altra parte la
banca deve prestare i denari a qualcuno, perché altrimenti non potrebbe pagarmi
l'interesse che ha promesso, né le proprie spese. La banca non può concedere
più di 800 dollari in prestito perché tiene una riserva del 20%: la percentuale
sui depositi ritenuta sufficiente per coprire eventuali necessità liquide
impellenti dei propri depositanti(2).
Se per
esempio, avessi necessità di denaro per comprare delle nuove attrezzature per
la miniera, la banca sa che non chiederò più di 200 dollari, dato che in media
la percentuale dei depositi che si presume possa essere ritirata è, appunto,
del 20%(3). Tra le migliaia di depositanti, c'è ovviamente anche chi che ritira
per intero il suo deposito senza preavviso, ma in media il denaro che entra ed
esce dalla banca non supera il 20% del totale dei depositi. Se la banca concedesse
prestiti utilizzando una parte delle proprie riserve, rischierebbe di trovarsi
in difficoltà a fare fronte alle necessità correnti e perderebbe il proprio
buon nome. D'altro canto, se la banca tenesse più denaro del necessario a
riserva, non guadagnerebbe abbastanza, e non potrebbe remunerare i depositi
come le altre banche del sistema, che, quindi, le porterebbero via i clienti,
condannandola prima o poi alla chiusura. Quindi, la banca deve concedere
prestiti tenendo la riserva del 20%, così come fanno le altre banche del
sistema, che pure sanno che non più del 20% dei propri depositi sarà ritirato.
Come si può rilevare il sistema si regge dunque sul calcolo delle probabilità e
sul buon nome delle banche. Ma torniamo agli 800 dollari prestati per la costruzione
del casinò. L'imprenditore, ottenuto il prestito, si mette al lavoro di buona
lena, e spende tutti i denari ricevuti dalla banca per la costruzione, pagando
operai, fornitori, barman, ballerine e il pianista. Questi soggetti, ricevono i
soldi e a loro volta o li spendono o li mettono in banca.
Alla
fine, per varie strade, tutti gli 800 dollari prestati al primo imprenditore,
ritornano in banca (dove per banca si intende il sistema bancario nel suo
complesso che, come si è mostrato, si muove di conserva per non rischiare il
fallimento). La banca, a questo punto ha di nuovo 800 dollari, e così è
contenta se un altro imprenditore le chiede un prestito di 640 dollari per
aprire un negozio di alimentari per i minatori. Anche questo pare alla banca un
buon affare, e l'imprenditore che lo propone è un noto commerciante della zona,
munito di solide garanzie. Ricomincia il solito giro e dopo un po' di tempo, i
640 dollari ritornano tutti in banca. Con 512 dollari, il Direttore finanzia
l'apertura di un negozio di armi, e poi con 409,6 dollari una bottega da
maniscalco per i cavalli dei minatori e così via, finché i dollari non sono
esauriti. Ciò che spinge gli imprenditori ad investire rapidamente i denari
ricevuti è che essi devono pagare un interesse alla banca e quindi, prima
cominciano a guadagnare, e prima riescono a restituire il debito senza essere
taglieggiati dagli interessi. Allo stesso tempo la banca paga un interesse ai
depositanti, così che costoro sono invogliati a portare i soldi in banca e lasciarveli
il più a lungo possibile. Ovviamente c'è una differenza (spread) tra gli
interessi che la banca paga e quelli che riceve dai prestiti, differenza
sufficiente a coprire le spese della banca e l'utile dei soci di essa.
Come si
può vedere i miei originari 1000 dollari - che sono sempre depositati in banca
- ne hanno creato, prima 800, poi 640, poi 512, poi 409,6 e così via, tutti che
si reggono sull'originario mio deposito di mille dollari. Tra i miei mille
dollari e i cinquanta dell'ultimo depositante, un vetraio che ha rimesso in
sesto le finestre del saloon distrutte da una sparatoria tra i minatori, non
c'è, però, alcuna differenza: sia io che il vetraio sappiamo che essi sono
frutto del nostro lavoro, ed entrambi ci fidiamo della banca che, d'altra
parte, è una delle più solide del West. Il vetraio sa che in qualunque momento,
può andare in banca e ritirare i suoi 50 dollari in oro, nonostante abbia
versato carta. La banca non avrebbe alcuna difficoltà a pagare. Anche io so che
in qualunque momento posso andare in banca a ritirare i miei mille dollari in
oro senza alcuna difficoltà. In banca, però non ci sono tutti i soldi che sono
stati depositati da me fino al vetraio. In realtà ce ne sono solo il 20%, vale
a dire la riserva ritenuta prudente dalle banche per il ragionamento fatto
prima. La somma di tutti i soldi che sono tornati in banca è infatti ora di
4.000 dollari che, sommati ai miei 1.000, fanno 5.000 dollari, rispetto ai
quali i miei mille sono appunto il 20%. Se la riserva fosse del 10%, i dollari
che la banca potrebbe prestare sarebbero 9.000, se del 5%, sarebbero 19.000. E'
dunque evidente che la massa di denaro che la banca crea dipende direttamente
dalla riserva valutaria che la banca ritiene necessario costituire: minore è la
percentuale della riserva e maggiore è la quantità di denaro che viene
creata(4).
Si può
immaginare cosa potrebbe succedere se all'improvviso un numero rilevante di
depositanti si presentasse davanti agli sportelli a ritirare i depositi! Si
ponga il caso che la miniera - grazie alla quale come si è visto viene promossa
tutta quella attività - chiude per es. a causa di un'inondazione, e che molti
depositanti si presentino, tutti assieme, agli sportelli per ritirare i propri
denari. La banca non ne potrebbe accontentare più del 20%, e per pagare gli
altri sarebbe costretta a richiedere in restituzione con estrema urgenza denaro
a tutti coloro a cui li ha prestati, i quali per definizione non ne hanno.
Quell'oro, infatti, non esiste: c'è una serie di pezzi di carta per mezzo della
quale sono stati costruiti il saloon, la bottega, il negozio e ogni altra
attività finanziata dalla banca, ma l'oro non c'è, per la semplice ragione che
- come è stato mostrato - non c'è mai stato se non nella misura del 20% dei
depositi(5). Oltretutto, l'oro in questione non può essere preso nemmeno da
altre città: se la miniera chiude, saloon, negozio di alimentari, e maniscalco
- che vivevano tutti sulla miniera - non guadagnano più nulla o quasi, e non
possono restituire il prestito ricevuto. La banca cerca di vendere i beni dei
suoi debitori al migliore offerente, ma nessuno compra aziende che non
guadagnano, e così la banca realizza ben poco.
Disperato, il Direttore escogita allora tutti i trucchi per ritardare il
fallimento della banca: apre un solo sportello mandando a casa tutti gli altri
impiegati, sottopone i depositanti a procedure estenuanti per ritirare i
denari, convoca il Consiglio di Amministrazione per chiedere denari ai soci
della banca, e allo stesso tempo si rivolge ad altre banche per ottenere dei
prestiti. In altri termini cerca di diminuire la velocità di circolazione del
denaro, che è uno dei sistemi per far scomparire gradualmente il denaro
virtuale creato dalla banca(6). Nel frattempo, anche a causa di queste tecniche
dilatorie, si sparge la voce che la banca del West ha difficoltà di pagare, e
anche gli altri depositanti, preoccupati per la sorte dei propri soldi,
accorrono agli sportelli della banca, facendo una gran ressa di fronte alla
sede dell'istituto. Alla fine il banchiere getta la spugna e chiude la banca
per fallimento. Il denaro creato dal suo istituto lo ha travolto. Anche se non
ha commesso irregolarità di sorta, e si è comportato seguendo le regole di
funzionamento della banca, anche se non ha commesso errori evidenti, egli
finisce in galera per bancarotta ed è accusato dai suoi depositanti di esser un
ladro(7). La scena di panico descritta in Mary Poppins è molto significativa a
questo riguardo: Mr. Banks, il padre dei bambini cui Mary Poppins faceva da baby
sitter, era un austero funzionario della banca Dawes di Credito, Risparmio e
Sicurtà. Insomma una tipica banca ottocentesca, dove tutti indossano il tight e
le ghette, portano la bombetta, l'ombrello e il garofano all'occhiello.
La crisi
di panico si scatena quando il piccolo Michael cerca di farsi restituire dal
vecchio Dawes i due penny con cui voleva comprare il miglio per i piccioni, e
che invece il banchiere vuole usare per fargli aprire un conto corrente. Non
c'è argomento che riesca a convincere il bambino. Nel suo animo sono entrate
bene le parole di Mary Poppins che l'aveva incitato a donare di cuore. Le sue
grida vengono sentite da due clienti della banca che, preoccupatissime si
affannano a ritirare tutti i propri depositi. Anche gli altri clienti dentro
l'edificio, vista la reazione delle due correntiste si affrettano agli
sportelli per ritirare tutto il proprio denaro. E' il panico, scatenato
apparentemente senza alcuna ragione, da una voce, da uno sguardo preoccupato,
da un passo affrettato. Per convincere il bambino il vecchio Dawes aveva usato
tutti gli argomenti della cupidigia: "Con due miseri penny sarai
proprietario di terreni in America, di navi, di fabbriche, di palazzi. Il tuo
capitale raddoppierà di anno in anno e tu diventerai ricco!". Nulla riesce
a smuovere Michael dal suo proposito di usare i suoi due penny seguendo il suo
cuore, ormai ricco di amore e di generosità. Il discorso di Dawes sul raddoppio
del capitale è, però, il centro della truffa delle banche, il miraggio agitato dinanzi
agli occhi della gente per indurla a lavorare duramente e risparmiare con la
promessa di una felicità che non arriverà mai. E la crisi di panico trova, in
questa scena, la propria ragione profonda. Il dono d'amore, la generosità, sono
i nemici mortali del sistema finanziario.
Lo
stesso concetto lo esprime Keynes che racconta una storia illuminante tratta da
Sylvie e Bruno che, forse, ha ispirato il regista del film.
"E'
solo il sarto, Sir, con il suo conticino" disse una voce querula fuori
dell'uscio.
"Oh,
bene - disse il professore ai bambini, - risolverò subito questa sua faccenda,
se vorrete aspettare un momento. Quant'è quest'anno, buon uomo?" - Mentre
parlava il sarto era entrato.
"Vedete
è stato raddoppiato per tanti anni - replicò il sarto un po' brusco - che
adesso penso proprio di volere i quattrini. Sono duemila sterline, sono!"
"Roba
da nulla - osservò noncurante il professore frugandosi nelle tasche come se si
portasse sempre dietro quella cifra come minimo - ma... non preferireste aspettare
ancora un anno e farle diventare quattromila sterline? Pensate solo a quanto
diventereste ricco! Pensate, potreste diventare un re, se lo voleste!"
"Non
so se mi interessi diventare un re - commentò pensieroso l'uomo - ma sembra
davvero un mucchio di quattrini… Beh credo che aspetterò.."
"Certo
che aspetterete - incalzò il professore - Vedo che avete cervello. Buongiorno,
buon uomo!"
Non
appena la porta si richiuse alle spalle del creditore Sylvie chiese:
"Gliele pagherete mai quelle quattromila sterline?"
"Mai,
ragazza mia! - replicò enfatico il professore - Preferirà raddoppiare fino al
giorno della morte. Vedete, vale sempre la pena di aspettare ancora un anno per
avere il doppio"(8). La scena della crisi di panico venne replicata molto
frequentemente per tutto l'ottocento e fino a qualche anno dopo la grande crisi
del 1929. E non si trattava del fallimento di qualche banca qua e là, bensì di
decine di banche e - nei periodi di crisi - di centinaia: il sistema andava in
crisi periodicamente, in media ogni 15/20 anni, provocando fallimenti a catena
di imprese e di banche. Negli anni della grande crisi, tra il 1931 ed il 1933
fallirono negli USA oltre 10.000 banche, circa la metà di tutto il sistema
bancario. In realtà, nella favoletta della miniera, il banchiere un errore lo
ha commesso: avrebbe dovuto diversificare gli investimenti, in modo da non
fondare tutte le proprie attività sulla sola miniera. Insomma, se oltre ad
avere adocchiato la miniera il banchiere avesse finanziato operazioni relative
alla costruzione della ferrovia, all'allevamento del bestiame, alla
coltivazione del cotone ed alla pesca del salmone, la chiusura della miniera,
probabilmente, non avrebbe causato il fallimento della banca. Quest'ultima
avrebbe infatti potuto - per fronteggiare il ritiro dei fondi dovuti alla
chiusura della miniera - prendere i denari versati per effetto delle altre
attività. Ma per tale operazione, il banchiere avrebbe dovuto disporre di molto
denaro per finanziare tutte le attività... e d'altra parte se fossero andate
contemporaneamente in crisi miniera, pesca, allevamento e coltivazione, il
fallimento sarebbe stato comunque inevitabile... Ed è proprio questo che
accadde nel 1929, quando andarono in crisi contemporaneamente molti settori
dell'economia, e il sistema bancario ne fu travolto e andò in tilt.
Ma, a
parte la diversificazione degli investimenti - che però non salva il banchiere
se la crisi è particolarmente grave ed estesa - è chiaro che non c'è rimedio se
le attività economiche finanziate dalla banca si fermano, o anche solo se
rallentano: se le attività economiche rallentano, la banca si trova lo stesso
in difficoltà. Infatti molti depositanti avrebbero necessità di denaro per fare
fronte ai pagamenti correnti cui non possono più attendere con i propri ridotti
guadagni, e si affollerebbero dinanzi alla banca. Con la diversificazione degli
investimenti, i tempi della crisi sarebbero tutt'al più rallentati e forse la
banca potrebbe salvarsi liquidando le attività in tempo e ad un prezzo tale da
coprire le proprie necessità di cassa. E' già qualcosa. Un'ipotesi in cui una
banca è in grado di fare fronte anche alla crisi più devastante pagando in oro
tutti i suoi debiti, ci sarebbe. E' il caso in cui la crescita di quella banca
abbia attirato versamenti cospicui in oro da parte di altre aree per effetto di
una politica di investimenti e di tassi di interesse più attraente per i
risparmiatori di quella di altre banche. Ma anche questa situazione ha il suo
rovescio della medaglia. La crescita economica di un'area viene fatta ai danni
di altre aree, ovvero una zona dove la crescita è più elevata attira i capitali
da altre zone dove la crescita rallenta o si ferma per mancanza degli strumenti
finanziari necessari.
Insomma,
così com'è stato creato, il denaro della banca scompare lasciando dietro di sé
morti e feriti. Hanno ragione, allora, i clienti della banca a pensare che il
loro banchiere dall'aria così severa e rassicurante, sia in realtà un bel
truffatore, dato che in realtà il denaro da loro guadagnato con un duro lavoro
non c'è più, e la fatica patita per accumularlo si fa sentire tutta assieme,
pesantemente. Indipendentemente dalle sue qualità personali, infatti, il
banchiere è complice di un meccanismo di ridistribuzione della ricchezza che
premia i più furbi e i più svelti e penalizza in genere le persone perbene e
quelle più deboli. Ma c'è dell'altro: finché il gioco della ridistribuzione
coinvolgeva le persone che affidavano alle banche i propri risparmi le
conseguenze negative sul resto della popolazione erano infatti ancora modeste.
Dopo la crisi del '29 la cosa si è fatta certamente più pesante, e da tutti gli
Stati del mondo fu assunta una serie di provvedimenti che modificarono
radicalmente la situazione. Le banche da allora non falliscono più, ma la
creazione del denaro contina ad operare come meccanismo di ridistribuzione
della ricchezza coinvolgendo tutti i cittadini, anche quelli che in una banca
non hanno mai messo piede e che conservano i soldi nel materasso!!! Tra gli
anni trenta e il 1970 infatti si passò - attraverso una serie di provvedimenti
successivi - da un sistema monetario fondato sull'oro ad un sistema monetario
fondato sulla carta. Per evitare il fallimento delle banche, furono istituite
in tutto il mondo le centrali (le banche centrali) e un sistema di
assicurazione interbancario che consentiva di far fronte ad improvvise
necessità liquide di alcune banche eventualmente coinvolte nella crisi in un
qualsiasi settore dell'economia. Ma, soprattutto, venne vietata la conversione
delle banconote in oro da parte del pubblico (la conversione rimaneva tra gli
Stati). Galbraith sostiene che ciò che fece cessare la catena di fallimenti
delle banche fu l'istituzione dell'assicurazione che limitò i comportamenti
scorretti(9) dei banchieri. Questa tesi sarebbe convincente se le crisi delle
banche dipendessero dai comportamenti scorretti dei banchieri. Tali crisi
saranno certamente aggravate da tali comportamenti aberranti, però se la
"miniera" su cui poggia la banca chiude a causa di un'inondazione e i
depositanti si presentano in massa allo sportello per ritirare i propri soldi,
i banchieri qui c'entrano fino a un certo punto. La ragione della fine della
crisi delle banche è - fino a prova contraria - un'altra: si tratta
dell'adozione del divieto di conversione. Per un depositante non c'è infatti
alcuna differenza tra l'avere un pezzo di carta di un colore piuttosto che di
un altro. Se non è possibile avere oro, piuttosto che tenere del contante in
casa, è meglio averlo in banca, dove almeno rende un interesse. Occorre avere
bene chiara la situazione di questi ultimo 50, 60 anni, per accorgersi di che
cosa sta succedendo. Agenzia di notizie AFIMO ha più volte accennato al fatto
che nel 1944, fu istituito a Bretton Woods un sistema di conversione delle
monete nel dollaro e di questo nell'oro, e che tale conversione poteva essere
praticata solo dagli Stati e non dai cittadini, e all'altro fatto che nel 1971
fu abrogato tale sistema del 1944 a causa della crisi petrolifera.
Da
allora le banconote non hanno più alcuna base materiale, e la loro emissione si
fonda sulla truffa del PIL. Ovviamente la creazione di moneta da parte del
sistema bancario non si è affatto fermata con l'istituzione dell'assicurazione
interbancaria né con il divieto di conversione. E' stato infatti mostrato da
Agenzia di notizie AFIMO che il meccanismo di creazione di denaro virtuale
funziona molto bene: l'oro nei forzieri della banca d'Italia assomma a circa
50.000 miliardi, le banconote a circa 100.000, e il denaro dei depositi bancari
ad oltre 2 milioni di miliardi (cfr. per es. la tabella delle attività liquide
degli italiani nell'anno '95). A questo denaro bisogna poi aggiungere anche le
altre attività liquide che vanno considerate anch'esse denaro a tutti gli
effetti, dato che per loro tramite si possono acquistare beni di ogni tipo...
Insomma il miracolo della creazione prosegue al punto che oggi in Italia la
massa monetaria è cresciuta oltre a dieci milioni di miliardi - mentre nel
mondo è arrivata a oltre un miliardo di miliardi - e continua ad esercitare la
propria funzione di ridistributore della ricchezza a danno di tutti, anche se
le banche non falliscono più. Come avviene questa ridistribuzione? Prima del
'29 l'appropriazione della ricchezza avveniva per mezzo del fallimento delle
banche: solo alcuni dei depositanti, in genere i più informati, riuscivano a
riprendere i propri denari, mentre la maggior parte dei depositanti restava
senza denaro.
E
adesso, quando c'è una crisi economica e non si vedono più le file di risparmiatori
fuori le banche per cercare di ritirare più in fretta possibile i propri
risparmi, chi se non tu che stai leggendo queste parole paga(10) quel denaro
virtuale che - come è stato mostrato - necessariamente scompare durante le
crisi? Tu che lavori e paghi le tasse, e magari non hai un soldo bucato in
tasca né, tantomeno, un conto corrente in banca. Da quando le banche non
falliscono più, dato che sono garantite dallo Stato, il denaro creato viene
anch'esso garantito dallo Stato e quindi pagato da tutti. Gli effetti del
meccanismo di creazione di denaro da parte delle banche sono essenzialmente
tre. Primo effetto: abnorme crescita della massa monetaria. Questa massa
monetaria è, a sua volta, produttrice di ricchezza per mezzo del tasso
d'interesse medio che la remunera. Ciò comporta che una sempre maggiore
quantità di ricchezza venga "predata" dai detentori di denaro
virtuale, a danno di coloro che sudano per produrre i beni. Secondo effetto:
l'espansionismo innaturale del sistema, il quale per potersi sostenere deve
essere sempre in espansione. In tale sistema - che potrebbe essere paragonato a
un sistema respiratorio che inpira soltanto essendo terrorizzato all'idea di
espirare - una crisi economica o anche un mero rallentamento del sistema economico,
possono causare con la relativa scomparsa del denaro virtuale creato dalle
banche, anche l'avvitamento di una crisi finanziaria incontrollabile. Terzo
effetto: alla ricchezza di un'area corrisponde la povertà di un'altra area:
ovvero il sistema deve crescere in maniera squilibrata. Infatti, nei momenti di
crisi, il denaro si trasferisce verso le aree dove ha maggiori possibilità di
collocazione e di mantenere il proprio valore. La demonetarizzazione dell'oro
in favore del dollaro ha infatti consentito agli americani di impadronirsi
delle risorse dei paesi finanziariamente più deboli attraverso le manovre sulle
monete. Per queste ragioni le crisi economiche dell'Occidente sono state pagate
dai paesi meno sviluppati. Ed è anche per queste ragioni che è praticamente
impossibile fare uscire dal sottosviluppo e dalla depressione economica aree
del mondo sempre più vaste. Le stesse società dell'Occidente soffrono, in
maniera sempre più evidente, di uno squilibrio crescente tra zona e zona e tra
classi sociali. Nei paesi dell'Occidente in cui le politiche sociali hanno
generato una forte pressione fiscale sul lavoro e sulla produzione, ci si
attenderebbe una maggiore equità ed una minore incidenza degli squilibri
sociali. Com'è evidente, invece, non è affatto così, a riprova del fatto che il
sistema fiscale non opera come un ridistributore di ricchezza tra le classi, ma
essenzialmente come un meccanismo di appropriazione di una classe a danno delle
altre. In realtà oggi ci sono solo due classi, costituite da gente che lavora
onestamente e da gente che lavora per derubare quest'ultima in modo legale.
L'aumento
della massa monetaria ha come effetto non secondario, l'aumento del tasso di
inflazione, a causa del generale effetto al rialzo che i prezzi dei beni subiscono,
ma il meccanismo di trasferimento della ricchezza dal mondo economico a quello
della finanza è relativamente indipendente dall'inflazione, anche se in periodi
di alta inflazione il trasferimento di ricchezza è minore, e in periodi di
deflazione è maggiore. Infatti, un'alta inflazione in genere diminuisce lo
spread tra i tassi attivi e quelli passivi e di conseguenza il trasferimento di
ricchezza dai debitori ai creditori. Allo stesso tempo, un'alta inflazione
accelera la crescita della massa monetaria e accelera i tempi di esplosione del
sistema. Una bassa inflazione, e a maggior ragione una situazione di deflazione
palese od occulta, deprime in maniera drammatica le attività economiche e,
aumentando lo spread, aumenta notevolmente il trasferimento di ricchezza
dall'economia alla finanza(11). Insomma, la creazione di denaro da parte delle
banche ha causato l'abnorme espansione di un mondo di finanza virtuale che
cresce necessariamente ogni anno, ed occupa sempre più spazi del mondo reale,
dato che la ricchezza virtuale da esso creata è in grado di appropriarsi della
ricchezza prodotta dal mondo dell'economia reale. Poiché il sistema finanziario
deve necessariamente crescere per potersi mantenere in vita, esso deve creare
moneta virtuale in misura crescente. Una parte di questa moneta virtuale è
costituita dalla massa monetaria, l'altra - interna al sistema - dai prodotti
finanziari che ruotano intorno a questa massa monetaria.
Recenti
studi hanno infatti dimostrato che anche la massa dei prodotti finanziari
derivati influisce sulla formazione dei prezzi, e quindi dovrebbe essere
considerata anch'essa componente della massa monetaria. Il problema è che la
vita dei prodotti finanziari derivati è assoggettata per definizione al tempo,
la loro emissione è fatta da enti privati, e quindi il loro pagamento non è
garantito dalla generalità dei cittadini, come avviene per la massa monetaria
in senso stretto. D'altra parte, le dimensioni della massa dei prodotti
derivati sono talmente estese, e, peraltro, necessariamente in continua
crescita, che l'eventuale inadempienza di una parte di essa si riverberebbe in
maniera drammatica su tutto il sistema finanziario. Ciò è apparso evidente
nella recente crisi di mercato seguita alla crisi del mercato asiatico: la
Federal Reserve Bank è stata costretta ad intervenire per salvare il fondo LTCM
(Long Term Capital Management), un hedge fund di soli 20 miliardi di dollari di
capitale con investimenti per oltre 1.000 miliardi di dollari in tutto il
mondo. Il meccanismo di moltiplicazione del denaro messo in atto dai prodotti
finanziari derivati, è davvero impressionante. Non si conosce esattamente la
massa di tali prodotti ma si calcola che essi superino la cifra di 300.000
miliardi di dollari, vale a dire la bellezza di 550 milioni di miliardi di lire
(corrispondenti a circa 275 anni di lavoro di tutti gli italiani). Questa cifra
costituisce pressoché la metà della massa monetaria complessiva mondiale che si
aggira intorno al miliardo di miliardi di lire e a cui va aggiunta la massa
delle azioni, oggi valutabile intorno ai 100 milioni di miliardi. Non si può
dunque escludere la massa dei prodotti derivati dal calcolo della massa
monetaria, anche se sarà necessario una loro più precisa definizione giuridica
per evitare che la continua nuova creazione di strumenti possa generare
infinite classi di strumenti finanziari(12). Un derivato consiste in una
operazione generalmente a breve termine, contratta su un'altra operazione in
genere a lungo termine: si pensi a un fondo di investimento che raccoglie tra
gli investitori 100 milioni di dollari. L'operatore finanziario del fondo sa
che deve garantire una redditività del fondo tale da pagare l'interesse
promesso agli investitori, nonché le proprie spese - pur mantenendo una quota
di liquidità di riserva. Decide di effettuare operazioni su titoli a lungo
termine in una valuta che abbia un tasso di interesse basso. Egli compra 100
milioni di dollari di titoli USA con una redditività lorda del 6% e va ad
indebitarsi nelle banche giapponesi depositando a garanzia i titoli acquistati
per ottenere finanziamenti ad un tasso di interesse minore - dato che in
Giappone le banche prestano denaro a un bassissimo tasso di interesse,
equivalente al 3,50% circa. La differenza tra i due tassi è il guadagno del
fondo, che però non è sufficiente per coprire l'interesse promesso agli
investitori.
Allora
il nostro operatore finanziario, col denaro ottenuti mediante l'indebitamento
in Yen giapponese, compra altri titoli americani, e la banca giapponese gli da'
un finanziamento di circa 95 milioni, in quanto il tasso di interesse basso gli
consente di coprirsi con una riserva bassa. Con i 95 milioni di titoli
americani si indebita presso un'altra banca giapponese ottenendo 90,250 milioni
e così via di seguito, ogni volta creando denaro, come nell'esempio sopracitato
della banca del West. Ogni volta egli così lucra sulla differenza di tassi,
corrispondente al 2,50% circa, realizzando così 47,5 milioni lordi di interesse
all'anno. Con questi interessi, l'operatore finanziario può: remunerare il
capitale ottenuto in prestito con un interesse molto alto, equivalente al 18%
circa, attirare altri investitori, assicurarsi contro il rischio di una
variazione brusca dei rapporti di cambio tra le monete e dei tassi d'interesse(13),
pagare le imposte, e magari alimentare una speculazione su titoli o in borsa a
breve termine. Ovviamente il giochetto è replicabile anche su tre o più valute
diverse accettando maggiori rischi sul cambio, ma lucrando un differenziale più
elevato. La banca giapponese, a sua volta, non sta certo ferma. Con gli
interessi sui titoli di Stato USA ottenuti in garanzia, esegue operazioni
futures su titoli coreani e tailandesi che danno un alto tasso d'interesse e
sono familiari alla banca giapponese che conosce il mercato locale. Ricomincia
il ciclo di creazione di denaro, poiché a loro volta le banche coreane e
tailandese con i finanziamenti giapponesi effettuano investimenti su fondi
americani che garantiscono una elevata redditività per coprire i costi del
finanziamento giapponese e garantirsi un differenziale interessante.
Alla
fine, in qualche modo il circolo vizioso si è chiuso generando una gran
quantità di denaro virtuale che, di fronte ad una qualunque perturbazione del
mercato si rivela fortemente instabile, trasformando gli enormi guadagni qui
ipotizzati in enormi perdite, in ipotesi di uno scostamento dei tassi di
interesse di un solo punto in direzioni inverse. Infatti, se i titoli americani
dovessero diminuire la loro redditività di un punto, scendendo al 5% e le
banche giapponesi dovessero alzare i propri tassi di un punto, salendo al 4,5%,
il differenziale diventerebbe di solo lo 0,5%, e gli interessi ricavati sulla
somma investita, diventati di soli 9,5 milioni, non pagherebbero più gli interessi
promessi agli investitori(14). Il fondo comincerebbe ad accumulare perdite e
sarebbe difficile attivare la catena del disinvestimento, dato che la banca
tailandese paga il proprio debito con i denari promessi dal fondo americano e
che non riceve più.
Oltretutto,
la quota di questo giro finanziario che è andata ad alimentare investimenti
nell'economia reale (in media circa il 4% sul totale) sarebbe precipitosamente
disinvestita creando squilibri nel sistema economico. Tali squilibri potrebbero
generare, a loro volta, provvedimenti di restrizione del credito da parte delle
banche interessate, per recuperare con interessi più alti le perdite subite nel
sistema economico. Questo meccanismo, direttamente riconducibile alla scomparsa
del denaro virtuale creato dalle banche, è uno dei possibili scenari di una
delle innumerevoli crisi finanziarie ed economiche che attanagliano sempre più
spesso il nostro pianeta. Il sistema economico del mondo non può sopportare
oltre la crescita di questa massa finanziaria. Il rischio, più volte evocato
dagli analisti finanziari, di un crollo del sistema finanziario per
l'esplosione del mercato dei prodotti derivati è sempre più concreto.
Oltretutto questi prodotti, impadronendosi di ricchezza prodotta dal mondo
economico e intervenendo nei processi di determinazione dei prezzi, determinano
una continua crescita del debito pubblico, necessaria per sostenere la crescita
del sistema finanziario. E' quindi necessario immaginare interventi che
limitino la crescita del sistema finanziario e restituiscano slancio alla
produzione economica, allo stesso tempo garantendo una più equa distribuzione
della ricchezza prodotta. Com'è apparso drammaticamente evidente nella crisi
che ha attanagliato il mondo finanziario tra l'ottobre del 1997 e l'ottobre del
1998, la presenza di questa enorme massa di moneta e di prodotti finanziari,
genera turbolenze violente sui mercati che rischiano di diventare
incontrollabili e di coinvolgere tutti i paesi del mondo.
L'effetto
della globalizzazione del mercato finanziario, indotta dalla crescita della
massa monetaria e dei derivati, è quello di generare da un lato
un'accelerazione dei processi di crescita della massa, e dall'altro di
scatenare crisi ad effetto domino in tutto il sistema finanziario mondiale.
D'altra parte, la tendenza mondiale a tassi di interesse prossimi allo zero,
allo scopo di cercare di frenare la crescita della massa monetaria, è
insufficiente a frenare l'effetto deleterio che hanno le crisi finanziarie
sulla produzione e sul lavoro. Nella recente crisi del Giappone, i tassi di
interesse erano, appunto prossimi allo zero, e non per questo hanno tenuto il
paese indenne dalla crisi devastante che ancora oggi ne condiziona
negativamente tutte le attività economiche.
NOTE -
Bibliografia essenziale
Domenico
De Simone "UN MILIONE AL MESE PER TUTTI, Come e perché sarà introdotto il
reddito di cittadinanza e tutti vivranno felici e contenti", Ed.
Malatempora.
(1) Cfr.
sul punto J. K. Galbraith, Soldi, op. cit. pag. 25 e sgg. oppure, sulla creazione
di moneta bancaria e sull'incidenza del meccanismo della riserva, J. M. Keynes,
Trattato della Moneta, Feltrinelli Editore, Mi, 1979 pagg. 30 e segg., e 300 e
segg.
(2) In
Italia la riserva obbligatoria era del 15% fino alla fine del 1997. In pochi mesi,
però, essa fu portata al 3% per fare fronte alle necessità del sistema bancario
che non aveva più fondi per acquistare i titoli del debito pubblico, e per
cercare di rilanciare in qualche modo un sistema asfissiato dalla mancanza di
liquidità.
(3) Questa
conoscenza della banca definisce la propensione al risparmio. In una zona
agricola ci sarà una maggiore tendenza della gente a risparmiare e quindi le
banche potranno tenere una riserva minore. Intorno a Las Vegas la propensione
al risparmio sarà minore, e quindi la riserva delle banche sarà più elevata.
(4) Marx
comprese che il denaro bancario era meramente illusorio, ma si limitò a
considerare che esso non poteva generare capitale produttivo. Marx considerava
una follia del capitalismo la pretesa di trattare il denaro come una merce, ma
non poteva prevedere lo sviluppo che il sistema finanziario avrebbe avuto nel
secolo successivo. Per quanto riguarda il fenomeno della creazione di denaro da
parte delle banche, si limitò a riportare le considerazioni di Adam Smith
tratte da Wealth of Nations, Cannon, London, Pathuen & Co. 1950, II, cap.
IV, pagg. 333-334: "... Questi capitali possono essere pressoché
illimitatamente più grandi dell'importo monetario che serve come strumento del
loro trasferimento: le stesse monete servono successivamente a numerosi
prestiti diversi, così come a numerosi acquisti diversi. [….] Le stesse monete
d'oro o di carta possono così servire nel corso di pochi giorni a rendere
possibili tre prestiti diversi e tre diversi acquisti, ciascuno dei quali è,
per il valore, uguale all'intero ammontare di queste monete. […] Nonostante ciò
tutti questi prestiti possono essere del tutto sicuri, poiché le merci
acquistate con essi dai diversi debitori sono impiegate in tal modo che esse,
dopo un certo tempo, portano un uguale valore in oro o in carta moneta
unitamente ad un profitto. E come gli stessi pezzi di denaro possono servire a
rendere possibili prestiti diversi per un ammontare corrispondente a tre o
anche a trenta volte il loro valore, essi possono allo stesso modo servire
successivamente come mezzo del rimborso." (K. Marx Il Capitale, Editori
Riuniti, Roma, VIII edizione, 1974, Libro terzo, cap. 29 pagg. 555 e segg., e
cap. 30 pag. 574).
(5)
"Il 12 novembre 1857, la riserva complessiva della banca d'Inghilterra e
delle sue succursali ammontava soltanto a 580.751 L.st.; la somma dei depositi
per lo stesso giorno era di 22,5 milioni di L.st. di cui circa sei milioni e
mezzo appartenevano ai banchieri londinesi" ( K. Marx Il Capitale, op. cit.
pag. 587).
(6)
Oppure emettevano banconote per far cessare la crisi di panico anche oltre la
riserva ritenuta sufficiente, e ovviamente se la legge in vigore glielo
permetteva. "Nel dicembre 1825 non restavano alla banca [d'Inghilterra]
che 1.100.000 L.st. oro all'incirca. Essa avrebbe allora senza dubbio dovuto
fallire se questo Act [del 1844] fosse in quel tempo esistito. In dicembre, io
credo, emise in una settimana 506 milioni di banconote e ciò diminuì
notevolmente il panico allora esistente" (deposizione del Governatore
della banca d'Inghilterra dinanzi alla Commissione dei Lords Commercial
Distress, relativamente all'applicazione della legge bancaria del 1844. In K.
Marx Il Capitale, op. cit. pag. 653).
(7) In
Italia, fu questa la sorte di Tamlongo, direttore generale della banca Romana
che pagò per tutti le responsabilità politiche del fallimento dell'istituto,
travolto dalla memorabile crisi di panico iniziata nel 1887. In quell'anno, la
rottura delle relazioni commerciali con la Francia fece esplodere la crisi di
sfiducia nei confronti del sistema finanziario italiano. Gli investitori esteri
reclamarono la restituzione dei crediti, e le voci sulle difficoltà delle
banche private, che già circolavano da tempo, divennero una valanga che
travolse la banca Generale e il Credito Mobiliare, due grandi istituti privati
dell'epoca. Assediati dai depositanti, le banche sospesero i pagamenti nel
1893. In quella crisi, tra il 1890 e il 1894, fallirono in Italia 19 banche e
il capitale complessivo del sistema bancario ne risultò dimezzato. Alla fine
venne travolta anche la banca Romana che era allora un istituto di emissione di
carta moneta. Cfr. L. Goldschmied, Storia della banca, Garzanti, Milano, 1954,
pagg. 69-72.
(8) Da
J. M. Keynes, Esortazioni e profezie, citato da C. Napoleoni, Il futuro del
Capitalismo, Laterza, Bari, 1976, pag. 116.
(9) J.
K. Galbraith, Soldi, op. cit. pag. 194 e segg.
(10) Il
denaro creato dalle banche non scompare più, ma viene immesso nel sistema sotto
forma di titoli per il debito pubblico.
(11) Sui
rapporti tra inflazione e sottrazione di ricchezza da parte del mondo
finanziario cfr. W. Wolman A. Colamosca, Il tradimento dell'economia, op. cit.
pag. 202 e segg.. Per gli autori, il mondo finanziario ha imposto il
rallentamento della crescita del mondo economico per mezzo di una politica di
severo controllo dell'inflazione, che incrementa i guadagni del mondo
finanziario anche se ha per effetto un rallentamento della crescita della massa
monetaria.
(12) La
questione è divenuta evidente nel dibattito intorno alla Tobin tax: la proposta
di assoggettare le transazioni sulle valute, ha reso necessario immaginare
l'estensione del sistema di tassazione a tutti i prodotti derivati per mezzo
dei quali si può parimenti ottenere un cambio di valuta eludendo l'imposta.
Vedi in particolare le obiezioni di Kenen e le considerazioni in proposito di
Tobin. Le indicazioni del dibattito sono una prova della necessità di
considerare anche i prodotti derivati come componenti della massa monetaria.
(cfr. Alex Michalos, Un'imposta giusta: la Tobin tax, Edizioni Gruppo Abele,
To, 1999, pag. 81 e segg.). Sulla Tobin tax cfr. cap. 9.
(13)
L'assicurazione contro questo tipo di rischi è la vera ragione della nascita
dei contratti derivati. I contratti futures sono un tipico esempio di tale
forma impropria di assicurazione contro i rischi di brusche variazioni dei
tassi o dei rapporti tra le monete. Essi consistono nell'acquisto di una
determinata quantità di beni ad un prezzo e ad una data prefissati. L'acquisto è
effettuato sul mercato con la mediazione di una stanza di compensazione, la
Clearing House, che mano a mano cerca e fornisce venditori (o acquirenti) per
gli acquisti (o le vendite) richieste. L'ipotesi tipica è che l'operatore
finanziario abbia in portafoglio dei titoli acquistati a 100, e voglia
assicurarsi contro la discesa del prezzo di tali titoli. Così acquista titoli a
98 a scadenza. Se il titolo sale perde sui futures ma guadagna con il
sottostante. Se i titoli scendono perde con il sottostante ma guadagna con i
futures. Poiché per l'acquisto di futures non ha bisogno di tutto il
sottostante ma solo del 10%, l'operatore può utilizzare la restante liquidità
per altri futures o altri acquisti di titoli. Per approfondire l'argomento si
veda l'eccellente lavoro di A. Gligora, Mercati Derivati e rischi sistemici,
IriSS, Roma, 1997.
(14)
Nemmeno le operazioni sui derivati riescono a salvare l'operatore finanziario,
se le cause del calo dei titoli sono diverse da quelle da lui ipotizzate. Anzi,
in questo caso, la perdita si moltiplica. Se per esempio la valuta giapponese
dovesse salire fortemente sul dollaro americano, per es. del 2% e i titoli
americani salissero solo dello 0,5%, l'investitore accumulerebbe le perdite sui
derivati a quelle sui titoli del sottostante con un'amplificazione drammatica
delle perdite per via dell'effetto leva. Nel fallimento della banca Barings (30
miliardi di sterline di capitali gestiti e 4000 dipendenti nel febbraio 1995)
si generò un tale effetto leva, dovuto al sommarsi di posizioni equivalenti in
perdita, assunte peraltro in conformità delle disposizioni operative della
banca da un trader della filiale di Singapore, che operò con contratti futures
sull'indice Nikkei 225. In pochi giorni, la filiale accumulò perdite per 916
milioni di sterline a fronte di un capitale sociale di 200 milioni, il tutto
senza violare le disposizioni di sicurezza della banca che era conosciuta per
la sua serietà e competenza. Nonostante le accuse delle Autorità monetarie
Britanniche al trader, infatti, questi - avendo perfettamente rispettato il
margin call sia con prestiti nell'interbancario che con i premi della vendita
di put options sullo stesso future Nikkei 225, creando posizioni equivalenti e
generando così moneta senza alcuna copertura (Il caso Barings è analizzato con
cura in A. Gligora, Mercati derivati e rischi sistemici, op. cit.) risultava
avere agito in modo legittimo.
I
segreti del Tesoro e le presenze degli uomini di Bankitalia nelle istituzioni
repubblicane. (di Vittorio Soldaini –16/12/2004)
In data
31.12.1995, “Il Sole 24 Ore” in un articolo “Il Tesoro elenca gli atti
sottratti alla trasparenza”, informava che calava il segreto sulle categorie di
atti “comunque rientranti nell’ambito delle attribuzioni del ministero e degli
organi periferici in qualsiasi forma da esso dipendenti”. In deroga alla legge sulla trasparenza degli
atti amministrativi, la 241 del 1990, il decreto n. 561 del 13 ottobre 1995,
pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” n. 302 del 29 dicembre, disponeva “temporaneamente
o senza limiti di tempo”, la più completa riservatezza. Dal quel momento erano top secret i documenti inerenti a
sicurezza difesa nazionale e relazioni internazionali, quelli attinenti alla
determinazione ed attuazione della politica monetaria valutaria; gli atti
relativi all’ordine ed alla sicurezza pubblica nonché alla prevenzione
della criminalità e infine quelli sulla riservatezza di persone, gruppi o
imprese. Tralascio ogni dettaglio sui documenti segretati per un anno e
attiro tutta l’attenzione possibile, su quelli sottratti all’accesso per dieci
e venti anni. Per gli atti relativi alla “posizione
italiana nell’ambito di accordi internazionali sulla politica monetaria e sulla
politica creditizia e finanziaria”, per gli atti “preparatori del Consiglio della Comunità Europea, sui flussi finanziari di entrata e di spesa,
sulle previsioni del fabbisogno dello Stato” e ….”sull’evoluzione, la
consistenza, la gestione e il risanamento del debito pubblico”, la durata è di anni dieci e per altrettanti anni cala il segreto sulle
simulazioni e previsioni che riguardano le misure di contenimento della spesa
per interessi e, in generale, del fabbisogno del settore statale e pubblico.
Il
decreto prescrive la riservatezza per la durata di venti anni dei documenti che
riguardano “persone, gruppi o imprese,
relazioni e denuncie degli organi e dei rappresentanti ministeriali in seno
alle pubbliche amministrazioni e agli enti pubblici e privati, alle banche e
alle società partecipate o controllate”. E’ possibile attivarsi fin da ora
per essere pronti, alla scadenza del decimo anno di segreto, a prendere debita
visione ed intelligenza dei documenti riguardanti i flussi finanziari di
entrata e di spesa, sulle previsioni del fabbisogno dello Stato e sull’evoluzione,
la consistenza, la gestione e il risanamento del debito pubblico, nonché sulle
simulazioni e previsioni che, in tale periodo, hanno riguardato le misure di
contenimento della spesa per interessi e, in generale, del fabbisogno del
settore statale e pubblico. Nel nuovo
anno dobbiamo poter ottenere, da parte dello Stato, disdetta del servizio di
tesoreria che la Banca d’Italia svolge per lo Stato, pena il rinnovo automatico
per altri venti anni dal 2010 ed avere
accesso ai documenti sui quali è stato fatto calare il segreto.
Per la
cronaca, e solo per soddisfare la legittima curiosità, il Ministro in carica
era Lamberto Dini che resse il
ministero dal 10 Maggio 1994 al 18 maggio 1996, giorno in cui gli successe
Carlo Azeglio Ciampi fino al 14 maggio 1999, quando divenne Presidente della
Repubblica. Un giorno si dovrà pur rilevare, a tutto tondo, la nutrita presenza
dei Governatori e di alti funzionari di Bankitalia ai vertici delle istituzioni
repubblicane. Come non ricordare Luigi Einaudi, Governatore della Banca
d’Italia che fu il primo Presidente della Repubblica dopo esserne stato
ministro del Tesoro, dal 31 maggio al 4 giugno 1947. Un altro Governatore,
Guido Carli, è stato ministro del Tesoro dal 23 luglio 1989 al 28 giugno 1992,
in seguito Presidente della Confindustria che se non è un’istituzione pubblica
è pur sempre il ministero dell’Industria del governo ombra dei poteri forti,
senza parlare degli uomini dell’Ufficio Studi della Banca d’Italia “prestati”
alla Repubblica, da Savona a Draghi ecc. ecc.
Moneta e
Debito (di Josef Hasslberger)
Esiste una verità fondamentale
sul tema moneta e debito, ma la cosa è conosciuta da pochi e quasi nessuno
pensa di realmente poter o dover occuparsene.
Alcuni
personaggi importanti che si mettevano a cambiare la situazione furono
assassinati o sono stati messi a tacere in altro modo, giusto quando la
soluzione era diventata tangibile. La verità è così mostruosa che ci pare
proprio incredibile. Preferiamo non pensarci, specialmente perché abbiamo degli
"esperti" che dovrebbero saperne tutto, allora perché noi "non
esperti" dovremmo cercare di conoscerne i segreti?
Siamo
perfettamente a conoscenza del problema, che peraltro è ben ovvio, ma la
soluzione ci sfugge, forse perché pensiamo il problema è troppo grande perché
lo affrontassimo. Il problema, in poche parole, è che né i governi né la
stragrande maggioranza della gente ha soldi. Forse suona esagerato ma,
pensandoci bene, vediamo che è la verità. I governi, di qualunque colore, siano
essi liberali, socialisti, conservatori, democratici o altro, non hanno soldi.
Ci tartassano quasi a morte e ciò nonostante, fanno altri debiti. E la maggior
parte di essi è così indebitata, che quasi non ci sembra speranza di ripagare
quanto è stato preso in prestito. Una percentuale altissima di tutte le tasse
che entrano nelle casse dello Stato viene spesa per "servire il
debito", cioè per pagare gli interessi sul debito pubblico, prima ancora
di discutere come impostare il capitolo spese della legge finanziaria. Se ai
governi manca la liquidità, i cittadini non sono messi meglio. Basta guardarsi
intorno e vediamo le famiglie alle strette finanziarie, anche se non manca la
volontà di lavorare. Molte volte sia marito che moglie hanno un impiego, a
discapito della vita di famiglia e dei bambini, e spesso anche in quel caso i
soldi bastano a malapena per le spese e le ferie una volta l'anno. Potete dire
che questo è normale, è sempre stato così e non ci si può fare niente. Lo
vedete? E' quella la risposta che siamo stati programmati a dare. Il problema
c'è, ma è così grande ed è così prevalente nella vita di ognuno di noi, ed è un
nodo così "complicato" che dobbiamo per forza lasciare che "gli
esperti" lo sciolgano. Vero? No - non è invece vero per niente. Qual è il
primo passo per risolvere un problema? Dobbiamo renderci conto della sua
esistenza. Cominciate ad osservare la realtà intorno. Provate a sapere quanto
il vostro governo spende ogni anno per gli interessi sul debito pubblico.
Informatevi quanto i paesi in via di sviluppo pagano per gli interessi sui
debiti. Osservate quanta gente dai paesi del terzo mondo emigra ovvero immigra
nel nostro paese cercando solamente un sollievo dalla disastrosa situazione
economica. Avrete una sorpresa.
Adesso
che abbiamo capito che un problema esiste, dobbiamo fare il passo successivo,
cioè dobbiamo individuarne la causa. Una cosa che certamente non possiamo fare
è rimetterci agli "esperti", perché se loro sapessero, ci avrebbero
avvertito tempo fa e saremmo già sulla buona strada per porre rimedio a questo
schifoso stato delle cose. No è che la causa sia sconosciuta. Ci sono alcune
persone ed anche qualche organizzazione che disperatamente cercano di darci
delle informazioni in proposito. Purtroppo non hanno accesso ai media di larga
diffusione, e se avessero l'accesso, e mettessero in piedi una campagna,
potrebbero anche trovarsi di fronte a qualche serio problema. Credo che siate
curiosi ormai di sapere che cosa sia la causa, e se noi, semplici cittadini,
possiamo fare qualcosa per porre rimedio. Non è utile a nessuno trovare la
causa del male se scopriamo poi che niente si può fare. Potevamo risparmiarci
la fatica e fare qualcosa più piacevole. Senza farvi ancora spettare, butto qui
la patata bollente: I soldi vengono messi in circolazione non dai nostri
governi ma da un monopolio privato gestito dalle banche. E così semplice. Ma
come potreste dire ed anche se fosse così, qual è il problema?
Vediamo
- una cosa alla volta.
Sembrerebbe
naturale che la moneta venga creata dallo Stato e infatti, le Banche Centrali
sembrano essere proprietà dello Stato anche se godono di una certa autonomia.
Dico "sembrano" perché le banche centrali, che quasi costituiscono un
quarto potere, oltre a quelli tradizionali dello Stato, sono solo in apparenza
sotto il controllo dei poteri dello Stato. Quando lo Stato ha bisogno di soldi,
non impartisce alla Banca centrale un'ordine di accreditare una somma sul conto
della tesoreria. Lo Stato può ottenere i soldi solo in due modi. Uno è di
tassare i cittadini, l'altro è di prendere un prestito. Quando la Banca
centrale mette soldi in circolazione, lo fa sotto forma di prestito. Lo Stato
deve chiedere questi soldi in prestito e si deve impegnare di ripagarli con
interessi. Lo stesso succede quando un privato ha bisogno di finanziare un
acquisto e gli mancano i fondi liquidi. La banca è felice di dare un prestito,
finché potete portare delle garanzie e finché promettete di ripagare con
interessi. Come possono le banche creare questi fondi? Buona domanda. Non sarà
la Zecca dello Stato l'officina dove vengono fabbricati tutti i soldi? Le
banconote, quando vengono stampate, vengono considerate proprietà della Banca
centrale. Non vengono date allo Stato da utilizzare per le sue spese, ma
vengono invece immesse nella circolazione chiedendo una contropartita. Ognuno
che vuole alcune di queste banconote da spendere, deve "comprarle",
cedendo una parte del suo credito. Ma in ogni caso, la grande maggioranza dei
soldi che circolano (più del 90%) non sono banconote e monete, bensì
"credito".
Quando
andate dalla Vostra banca e chiedete un prestito, questi "soldi"
vengono creati dalla banca lì per lì, scrivendo delle cifre sul vostro conto.
Questi soldi si possono ritirare in banconote, cosa che succede raramente, o si
possono spendere scrivendo degli assegni. Le banche tengono solo una piccola
parte dei loro crediti in contanti, il resto viene movimentato spostando delle
cifre da un conto ad un altro. La cosa più importante da sapere: I soldi
vengono creati immettendo dei numeri in un computer. Nella pratica, succede
così: Per ogni 10.000 che la banca concede in prestito, deve depositare 1000 o
2000 nella Banca centrale. Questo significa, se una banca raccoglie 100.000 in
depositi, potrebbe tenersi 10.000 in contanti e depositare 90.000 con la Banca
centrale. In seguito, la banca può creare 900.000 di soldi freschi
semplicemente scrivendo queste cifre sul conto di alcuni suoi clienti. Nel caso
il governo abbia bisogno di soldi, la procedura è leggermente diversa, ma
sempre con lo stesso risultato. Il governo deve emettere dei buoni, che sono
certificati di prestito, carte per le quali il governo può accettare soldi, e
con le quali promette il successivo ripagamento della somma, maggiorata da "interessi".
Questi certificati vengono "comprati" dalle banche. Possono essere
rivenduti ai propri clienti o possono rimanere in mano alle banche. Al governo,
in cambio, viene accreditata una somma corrispondente. L'ironia della
situazione è che il governo, che dovrebbe essere l'autorità che emette i soldi
che circolano nel paese, è costretto a prendere soldi in prestito dai privati
(attraverso le banche) e di pagare interessi per questi prestiti. Adesso
cominciamo a vedere perché il governo non ha mai soldi e perché molte delle
nostre tasse che entrano nelle casse dello Stato, se ne vanno per pagare
interessi sul debito, prima che si pensi ad affrontare le vere e proprie spese
dello Stato.
Che
succede quando un debito viene ripagato? Questo è interessante. Gli interessi
pagati sono diventati proprietà della banca e la cifra che era stata concessa
in prestito, viene distrutta. Nello stesso modo che la somma venne
"creata" all'atto di concedere il prestito, adesso viene "discreata"
o distrutta, una volta il prestito è stato ripagato. Significa che la Vostra
banca può creare dei soldi sostanzialmente dal nulla, può appropriarsi degli
interessi e poi può distruggere questi soldi, solo per ripetere il ciclo più
avanti con un altro suo cliente. Se vi siete mai meravigliati da dove vengono i
fondi per comprare gli edifici migliori e più grandi della città, qui c'è una
spiegazione.
Se
questo vi sembra ingiusto, aspettate a sentire la parte diabolica!
Ogni
economia nazionale ha bisogno di soldi così che merce e servizi possono essere
venduti ed acquistati. Se i soldi sono troppo pochi, le merci non potranno
essere vendute, i prezzi si abbasseranno e questa situazione viene chiamata
"deflazione". Se la moneta diventa ancora più scarsa, alla fine l'economia
entrerà in recessione, la produzione si ferma, il lavoro non c'è più, inizia ad
affacciarsi la miseria. Perciò, è molto importante che la quantità di moneta in
circolazione sia sempre sufficiente perché la gente sia in grado di comprare la
merce ed i servizi che vengono offerti. L'altro estremo è quello della relativa
abbondanza di liquidità, che porta all'inflazione. I prezzi salgono, il
"potere d'acquisto" della moneta si erode. L'inflazione è
indesiderabile quanto lo è la deflazione. L'ottimale è una moneta con un potere
d'acquisto stabile. Oggi, il governo non ha che strumenti indiretti per
assicurare questa stabilità, essendo la creazione del credito largamente a
discrezione delle banche. Inoltre, visto che il Governo non può creare la sua
moneta, l'unica via per far sì che l'economia disponga di moneta a sufficienza,
è di continuare a prendere prestiti! Certo questo significa continuare a pagare
interessi! E' questa la ragione perché i governi non hanno mai soldi e perché
lavoriamo più di sei mesi l'anno per lo Stato. Paghiamo gli interessi, in
aggiunta alle spese dello Stato. Diabolico, no? Un monopolio privato ad opera
delle banche mette in circolazione la nostra moneta, cominciando dalla Banca
centrale e, così di seguito, tutte le altre banche. Sono le nostre leggi
bancarie che permettono alle banche di creare e sfruttare il credito, piuttosto
che il governo, che dovrebbe creare la moneta per i propri cittadini.
Avendo
trovato la ragione per le difficoltà economiche e la miseria, ed avendola
descritta con esattezza, una soluzione praticabile ci salta subito nell'occhio.
E' necessario cambiare le leggi bancarie per escludere l'autonoma creazione di
credito dalla parte delle banche, eccetto la creazione di nuova moneta e nuovo
credito ad opera della Banca centrale, da mettere in circolo come credito per i
cittadini, non come debito. La creazione della moneta deve tornare sotto la
sovranità del popolo e deve essere a diretto benefico di ognuno di noi. Come si
può escludere la creazione del credito ad opera delle banche? Molto semplice.
Si richiede, invece della bassa percentuale oggi necessaria, che le banche, per
ogni prestito concesso, debbano avere un deposito dell'intera somma (100%)
presso la Banca centrale. Questo significa che una banca potrà collezionare i
depositi dei propri clienti, li può depositare presso la Banca centrale e
soltanto poi potrà concedere prestiti per l'ammontare della somma depositata.
Parliamo adesso della creazione della moneta che dovrà tornare sotto controllo
del governo, ovvero sotto controllo dei cittadini. E' un problema questo che
acquista grande importanza. Per primo, ci deve essere un meccanismo che ci
permette di controllare l'andamento dei prezzi in modo continuo. Disponendo di
un tale meccanismo, è possibile che l'autorità monetaria, investita del compito
esclusivo di creare la moneta, eserciti un controllo esatto sul potere
d'acquisto della moneta, avendo così l'inflazione e la deflazione sotto il suo
diretto controllo. Secondo il principio che l'ammontare della moneta in
circolazione deve coincidere esattamente con la totalità delle merci e dei
servizi che vengono offerti, possiamo eliminare l'inflazione e stabilizzare la
moneta con un meccanismo molto semplice. All'autorità monetaria viene assegnato
il compito di stabilizzare l'indice dei prezzi. Questo compito viene assolto
mediante la messa in circolazione di nuova moneta al primo segno di
un'abbassamento dei prezzi, e il corrispondente ritiro di liquidità quando i
prezzi accennano ad alzarsi. Non c'è assolutamente una necessità di accettare
un'instabilità dei prezzi. E' importante sapere che l'inflazione è dovuta al
fatto che in circolazione ci sono più soldi di quelli necessari all'acquisto
delle merci e dei servizi offerti, e che la deflazione è la situazione opposta,
ovvero insufficiente moneta in circolazione. Questi fatti sono conosciuti da
svariati decenni, solo che, con la creazione della moneta nelle mani delle
banche (dei privati) invece di un'autorità centrale (pubblica) era finora difficile
aggiustare la quantità di moneta alle vicissitudini dell'attività economica.
Allo
stato attuale, la moneta viene creata in forma di credito per le banche, e
viene messa in circolazione in forma di debito per chi prende il prestito,
cittadino privato o Stato chicchessia. Chiaramente il prestito deve essere
ripagato, i soldi vengono considerati "proprietà della banca". Per
questa ragione dobbiamo pagare interessi. Preferisco chiamare questa moneta la "moneta
debito" ed ho già messo in evidenza che è la causa di molta sofferenza. La
moneta credito invece non ha di questi inconvenienti. Questa moneta, dopo
essere creata, viene data ai cittadini, non in forma di prestito, bensì in
forma di accredito dell'utile dello sviluppo economico. Quando si crea una
nuova moneta, non sono state le banche a lavorare ma i cittadini, e così la
proprietà della moneta, una volta creata, spetta ai cittadini, non alle banche.
Questo
si potrebbe chiamare un sistema di credito sociale. In fatti, il termine
"social credit" - credito sociale - fu coniato da un certo Clifford
Hugh Douglas. Poi il cittadino canadese Luis Even dette larga diffusione a
questa filosofia fondando una pubblicazione per portarne i principi a conoscenza
del pubblico. Non posso pretendere di descrivere qui il sistema del credito
sociale ma certamente, la moneta credito ne è una parte importante. Quando la
moneta viene messa in circolazione dalla Banca centrale, è giusto che sia
proprietà di tutti noi che abbiamo contribuito in un modo o nell'altro alla
crescita dell'economia reale. Noi produciamo, viviamo, consumiamo, abbiamo
nuove idee, mettiamo su famiglia, impariamo, impartiamo agli altri quello che
sappiamo. Tutte queste attività ed altre ancora sono alla base della vita
economica del paese e perciò sembra logico che i benefici derivati dalla messa
in circolazione della moneta non debbano essere un'esclusiva di pochi banchieri
bensì vadano distribuiti a tutti quei soggetti che concorrono nella vita economica
del paese.
Dopo
aver posto fine al monopolio privato di creazione della moneta attraverso
l'obbligo di un deposito presso la Banca centrale pari al 100% dei crediti
concessi, si dovrà decidere come la creazione della moneta avverrà in futuro, e
come possiamo assicurare che ogni cittadino percepisca la sua parte dei
proventi dall'incremento dell'attività economica. Qualcuno potrà dire che lo
Stato debba esercitare il potere di creazione della moneta e che questa moneta
debba entrare nelle casse dello Stato. Questo tipo di ragionamento, anche non
essendo privo di una certa logica, non rispetta però il principio di dare ad
ogni cittadino quello che è di sua spettanza. Visto che stiamo tutti
contribuendo, in un modo o nell'altro, all'attività economica del paese, vi
presenterò qui una proposta ideata dal prof. Giacinto Auriti dell'Università di
Teramo. Questa proposta è stata presentata come disegno di legge No. 1282 al
Senato da alcuni Senatori, l'11 gennaio 1995.
Il testo
è, nella sua brevità e semplicità, di estrema chiarezza.
La
proposta è:
"Articolo
1
La
moneta all'atto dell'emissione nasce di proprietà dei cittadini italiani e va
accreditata dalla Banca centrale allo Stato".
"Articolo
2
Ad ogni
cittadino è attribuito un codice dei redditi sociali mediante il quale gli
viene accreditata la quota di reddito causato dalla emissione monetaria e da
altre eventuali fonti di reddito".
Auriti è ordinario di diritto e
la sua spiegazione del principio dietro questa proposta, qui riportata in estrema
sintesi, è piuttosto esplicita. Auriti spiega che il nostro sistema monetario è
la più grande frode nella storia umana. I cittadini vengono illegalmente
deprivati del doppio dell'ammontare totale della moneta in circolazione. Non
solo infatti non gli si è dato la parte spettante loro dell'incremento delle
attività economiche, ma quando questa parte veniva messa in circolazione, fu
data in prestito, cioè fu richiesta una contropartita uguale all'ammontare
della massa monetaria stessa aggiungendo, per così dire, il danno alla beffa.
Un
avvertenza finale
Non
credete che un mutamento così drastico del sistema finanziario sia possibile
ottenerlo attraverso la sola opera dei politici, ammesso che siano essi stessi
propensi a chiederlo. Non sarà possibile senza un sostegno pubblico veramente
convincente. Siamo tutti chiamati, adesso che abbiamo scoperto la causa della
miseria e delle difficoltà economiche, a lavorare affinché la situazione cambi,
girando queste informazioni ai politici e dandogli il sostegno necessario.
Potete fare copie di questo articolo e distribuirlo ai vostri amici, ma pensate
anche all'azione vera e propria.
Non darò
qui dei suggerimenti su che cosa fare, ognuno saprà meglio come comportarsi. La
scelta è vostra, unico avvertimento: non dite che non sapevate nulla. (Josef
Hasslberger - Roma, Settembre 1999)
In questo scritto è espresso il
contenuto di tutte le mie precedenti pubblicazioni internet dal 1999 ad oggi in
merito all'indagine sulla cosiddetta depressione economica, il cui sintomo
maggiore può essere espresso in poche parole: "Tutte le imposte sul
reddito finiscono per gravare sui poveri, in quanto obbligano le aziende a
scaricarle sui prezzi". Tale sintomo è l'effetto di una logica contro
l'uomo, o antilogica, per usare una parola di Platone (Platone, Fedone, [b]
XLIX, 101°; Liside, XII, 216b; Teeteto, XVIII, 164c), produttrice di schiavitù,
cioè di nuovo schiavismo, che riguarda tutti gli uomini, non solo categorie di
essi. Anche il cosiddetto mobbing non è che un aspetto di tale antilogica da
schiavi. Quest'ultima, pertanto, va combattuta non a partire dai sintomi, ma
dalle cause profonde, cioè a partire dall'interiorità. La vita pone da sempre il
problema della necessità di disporre di alcuni prodotti della natura per la
sopravvivenza, ed il procacciamento del necessario impegna da sempre a
progettualità diverse. Perfino agli schiavi veniva chiesta la prestazione di
attività fisiche poggianti su tali progetti. Ma il lavoro degli schiavi,
mancando di progettualità soggettiva, potenziò più l'esecuzione automatica che
la consapevolezza dei loro talenti individuali, creando di fatto due categorie
di lavori, una coinvolgente l'intera personalità degli uomini liberi, e l'altra
senza la libera partecipazione degli uomini (non liberi). Con la rivoluzione
industriale, la precedente schiavitù si modificò poi nel lavoro subordinato, e
la grande diffusione del lavoro subordinato allargò progressivamente la fascia
dell'infelicità, strettamente connessa con l'agire eterodiretto, cioè motivato
a partire dal di fuori della personalità (se le azioni lavorative impegnano
l'intera personalità umana, educano alla libertà, e quindi alla capacità di
amore; se al contrario la motivazione del lavoro viene limitata alla sola
ricerca del denaro si ha l'educazione all'egoismo e quindi all'isolamento e
all'infelicità). Perciò in questo scritto ho cercato di ricollegare chi legge
con la sua capacità immaginativa e creativa, che la tirannia del
"lavorismo" tende a sopprimere. E l'ho fatto a partire dalla verità,
che nessuno ancora, in questo tetro clima di schiavitù, osa dire. Credo che, in
tal senso, questi risultati di ricerca, in quanto verità, facciano liberi,
formando in chi legge una specie di organo di percezione, adatto a cogliere le
vere cause del male o del "grande mobbing" o truffa nei confronti
dell'umanità stessa. La mia speranza è che attraverso internet e il
passaparola, le idee sane (intendo le idee economiche creditiste, da Douglas a
Even, da Steiner a Gesell, da Pound a Bellia, Auriti, Cianciarelli, Saba,
Scrofina, e a molti altri) si diffondano sempre più velocemente fra gli
elettori di domani.
Dagli attuali bilanci della
Banca d'Italia (in realtà "banda" d'Italia) risulta che essa riporta
A DEBITO, a proprio debito, il denaro che emette, anziché A CREDITO, come
dovrebbe essere. Questa operazione si chiama falsificazione del bilancio.
Perché - si chiede il dubbioso - tu affermi che l'emissione monetaria riporta a
debito, e non a credito? La risposta è: per logica dei FATTI. E basta saper
leggere i bilanci bancari per accorgersene. Ma il cittadino può prenderne
consapevolezza anche semplicemente attraverso la sua riflessione pensante. Come
anticamente il gregge, in quanto somma delle pecore, era la ricchezza delle
comunità pastorizie, così la somma dei patrimoni e dei prodotti di una comunità
è la ricchezza dell'organismo sociale attuale. Come la pecus, cioè la pecora,
in quanto unità di misura per regolare gli scambi, apparteneva ai pastori, così
la pecunia, cioè la moneta, per logica, dovrebbe essere (ma non è) di proprietà
del popolo perché sostituisce la pecus. Ed il suo conio e controllo, sempre per
logica, dovrebbe essere compito del popolo sovrano in quanto Stato. Infatti
come i pastore vigilava sulla salute del gregge, così lo Stato, costituito dal
popolo sovrano, deve vigilare perché la quantità di moneta circolante equivalga
al valore reale della ricchezza esistente (beni immobili, mobili, di consumo e
strumenti di produzione, ecc.). E come il volume del gregge era proporzionale
all'aumento delle pecus, così il volume di pecunia circolante è proporzionale
all'aumento delle ricchezze (per conseguenza, come la minore ricchezza dei
pastori era determinata dalla diminuzione del gregge, così la minore ricchezza
dell'organismo sociale è determinata dalla diminuzione della quantità della
moneta o pecunia). Da questo punto di vista meramente logico, inflazione e
deflazione risultano essere una pericolosa patologia economica, consistente
nello squilibrio esistente tra i beni presenti sul mercato e la quantità di
denaro circolante. Per rendere stabile il potere d'acquisto di una moneta è
dunque necessario un controllo sull'equilibrio tra ricchezza e circolazione
monetaria, ma a questa funzione dovrebbe essere deputato solo lo Stato,
istituito per perseguire il bene della collettività. Le banche, invece, in
quanto S.pA. con scopo di lucro, sono state inventate e strutturate per
ottenere utili attraverso speculazioni e transazioni finanziarie, ed il terreno
più fertile per tale attività è quello dell'instabilità, dell'inflazione e
della deflazione. È quindi logico che quando, come oggi avviene, il controllo
dell'economia è affidato al mondo bancario, tanto la stabilità del potere
d'acquisto della moneta, quanto la veridicità di ogni politica che non sia
quella della moneta al popolo, sono destinate a rimanere una chimera, perché le
conseguenze di questa situazione si moltiplicano a cascata, coinvolgendo ogni aspetto
della vita della collettività. Infatti, che senso possono avere le scelte
elettorali, se nessun candidato, una volta eletto, può avere il controllo delle
leve economiche del credito? E quale politica di sviluppo può essere
programmata da un governo che non sa né quanto costerà il denaro, né di chi è
la proprietà del denaro stesso?
Oltre alla verifica della
falsificazione percepibile dalla lettura dei bilanci, la falsificazione del
bilancio della banca centrale risulta altresì dalla dichiarazione apposta sulle
banconote delle lire. Perché là era scritto, per es., "Lire tot pagabili a
vista del portatore". Ora, un documento giuridico non può essere
contemporaneamente titolo di credito e oggetto del medesimo credito, come
invece la banca pretende che sia. Anche questo FATTO prova dunque la
falsificazione del bilancio. Infatti, delle due l'una: o è un credito oppure è
oggetto del credito. Questa precisazione va fatta perché, come non si può
contestare la percezione di un albero, in quanto un fatto percepibile non può
diventare un discorso sulla validità della percezione stessa, così la scritta
"Lire tot pagabili a vista del portatore" è un fatto, che esige di
rispondere al significato di "pagabili". La domanda è: come lo paghi?
Con un'altra cambiale? Detto con parole ancora più semplici: se io uso la
cambiale non solo come titolo di credito, ma come oggetto per pagare il
credito, la cosa è davvero una ridicola tautologia, tant'è vero che sull'euro
se ne sono vergognati di apporre "Euro tot pagabili a vista del
portatore", e che si sono ben guardati di rispondere alle contestazioni
riguardanti tale mancanza. Infatti gli argomenti per i quali è stata cancellata
questa frase sono stati contestati a suo tempo. Ma non vi sono state risposte,
in quanto queste cose non camminano se non nell'ambito della alte leggi
massoniche. Dunque il "pagabile a vista del portatore" come può
essere pagato?
Il fatto che esista una
cambiale, la banconota, che è al contempo cambiale e mezzo per pagare la
medesima cambiale, non è forse un insulto all'intelligenza umana? Quando si
fanno errori logici di interpretazione di questa portata, si ha di fatto la
documentazione di essere cretini. La storia dell'incretinimento progressivo del
cittadino nessuno la racconta, né alle elementari, né alle università, però è
vera, e ci trattano da cretini dal 1694, anno della fondazione della banca
d'Inghilterra, fatto già denunciato da Marx: "Fin dalla nascita le grandi
banche, agghindate di denominazioni nazionali, non sono state che società di
speculatori che si affiancavano ai governi e, grazie ai privilegi ottenuti,
erano in grado di anticipare loro denaro. Quindi l'accumularsi del DEBITO
PUBBLICO non ha misura più infallibile del progressivo salire delle azioni di
queste banche, il cui sviluppo risale alla fondazione della Banca d'Inghilterra
(1694). La Banca d'Inghilterra cominciò col prestare il suo denaro al governo
all'otto %, contemporaneamente era autorizzato dal Parlamento a battere moneta
con lo stesso capitale tornando a prestarlo un'altra volta al pubblico in forma
di banconota. Non ci volle molto tempo perché questa moneta di credito
fabbricata dalla banca d'Inghilterra stessa, diventasse la moneta con la quale
la banca stessa faceva prestiti allo Stato e pagava per conto dello Stato gli
interessi del debito pubblico. Non bastava però che la Banca desse con una mano
per averne in restituzione di più con l'altra, ma, proprio mentre riceveva,
rimaneva creditrice perpetua verso la Nazione, fino all'ultimo centesimo che
aveva dato" (C. Marx, "Il Capitale", libro I, cap. 24, paragrafo
6, Edizioni Riunite, Roma 1974, pp. 817-818). Nel 1694, infatti, regnante
Guglielmo III d'Orange, un gruppo di finanzieri capeggiati da William Paterson
prestano un milione e duecentomila sterline al governo inglese al tasso
d'interesse dell'8% annuo. Il re, per ottenere il prestito, concede alla banca
di Paterson l'autorizzazione a stampare cartamoneta - allora chiamata
"nota di banca" - per un importo equivalente alla somma prestata. La
banca di Paterson si trova quindi - oltre ad essere proprietaria di un capitale
sul quale percepiva gli interessi - a disporre di una massa monetaria fittizia
- non corrispondente a nessuna ricchezza reale - con la quale può intraprendere
fruttuose operazioni finanziarie o concedere prestiti sui quali percepire altri
interessi. Per il governo inglese, che rinuncia a battere cartamoneta in
proprio, comincia così la lunga e mai terminata sequela di interessi da versare
alla banca, e per l'economia inglese è consentita la circolazione di denaro
inventato, col quale illegittimamente si promuovono speculazioni finanziarie.
L'esempio inglese, nei secoli successivi, è seguito da tutti i governi del
mondo, fino alla situazione attuale, in cui nessun popolo è proprietario della
moneta che utilizza, e dove tutti sono debitori delle banche private che
battono moneta. Le banche, nel momento stesso della loro nascita, iniziano a
creare moneta fittizia - culminante con l'immensa massa di denaro virtuale oggi
circolante nel mondo - dando vita a una colossale truffa ai danni dei popoli.
Il prezzo che gli uomini devono
pagare per l'utilizzo di tale cartamoneta ASTRATTA, cioè creata dal nulla, è il
lavoro, la produzione, i beni mobili ed immobili, cioè la ricchezza CONCRETA,
determinata dal sudore della fronte. Per inciso va detto che, accanto a questa
truffa, esistono da sempre le grandi furbizie dei banchieri: le banche,
iniziando a conservare nei depositi blindati valori ad esse affidati per motivi
di sicurezza dai cittadini, consentirono a questi ultimi di compilare
"buoni di cessione" - capostipiti del moderno assegno - di questi
preziosi per utilizzarli come forma di pagamento. Ovviamente, la tendenza di
chi deposita è rivolta più al risparmio che all'utilizzo a breve dei beni, ed
il furbo banchiere, verificando che costui ne movimenta in pratica solo il 10%
circa, cosa fa? Sfrutta il restante 90% circa: sapendo di non rischiare molto,
crea a proprio uso ricevute di pagamento per un importo pari al 90% dei valori
depositati nella sua banca, ed utilizza queste stesse ricevute per concedere
prestiti ad interesse, e per partecipare a fruttuose attività finanziarie! Oggi
siamo andati molto più in là. Mentre l'antico denaro, che l'antico banchiere
aveva illegittimamente creato, non essendo lui il proprietario dei beni
depositati, era pur sempre garantito da beni esistenti, il denaro do oggi viene
semplicemente stampato "ex nihilo", senza nessuna garanzia, e senza
nessun limite, e oltretutto si è aggiunto il denaro virtuale, elettronico.
Attraverso gli intrallazzi fra
governi e banche in nome di politiche cosiddette democratiche promotrici di
"sovranità" del popolo, il popolo è stato di fatto rimbecillito. Il
valore monetario nasce dal fatto che il popolo incretinito accetta e usa denaro
stampato, non dal fatto che qualcuno ha pensato bene di stamparlo. Se infatti
lo stesso banchiere emette le banconote in un'isola deserta, quale valore
possono avere? Ciononostante, le banche centrali, che sono banche private,
creano moneta addebitandola al popolo e, truffa per truffa, la pongono a
bilancio sotto la voce "passivo", nonostante l'unica spesa sostenuta
sia il costo della carta, dell'inchiostro e della stampa. La moneta viene così
prestata allo Stato ed agli istituti bancari che, su tali operazioni, devono
pagare poi anche gli interessi. E la trafila di questa truffa è ormai talmente
consolidata che nessuno si pone quesiti sulla sua ineluttabilità. In realtà la
truffa passa nella misura dell'intorpidimento mentale generale della
cittadinanza, continuamente bombardata da informazioni fuorvianti, o da mezze
verità. Per esempio, lo Stato in effetti conia, presso la sua Zecca, le monete
metalliche - per importi assai limitati in confronto a quelli del cartaceo - ed
in passato furono stampate in Italia banconote da 500 lire come "Biglietto
di Stato a corso legale". Ma i cittadini non hanno certo rilevato un fatto
del genere, così come non se ne rendono conto per ciò che riguarda le monetine
che oggi, nell'era dell'euro, vengono coniate dai singoli Stati, anche se per importi
rigidamente determinati dalla BCE (banca centrale europea). Siamo cioè arrivati
al colmo: ora è lo Stato a dover chiedere al potere bancario l'autorizzazione a
battere moneta, peraltro per importi piccolissimi - gli spiccioli appunto -, e
non l'inverso, come avveniva nel 1694 in Inghilterra, quando iniziò il lungo
percorso della grande truffa monetaria! Ad aggravare la situazione si aggiunge
il "maldestro" operare dei governatori. Si veda per esempio la
beffarda ed umiliante risposta che Wim Duisenberg, governatore della BCE,
inviava all'ex ministro dell'economia, Giulio Tremonti, in merito alla sua
proposta di sostituire le monete da 1 e 2 euro con simboli cartacei: "Ne
abbiamo parlato e in linea di principio - recita testualmente la dichiarazione
di Duisenberg - non abbiamo nulla in contrario. Mi auguro che il ministro
Tremonti sia consapevole che così perderebbe i proventi del diritto di
signoraggio sulle monete". Ovviamente, per motivi "politici",
Tremonti viene poco dopo subito sostituito. Si consideri anche che col suo
condono fiscale, Tremonti avrebbe potuto essere il pallido inizio di una
rivoluzione monetaria per l'abolizione definitiva del debito da signoraggio. La
BCE infatti non può avere diritto al signoraggio monetario, semplicemente perché
non dispone di riserva aurea, essendo questa abolita dal 15 agosto 1971 con la
fine degli accordi dei Bretton Woods. Al cittadino è fatto credere che il
prelievo fiscale sia un corrispettivo monetario, dovuto per funzioni e servizi
statali.
Se veramente fosse così, il
prelievo fiscale dovrebbe essere basato su valori monetari rigidi, non
decurtabili, né condonabili, in quanto considerati come corrispettivo, al puro
costo, di atti di scambio senza scopo di lucro, tra cittadini e Stato. La
verità è invece che, nonostante l'avvento della moneta nominale, cioè astratta
in quanto creata dal nulla, le banche centrali hanno continuato e continuano ad
emettere moneta prestandola, come se si trattasse di moneta concreta, cioè
sostanziata da oro di riserva. Continuando a prestarla anche allo Stato, il
prelievo fiscale non può che aumentare continuamente del cosiddetto debito da
signoraggio verso la banca centrale, per un valore pari a tutto il denaro messo
in circolazione!* *
Il
cittadino non sa niente di queste cose, dunque non può nemmeno prendere atto o
accorgersi che è merito di Tremonti di avere messo, consciamente o no, il dito
nella piaga e fatto emergere dalla dichiarazione Duisemberg, conscia o no, che
si vuole lasciare agli Stati solo l'elemosina proveniente dal "signoraggio
degli spiccioli", riservando così il malloppo agli usurai della Banca
Centrale Europea. Qui infatti la truffa
si chiama usura. Occorre pertanto informare i cittadini. Basterebbe aprire
l'Enciclopedia Treccani alla voce "Vandea" per accorgersi che la
causa della rivoluzione vandeana (rivoluzione francese) fu il fisco: con
l'emissione degli assegnati (moneta nominale concepita sulla falsariga della
sterlina inglese) era nato, infatti, il debito da signoraggio nei confronti
della banca centrale. Il portatore della moneta era stato inconsapevolmente
trasformato da proprietario in debitore del suo denaro. Al momento del prelievo
fiscale si verificava così il trauma psicologico che apriva una nuova
drammatica pagina di storia, incompatibile con quella che l'aveva preceduta. Il
popolo della Vandea abituato, per tradizione, alla moneta romana di proprietà
del portatore, avvertì l'oltraggio della truffa quando ebbe la consapevolezza
che gli assegnati lo avevano trasformato da proprietario in debitore della sua
moneta. Con la Vandea iniziava il ciclo storico della guerra del sangue contro
l'oro, in cui le verità essenziali si sono avvertite in movimenti romantici più
col sangue che col cervello, e perché è mancata una scuola di pensiero
all'altezza dei problemi della generazione. Dalla Vandea ad oggi non è cambiato
nulla, crollano le Torri Gemelle, simbolo di un sistema economico ad uso e
consumo dei banchieri e siamo di nuovo in guerra? Perciò solo l'informazione
corretta può fermare questo stato di cose.
Occorre sapere per esempio che la differenza tra euro-carta ed
euro-moneta è riscontrabile dal fatto che mentre la carta è perfettamente
identica in tutte le nazioni che utilizzano l'euro, le monete sono
personalizzate dallo Stato che le conia in una delle due facce. Ma i cittadini
utilizzano e spendono allo stesso modo cartamoneta e monete metalliche. Come
cittadino, come posso credere in Tremonti, se Tremonti, ma anche Berlusconi e
tutti coloro che hanno operato per dimetterlo, dimostrano di non sapere che è
diritto dello Stato stampare non solo gli spiccioli ma anche la cartamoneta,
sottraendo così questa prerogativa alle banche private? In tal modo infatti si
affermerebbe il diritto alla sovranità monetaria, fondamentale per la libertà
di un popolo così come quella territoriale, quella militare e quella politica.
Thomas Jefferson, presidente americano dal 1801 al 1808, ebbe a dire a questo
proposito: "Credo che per le nostre libertà le istituzioni bancarie siano
più pericolose degli eserciti nemici. Sono già arrivate al punto di erigersi in
un'aristocrazia del denaro che sfida il governo. La facoltà di emettere moneta
dovrebbe essere loro strappata e restituita al popolo, al quale giustamente
appartiene. In realtà, il potere di produrre moneta dovrebbe essere riservato
soltanto allo Stato, che provvederebbe a metterla in circolazione a seconda
delle necessità". Stretti dalla morsa del ricatto bancario, tutti governi
del mondo sono invece "costretti" a pagare cifre di interessi tali da
incidere pesantemente sul bilancio delle rispettive nazioni: LE TASSE CHE I
CITTADINI DEBBONO VERSARE, INVECE DI FINANZIARE OPERE PUBBLICHE, SERVONO A
COPRIRE ANCHE QUESTI INTERESSI. Ecco perché il sistema non funziona, tant'è
vere che per denominare una cosa scadente, per esempio un prodotto, invale il
detto "È un prodotto 'della mutua'"! Per le strade, gli acquedotti,
gli ospedali e tutte le altre strutture necessarie alla collettività, lo Stato
è infatti costretto a chiedere nuovi prestiti, sui quali tutti i cittadini
debbono pagare il balzello riservato ai banchieri.
Si
tratta di una situazione assurda che il rincretinimento giudica inevitabile. Ma
basterebbe che lo Stato tornasse a battere moneta e tutto sarebbe risolto.
Parecchi hanno intravisto la possibilità di questa soluzione, ma finora nessuno
è riuscito a diffondere questa idea, in modo tale da creare una coscienza
collettiva, necessaria per una radicale ribellione, né alcun politico è
riuscito ad attivare provvedimenti alternativi senza scontrarsi - rovinosamente
(si veda la tremarella di Tremonti nei suoi rapporti con Fazio) - con i poteri
forti che governano il mondo. Due presidenti statunitensi, per altri versi
assai discussi, tentarono l'inversione di marcia. Abraham Lincon fece stampare
dei "Biglietti degli Stati Uniti" -chiamati, per il loro colore,
"greenbacks" - su cui non gravavano interessi da pagare alle banche.
Tutti sanno che nel 1865 Lincon fu ucciso; qualche storico induce a collegare
la persona dell'assassino, John Wilkes Booth, con casa Rothschild. John F.
Kennedy tentò un provvedimento analogo - alcune banconote prive di interesse
stampate allora sono ancora in circolazione -, ma l'iniziativa non ebbe molta
durata per quel che avvenne a Dallas nel 1963. Storicamente, il
"signoraggio" era il termine col quale si indicava il compenso
richiesto dagli antichi sovrani per garantire, attraverso la propria effigie
impressa sulle monete, la purezza e il peso dell'oro e dell'argento. Ogni
cittadino poteva infatti portare alla Zecca metallo prezioso per farlo
trasformare in denaro e il sovrano tratteneva, come signoraggio, una
percentuale del metallo.
Ciò che
viene oggi indicato come "reddito monetario" in effetti non è altro
se non l'antico signoraggio. Se dunque un ente statale si prendesse la briga di
stampare moneta, diffonderla, controllare l'operato degli Istituti bancari,
certamente sarebbe legittimo istituire una tassa per coprire le spese
necessarie al buon funzionamento di quell'ente. Ma la dimensione del moderno signoraggio
va ben al di là di una semplice tassa. Il reddito monetario di una banca di
emissione è dato infatti dalla differenza tra la somma degli interessi
percepiti sulla cartamoneta emessa e prestata allo Stato e alle banche minori e
il costo infinitesimale di carta, inchiostro e stampa, sostenuto per la
produzione del denaro.
Se
l'ente di emissione fosse statale, il problema avrebbe innanzitutto un peso
relativo, perché sparirebbero di colpo gli interessi pagati dallo Stato. Che senso
avrebbe infatti, per lo Stato, pretendere interessi da se stesso? In secondo
luogo si tratterebbe di utili che, rimanendo in mano allo Stato,
apparterrebbero sempre alla collettività. Il reddito monetario, cioè l'utile di
esercizio di una banca di emissione, viene distribuito invece a tutti i
"partecipanti", né più né meno di come accade in una normale società
per azioni con scopo di lucro. Ma il problema inerente la natura delle banche
centrali non è tanto quello della quantificazione degli utili e della loro
distribuzione - peraltro in alcune nazioni, per attutire gli effetti
dell'increscioso balzello monetario, è stata prevista una restituzione allo
Stato di una percentuale del signoraggio -, quanto il potere esercitato sulla
politica monetaria e su tutta l'economia nazionale in conseguenza delle
prerogative proprie di un istituto di emissione: stabilire il tasso di sconto,
la politica monetaria e del credito, la concessione dei mutui, ecc.;
prerogative della sfera politica, nel caso di un istituto di Stato, ma che sono
invece riferibili, nel caso di istituti privati, a interessi di centri
economici e finanziari, per di più quasi sempre non nazionali. Le banche di
emissione sono dunque istituti dello Stato, cioè pubblici, oppure sono privati?
In Italia, nel 1874, fu promulgata, per la prima volta dalla nascita del Regno,
una legge bancaria per porre un freno alle emissioni di cartamoneta e per
regolamentare la concorrenza tra le banche che stampavano denaro. Le banche
autorizzate a emettere cartamoneta erano infatti ben sei: la banca nazionale
del regno d'Italia, la banca nazionale tscana, la banca toscana di credito, la
banca pomana, il banco di Napoli e il banco di Sicilia. Con tale legge,
inoltre, si stabiliva che le variazioni del tasso di sconto dovevano essere
autorizzate dal ministero delle finanze.
Con la
successiva legge del 1893, promulgata a seguito del clamoroso fallimento della
banca romana, i quattro istituti dell'Italia centrosettentrionale vennero fusi,
dando vita alla banca d'Italia, e rimasero ancora attivi il banco di Napoli ed
il banco di Sicilia, ma con ruoli di emissione più limitati. Bisogna arrivare
agli anni 1926-27 per vedere attribuito il diritto di battere moneta solo alla
banca d'Italia, che diventa così banca centrale. La sua natura, definita e
regolamentata nello statuto approvato con regio decreto solo nel 1936, fu
addirittura definita come quella di un "istituto di diritto
pubblico", ma la sua struttura e la sua proprietà rimasero quelle che
erano: quelle di una società anonima, trasformata successivamente in società
per azioni con scopo di lucro. Il governatore assunse da subito un ruolo
massimamente rilevante, non solo per l'amministrazione monetaria, ma anche per
l'intera vita economica delle nazione. Lo statuto stabilì la non revocabilità
del governatore da parte del potere politico, attribuendo questa facoltà solo
al consiglio superiore della banca d'Italia, organo tecnico ed estremamente
frammentato, quindi difficilmente condizionabile. Nel 1926, mentre si stava
discutendo sull'assetto da dare alla banca di emissione italiana, le pressioni
per garantirne la sostanziale autonomia e l'inamovibilità del governatore
furono notevoli. Benjamin Strong, governatore della federal reserve bank di New
York intervenne direttamente su Mussolini per ottenere garanzie
sull'indipendenza della banca d'Italia e sulla permanenza di Bonaldo Stringher
al posto di suo governatore, mettendo sul piatto della bilancia l'appoggio
della federal reserve e della banca d'Inghilterra alla stabilizzazione della
moneta italiana.
I
cedimenti in campo monetario, pur se compiuti nel tentativo di ottenere
momentanei benefici, sono sempre anticipatori di ulteriori e più gravi
concessioni. Infatti, nonostante numerose correnti del fascismo spingessero
verso la nazionalizzazione della banca centrale, il decreto del 1936 si limitò
a sostituire i vecchio azionisti con un consorzio di enti e banche, con
prevalenza delle casse di risparmio. La banca d'Italia rimaneva dunque una
banca privata. La sua proprietà, nel corso degli anni, non è sostanzialmente
cambiata: la proprietà della banca d'Italia non è mai stata dello Stato,
cioè del popolo, ma delle banche. E la storia dell'autonomia della banca
d'Italia è, sino ad oggi, una sequenza di tappe sempre più significative, tutte
indirizzate ad aumentarne il distacco dallo Stato. Nel 1981, quando era
ministro del tesoro Beniamino Andreatta e governatore della banca d'Italia
Carlo Azeglio Ciampi, si giunse a sancire il diritto della banca a non
sottoscrivere, sia parzialmente che "in toto", i titoli di Stato; un
divorzio sempre più definitivo che dimostrava, senza alcun dubbio, chi erano
coloro che detenevano il bandolo della politica monetaria italiana e in quale
conto era tenuta l'autorità politica. Nel 1992 cadde anche la residua
possibilità da parte dello Stato di controllare il tasso di sconto: il potere
di modificarlo, antico appannaggio del governo, era stato nel corso dei decenni
attribuito al governatore della banca d'Italia, che doveva però agire "in
concerto" con il ministro del tesoro. L'ex governatore Guido Carli, nei
panni di titolare del dicastero economico, il 7 febbraio 1992 fece approvare
dal parlamento l'assoluta autonomia dell'istituto di emissione in materia di
tasso di sconto. Si tratta di una questione chiave: il debitore riconosce al
creditore la facoltà di fissare unilateralmente le regole del prestito! Regole
che poi saranno applicate a tutta l'economia nazionale. Che senso hanno allora
le scelte elettorali, se nessun candidato, una volta eletto, ha il controllo
delle leve economiche del credito? Quale politica di sviluppo può essere
programmata da un governo di imbecilli che non sanno quanto "costerà"
il denaro? Così, anche l'ultimo residuo di cordone ombelicale tra banca
centrale e potere politico era stato definitivamente reciso. Non solo. Con il
passare dei decenni i personaggi del mondo monetario, non contenti
dell'assoluta autonomia conquistata, proposero se stessi in modi sempre più
arroganti come controllori e spesso perfino come gestori del mondo politico!
Nel 1945 l'allora governatore della banca d'Italia Luigi Einaudi cumulò la sua
alta carica monetaria con quelle di vicepresidente del consiglio e di ministro
del bilancio. Nel 1948 Einaudi divenne presidente della Repubblica. Da allora,
i casi del genere sono stati molteplici, e si svolgono in un crescendo
pericolosissimo: Carli, già governatore, divenne ministro del Tesoro; Ciampi,
dopo essere stato governatore, è divenuto ministro, poi presidente del
consiglio e infine è approdato al Quirinale; Lamberto Dini, direttore generale
della banca d'Italia, è divenuto ministro e poi premier; Antonio Maccanico, già
presidente di Mediobanca, è divenuto ministro e consigliere del presidente
della Repubblica.
C'è
anche da ricordare la carriera politica di Giuliano Amato, che da assiduo
frequentatore degli ambienti finanziari americani, divenne più volte ministro e
primo ministro, e quella di Romano Prodi, passato dall'incarico di consulente
della banca Goldmann & Sachs alla poltrona di palazzo Chigi e successivamente
a quella di presidente del consiglio europeo. Si tratta di scalate politiche
quasi mai scaturite da consultazioni elettorali, ma frutto di alchimie di
potere operate in assoluto dispregio del consenso popolare. Quale politica
dunque vanno cianciando costoro? E quale democrazia! Con l'avvento dell'euro e
della BCE, le cose sono peggiorate. Le autonomie godute dal mondo bancario si
sono rafforzate e la lontananza delle sedi dove si decide e si comanda, hanno
infittito l'atmosfera di sospetto e di mistero sul mondo monetario ed
economico. È un problema di casta. Da questi signori manipolatori di capitali,
le cariche che contano vengono spartite rigorosamente tra loro, gli intoccabili
delle banche centrali nazionali; le cariche della BCE, che sono di spettanza
dei governi, per statuto devono essere attribuite a "persone di
riconosciuta levatura ed esperienza professionale nel settore monetario o
bancario". Mentre gli uomini delle banche continuano sistematicamente ad
occupare gli scranni dei politici, a nessun politico è concesso di entrare nei
blindatissimi palazzi del denaro!
Non vi è
ministro, né presidente del Consiglio, né presidente della Repubblica o monarca
ad avere il potere, l'insindacabilità e la durata della carica che hanno a
disposizione un presidente e un dirigente della banca centrale europea. La BCE
da' "indicazioni" vincolanti ai governi, stabilisce i tassi e la
politica monetaria. E nessun potere politico può interferire. E il popolo? Il
popolo è sempre più lontano, e sempre più sottomesso. Dov'è dunque la
democrazia? Qui siamo in una super dittatura occulta. Analoga la storia delle
altre banche centrali negli altri paesi d'Europa e del mondo. La più autonoma,
la più indipendente, e la più spudoratamente privata è indubbiamente la federal
reserve americana. La sua proprietà è inoltre tenuta scrupolosamente segreta,
come segrete sono le riunioni della sua dirigenza. Palese è invece il suo
potere, beffardo ed efficace, negli USA e nel mondo. Scrisse Gertrude Coogan:
"La legge sulla federal reserve fu un grave errore. Essa consegnò ai
banchieri internazionali il controllo assoluto sul sistema bancario americano
e, di conseguenza, su ogni attività economica". Persino nei regimi
comunisti, in smaccata contraddizione con i dettami ideologici marxisti, le
banche di emissione finirono in mano ai banchieri internazionali. Nel 1937 la
Gosbank, l'istituto di emissione sovietico, fu privatizzato, e nel consiglio di
amministrazione fu accolto il plurimiliardario ebreo americano Armand Hammer. Ci
fu una sola nazione, nel XX secolo, che osò nazionalizzare la propria banca di
emissione, riconoscendo allo Stato, e quindi al popolo, la proprietà della
moneta: la Germania nazionalsocialista. Riflettendo sull'accanimento
criminalizzante riservato a Hitler ed ai suoi seguaci, e sulla
nazionalizzazione della Reichsbank, forse si potrebbero formulare spiegazioni
inconsuete e illuminanti sull'intera storia del secolo appena trascorso.
Le
banche centrali, quelle cioè che stampano la cartamoneta dei vari paesi del
mondo, sono dunque private, ed i proprietari sono in maggioranza le altre
banche e i grandi finanzieri internazionali. Ma allora, se il mondo della
politica, se i governi, i capi di Stato, i ministri del tesoro e dell'economia
non hanno più voce in capitolo sui tassi di sconto, sulle strategie monetarie,
sulle condizioni dei prestiti, sui finanziamenti internazionali, sui cambi,
sulle borse, chi coordina tutto questo complesso MONDO DI NUMERI, di previsioni
economiche, di interventi piccoli e grandi destinati a influire in maniera
determinante sulla vita di tutti i popoli? Chi prende le decisioni? Chi
comanda? C'è chi afferma che sarebbe il sistema stesso, nel suo complesso
groviglio di interessi e di meccanismi automatici, ad autogovernarsi, a
funzionare come una enorme macchina avviata così bene da non aver più bisogno
di progettisti e di macchinisti. Non ci sarebbe nessuno dunque a comandare.
Tutto avverrebbe così, naturalmente, ineluttabilmente, come in un Eden
illuminato dallo splendore del dio denaro. Ma si tratta di un'analisi che sa di
malafede. Se le cose andassero così come vanno in modo automatico, se non ci
fosse nessuno a decidere e comandare, non avrebbe senso cercare i responsabili.
A nessuno potrebbe essere imputata la colpa delle crisi economiche, dei crolli
monetari, dello sfruttamento delle risorse o del lavoro, e della fame nel
mondo. Certo si tratta di una
spiegazione eccessivamente comoda, e assai difficile da accettare. È allora
necessario informarsi, ed osservare più da vicino il mondo delle banche
centrali, cercando di individuare il momento e la sede dove esse si incontrano
per decidere. Infatti costoro decidono veramente per tutti. E gli effetti di
tali decisioni sono davanti agli occhi di tutti. E allora, informandosi, si
viene a sapere che a Basilea, in Banhofplatz 2, ha sede la banca dei
regolamenti internazionali BRI, o BIS, "Bank for International
Settlements", fondata nel 1930, dove si riuniscono, ogni mese, i dirigenti
di tutte le banche centrali del mondo. Proprietarie della BRI sono infatti
tutte le banche centrali del mondo, ma in proporzioni assai differenti tra di
loro. Il 25 % delle azioni sono della federal reserve USA, il 15 % della banca
d'Inghilterra e il rimanente 60 % è distribuito, con quote minime, tra tutti
gli altri. Un 60% talmente frammentato da rendere impossibile una qualsiasi
aggregazione percentualmente significativa.
La
federal reserve, col suo 25 % di proprietà e con la costante, servile
disponibilità della banca d'Inghilterra, ha facile mano nel determinare il
bello e il cattivo tempo. Nell'ambito della la banca dei regolamenti
internazionali BRI, le banche centrali dei paesi più industrializzati del
mondo, Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Canada, Olanda,
Belgio, Svezia e Svizzera, hanno istituito appositi comitati di vigilanza
internazionale: il CBVB, "Comitato di Basilea sulla Vigilanza
bancaria"; il CSPR, "Comitato sui Sistemi di Pagamento e
Regolamento"; e il CSFG, "Comitato sul Sistema Finanziario
Globale". Le nomine dei governatori delle banche centrali delle varie
nazioni del mondo, prima di giungere alla ratifica dei rispettivi governi, dove
ciò è ancora previsto, devono essere approvate dalla BRI; se a Basilea non sono
d'accordo, tutto viene rimesso in gioco, si vagliano altre candidature, più
gradite ai signori della Banhofplatz, fino ad individuare l'uomo adatto a
gestire, a livello nazionale, le decisioni che vengono assunte lassù,
nell'Olimpo dei potentissimi Morgan, Rockefeller, Warburg, Rothschild...
Certo,
perché, nonostante i proprietari della federal reserve siano tenuti segreti, e
segrete le loro riunioni, si sa per certo che tra di loro ci sono anche questi
uomini, e che le loro quote pesano molto. Nomi che compaiono da secoli nella storia
del denaro e, soprattutto, nella scalata che il potere finanziario
internazionale ha fatto ai danni del potere politico. Quindi chi comanda il
mondo del denaro, cioè il mondo dell'economia, cioè il mondo "tout
court", esiste davvero. In quelle riunioni mensili vengono affrontate
tutte le questioni di ogni paese, vengono decisi i tassi di sconto, i
beneficiari dei prestiti della BM (banca mondiale) e del FMI (fondo monetario
internazionale), quali governi devono essere aiutati, facilitati, finanziati, quali
monete devono decollare e quali svalutarsi, quali movimenti rivoluzionari
devono essere armati e quali riforme devono essere sponsorizzate. Sì, perché
chi ha il potere di decidere la politica monetaria può influire, in maniera
determinante, su ogni cosa. Certamente, nei sontuosi saloni della BRI, si è
molto discusso, e deciso, prima che venissero firmati gli accordi di Bretton
Woods nel 1944, con i quali fu stabilito, tra l'altro, che il dollaro dovesse
essere assunto come moneta per gli scambi internazionali. Certamente, negli
uffici della Banhofplatz 2, si è molto discusso, e deciso, prima che il
presidente USA Richard Nixon, nell'agosto del 1971, annunciasse al mondo
l'inconvertibilità del dollaro in oro (sino ad allora per 35 dollari doveva
esistere la garanzia di un'oncia d'oro). Certamente a Basilea si è molto
discusso, e deciso, prima che la pubblica opinione del mondo venisse a
conoscenza della perestrojka, del trattato di Maastricht, dell'euro, della
guerra all'Iraq, della guerra nei Balcani, della guerra all'Afghanistan. E,
probabilmente, si è parlato anche di attentati, di grattacieli e di tante altre
cose. Ora, nessuno, assolutamente nessuno di questi signori che si riuniscono,
discutono e decidono al numero 2 di Banhofplatz di Basilea, è mai stato
candidato in nessuna lista di nessun partito, è mai stato eletto da elettori di
questo o di quel popolo del mondo. È dunque questa la democrazia?
Mark
Alonzo Hanna, consulente del presidente USA William McKinley e mitica figura di
organizzatore di campagne elettorali, citato anche da Bush jr., ebbe ad
affermare nel 1896: "Per vincere occorrono due cose. La prima è avere molti soldi... La seconda
non me la ricordo". Ed è per questo che la scalata dei signori del denaro
non è iniziata all'interno dell'area politica o delle istituzioni
rappresentative delle singole nazioni. Si è sviluppata dove i soldi si
fabbricano, all'interno delle banche centrali, affiancandone l'attività con una
miriade di istituzioni internazionali, enti, fondazioni, banche di credito e
d'affari tutte rigidamente dirette o controllate tra loro. Una ragnatela così
ampia e articolata da consentire il progressivo condizionamento planetario di
tutte le attività: la "Trilateral Commission", il "Council on
Foreign Relations", il "Bilderberg Group", il "Club de
Paris", il "FMI", la "BM", l'"OMC"
(organizzazione mondiale del commercio), la "CCI" (camera di commercio
internazionale), l'"Institute of International Finance", il
"Forum di Davos"; e, ancora, il "Comitato di Bali", per la
supervisione bancaria; l'"IOSCO" (International Organisation of
Securities Commissions) per la supervisione delle borse e dei mercati di
capitali; l"ISMA" (International Securities Market Association);
l'"IAIS" (International Association of Insurance Supervisors) per la
vigilanza sulle compagnie di assicurazione; e l'"ISO" (International
Standard Organisation) alla quale è demandato l'incarico di definire gli
standard industriali, tanto per citarne i più noti e importanti.
Al
condizionamento politico ed economico delle singole nazioni, attraverso il
controllo monetario, si aggiunge il potere di influire sui rapporti
internazionali. Poco importa se intere nazioni, nel gioco delle speculazioni,
sono travolte e ridotte alla fame - vedi i paesi dell'America Latina - o altre
vengono a trovarsi in posizione di immeritato vantaggio. Un esempio tra i tanti
che si potrebbero fare: il 30 % dell'intero ammontare dei prestiti concessi dal
FMI è attualmente assorbito dalla Turchia, favorita dalla sua posizione
geostrategica nel "vicino Oriente", che va salvata per non far
perdere un forte alleato a Stati Uniti e ad Israele. Inoltre, attraverso il
flusso dei finanziamenti, si attivano tutte quelle iniziative che si ritengono
funzionali a questo disegno criminale mondiale, condizionando pesantemente,
spesso sino a stravolgerle, anche quelle iniziative che, a prima vista,
potrebbero apparire di segno opposto. Esempio particolarmente eloquente ne è il
movimento dei "No Global". Maurizio Blondet, nel suo libro "No
Global", informa che, contrariamente a quanto la pubblica opinione è
indotta a credere, "l'International Global Forum è largamente finanziato
dalla Foundation for the Deep Ecology, un think-tank con sede a San Francisco,
erede delle fortune del magnate Douglas Tompkins, il padrone della Esprit
Clothing Company, la nota multinazionale di prêt-à-porter. Detta
"Fondazione per l'Ecologia Profonda" nel 2000 ha dichiarato attivi
per 150 milioni di dollari: grazie a questi fondi essa funziona come una
finanziaria, che fornisce capitali iniziali per il lancio di gruppi antiglobal
in tutto il pianeta". Ed ancora: tra i "finanziatori dei 'No Global'
spicca un nome: Theodor (Teddy) Goldsmith.
[...]
Teddy è il fratello minore del defunto sir James Goldsmith, speculatore
mondiale in materie prime, uno dei dodici uomini più ricchi del mondo, cugino
dei Rothschild". Procedendo nella sua indagine, Blondet mette in luce
anche le relazioni che legano il mondo dei "No Global" a un altro celebre
miliardario, George Soros: "Ebreo ungherese naturalizzato americano, Soros
è diventato enormemente ricco e famoso con speculazioni internazionali sulla
lira negli anni 90, il genere di operazioni possibili nel mercato
globale". Dunque, ovunque si cerchi, escono fuori soldi, enormi quantità
di soldi, attraverso i quali i soliti signori indirizzano, determinano,
controllano. Per ciò che riguarda l'Europa, taluni sono indotti a credere che
l'euro sia il punto di arrivo spontaneamente perseguito dalle nazioni del
vecchio continente, nel quadro della loro volontà di unificazione. Il professor
Joshua Paul, docente della Georgetown University, ha pubblicato nell'autunno
del 2000 una serie di documenti del Bilderberg Group, sino ad allora tenuti
segreti, che documentano come da cinquant'anni quegli ambienti stessero
lavorando perché l'Europa si dotasse di un'unica valuta. Già nel 1948 le
Fondazioni Ford e Rockefeller avevano dato vita all'American Committee for a
United Europe, con lo scopo di condizionare lo sviluppo monetario, economico e
politico del nostro Continente in modo convergente agli interessi
d'Oltreoceano.
Un
memorandum della sezione Europa del Dipartimento di Stato americano, in data 11
giugno 1965, riporta precisi suggerimenti al vicepresidente della Comunità
Economica Europea, Robert Marjolin, per giungere al varo di un'unica valuta
europea, non come concorrente del dollaro, ma come agevole mezzo di controllo
delle economie delle singole nazioni europee. È infatti molto più semplice
controllare un'unica entità monetaria e un'unica banca centrale indipendente,
piuttosto che quindici valute e quindici Istituti di emissione con ancora
qualche residuo legame con i ministri economici, i governi e il mondo politico.
All'articolo 7 dello Statuto del Sistema Europeo di banche Centrali e della BCE
si legge: "Né la BCE, né una banca centrale nazionale, né un membro dei
rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle
istituzioni o dagli organi comunitari, dai governi degli Stati membri, né da
qualsiasi altro organismo". Le banche centrali delle singole nazioni
europee, prima del Trattato di Maastricht, avevano un'indipendenza dal potere
politico variabile tra il 40 e il 65 %; oggi, dopo i cambiamenti determinati
dall'avvento dell'Euro, hanno raggiunto il 90 %. Dunque, mentre nessuna
influenza può giungere dal potere politico alla BCE, dai vertici monetari
giungono al potere politico continue indicazioni, parametri cui attenersi,
precisi paletti che coinvolgono l'intera economia delle nazioni.
Come
giustamente osserva Bruno Tarquini, già procuratore della Repubblica a Teramo,
nel suo "La banca, la moneta e l'usura", "lo Stato ha rinunciato
alla propria sovranità monetaria, trasferendola a un istituto privato: questo
perciò, in perfetta autonomia e indipendenza, esercita una pubblica funzione di
essenziale rilevanza per la vita della Nazione, essendo noto che la politica
monetaria (vale a dire l'emissione della moneta e la regolamentazione della sua
circolazione nonché del mercato monetario) condiziona l'intero sistema
economico di uno Stato e influisce quindi anche sulla sua politica generale, e
particolarmente su quella sociale". È davvero singolare come il Trattato
di Maastricht si sia preoccupato di definire la BCE esclusivamente per ciò che
riguarda la sua indipendenza. Francesco Papadia e Carlo Santini, nel loro
"La banca centrale europea", ricordano: "Dalla lettura del
Trattato emerge la particolare collocazione della banca centrale europea
nell'assetto istituzionale dell'Unione Europea. L'articolo 4, infatti, non la
menziona tra le istituzioni (Parlamento europeo, Consiglio, Commissione, Corte
di giustizia e Corte dei conti) della Comunità. Alla banca, però, il Trattato
conferisce personalità giuridica e lo Statuto riconosce la più ampia capacità
di agire in ciascuno degli Stati membri. Sotto il profilo giuridico-formale, la
banca centrale europea non è, dunque, un'istituzione comunitaria [...], i suoi
atti non sono imputabili alla Comunità. La banca centrale europea è inserita in
una cornice giuridica che ne stabilisce e ne tutela l'indipendenza
nell'attuazione della politica monetaria". La BCE determina dunque, in
perfetta autonomia, come se ciò non avesse rilevanza politica e sociale, il
livello dei tassi di interesse ufficiali, cioè il costo del denaro, in altre
parole: la politica di espansione o di restrizione monetaria. E, se non
bastasse, decide e guida, in perfetta indipendenza, tutte le operazioni di
acquisto e di vendita degli euro contro altre valute sul mercato dei cambi. E
le banche centrali nazionali devono conformarsi in tutto e per tutto alle
direttive della BCE - il consiglio direttivo vigila attentamente! -, altrimenti
bacchettate sulle dita, con tutto il potere per farlo! La BCE, e di conseguenza
anche tutte le banche centrali nazionali, ufficialmente - e ormai questo è
scritto a chiare lettere, nero su bianco, nei Trattati e nei Regolamenti - non
possono concedere, per nessun motivo, crediti agli Stati, o alla comunità
europea o a qualsiasi altro soggetto pubblico, e quindi è loro proibito
acquistare titoli di Stato, sia al momento dell'emissione che successivamente.
Non solo: se prima di Maastricht, qualche banca centrale, come sopra ricordato,
poteva ancora prevedere allo Stato un parziale ritorno del signoraggio, reddito
ottenuto attraverso la politica monetaria, alla BCE si fa obbligo di non fare
uscire neanche un centesimo dalle casse del Sistema europeo di banche centrali.
E,
ancora, mentre i dibattiti e le sedute della camera dei deputati e del senato sono
aperti al pubblico, le sentenze delle corti di giustizia devono essere
dettagliatamente motivate e pubblicate, le riunioni del consiglio direttivo
della BCE sono assolutamente secretate, ed è lo stesso consiglio che, di volta
in volta, decide se pubblicare le proprie deliberazioni, se pubblicarne solo
alcune parti, o se non pubblicarle affatto. Oltre tutto questo, i dirigenti
della BCE godono di una sostanziale immunità: non sono infatti previste,
all'interno della BCE, sanzioni per comportamenti impropri. Nei regolamenti si
legge che è sufficiente il rischio di perdere credibilità e fiducia per
garantire la certezza dell'operato dei dirigenti. Solo in caso di colpe
gravissime e di comportamento palesemente illegittimo può intervenire la Corte
di giustizia e occuparsi del caso. La perdita delle sovranità monetaria e
legislativa, che sono parti essenziali della sovranità nazionale, da parte
degli Stati europei, è stata stabilita in maniera irrevocabile. Ed alla
chetichella. In Italia, come sottolineò Ida Magli su "il Giornale"
dell'11 marzo 2001, "nella legge di riforma della Costituzione, approvata
dalla maggioranza di sinistra in gran fretta poche ore prima dello scioglimento
delle Camere, c'è un passo fondamentale e che pure non è stato portato a conoscenza
dei cittadini né prima né dopo della sua approvazione.
Si
tratta dell'articolo 117 in cui si stabilisce: "La potestà legislativa è
esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché
dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionali". In queste tre righe è codificata la perdita della
sovranità legislativa dell'Italia. Per questo l'articolo 117 non è stato
discusso apertamente: GLI ITALIANI NON DEBBONO SAPERE". Forse, la politica
della democrazia è proprio questa. Da qualche parte si è sentito il dovere di
coinvolgere ed ascoltare il popolo attraverso regolari referendum, e lì, vedi
il caso della Danimarca e della Svezia, Maastricht ed euro sono rimasti lettera
morta. Il popolo ha detto no. Ma queste
sono rare eccezioni. Molto democraticamente, a tutti gli altri paesi europei è
stato imposto di uniformarsi al modello americano senza diritto di replica,
senza alcun referendum. Scrive Giulietto Chiesa sul suo "La guerra
infinita": "È il denaro che decide non più soltanto come l'economia
deve procedere, ma anche - direttamente, immediatamente - come l'America deve
essere governata. [...] Il popolo, come
tutto il resto, non è più sovrano di nulla, essendo diventato, nel frattempo,
consumatore. Non ha forse invitato, l'imperatore Bush, pochi giorni dopo il
tremendo impatto terroristico, i suoi elettori a 'tornare a fare
shopping'?".
L'economia
è governata da uomini che, fino a prova del contrario, nulla hanno a che vedere
con il consenso popolare; su questo non può ormai esservi più dubbio. E si
crede che queste siano le regole del libero mercato, della globalizzazione, del
consumismo e del benessere.
L'importante, si dice, che il sistema politico - adottato o imposto -,
ovunque, in ogni angolo del mondo, sia quello democratico. Si devono svolgere
"libere" consultazioni elettorali attraverso le quali il popolo possa
scegliere i candidati proposti dai diversi partiti. A parte la sopra citata
frase di Mark Alonzo Hanna, che ricorda come nelle campagne elettorali più dei
programmi contino i soldi, il cittadino sovrano può e deve legittimamente
chiedersi cosa possa offrire al popolo una classe dirigente politica privata di
ogni potere inerente la moneta e l'economia, e quindi di ogni possibilità di
intervenire nel sociale. Sforzandosi di essere ottimista fino in fondo, egli
osserverà come la democrazia riesce a gestire l'oggetto principale del suo
esistere: il consenso. È per garantire il libero consenso, infatti, che i
"padri fondatori" hanno inventato la moderna democrazia. E di questo
sistema politico esiste un modello indicato ad esempio, ad ogni pie' sospinto,
un vero e proprio santuario: "la grande democrazia americana". Si
osservi, dunque, come si esprime il consenso in quel paese. I dati che si
riscontrano non possono che lasciare perplessi. Nelle elezioni presidenziali va
a votare meno del 50% degli aventi diritto, quindi il presidente USA
rappresenta a malapena un americano su quattro.
Nelle
altre consultazioni, le cose vanno molto peggio: i votanti nelle elezioni dei
singoli Stati sono il 35-40%, in quelle di contea e municipali addirittura il
25-30%. Dunque, nel santuario della democrazia ci sono anche
"maggioranze" che rappresentano meno del 13% della popolazione. Qualcosa
non funziona: le motivazioni addotte per condannare le dittature si sono sempre
incentrate sui temi della libertà e del consenso. Ma è legittimo domandarsi
quanto possa durare un regime quando si basi su un consenso del solo 13% o 25%
della popolazione. Negli Stati totalitari certamente molto poco. Il consenso,
quando è una cosa seria, è un fatto di coscienza, è un senso di appartenenza e
di partecipazione: è una forza centripeta che ingrandisce il cittadino e lo
rende parte fondamentale del popolo, anzi di "quel" popolo. In
democrazia, intesa come regno del più sfrenato individualismo, le forze che
prevalgono sono invece quelle centrifughe, che rimpiccioliscono il cittadino,
lo rendono anonimo, un semplice numero, e lo collocano in una massa amorfa e spersonalizzata:
una massa che si può governare anche con un misero 13% di
"maggioranza". Il consenso, in democrazia, ha la dignità di una
lattina di "Coca-Cola" venduta sullo scaffale di un supermercato. E
più la democrazia è imposta al mondo, più la finanza internazionale ha mano
libera per i suoi traffici, più crescono le sacche di povertà entro le nazioni
ricche e più popoli vengono cacciati nel girone della fame. Nell'ultimo
rapporto ONU sullo sviluppo umano (1998) si legge che il 20% più ricco della popolazione
mondiale consuma l'86% dei beni disponibili, mentre il 20% più povero solo
l'1,3%.
E la
"grande democrazia americana" prosegue nella sua opera di conquista
planetaria. Attraverso quali strumenti? Siamo alle solite, rispuntano i
banchieri. Scrive ancora Giulietto Chiesa: "Strumenti sovrannazionali di
questo progetto sono state le due istituzioni regine di Bretton Woods, il Fondo
Monetario Internazionale e la banca Mondiale, cui negli ultimi anni si è
aggiunto il WTO (World Trade Organization), loro parente stretto in quanto
erede del GATT (General Agreement on Tariffs and Trade). Non a caso, questi tre
strumenti operativi sono estranei alle Nazioni Unite. Altrettanto non a caso,
essi sono le uniche istituzioni sovrannazionali che hanno ricevuto concreti,
reali poteri di limitazione, di abrogazione delle sovranità nazionali dei paesi
che vi aderiscono. Ma non tutte le abrogazioni sono eguali tra loro. Il
"consenso di Washington" ha rappresentato il grimaldello con cui la
rappresentatività internazionale del sistema delle Nazioni Unite è stata
smantellata per far posto al decalogo della globalizzazione americana". E
la "grande democrazia americana" continua, con ricatti monetari, con
azioni militari, con spoliazioni delle sovranità nazionali sempre più
devastanti, ad imporre il proprio modello "buono",
"libero", "politicamente corretto". Le regole? I Trattati
internazionali? Contano solo, se, e quando, sono funzionali al disegno USA,
altrimenti si ignorano, si stracciano o si riscrivono. Una risoluzione dell'ONU
non rispettata può essere ottimo pretesto per scatenare una guerra se si tratta
dell'Iraq di Saddam Hussein, ma non ha nessuna importanza se nella parte
dell'inadempiente si trova lo Stato di Israele. Quando, nel 1999, l'obbiettivo
era lo smantellamento della Serbia di Milosevic, gli americani non esitarono a
stravolgere la natura della NATO. Da patto difensivo la trasformarono in
alleanza militare offensiva. I regolamenti furono, in quattro e quattr'otto,
cambiati. Gli articoli 5 e 6 dello Statuto che circoscrivevano, in chiave
difensiva, l'uso della forza, vennero riscritti: la NATO si autodefinì e si
comportò, con atto unilaterale, e in dispregio dell'articolo 51 della Carta
dell'ONU sulla legittima difesa, come il "gendarme del nuovo ordine mondiale".
Per
comprendere quale, puntualmente, si dimostra essere la considerazione che gli
americani hanno della legalità e della libertà basta osservarli in una
qualsiasi delle loro scorribande. A titolo di esempio riporto la ricostruzione
fatta da Noam Chomsky dell'aggressione militare scatenata dall'America di
Ronald Reagan contro il Nicaragua: "Il Nicaragua non rispose. Essi non
risposero mettendo bombe a Washington. Essi risposero chiamando Washington a
difendere il proprio operato davanti al Tribunale internazionale [...] Non
ebbero difficoltà a trovare le prove. Il Tribunale le accettò, deliberò in loro
favore, [...] condannò ciò che essi avevano denunciato come "uso illegale
della forza", che è un altro modo per definire il terrorismo
internazionale, [...] intimò agli Stati Uniti di porre fine al crimine e di
pagare massicci indennizzi. Gli Stati Uniti, ovviamente, respinsero con sdegno
la sentenza della Suprema Corte e annunciarono che da quel momento non ne avrebbero
più riconosciuto la giurisdizione. Allora il Nicaragua si rivolse al Consiglio
di Sicurezza delle Nazioni Unite. Che emise una risoluzione invitante tutti gli
Stati a osservare le leggi internazionali. Nessuno fu nominato, ma tutti
compresero. Gli Stati Uniti misero il veto alla risoluzione. Ed essi sono oggi
l'unico Stato che ha dovuto subire una condanna del Tribunale internazionale e
che, al tempo stesso, ha posto il veto su una risoluzione del Consiglio di
Sicurezza che esortava gli Stati a osservare le leggi internazionali. Allora il Nicaragua andò oltre e si rivolse
all'Assemblea Generale dell'ONU, dove non esiste tecnicamente un meccanismo di
veto, ma dove un voto negativo degli Stati Uniti equivale a un veto. E
l'Assemblea approvò una risoluzione analoga a quella del Consiglio di Sicurezza
con il voto contrario soltanto degli Stati Uniti, di Israele e del
Salvador. L'anno successivo si votò di
nuovo e questa volta gli Stati Uniti raccolsero soltanto il voto di Israele
[...] A quel punto il Nicaragua non poteva fare nient'altro di legale. Aveva
tentato tutte le strade. Ma esse non potevano funzionare in un mondo governato
dalla forza".
È questa
la particolare interpretazione che la "grande democrazia americana",
quella che si attribuì l'autorità per istruire e dirigere i processi di
Norimberga e di Tokyo, ha dei valori di libertà, di legalità e di giustizia.
Esattamente come quando proclamano il diritto dei palestinesi di avere un
proprio Stato, ma a condizione, non solo che sia uno Stato di tipo democratico,
ma anche di poter porre il proprio veto sulla scelta della persona che il
popolo palestinese vorrà scegliere come capo. In questa strana politica, e
strana democrazia, lo spirito "missionario" dei cavalieri a
stelle-e-strisce nel "liberare" i popoli del mondo lascia perplessi,
almeno quanto lo spessore di quel consenso democratico che consegna al mondo
"maggioranze" del 13%. Ma, a chiarire cosa sia il consenso
democratico, arriva poi il banchiere Carlo Azeglio Ciampi, nella sua nuova
veste di presidente della Repubblica. A chi gli chiedeva spiegazioni sulla
legittimità di portare avanti riforme della portata dell'euro e
dell'istituzione della BCE, questo mortificatore della democrazia e di ogni
cittadino italiano, senza sottoporre le questioni al vaglio di referendum
popolari, ha detto: "Si parla a volte di fare un referendum sull'Europa.
Ma a me pare che un "referendum di fatto" sia già stato celebrato, il
primo gennaio scorso, quando è stato varato l'Euro, e mi chiedo quale consultazione
popolare migliore di quella sia possibile". Con una frase breve,
lapidaria, e chiarissima, egli ha spiegato che il consenso democratico
"migliore" è quello di utilizzare una moneta imposta d'autorità. Nell'epoca del denaro virtuale è
probabilmente logico che ci si debba accontentare del consenso virtuale. E
probabilmente, proprio questa è la democrazia.
Nell'epoca
del denaro virtuale, della "e-money", cioè del soldi che non
esistono, ma che possono determinare benessere o povertà per intere
popolazioni, ricchezza o rovina per intere categorie, si fa passare per logico
che il sistema politico dominante sia quello democratico, dove
"sovrano" sia il popolo, ma a patto che a decidere siano solo i
banchieri e le loro "lobbies", dove si confondono le alchimie
monetarie con i referendum popolari, dove le maggioranze possono essere del
13%, e dove si scambia la libertà con l'obbligo a consumare, la dignità con il
possesso di una carta di credito, la patria con un titolo quotato in borsa, e
la vita con la storia di un conto corrente. Di fronte ai grandi temi di
attualità le uniche risposte sono quelle ispirate dall'interesse dei soliti
gruppi finanziari. E nessuno si ribella, perché non c'è più un potere politico
rappresentativo e autorevole da cui aspettarsi risposte differenti, autonome,
ispirate dall'interesse della collettività. Sul "Corriere della Sera"
del 23 gennaio 2002, Giovanni Caprara, affrontando il problema dell'inquinamento,
riporta la possibile soluzione indicata dal Nobel Carlo Rubbia: "Per
risolvere i problemi bisogna fabbricare veicoli con emissione zero, cioè che
non inquinano. E lo strumento ideale è la cella a combustibile a idrogeno. Ne
sono già state costruite e dimostrano di funzionare egregiamente. Anche meglio
del motore a benzina, per quanto riguarda il rendimento che risulta addirittura
tre volte più elevato: 45% la cella, 15% il motore a benzina. [...] In cinque
anni l'intero parco dei mezzi pubblici potrebbe essere riconvertito e
disponibile. Per le auto private, basterebbe solo qualche anno in più. [...]
Bisogna solo decidere politicamente di andare in questa direzione ed esserne
tutti consapevoli".
Ma è
proprio questo il problema. Per "decidere politicamente", nell'interesse
della collettività, occorre un potere politico vero e indipendente, un potere
che oggi non esiste più, di cui altro non è rimasto se non l'ectoplasma,
un'immagine più o meno decorativa ad uso e consumo degli interessi dei soliti
signori. Per risolvere i problemi dell'inquinamento è inutile ricercare ciò che
è buono per il popolo, anzi per "quel" popolo; sarà più opportuno
individuare le soluzioni favorevoli agli interessi dei commercianti di
petrolio, degli Agnelli, Ford e &. Ma, in tutta questa vicenda di ordinaria
dittatura finanziaria, i numeri hanno un forte peso e i conti si possono anche
sbagliare. Anzi, la storia lo dimostra, prima o poi si sbagliano. Vuoi perché
l'avidità è spesso più forte della prudenza, vuoi perché le reazioni della psicologia
umana spesso non coincidono con la fredda consequenzialità dei calcoli
numerici, vuoi perché a forza di sottrarre libertà e sovranità si arriva al
punto in cui i popoli si arrabbiano e si ribellano. Ha destato scalpore il
successo che in diverse parti del mondo ha ottenuto il film "The
Bank". Si narra di un personaggio che si vendica dei torti subiti
inventando un sistema informatico capace di distruggere la banca che aveva
rovinato la sua famiglia. La storia ha il pregio di mettere a nudo i ricatti, le
manipolazioni contrattuali e giuridiche, la sete di potere e il cinico
controllo delle vite umane messi in atto dagli istituti che maneggiano il
denaro. Alle battute finali del protagonista, "la banca non c'è più"
e "odio le banche", nelle sale cinematografiche esplodono ovazioni da
stadio. In Argentina, nelle riunioni familiari, un nuovo gioco da tavolo ha
soppiantato la tradizionale Tombola e il Monopoli: si chiama "Debito
eterno". Sulla scatola si legge: "Chi è capace di sconfiggere il
Fondo Monetario?". Forse, gli esseri umani stanno cominciando a
comprendere chi sono i veri nemici, e stanno cominciando ad odiarli. Non si
tratta di esseri esterni alla loro coscienza. Si tratta di un demone che
abbiamo tutti dentro, che già Gesù di Nazaret chiamava Mammona, il dio denaro.
Il giro di boa che condurrà al crollo della dittatura monetaria e alla
riconquista delle sovranità nazionali è probabilmente molto più vicino di
quello che, di fronte alla potenza planetaria delle "lobbies"
finanziarie, si sarebbe indotti a credere. Si preparano tempi duri, durissimi,
simili a quelli vissuti e che stanno ancora vivendo gli argentini. Sarà un
passaggio traumatico, dolorosamente traumatico, dato che tutte le risorse sono
ormai nelle mani di quei signori manipolatori di capitali, e che gran parte
delle nostre qualità lavorative sono state travolte: il villaggio globale ha
distrutto l'artefice del prodotto finito, e lo ha sostituito con l'operaio
costretto a costruire un bullone, un ingranaggio o solamente ad assemblare, e con
l'impiegato o il fattorino capace solo di consegnare ciò che le multinazionali
hanno commercializzato. Dovremo reimparare ciò che ci hanno fatto dimenticare.
Dovremo trovare il coraggio di intraprendere strade nuove, soluzioni originali.
Dovremo sbarazzarci della moneta-truffa dei banchieri, e di tutti i loro
ricatti, e fondare finalmente una moneta vera, quella del popolo. Scrive Bruno
Tarquini: "Siamo seduti su una polveriera" ha annunciato, dall'alto
della sua competenza, l'economista Paolo Savona; e non può certamente
sostenersi che non ci si renda conto, già da oggi, di quali potrebbero essere
gli effetti di una sua eventuale esplosione.
L'emissione della "moneta del popolo", già utile nell'attuale situazione
per contrastare la rarità monetaria, arbitrariamente scelta dalle autorità
finanziarie per la soddisfazione della loro sete di dominio, in caso di crisi
sarebbe anche decisamente necessaria". I popoli, vere vittime della
tirannide delle "lobbies", sapranno riconquistarsi, pezzo per pezzo,
tutta la sovranità che è stata loro sottratta. Quando il cloroformio del
benessere consumista si sarà esaurito, quando il bailame di gadget, telefonini,
computers sarà andato in tilt, quando il "luna park" di supermercati
e centri commerciali sarà rimasto senza prodotti, i popoli necessariamente
dovranno riscoprirsi, rifondarsi, tornare ad esistere con la propria specifica
identità e la propria cultura.
Questo
sistema consumista, monetario e di "libero" mercato è un sistema
entropico: un sistema destinato, prima o poi, a spegnersi, perché si basa sul
continuo aumento dei consumi, quindi della produzione, quindi dello
sfruttamento delle risorse, aumento che non può essere infinito, perché, giunti
al punto in cui la disponibilità dei beni sarà inferiore alla quota
d'incremento necessaria al perpetuarsi del sistema consumistico, si giungerà
all'implosione economica. Sarà un momento durissimo. Ho ascoltato recentemente
da un'anziana montanara il racconto dei tempi, non poi così lontani, in cui
nelle nostre valli mancava tutto quello che oggi c'è. Si mangiava polenta,
latte, castagne, formaggio, cotenne e qualche raro insaccato. Ma non tutto ciò
era disponibile sempre; un giorno si mangiava questo, l'altro quello; la
povertà era grande. Spesso, tra gli
abitanti del villaggio, ci si riuniva e, allora, le cose andavano meglio perché
c'era chi portava cotenne, chi cipolle, chi polenta, chi un salame, chi una
ciotola di latte. "La miseria ci teneva uniti, e ci ha consentito di
superare anche gli inverni peggiori", fu la conclusione del racconto. I
popoli hanno dimostrato già in molte occasioni di saper superare prove
tremende, sviluppando una forza e una capacità solidale oggi insospettabili.
Anzi, le loro qualità migliori le hanno espresse nei periodi più duri, e in
quelli della ricostruzione, qualità che i signori delle banche internazionali
non sospettano nemmeno e sicuramente non hanno preventivato. I popoli europei,
oggi ridotti a bracciantato per i servizi necessari allo sviluppo della nuova
economia, quella della globalizzazione o del mondialismo, e delle
multinazionali, sapranno ritrovare le proprie caratteristiche produttive e
creatrici. Non resteranno, storditi, affamati, accampati accanto agli
aeroporti, ad attendere l'arrivo degli "aiuti umanitari", come
avviene in molti paesi del terzo mondo. I popoli europei non accetteranno i
nuovi ricatti di qualche nuova banca internazionale e sapranno ritrovare la
sopita passione per la libertà e l'indipendenza. La lotta per la libertà è una
costante nella storia degli uomini. La lotta dei popoli per la libertà e per la
sovranità sarà il tema dominante della storia di domani.
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cura di Benedetto Brugia
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(President Kennedy, the Federal Reserve and Executive
Order 11110 - by Cedric X)
tratto
da "The Final Call" - vol. 15, n° 6, 17/01/1996 (USA) -
http://www.john-f-kennedy.net/
Il fatto
Il 4
giugno 1963, venne fatto un piccolo tentativo per togliere alla Federal Reserve
Bank il suo potere di affittare la moneta al governo facendosi pagare un
interesse. In quel giorno, il presidente John Fitzgerald Kennedy (1)
firmò l'ordine esecutivo numero 11110 che ripristinava al governo USA il potere
di emettere moneta senza passare attraverso la Federal Reserve. L'ordine di
Kennedy dava al Ministero del Tesoro il potere "di emettere certificati
sull'argento contro qualsiasi riserva d'argento, argento o dollari d'argento
normali che erano nel Tesoro". Questo voleva dire che per ogni oncia di
argento nella cassaforte del Tesoro, il governo poteva mettere in circolazione
nuova moneta. In tutto, Kennedy mise in circolazione banconote per 4,3 miliardi
di dollari. Le conseguenze di questa legge furono enormi. Con un colpo di
penna, Kennedy stava per mettere fuori gioco la Federal Reserve Bank di New
York. Se fosse entrata in circolazione una quantità sufficiente di questi
certificati basati sull'argento, questa avrebbe eliminato la domanda di
banconote della Federal Reserve.
Una
delle banconote emesse da Kennedy nel 1963 con la scritta (in alto):
"United
States Note", invece dell'attuale "Federal Reserve Note".
Questo
sarebbe accaduto perché il certificati argentiferi sono garantiti da argento
mentre le banconote della Federal Reserve non sono garantite da niente.
L'ordine esecutivo 11110 avrebbe impedito al debito pubblico di raggiungere il
livello attuale, poiché avrebbe dato al Governo la possibilità di ripagare il
suo debito senza utilizzare la Federal Reserve e senza essere gravato
dall'interesse richiesto per la creazione di nuova moneta. L'ordine esecutivo
11110 dava agli USA la possibilità di crearsi la propria moneta garantita da
argento.
Dopo che
Kennedy fu assassinato, dopo appena cinque mesi, non vennero più emessi
certificati garantiti da argento. "Final Call" è a conoscenza del
fatto che l'ordine esecutivo non venne mai cancellato da nessun presidente
attraverso un altro ordine esecutivo, quindi è ancora valido. Perché allora
nessun presidente successivo l'ha mai usato?
Virtualmente,
tutti i seimila miliardi di dollari di debito sono stati creati a partire dal
1963. Se un presidente statunitense avesse utilizzato l'ordine esecutivo numero
11110, il debito non sarebbe assolutamente ai livelli correnti. Forse
l'assassinio di JFK fu un avvertimento ai futuri presidenti che avessero
pensato di estinguere il debito eliminando il controllo che la Federal Reserve
esercita sull'emissione monetaria. Kennedy aveva sfidato il governo monetario
attaccando i due sistemi che sono sempre stati usati per aumentare il debito:
la guerra e la creazione della moneta da parte di una banca centrale privata. I
suoi sforzi per far uscire dal Vietnam le truppe americane entro il 1965 e
l'Ordine Esecutivo 11110 avrebbero seriamente sminuito i profitti ed il controllo esercitato dal
sistema bancario di New York. Mentre il debito americano raggiunge livelli
incredibili e sta emergendo un conflitto in Bosnia che aumenterà ulteriormente
il debito americano, uno deve chiedersi: avrà Clinton il coraggio di prendere
in considerazione l'utilizzo dell'ordine esecutivo 11110 e, se così fosse,
vorrà pagarne le conseguenze?
Ordine
Esecutivo 11110
EMENDAMENTO
DELL'ORDINE ESECUTIVO N. 10289
MODIFICA
RELATIVA ALL'APPLICAZIONE DI CERTE FUNZIONI CHE RIGUARDANO IL
MINISTERO
DEL TESORO
In virtù
dell'autorità affidatami dalla sezione 301 del Titolo 3 del Codice degli Stati
Uniti, viene ordinato quanto segue:
La
Sezione 1 dell'Ordine Esecutivo n. 10289 del 19 settembre 1951, come
modificata, viene qui ulteriormente modificata -
Aggiungendo
alla fine del paragrafo 1 di cui sopra il seguente sottoparagrafo (j):
(j)
L'autorità di cui è investito il Presidente dal paragrafo (b) della sezione 43
della Legge del 12 maggio 1933, come modificata (31 U.S.C. 821(b)), di emettere
certificati argentiferi contro qualsiasi deposito d'argento, argento o normali
dollari d'argento nel Tesoro non legati alla restituzione di qualsiasi
certificato argentifero preesistente, di prescrivere la denominazione di questi
certificati argentiferi e di emettere normali monete d'argento e valuta
sussidiaria redimibile in argento
e
Revocando
i sottoparagrafi (b) e (c) del paragrafo 2
predetto.
Sez. 2 I
cambiamenti effettuati da questo Ordine non devono influenzare qualsiasi atto
effettuato o qualsiasi diritto acquisito o qualsiasi causa o processo in atto o
iniziato in qualsiasi causa penale o civile prima della data di quest'Ordine ma
tutte queste responsabilità continueranno e verranno esatte come se il detto
emendamento non fosse stato effettuato.
John F.
Kennedy, Casa Bianca, 4 giugno 1963.
Versione originale:
Executive Order 11110
AMENDMENT OF EXECUTIVE ORDER NO. 10289
AS AMENDED, RELATING TO THE PERFORMANCE OF CERTAIN
FUNCTIONS AFFECTING THE
DEPARTMENT OF THE TREASURY
By virtue of the authority vested in me by section 301
of title 3 of the United States Code, it is ordered as follows:
Section 1. Executive Order No. 10289 of September 19,
1951, as amended, is hereby further amended - By adding at the end of paragraph
1 thereof the following subparagraph (j):
(j) The
authority vested in the President by paragraph (b) of section 43 of the Act of
May 12,1933, as amended (31 U.S.C.821(b)), to issue silver certificates against
any silver bullion, silver, or standard silver dollars in the Treasury not then
held for redemption of any outstanding silver certificates, to prescribe the
denomination of such silver certificates, and to coin standard silver dollars
and subsidiary silver currency for their redemption
and
By revoking subparagraphs (b) and (c) of paragraph 2
thereof.
Sec. 2. The amendments made by this Order shall not
affect any act done, or any right accruing or accrued or any suit or proceeding
had or commenced in any civil or criminal cause prior to the date of this Order
but all such liabilities shall continue and may be enforced as if said
amendments had not been made.
John F. Kennedy The White House, June 4, 1963.
Naturalmente
il fatto che sia JFK che Lincoln abbiano incontrato lo stesso destino è una
pura coincidenza. (NdT: a causa della questione monetaria, vennero assassinati
sette presidenti statunitensi: quattro con armi da fuoco e tre per
avvelenamento)
Politica
monetaria di Abramo Lincoln, 1865 (pagina
91 del documento del Senato n. 23):
La
moneta è la creatura della legge e la creazione dell'emissione originaria della
moneta deve essere mantenuta quale esclusivo monopolio del governo nazionale.
La
moneta non possiede un altro valore relativamente allo Stato tranne quello che
le è dato dalla sua circolazione. Il capitale ha un suo posto preciso ed è
coperto da ogni protezione. Le spese degli uomini devono essere riconosciute,
nella struttura ed all'interno dell'ordine sociale, quali più importanti delle
spese relative alla moneta. Nessun dovere è più imperativo per il Governo di
quello che ha nei confronti della popolazione di fornirla con una valuta solida
ed uniforme, e di regolare la circolazione del mezzo di scambio in modo che il
lavoro sia protetto contro una valuta viziata ed il commercio sia facilitato da
scambi sicuri ed economici. La quantità disponibile di oro ed argento essendo
completamente inadeguata nel permettere l'emissione di monete dal valore
intrinseco o cartamoneta convertibile in monete nel volume richiesto per
soddisfare le necessità del popolo, rende necessario lo sviluppo di una altra
base per l'emissione di valuta. Deve essere sviluppato qualche altro mezzo
oltre a quello della convertibilità in monete metalliche per prevenire una
inadeguata fluttuazione del valore della cartamoneta o di qualsiasi altro
sostituto per la moneta di valore intrinseco che potrebbe venire in uso. Le
necessità monetarie di un crescente numero di persone che avanza verso più alti
standard di vita, debbono e possono trovare riscontro nel governo. Queste
necessità possono essere soddisfatte dalla Valuta Nazionale e dal Credito
attraverso la messa in opera di un
sistema bancario Nazionale. La circolazione di un mezzo di scambio emesso e
garantito dal Governo può essere propriamente indirizzato e si può eliminare la
ridondanza di emissioni attraverso la raccolta dalla circolazione
quell'ammontare che si renda necessario, attraverso la Tassazione, il
rideposito ed altrimenti. Il Governo ha il potere di regolare la valuta ed il
credito della Nazione. Il Governo deve appoggiare la sua valuta, il credito ed
i depositi bancari della Nazione. Nessun individuo deve patire perdite di
moneta attraverso una valuta deprezzata o gonfiata o a causa di bancarotta
bancaria.
Il
Governo che possiede il potere di creare ed emettere valuta e credito come
moneta e che gode del diritto di prelevare sia la valuta che il credito dalla
circolazione attraverso la tassazione ed in altro modo, non ha necessità né
deve prendere a prestito capitale pagando interessi come mezzo per finanziare
lavori governativi ed imprese pubbliche. Il Governo deve creare, emettere e far
circolare tutta la valuta ed il credito necessari per soddisfare il potere di
spesa del Governo ed il potere d'acquisto dei consumatori. Il privilegio di
creare ed emettere moneta non è solamente una prerogativa suprema del Governo,
ma rappresenta anche la maggiore opportunità creativa del Governo stesso. Con
l'adozione di questi principi, sarà soddisfatto il desiderio, da lungo tempo
sentito, di una moneta uniforme. Il contribuente risparmierà immense somme di
interessi, sconti e cambi. Il finanziamento di tutta la pubblica impresa, il
mantenimento di Governi stabili e di un progresso ordinato, nonché la condotta
del Tesoro, diventeranno materia di ordinaria amministrazione. Il popolo può e
sarà fornito di una valuta sicura tanto quanto il proprio Governo. La moneta
cesserà di essere la padrona e diventerà la serva dell'umanità. La democrazia
diventerà superiore al potere dei soldi.
La
Federal Reserve è una corporazione privata. Una delle preoccupazioni più
comuni, tra la gente che si occupa attivamente di ridurre le tasse, è: "Se
trattengo i miei soldi, impedirò al Governo di pagare i suoi conti?" Come
è stato spiegato nel primo articolo di questa serie, la moderna tassa sul
reddito non è stata fatta né pensata per pagare i servizi offerti dal governo.
Il suo scopo è di pagare per il sistema privato della Federal Reserve. Nel
dizionario "Black Law" si definisce la Federal Reserve come "una
rete di dodici banche centrali cui appartiene la maggior parte delle banche e
della quale le banche con statuto statale possono essere proprietarie. Le
regole societarie impongono un investimento in azioni e delle minime riserve".
Sono banche private quelle che possiedono le azioni della Federal Reserve.
Questo venne spiegato nel dettaglio nel processo "Levis contro Stati
Uniti" (seconda serie del Federal Reporter, volume 680, pagine 1239, 1341
(1982)), dove la corte disse: "Ogni "Federal Reserve Bank" è una
società separata posseduta da banche commerciali della sua regione. Le banche
socie eleggono i due terzi del consiglio di amministrazione composto da nove
membri di ciascuna banca". Similmente, le banche "Federal
Reserve", nonostante siano pesantemente regolate, sono controllate
localmente dalle banche socie. Dando un altro sguardo al dizionario "Black
Law", troviamo che queste banche privatamente possedute, emettono moneta:
"Federal Reserve Act: legge che creò le banche della Federal Reserve che
agiscono come agenti nel mantenere riserve monetarie, nell'emettere moneta
sotto forma di banconote, nel prestare moneta alle banche e nella supervisione
delle banche. Amministrata dal consiglio d'amministrazione della Federal Reserve
(Federal Reserve Board)".
Le
banche della FED, che sono private, emettono, ovvero creano, la moneta che
usiamo. Nel 1964, la Commissione Camerale sulla Pratica Bancaria e la Valuta,
il sottocomitato sulla Finanza Interna, nella seconda sessione dell'88esimo
Congresso, pubblicò uno studio intitolato "Fatti sulla Moneta", che
spiegava bene che cosa è la FED: "La Federal Reserve è una macchinetta che
crea moneta. Può emettere moneta o assegni. Non ha il problema di coprire gli
assegni perché può ottenere le banconote da 5 e 10 dollari, necessarie per
coprirli, semplicemente chiedendo all'ufficio del conio del Ministero del
Tesoro di stamparle". Come tutti sappiamo, chiunque abbia un sacco di
soldi ha molto potere. Immaginatevi un gruppo di persone che hanno il potere di
creare soldi. Immaginatevi che potere questi possono avere. Questo è quello che
è la FED. Nessun uomo denunciò maggiormente il potere della FED quanto Louis T.
McFadden, il presidente della Commissione Camerale Bancaria negli anni '30.
Egli costantemente precisava che le questioni sull'emissione monetaria non
dovevano essere partigiane, e criticava le amministrazioni sia di Herbert
Hoover che di Franklin Roosevelt. Descrivendo la FED, nel 10 giugno 1932
(Verbale del Congresso, Camera, pagine 1295 e 1296), affermava:
"Signor
Presidente, in questo paese abbiamo una delle istituzioni più corrotte che il
mondo abbia mai conosciuto. Mi riferisco al consiglio d'amministrazione della
Federal Reserve ed alle banche Federal Reserve. Il cda della Federal Reserve,
un cda di governo, ha fregato al Governo degli Stati Uniti ed al popolo
statunitense abbastanza soldi per estinguere il debito pubblico. Le predazioni
ed ingiustizie del cda della Federal Reserve e delle banche Federal Reserve,
agendo assieme, sono costate a questo paese abbastanza soldi per ripagare
numerose volte il debito nazionale. Questa maligna istituzione ha impoverito e
rovinato il popolo degli Stati Uniti, è andata in bancarotta ed ha portato alla
bancarotta il Governo. Ha ottenuto questo attraverso la cattiva amministrazione
della legge che autorizzava il cda della Federal Reserve ed attraverso le
combriccole corrotte che la controllano. Qualcuno pensa che le banche Federal
Reserve siano istituzioni degli Stati Uniti. Non sono istituzioni statunitensi.
Sono monopoli di credito privati che si basano sul popolo statunitense per
beneficiare se stessi ed i loro clienti stranieri, gli speculatori e predatori
interni e stranieri, e i ricchi predatori usurai. In questa oscura cricca di
pirati finanziari ci sono quelli che taglierebbero la gola di chiunque per
sottrargli un dollaro dalle tasche, vi sono quelli che mandano soldi negli
stati per comprare i voti per controllare la nostra legislazione, e ci sono
quelli che mantengono una propaganda internazionale allo scopo di ingannarci e
di spingerci a fornire nuove concessioni che permetteranno loro di insabbiare
le loro malefatte precedenti e di rimettere in moto il loro gigantesco treno
criminale. Questi 12 monopoli privati vennero slealmente ed ingannevolmente
imposti a questo paese da banchieri che vennero dall'Europa e che hanno
ripagato la nostra ospitalità minando alla base le nostre istituzioni
americane".
La FED
in pratica funziona così: il Governo ha garantito il potere di emettere moneta
alle banche della FED. Queste creano moneta, poi la prestano al governo
caricando gli interessi. Il governo preleva la tassa sul reddito per pagare gli
interessi sul debito. Su questo punto è interessante notare che sia il
"Federal Reserve Act" che il sedicesimo emendamento, che dava al
Congresso il potere di raccogliere la tassa sul reddito, vennero promulgati
assieme nel 1913. L'incredibile potere che la FED ha sull'economia viene
universalmente riconosciuto. Alcune persone, specialmente nell'ambiente bancario
ed accademico, addirittura lo appoggiano. Tuttavia vi sono quanti, sia in
passato che oggi, lo denunciano. Uno di questi uomini era il presidente
Kennedy. I suoi sforzi vennero elencati in dettaglio nel libro
"Crossfire" di Jim Marrs, del 1990:"Un altro aspetto tralasciato
del tentativo di Kennedy di riformare la società americana riguarda la moneta.
Plausibilmente Kennedy riteneva che, ritornando alla Costituzione, la quale
afferma che solamente il Congresso può coniare e regolare la moneta, il crescente
debito nazionale poteva essere ridotto smettendo di pagare interessi ai
banchieri del sistema della Federal Reserve, che stampava cartamoneta e la
prestava al governo contro interessi. Egli si mosse in questo campo il 4 giugno
1963, firmando l'Ordine Esecutivo 11110 che chiedeva l'emissione di
4.292.893.815 dollari in banconote statunitensi attraverso il Tesoro anziché
usando il tradizionale sistema della Federal Reserve. Quello stesso giorno,
Kennedy firmò una legge che cambiava la garanzia dei biglietti da 1 e 2 dollari
- da argento in oro - aggiungendo forza all'indebolita valuta statunitense.
Il
"Comptroller of the currency" di Kennedy, James J. Saxon, venne in
contrasto con gli organi della Federal Reserve per qualche tempo, incoraggiando
poteri di maggior investimento e di credito per le banche che non erano parte
della FED. Saxon aveva anche stabilito che queste banche potessero
sottoscrivere titoli statali e locali, indebolendo così maggiormente le banche
della dominante FED. Venne emessa una serie di banconote-Kennedy - l'autore
possiede tutt'oggi uno di questi biglietti da cinque dollari con l'intestazione
"United States Note" - ma vennero presto ritirate dalla circolazione
dopo la morte di Kennedy. Secondo informazioni reperibili nella libreria del
Comptroller of the Currency, la legge 11110 è ancor oggi in corso di validità
legale, anche se le amministrazioni successive, ad iniziare con quella del
presidente Lyndon Johnson, l'hanno - apparentemente - semplicemente ignorata
tornando alla pratica di pagare interessi sulle banconote della FED. Oggi
continuiamo ad usare banconote della Federal Reserve, ed il deficit ha
raggiunto il suo massimo storico.
Il fatto
è che le tasse sul reddito che state pagando (IRS) non vengono usate per
servizi governativi. Non vi sarebbero danni per voi, o per la nazione, se si
riducesse legalmente o si eliminasse questo tipo di tassa.
(1)
Kennedy, John Fitzgerald (Brookline 29/5/1917 - Dallas 22/11/1963). Politico
statunitense. Figlio di Joseph (Boston 6/9/1888 - Hyannis Port 18/11/1969),
senatore e finanziere, ambasciatore a Londra (1937-40), fu deputato del Partito
democratico dal 1946 e senatore dal 1952, promosse una serie di iniziative che
gli procurarono una vasta popolarità. Candidato democratico alle elezioni presidenziali
del 1960, sconfisse R. Nixon, divenendo il 35° presidente, il più giovane della
storia e il primo cattolico. Intraprese un vasto programma di riforme,
valendosi della consulenza di numerosi intellettuali progressisti: lanciò il
progetto della "Nuova frontiera" contro la povertà e si impegnò per i
diritti civili delle minoranze etniche, ma fu ostacolato dall'opposizione
congressuale che in molti casi impedì le riforme. In politica estera, dopo aver
appoggiato il tentativo di invasione di Cuba (1961), i principali sforzi furono
indirizzati verso un programma di aiuti ai paesi dell’America latina
("Alleanza per il progresso", 1961) e verso la ricerca della
distensione con l’URSS; in questo ambito, pur non riuscendo a trovare soluzioni
concordate per la città di Berlino, dopo la crisi determinata
dall'installazione di missili sovietici a Cuba (10/1962), giunse a un accordo
per una moratoria degli esperimenti nucleari (7/1963). Preludio alla futura
guerra fu l’invio di truppe nel Vietnam del sud, come sostegno al governo nella
repressione della guerriglia. Fu assassinato nel corso di un viaggio nel Texas,
in circostanze mai chiarite. Il fratello Robert Francis (Brookline 20/11/1925 -
Los Angeles 6/6/1968), fu ministro della giustizia durante la presidenza di
John. Senatore dal 1965, accentuò il suo impegno nel campo dei diritti civili e
contro la guerra in Vietnam. Venne assassinato durante la campagna per le
elezioni presidenziali del 1968.
Che un
banchiere intitoli le sue memorie “Confessioni di un sicario dell’economia” è già clamoroso. Ma ciò che il banchiere John
Perkins rivela nel suo libro, “Confessions of an economic hit man” (1)
è spaventoso: racconta di essere stato arruolato dal governo Usa allo scopo di
risucchiare a favore degli Stati Uniti le ricchezze di paesi poveri, e ciò
“attraverso manipolazioni economiche, tradimenti, frodi”, attentati e guerre.
Le rivelazioni di Perkins gettano una luce del tutto nuova anche sulle motivazioni
dell’invasione dell’Irak. John Perkins dice di essere stato reclutato quando
era ancora studente, negli anni ’60, dalla National Security Agency (NSA),
l’entità più segreta degli Stati Uniti, e poi inserito dalla stessa NSA in una
ditta finanziaria privata. Lo scopo: “Per non coinvolgere il governo nel caso
venissimo colti sul fatto”. Quale fatto? Abbastanza semplice. Come capo
economista della ditta privata Chas. T. Main di Boston con 2 mila impiegati,
Perkins decideva la concessione di prestiti ad altri paesi. Prestiti che
dovevano essere “molto più grossi di
quel che quei paesi potessero mai ripianare: per esempio un miliardo di dollari a stati come l’Indonesia e l’Ecuador”.
La condizione connessa con il prestito era che in massima parte venisse usato
per contratti con grandi imprese americane di costruzioni e infrastrutture,
come la Halliburton e la Bechtel (strutture petrolifere). Queste ditte
costruivano dunque reti elettriche, porti e strade nel paese indebitato; il
denaro prestato tornava dunque in Usa, e finiva nelle tasche delle classi
privilegiate locali, che partecipavano all’impresa. Al paese, e ai suoi poveri,
restava lo schiacciante servizio del debito, il ripagamento delle quote di
capitale più gli interessi. L’Ecuador, dice Perkins, è oggi costretto a
destinare oltre metà del suo prodotto lordo – cioè di tutta la ricchezza che
produce – per il servizio dei debiti contratti con gli Usa. Ma questo è solo il
primo passo. Gli Usa, indebitando quei paesi, vogliono in realtà “renderli loro
schiavi”, dice Perkins. All’Ecuador, non più in grado di ripagare, Washington
chiede di cedere parti della foresta amazzonica ecuadoriana per farla sfruttare
da imprese americane. E’ questa la logica imperiale.
Tra i
massimi successi dei “sicari economici”, Perkins rievoca l’accordo riservato
fra gli Usa e la monarchia saudita ai tempi della prima crisi petrolifera negli
anni ’70. Per gli Stati Uniti, era necessario tramutare il rincaro del greggio
da sciagura a opportunità. La famiglia dei Saud, del resto, affogava nei
petrodollari: le fu proposto di investirli in titoli Usa e in grandi opere. La
Bechtel (chi scrive fu in Arabia all’epoca e può testimoniarlo) ricoprì il reame desertico di nuove città e
di impianti di raffinazione per lo più inutili; la famiglia Saud accettò di
mantenere il greggio entro limiti di prezzo desiderabili per gli Usa, in cambio
dell’assicurazione americana che Washington avrebbe sostenuto il loro potere
per sempre. “E’ questo il motivo primo della prima guerra all’Irak”, dice Perkins,
e dell’intreccio privilegiato di affari e finanza tra i sauditi e i Bush.
Secondo Perkins, gli Usa cercarono di ripetere l’accordo con Saddam Hussein,
“ma lui non c’è stato”. Da qui la sua rovina. Perché, dice Perkins, “quando noi
sicari economici falliamo il bersaglio, entrano in gioco gli sciacalli. Sono
gli uomini della Cia, che cercano di fomentare un golpe; se nemmeno questo
funziona, ricorrono all’assassinio. Ma nel caso dell’Irak, gli sciacalli non
sono riusciti ad arrivare a Saddam: lui aveva delle controfigure, la sua
guardia era troppo attenta. Perciò si è decisa la terza soluzione: la guerra”.
Perkins ha conosciuto personalmente Omar Torrijos, il generale e dittatore di
Panama degli anni ’70, morto in un incidente aereo nel ’78. Torrijos fu ucciso,
spiega Perkins, perché aveva stilato un accordo coi giapponesi per la
costruzione di un secondo canale di panama, ed aveva ottenuto dall’Onu nel 1973
una risoluzione che obbligava gli Usa a restituire alla sovranità panamense il
vecchio Canale. Le multinazionali americane “erano estremamente arrabbiate con
Torrijos”. Per questo scopo, quando Reagan divenne presidente, gli furono fatti
scegliere come ministri due alti funzionari della Bechtel, Caspar Weinberger
alla Difesa e George Schultz – il che rivela molto sul ripugnante potere degli
affari nella politica Usa – per costringere Torrijos con le minacce a rompere i
negoziati coi giapponesi (che stavano soffiando alla Bechtel l’affare del
secolo) e di rinnovare il trattato del Canale di panama, riconsegnandolo agli
americani. Torrijos rimase sulle sue posizioni: furono mandati in azione gli
“sciacalli”. L’aereo di Torrijos, dice Perkins, cadde per un magnetofono che
era stato riempito di esplosivo. La stessa fine di Enrico Mattei. Conclude
Perkins: il denaro che gli Usa adoperano per indebitare i paesi poveri non è
neppure denaro americano. Sono la Banca Mondiale e il Fondo Monetario a
fornirlo, e a fornire ai poveri la corda per impiccarsi.
(1) “Hit
man” è il sicario prezzolato, il bastonatore assoldato dalla Mafia e dalle
ditte americane per picchiare gli scioperanti. Il libro è acquistabile su
Amazon. Pare essere auto-edito da Perkins.
Il
Denaro sterco del demonio (da Comunicato Andromeda
n.71/1999)
(storia
di un’affascinante scommessa sul nulla)*
Da utile
mezzo è diventato fine, da servo si è fatto padrone, crediamo di maneggiarlo ed
invece ci manipola, crediamo di usarlo ed invece ci usa, crediamo di muoverlo
ed invece ci fa muovere, anzi trottare, crediamo di possederlo ed invece ci
possiede. Inoltre, considerato globalmente, il denaro ha raggiunto un tale
stratosferico volume e lo abbiamo caricato di tali aspettative che, prima o
poi, gonfiato a dimensioni oniriche, imploderà con conseguenze devastanti. I
teologi, cristiani e mussulmani, sono sempre rimasti impressionati dalla
capacità di possessione del denaro e dalle devastazioni che può compiere
nell'animo umano. Più laicamente i marxisti più ortodossi l'hanno dannato
perché sarebbe 'lo strumento per appropriarsi del lavoro altrui'. Gli psicoanalisti
lo apparentano allo sterco, per il piacere che se ne trae sia nell'espellerlo
che nel ritenerlo. Ma se è sterco è uno sterco molto speciale, trascendente e
metafisico: è, per dirla con Lutero, lo sterco del Demonio.
Tradizionalmente
le funzioni del denaro sono quattro:
1. Misura del valore;
2. Intermediario nello scambio;
3. Mezzo di pagamento;
4. Deposito di ricchezza.
Niente
da dire sulle prime tre. Ma togliamoci dalla testa che il denaro sia ricchezza
o che la rappresenti (nel 1600 gli spagnoli ricchi dell'oro e argento rapinato
agli indios si ritrovarono più poveri di prima, e nel 1929 le ricchezze in
denaro divennero carta straccia). Il valore di una mucca invece, per quanto
possa variare, non può essere ridotto a zero, ci ricaverò sempre del latte o,
alla mala parata, ne farò bistecche. Io posso essere certamente disposto a
scambiare la mia mucca per denaro, ma non cambierei mai tutti i beni del mondo
con tutto il denaro del mondo.
Perché
non saprei cosa farmene. Il denaro non aumenta di nulla la ricchezza del mondo,
perché può acquistare unicamente ciò che c'è già, può trasferire solo la
titolarità della proprietà delle cose. Può spostare ricchezza, non è esso
stesso ricchezza.. Il denaro raggiunge la sua perfezione e la sua purezza
quanto più si smaterializza, perché il denaro in quanto tale non esiste in
natura: è un'astrazione. Infatti in qualsiasi forma si presenti (moneta-merce,
oro, monete metalliche, cartamoneta, banconote, azioni, obbligazioni,
registrazioni in conto corrente, impulsi elettronici, tacca con cui il barista
segna che gli devo un caffè) il denaro è una promessa. Funziona da
intermediario nello scambio non perché è un valore materiale ma in quanto è una
promessa.
Altrimenti
si tratterebbe di un baratto, di un semplice scambio di cosa contro cosa. Chi
detiene il denaro è in possesso di una promessa che qualcuno, per il momento
indefinito, farà qualchecosa per lui (gli fornirà una merce, un servizio,
eccetera). La moneta invece è il segno dell'esistenza di questa promessa.
Se il
denaro è una promessa la moneta è una convenzione4 con la quale si concorda che
un determinato oggetto funziona come garanzia di tale promessa, come titolo di
credito. Infatti il denaro, quale che sia la sua forma, è sempre un credito. la
promessa (cioè il denaro, oltre a essere di per sé aleatoria, non regge
all'infinito. È un fatto che i debiti, alla lunga, non sono pagati. Se così non
fosse, qualunque piccolo gruzzolo, depositato in banca, nel giro di qualche
decennio diventerebbe, con gli interessi composti, enorme. Invece, nel giro di
qualche decennio, e anche molto prima, quel gruzzolo scompare. Ma poiché il
denaro non esiste, è un credo, una fede, un'illusione, può sparire anche di
colpo o in pochissimi giorni. Sismondi (3) fa un divertente elenco di
casi, a lui vicini nel tempo, in cui il denaro si volatilizzò: l'antica Banca
di Copenaghen fu costretta a sospendere i pagamenti nel 1745; rifondata nel
1791 collassò nuovamente nel 1831; la Banca di Vienna sospese i pagamenti nel
1797; e la Banca di Stoccolma, la prima Banca centrale comparsa al mondo, nel
1762 pagava soltanto 1/96 dei suoi debiti originari. Più recentemente si
possono ricordare la grande inflazione che colpì gli Stati Uniti dopo la guerra
di secessione (al Sud la moneta perse il 98,4% del suo valore) e quella, ancor
più devastante, di Weimar che in pochi mesi cancellò l'intero risparmio
tedesco, o il crollo di Wall Street del '29. Ripetiamo: È un fatto che i
debiti, alla lunga, non sono pagati. La promessa non viene mantenuta. Il denaro
scotta quindi fra le mani e bisogna liberarsene prima che cominci a bruciare le
dita. Come il famoso cerino acceso. L'abilità consiste, come nel gioco, nel
tenere il cerino in mano fino all'ultimo momento. Per questo gli imprenditori e
i finanzieri, che sono gli individui che meglio hanno capito la funzione del
denaro, lo fanno girare vorticosamente, cambiandogli di continuo impiego e
trattenendo solo quel minimo di liquidità che è loro indispensabile, pronti a
disfarsene del tutto. Il gran gioco del denaro è tutto qui: far ricadere, al
momento opportuno, la sua inesistenza sui troppo creduloni. Il modo più
ragionevole di usare il denaro è quindi disfarsene. E anche piuttosto in
fretta. Chi vende infatti per denaro è, in teoria, un fesso (1). Perché
cede qualcosa che c'è (un bene, un lavoro) per qualcosa che non c'è ed è mera
aspettativa di qualcosa che forse ci sarà. Scambia la certezza del presente con
l'incertezza del futuro. Ed è inutile quindi mettere in discussione l'interesse
o l'attività finanziaria se non si mette in discussione il denaro. Perché tutto
è cominciato lì. È una marcia partita migliaia di anni fa, lenta all'inizio,
contrastata per molti secoli; durante il Medioevo, il denaro scomparve e
riapparve come una profezia intorno all'anno Mille. Da allora la sua marcia è
diventata una scorribanda trionfale che ha finito per travolgere tutto, uomini
e cose.
La
storia del Denaro
Nelle
società tribali, antiche e moderne, la produzione e la distribuzione dei beni
materiali erano incorporate in relazioni sociali che non avevano natura
economica. Lo scambio intertribale nella forma del dono è sempre collettivo
(non esiste la figura del 'mercante') è accompagnato da riti religiosi danze,
feste, banchetti. E anche quando assume più propriamente la forma del baratto
manca completamente il fine di lucro, di guadagno, di profitto, come noi lo
intendiamo, che anzi se fosse presente in forma esplicita sarebbe motivo del
più profondo disprezzo; il prestigio è l'autentico fine di tutta la faccenda.
Che il motivo dell'onore sia assolutamente fondante nella civiltà tribale lo si
vede in quell'istituto straordinario che è il potlach dove, puramente e
semplicemente, si distruggono voluttuariamente dei beni per schiacciare, per
'annientare' il rivale. La ricchezza dei primitivi viene accumulata per
dilapidarla alla prima buona occasione: nel potlach, in feste, in banchetti,
nei matrimoni. La ricchezza è fatta per essere spesa a fondo perduto. Anche
nelle società degli antichi Imperi si ritiene che il lucro e il guadagno
individuali incrinino la solidità e l'unità di gruppo L'equivalenza dei beni,
nel baratto, è decisa dalle tradizioni e dalla legge. Ma sul luogo del mercato
interviene un funzionario dello Stato che, ferme restando le equivalenze,
raziona il bene in modo che tutti ne abbiano la minima quantità necessaria e i
ricchi non possano accaparrarselo.
Il
mercante individuale che guadagna sulla differenza di prezzo fra ciò che
acquista e ciò che vende farà la sua prima apparizione in Grecia nel VII e VI
sec. a C., solo dopo l'introduzione della moneta coniata. Fu in Lidia, un
piccolo regno dell'Asia minore, che, fra la fine dell'VIII sec. a. C. e
l'inizio del VII, comparve la moneta (elektron) coniata in metallo prezioso,
garantita, nel peso, nella misura e quindi nel valore, da chi l'aveva battuta,
cioè dallo Stato era nata la forma-denaro. Insieme al denaro nacque il suo
fratello gemello, il mercato. E contemporaneamente fecero la loro apparizione
la filosofia, la scienza, l'economia, la polis, la democrazia, la personalità,
il lavoro individuale, la povertà individuale e la solitudine dell'uomo.
Lacerate infatti in modo irreparabile le strutture tribali, l'uomo, per la
prima volta nella sua storia, si trovò a doversi procacciare i mezzi di
sussistenza da solo o con la sua famiglia senza poter più contare sull'aiuto
solidale del gruppo e nemmeno, come era stato negli antichi Imperi,
sull'assistenza dello Stato. Compaiono cioè preoccupazioni che erano ignote
alla società tribale e fa capolino una concezione lineare del tempo, una
proiezione verso il futuro, che è tipica di una società dove comincia a
circolare il denaro. Col denaro si era entrati in pieno nella brutale età del
ferro. Ed è da questo momento che l'uomo cominciò a rimpiangere una mitica età
dell'oro in cui la terra dava i suoi frutti in abbondanza senza che ci si
dovesse affannare troppo né scannarsi fra simili. Ora tutto ha un prezzo, tutto
è monetizzabile, tutto è denaro. E col denaro compare, fatalmente, la sua
prole: l'interesse, anzi l'usura perché in quei primi tempi non si fa
differenza chiamandosi usura qualunque remunerazione del capitale prestato. Il
prestito a interesse (di beni nde) prende piede con le civiltà urbane degli
antichi Imperi (Sumeri, Ittiti, Egizi) e variava dal 20 al 33%, mentre per i
più poveri e bisognosi lo Stato garantiva un interesse ridotto. Ma è con
l'invenzione della moneta che si aprono le cateratte. Mentre in Grecia classica
ed in Mesopotamia il prestito a interesse (dal 10 al 40%) sfondò senza
incontrare resistenza in tutte le altre parti del mondo la comparsa dell'usura
sistematica, che rompeva totalmente con tutti i principi di solidarietà
sociale, fu uno choc difficile da assorbire. E con il denaro e l'usura
(combattuta inutilmente con la legge da Israele alla Persia, dall'India a Roma)
irrompono mutui, ipoteche, depositi a interesse, prestiti su pegno, cambi di
valute fino alla cambiale. Intorno al IV secolo a. C., in Grecia, compaiono le
banche alla cui origine sta la figura del cambiavalute. E con esse la perdita
del potere di acquisto (inflazione) cui si accompagna la diminuzione dei
salari.
È la
consueta tesi per cui l'ulteriore impoverimento della povera gente è
inevitabile all'inizio di ogni processo di sviluppo, in quanto è necessario per
costituire il capitale. Si tratta, si dice, di periodi di transizione. Peccato
che non finiscano mai. Si afferma anche il regime della doppia moneta: una
forte a disposizione dei mercanti e una debole usata dalla gente comune e
questa disparità vige tuttora nei rapporti fra Terzo Mondo e Paesi
industrializzati (ove l'imprenditore internazionale paga la manodopera o le
materie prime con moneta debole - locale - e rivende poi sui mercati in cambio
di dollari.) Il conseguente approfondirsi delle diseguaglianze economiche
fenomeno quasi sconosciuto prima del 700 a. C. porta al tentativo di
controllare questo potenziale esplosivo rappresentato dall'imponente massa dei
poveri attraverso l'esaltazione, teorica, della povertà, con la creazione
dell'etica della povertà dignitosa che durerà fino all'avvento della Riforma e
dell'industrialismo fino a lambire i nostri giorni prima che si affermasse
definitivamente il principio che solo chi ha è. Il denaro così si avvia a
diventare un fine. Scrive Max Weber: 'Che uno possa proporsi a scopo del lavoro
di tutta la sua vita unicamente il pensiero di scendere nella tomba carico del
massimo peso possibile di denaro e di beni, appare spiegabile solo come un
prodotto di impulsi perversi'. In questo percorso, dal denaro come mezzo al
denaro come fine, è fondamentale la nascita della lettera di cambio (2),
la prima forma di cartamoneta che assumerà nel 1694, con la Banca
d'Inghilterra, la forma della banconota.
Siamo
quindi alla nascita della attività di credito, con la quale emerge chiaramente
per la prima volta la possibilità di guadagnare denaro con un'attività
economica senza il sudore della fronte; emerge la possibilità di far lavorare a
proprio vantaggio altra gente senza l'impiego di mezzi coercitivi. E con essa
si radica l'usura nonostante i divieti e le condanne (vedi Concilio Laterano
del 1139 e Concilio di Vienne del 1311). Verso la fine del XVIII secolo viene
legittimato in Europa un capolvolgimento di portata copernicana: si passa da
un'epoca in cui l'economia è ancora subordinata alle esigenze della comunità
umana a un'altra in cui le leggi economiche prendono liberamente il sopravvento
ed è l'uomo a doversi piegare ad esse. I teorici di quella nuova scienza che è
l'economia politica considerano le leggi economiche né più né meno che leggi di
natura, ineluttabili, alle quali è inutile cercare di opporsi È nato il primato
dell'economia. Questo primato si accompagna e si sposa a cambiamenti epocali
che, a partire dal XVI secolo, riguardano la concezione del tempo (il futuro
viene inteso non più come un aldilà metafisico e religioso ma un aldiqua
concreto legato al calcolo, al futuro che nella sua essenza è appunto il
denaro. Il concetto di 'investimento' presuppone la fiducia nel futuro), la
proprietà terriera (scompaiono l'inalienabilità della terra, il divieto di
recintare i campi, l'obbligo di farla riposare - la rotazione a maggese -, il
divieto di adibire a pascolo le terre arate senza l'approvazione della
comunità), l'urbanizzazione (i cambiamenti di coltivazione decisi dai grandi
proprietari costrinsero i contadini ad andarsene trasformando i più poveri di
essi, 'da una popolazione di contadini dignitosi , in una folla di mendicanti e
di ladri') e la Rivoluzione Industriale (1750/1870 - sposta il centro di produzione
dalla terra alla fabbrica; il produttore/contadino diviene un
salariato/consumatore inevitabilmente costretto a entrare nel meccanismo
monetario.L'industrialismo postula infatti la necessità della moneta in ogni
settore dell'economia poiché tutti i redditi devono derivare dalla vendita di
qualcosa). Così, che lavori o che riposi, l'uomo non è più il padrone del suo
tempo, ma lo schiavo. La società umana diventa un accessorio del sistema
economico. E il 'Fare denaro' diventa un'etica, un comandamento morale.
L'industrialismo diversifica i beni, parcellizza le produzioni, aumenta la
divisione del lavoro: e più il lavoratore si specializza più si allontana
dall'autosufficienza e viene a dipendere totalmente dal denaro. Se fra il XVII
e il XVIII secolo l'economia si pone al centro della vita dell'uomo,
sottomettendola alle sue esigenze, nel XIX è il denaro che si mette al centro
dell'economia, finendo in breve tempo per assoggettarla. produzione,
investimenti, risparmio, redistribuzione dei redditi dipendono dal tasso di
sconto, cioè dal costo del denaro. Quindi nemmeno più direttamente dal denaro
in se stesso ma dal frutto della sua gravidanza isterica: l'interesse.
La
spinta decisiva a questa ascensione del denaro è stata data dalla banconota (4)
con la quale il denaro si emancipa da qualsiasi valore intrinseco. A differenza
di lettere di cambio, titoli di debito pubblico o certificati di deposito la
banconota ha corso legale, cioè deve essere accettata su tutto il territorio
nazionale. Siamo in Inghilterra nel 1700.
Nasce
dunque il sistema monetario basato sulla fiducia: e se la fiducia crolla, e
tutti si presentano agli sportelli bancari a chiedere in cambio delle banconote
il 'denaro sonante', o oro che dir si voglia, si hanno i famosi crack
finanziari durante i quali le banconote tornano ad essere ciò che realmente
sono: carta. Sull'onda poi della 'rivoluzione tenologica' assistiamo alla
evoluzione, in senso sempre più virtuale, del denaro: dalla banconota passiamo
ai titoli, alle azioni, alle obbligazioni, ai pegni, alle ipoteche, alle
polizze di assicurazione, ai fondi di previdenza, alle rateizzazioni. Il
denaro, separandosi dalla moneta, assume la forma del credito. Acquista quindi
un'esistenza del tutto autonoma, staccata dalle specifiche merci e, pur non
possedendo più alcun valore intrinseco, diventa a sua volta merce in quanto
denaro. Il che non è solo lucroso ma addirittura inevitabile: infatti tutte le
merci esistenti non sono più in grado di soddisfare la gigantesca massa di
denaro che si è venuta a creare. Nasce la Borsa, ove azioni, obbligazioni,
titoli di Stato, valute, Financial Futures, Derivati, swaps, hedges, knock-out
e chi più ne ha più ne metta partecipano a questo gioco cannibalico del denaro
che avidamente compra se stesso, un traffico in cui si compra e si vende ciò
che non esiste, o meglio si comprano e si vendono proiezioni mentali nel
futuro… i Futures appunto!
Si è
fatto strada il principio che non è ricco chi lavora, ma chi lavora col denaro.
Siamo al denaro finanziario: un percorso obbligato, perché il denaro
finanziario sta al denaro, per così dire, commerciale, come il missile atomico
alla pallottola. Inventata l'una non si può che arrivare all'altro. Dunque
questo il percorso durato tremila anni: Moneta - merce (buoi, riso, sale,
pelli, ecc.), moneta (coniata in metallo prezioso), moneta cartacea
(convertibile in oro o argento), banconota (non più convertibile in oro o
argento), moneta scritturale (assegni, depositi, partite di giro), moneta
elettronica (denaro formato da bit e byte, cioè da impulsi elettronici, plastic
card, smart-chip-card). Si spezza così l'ultimo legame fra denaro e materia, e
l'unico elemento frenante di una finanza completamente virtuale sono le
persone. Karl Marx ha scritto con profonda intuizione: 'Il materiale in cui si
esprime questo simbolo [il denaro] non è affatto indifferente, per quanto
diverso esso si presenti storicamente. Insieme al simbolo, lo sviluppo della
società elabora anche il materiale a essa sempre più corrispondente'. A un
denaro virtuale non può che corrispondere una società virtuale.
Il
Denaro come Fine e la Fine del Denaro
Il
denaro dunque non è mai stato così presente nella nostra esistenza come oggi
che, fisicamente, è assente. Impregna la nostra mentalità, modella le nostre coscienze,
determina i nostri stili di vita. Automobili, aerei, telefoni, telefonini, fax,
computer, nati allo scopo di risparmiare tempo, ci vedono in continuo affanno,
con gli occhi sempre rivolti all'orologio. Non abbiamo tempo di vivere il
presente perché ci è rubato dal futuro: questi sono i ritmi cui ci obbliga la
logica del denaro. La vita è tutto un soppesare, calcolare, misurare i costi e
i ricavi delle nostre e delle altrui azioni. Tutto è tradotto a valutato in
termini di denaro. Tutto è business. Anche le attività più spirituali e i
sentimenti più sacri sono misurati in denaro: dalla ricorrenza del giorno dei
morti ('un business da 100 miliardi') alla morte dei Vip (lady Diana) alla
malattia. Neppure la vecchiaia è più la vecchiaia ma il 'rischio vecchiaia'
(dal punto di vista assicurativo o della previdenza). Oggi il principio
fondamentale di ogni agire economico è la mancanza di scrupoli. Si ha prestigio
se si ha denaro, ma si ha denaro anche grazie al prestigio, perché è
quest'ultimo che oggi conferisce quella credibilità che una volta era riservata
all'onestà. Scrive G. Rimmel (5): 'L'indifferenza con cui si presta ad
ogni utilizzazione, l'infedeltà con cui si separa da ogni oggetto, perché non
era veramente legato a nessuno, l'oggettività, che esclude qualsiasi rapporto
affettivo e lo rende adatto ad essere un puro mezzo, tutto ciò determina
un'analogia fatale fra denaro e prostituzione'. E così, come il cane finisce
per assomigliare al suo padrone, assumendone tic e fisionomia, l'uomo d'oggi è come
il suo denaro: frenetico e vuoto. I due orgogli della società liberale uscita
dalla Rivoluzione industriale, il primato della politica e della democrazia, si
sono sottomessi alle leggi del mercato finanziario internazionale. E quindi i
governanti e le loro scelte dipendono dal denaro e dalle strutture che lo
governano (FMI, Banca Mondiale ecc.) (6).
Denaro e
benessere dell'uomo non hanno nulla da spartire, anzi sono su sponde opposte:
il cibo non va dove c'è la fame ma dove c'è il denaro che può comprarlo ai
prezzi più remunerativi, durante la guerra il denaro prospera ma la gente sta
male, la ricchezza aumenta e la popolazione impoverisce. Sembra che ci sia
qualcosa che non quadri: e invece quadra tutto benissimo, dato che il valore è
il denaro e niente altro. Gli uomini sono valutati in base a ciò che guadagnano
e le disuguaglianze, da quando ha preso piede l'economia monetaria, non hanno
fatto che aumentare. I valori che distinguono la società moderna da tutte le
altre si rifanno al primato della visione economica, secondo la quale in un
mondo di oggetti non possedere significa non esistere. Insomma da un lato il
sistema, usando il denaro come specchietto per le allodole, spinge una parte
degli uomini a lavorare freneticamente e sempre di più, dall'altro impedisce di
lavorare a chi ne ha bisogno. La capacità del denaro di crescere come un tumore
sul corpo che gli ha dato vita sino ad invaderlo completamente, soffocarlo e
distruggerlo, deriva dalla sua natura squisitamente tautologica, dalla sua attitudine
ad autolimentarsi, diventando così un fine, un fine ultimo, un fine che non ha
altri fini al di fuori di se stesso. E poiché il denaro è un sacco vuoto, un
puro Nulla, il suo fine non ha mai fine, si pone in un futuro irraggiungibile,
trascinando con sé, in questa corsa verso il niente, l'uomo. Questa natura è
particolarmente evidente nel meccanismo finanziario, del denaro che compra
denaro. Scrive Bazelon7: 'Il denaro finanziario non è denaro da spendere. Con
esso non si compra mai nulla; serve a guadagnare altro denaro. E quando poi si
è in pieno movimento, non si compra nulla nemmeno col denaro guadagnato sul
denato adoperato per guadagnarlo, e così via.'
Così
funziona anche il circuito creditizio internazionale: crediti enormi, ormai
inesigibili, vengono pagati sempre più spesso aprendo altre linee di credito al
debitore. Cioè il creditore paga il debitore perché lo paghi. Soddisfa la
promessa di pagamento di cui è detentore con un'altra (vedi gli Stati Uniti con
l'Europa dopo la prima guerra mondiale ed oggi con l'Est asiatico, o il Messico
ed il Terzo Mondo con i paesi industrializzati). Così funziona l'attività
industriale e commerciale: non si producono o vendono cose utili a chi non le
ha, si produce per ottenere valore di scambio e cioè denaro, si deve produrre
per produrre (per questo, nonostante esista una tecnologia in grado di produrre
materiali quasi indistruttibili, i prodotti hanno una resistenza e un'esistenza
sempre più breve). Così funziona il sistema di creazione di nuovi bisogni da soddisfare
con nuovi beni (l'offerta che crea la domanda). La produzione non serve più per
la soddisfazione di un bisogno ma per accaparrare denaro in funzione del
denaro. A questo punto della storia dell'uomo il denaro è diventato la sostanza
materiale dell'esistenza, è diventato la 'vera comunità'. È diventato tutto.
E i
risparmiatori sono i fessi storici di questa vicenda, quelli che, avendone
poco, finanziano strutturalmente quelli che ne maneggiano molto, quelli che
risparmiano perché temono (causa la disoccupazione e l'abbassamento dei salari)
per il futuro. Non hanno capito che a essere diventato precario non è il
futuro, ma il denaro.
* Questo
comunicato è interamente costruito usando liberamente, come in un 'puzzle' che
in 4 pagine cerca di riassumerne 300, brani di uno splendido libro di Massimo
Fini dal titolo appunto "Il denaro 'sterco del demonio' - storia di
un'affascinante scommessa sul nulla", Marsilio Editori, Venezia 1998, pp.
289, £. 29.000.
NOTE:
(1) E qui
si gioca il paradosso dell'avaro. L'avaro è colui che meno ha capito la
funzione del denaro. Perché trattenendolo con sé all'infinito non lo usa come
denaro. D'altro canto, e all'opposto, l'avaro è forse colui che ne ha penetrato
più profondamente l'essenza squisitamente spirituale. L'avaro ritiene il denaro
e trova in ciò il suo godimento. Egli fa di questo mero mezzo un puro
fine.Contemplando il denaro l'avaro raggiunge il suo piacere, non ha bisogno
d'altro, così come nel Paradiso di Dante i Beati raggiungono l'estasi nella
contemplazione di Dio;
(2) E per
me pagherete al latore della presente…'. La lettera di cambio nasce
dall'esigenza di trasferire denaro in luoghi lontani senza doverlo trasportare
materialmente. Siamo nel 1300;
(3) Teorico
del pensiero economico della prima metà del 1.800: la sua tesi di base,
partendo dall'esperienza inglese, è che l'incremento della produzione ottenuto
attraverso l'introduzione delle macchine ha portato al paradossale risultato di
un aumento della produzione e di una diminuzione del benessere. Sismondi, che
Andromeda non si stanca di citare da quindici anni, è naturalmente ignorato
dagli economisti contemporanei;
(4) vedi al
proposito il Comunicato Andromeda N. 33/95 dal titolo "Sopra la banca
l'usuraio campa, sotto la banca la gente crepa";
(5) G.
Simmel: Filosofia del denaro, Utet 1984;
(6) vedi al
proposito i Comunicati Andromeda N. 5, 14, 18, 30, 31, 32, 33, 36/95, 42/96,
46/97, 69 e 70/99 su 'inflazione, debito pubblico e internazionale, pensioni,
FMI;
(7) D.T.
Bazelon, "L'economia di carta", ed. di Comunità, 1964
L’Origine
Del Debito.
La
storia
Nel
1949, Il presidente USA Harry Truman lancia il Development Act che “mirava a
mettere in grado milioni di persone nelle aree sottosviluppate di elevarsi dal
livello del colonialismo e di raggiungere le capacità di provvedere a se stessi
e di creare prosperità”. Ma l’Act divide il mondo in due sulla base
dell’economia (paesi industrializzati ricchi e paesi “sottosviluppati” poveri);
spinge i paesi poveri a dimenticare le loro culture di sobrietà e a chiedere
prestitii per lo sviluppo (per creare delle infrastrutture industriali…
vantaggiose alle multinazionali…).
Nel
1973, le multinazionali del petrolio (le 7 sorelle) convincono gli Stati Uniti,
allora in deficit, ad aumentare il prezzo del petrolio, quadruplicandolo in
pochi mesi. I paesi del sud, con scarse o nulle risorse petrolifere – come
India e Brasile – cominciano ad indebitarsi. Col secondo shock petrolifero (nel
’79) paesi produttori di petrolio, USA e compagnie petrolifere ammassano molto
denaro liquido che, nelle banche, crea eccesso di liquidità. Occorre trovare il
modo di smaltire questo capitale con grossi prestiti, anzi farlo fruttare.
Premettiamo che, una Banca Centrale, quando fa un prestito pubblico, impone un
tasso d’interesse per l’uso del capitale, e, se si ricorre a banche private
(quando la Banca Centrale nega il prestito), il tasso di interesse è fino a
quattro volte più alto.
Beh, nel
1970, il 98% dei prestiti erano pubblici, mentre alla fine degli anni ’70 erano
soltanto il 30%, e i creditori privati imponevano servizi del debito (tassi
d’interesse più spese a carico del creditore) incontrollati. Inoltre il Nord
abbassa unilateralmente i prezzi delle materie prime e dei prodotti che il Sud
esporta.
Il
deficit USA e il sistema dei cambi flessibili.
“La crescita del deficit statunitense, dovuto
alla guerra nel Wietnam, e l’enorme quantità di dollari depositati presso le
banche all’estero avevano svalutato la moneta statunitense. Perciò, nel 1971,
Nixon decide, senza preavviso, di mettere fine al cambio fisso dollaro-oro. Dal
1977 al ’79, il dollaro entrò in una nuova fase di instabilità e deprezzamento
del 15%. Per combattere l’inflazione, il governo USA decise una riduzione delle
tasse interne e adottò politiche protezionistiche in difesa della propria
produzione. Ciò portò in breve tempo ad una rivalutazione del dollaro che, a
metà anni ’80, accrebbe il suo valore dell’80%”.
I tassi
di interesse.
“La seconda crisi petrolifera del 1979 e la
necessità di un risanamento delle proprie bilance dei pagamenti, portò
all’adozione di politiche di controllo dell’inflazione da parte dei Paesi più
ricchi con un forte rafforzamento del dollaro (una contromisura detta
Volker-shock, dal nome del segretario del Tesoro statunitense, Volker) e una
lievitazione dei tassi – flessibili – di interesse sui prestiti ai paesi in via
di sviluppo, che crebbero in termini reali tra il 1978 e il 1985 di oltre il
20% (e in alcuni casi oltre il 30%)”. (Giorgio Beretta)
Il
commercio inequo: il prezzo delle materie prime.
“Ha
inizio un circolo perverso: i Paesi indebitati devono rifondere i debiti con
valuta pregiata (dollari), ma il presso delle loro materie prime è
costantemente in calo sui mercati internazionali. Così i Paesi indebitati si
trovano due volte sfruttati. I Paesi dell’Africa subsahariana spendono 4 volte
di più per pagare debiti a nazioni ricche di quanto possano spendere per gli
interventi sanitari a favore delle proprie popolazioni”. (Paolo Giaretta)
Uso Dei
Prestiti E Circolo Vizioso.
Sul cattivo
uso, possiamo cominciare con i progetti “non sostenibili”, stimati al 20%: vie
di trasporto non complete, dighe i cui bacini si riempiono di fanghi, ospedali
le cui attrezzature non sono in funzione per mancanza di elettricità… Più grave
è la fuga illecita di capitali (favorita dalla deregolamentazione imposta dal
Fondo Monetario Internazionale, FMI) che riguarda il 50% dei redditi (80% nel
caso delle Filippine). C’è poi il saccheggio di risorse: Mobutu (asceso al
potere con l’appoggio di Stati Uniti & C.) organizzava il contrabbando di
pietre preziose, cobalto, uranio, caffè, avorio… La corruzione e le tangenti
assorbono più del 20% del totale dei debiti e raggiungono i “paradisi fiscali”:
la corruzione è diventata “strategia” di politica estera. Le spese in armamenti
sono responsabili del 20% del debito estero (75% delle armi vendute dal Nord al
Sud sono pagate con prestiti concessi da banche commerciali a condizioni
analoghe a quelle dei prestiti).
Ma
occorre aggiungere l’aggravante delle esportazioni dei profitti: le
multinazionali esportano i profitti realizzati al Sud e fanno pagare brevetti e
licenze. Conseguenza: oltre 80 paesi hanno oggi redditi pro capite più bassi
che dieci anni fa. Ogni famiglia africana consuma 20% meno di 25 anni fa. E le
prospettive per i prossimi anni restano negative.
Il
segreto del capitale (Maurizio Blondet - “Schiavi
delle banche” – www.effedieffe.com)
Avete
accumulato un piccolo o grande risparmio: 50 mila euro, 100 mila. Anche 500
mila, se siete un dentista o un bottegaio. La propaganda del capitalismo
terminale vi invita, anzi vi spinge, vi obbliga a farlo fruttare: nel futuro,
vi dice la sirena seduttrice, vi ritroverete con una bella somma, ben
accresciuta, che renderà serena la vostra vecchiaia. Voi, perciò, affidate i
vostri risparmi a un fondo d'investimento, a un fondo pensione. Se i risparmi
sono alti, a una società di gestione dei patrimoni. Ogni fondo ha un gestore:
un esperto, uno che sa - diversamente da voi - come far fruttare i vostri
soldi. Li impiega in azioni e obbligazioni, da esperto qual è: i titoli più
lucrosi, nel mix più sapiente. La realtà è un po' diversa. La prima cosa che
fa' il gestore, appena ricevuti i vostri soldi, è: comprarsi la Mercedes più
grossa sul mercato, aggiungervi una Porsche per i suoi week-end, accaparrarsi
un attico di lusso. Per vivere da ricco. La Mercedes nuova del gestore dovrebbe
suscitare qualche sospetto. Si sta occupando davvero di far diventare ricchi
noi? La Mercedes l'ha comprata coi soldi nostri; fossero stati suoi, magari,
avrebbe scelto un modello più economico. Speriamo almeno che accresca il nostro
risparmio, il nostro modesto capitale. In realtà, i gestori dei fondi, in
media, non riescono quasi mai a battere l'indice. Lo hanno provato studi seri
(1): perdono soldi più o meno come avreste fatto voi, se aveste giocato in
Borsa personalmente.
Almeno
vi sareste rovinati da soli, senza pagare commissioni. Perché questo è il
punto: perda o vinca, per il gestore è lo stesso. Lui, guadagna sempre: si fa
pagare per gestire i vostri risparmi. In anticipo. Grasse commissioni. Il
capitale, del resto, mica è suo: è vostro. Suo è il lucro. Ancor peggio, se vi
consigliano di mettere i soldi in azioni. Dicono in America: sulla porta di
Wall Street (la Borsa) c'è una scritta: Caveat Emptor, stia attento il
compratore. Ma questa scritta la vedono solo gli esperti, gli speculatori
professionali. E, loro, non hanno nessun interesse ad aprirvi gli occhi, perché
la vediate anche voi. Anzitutto, non vi avvertono che la Borsa è come la caccia
alla volpe: un gioco per grandi abbienti. Anche negli Stati Uniti, dove tutti
hanno qualcosa in azioni, il 10 per cento delle famiglie detiene l'86 per cento
dei titoli. Uno degli scopi primari (e il meno confessato) della Borsa è di
fabbricare capital gains (profitti sul capitale) per consentire ai miliardari
di evitare le tasse: il prelievo fiscale sui redditi di lavoro è
aggressivamente progressivo, sui capital gains o è zero, o è a percentuale
piatta (non aumenta col reddito). Ma la Borsa serve anche per fabbricare
perdite, in modo da compensare profitti: sempre per consentire ai signori di
sfuggire al fisco. Tuttavia, la Borsa ha bisogno dei piccoli risparmiatori.
Altrimenti, essendo un gioco a somma zero (2), chi potrebbero spogliare i professionisti
dell'azzardo? Da qui l'invito generale, nei tempi del capitalismo ultimo, a
diventare tutti azionisti. Lo chiamano capitalismo democratico: senza dire che
esso presenta per il padronato alcuni vantaggi collaterali. Per esempio, se
un'azienda paga i suoi lavoratori, in parte, con proprie azioni (come avviene
in Usa, e si vorrebbe cominciare a fare in Europa), su quell'emolumento non
deve sborsare i contributi previdenziali. Cercano di stimolare persino il
vostro patriottismo: mettendo i risparmi in Borsa, finanziate le aziende
italiane (non è vero: le imprese si finanziano sul mercato dei titoli solo in
percentuale marginale; per lo più s'indebitano con le banche, emettono bond od
obbligazioni, o presso merchant bank).
Sempre
più seducente, si ripete l'urgente invito a investire i risparmi nei fondi,
anche per assicurarsi la pensione: tra vent'anni, il vostro pacchetto di azioni
avrà preso un bel valore, e potrete cominciare a realizzarlo. E' una frode (3):
le azioni, fra vent'anni, saranno quasi sicuramente ribassate. Per il solo
fatto che allora ci saranno meno italiani di oggi, e quindi la domanda di
azioni sarà più debole. Negli anni '70, un analista americano di nome Gelvin
Stevenson provò a confrontare le performances borsistiche secondo le varie
classi di reddito: scoprì che chi ha redditi alti vince, e chi ha redditi
bassi, tendenzialmente, perde. E che perde tanto più, quanto più il suo reddito
è basso. Fino a pochi anni fa, gli agenti di Borsa - mediatori necessari, se
volete acquistare azioni - erano una casta chiusa, un monopolio. Questi
sacerdoti del mercato e del rischio, stranamente, si erano protetti da ogni
rischio, e dalla concorrenza sui prezzi. Si facevano pagare in commissioni
fisse. Ancor oggi, che vincano o perdano (coi soldi vostri), ha poca
importanza: loro incassano per ogni transazione che operano a vostro nome. A
volte comprano e acquistano coi soldi vostri, solo per accrescere il loro
onorario. Diversi anni fa, a New York, un povero risparmiatore di nome Guy R.
Pierce affidò il suo modesto gruzzolo, 3 mila dollari, agli agenti Richard,
Ellis & Co. Nel giro di un mese, Pierce ritrovò il proprio patrimonio
ridotto a 110,98 dollari in liquidità e 50 dollari in azioni. Come scoprì il
giudice a cui il malcapitato si rivolse, il suo agente era giunto ad operare
sul conto del cliente, in un mese, "fino a 15 acquisti di un solo titolo
per complessivi 31 mila dollari, e altrettante vendite di quel solo titolo per
oltre 26 mila dollari. In un caso il broker vendette allo scoperto un titolo
per ricomprarlo lo stesso giorno, perdendo in entrambe le transazioni".
Per questa splendida performance, la Richard, Ellis & Co. addebitò a Pierce
commissioni per 1022 dollari.
Il
capitalismo terminale, finanziario, come tende a retribuire il minimo possibile
il lavoro, così tende a non retribuire il risparmio. In ogni caso, la sua
vittima predestinata è il lavoratore-produttore, colpito da due parti: da
salariato, e da risparmiatore. Il risparmio è una sciagura, di questi tempi.
Come Pinocchio, incauto, mostra al Gatto e alla Volpe i suoi zecchini d'oro,
così accade a voi risparmiatori quando mettete il denaro risparmiato in banca.
In tal modo, il Gatto e la Volpe sono al corrente di quanto avete. Da quel
momento, hanno un solo pensiero: portarvi via i soldi. Già il bancario allo
sportello, ben istruito, vi fa' notare che tenete cifre troppo grosse sul conto
corrente, che non rende niente (ma non è la banca a fare in modo che non renda
niente?). Mettetelo nei nostri fondi, il vostro capitale. Che rendono il 3, il
5. Detratte, come ovvio, spese e commissioni. A Pinocchio, il Gatto e la Volpe
parlarono di un favoloso orto, dove gli zecchini, seminati, avrebbero generato
alberi di zecchini, con frutti d'oro. Voi risparmiatori venite convinti, né più
né meno di Pinocchio, che quel campo dei miracoli esiste. E dove sia, lo sa
solo il gestore. Invece, se proprio le cose vanno bene - se la Borsa sale, una
situazione in cui anche gli inesperti guadagnano - il gestore sì farà fruttare
il vostro risparmio il 7, anche il 18 per cento; ma a voi, fateci caso, sarà
attribuito il 4, o il 14 per cento. Il resto, arricchisce i gestori. Se le cose
vanno male in Borsa e il gestore (come sareste capace di fare anche voi) perde,
il danno è tutto vostro. Non rivedrete più il vostro capitale. Ve ne daranno
due o tre motivi. Primo: "non le conviene uscire adesso". Secondo:
"il suo capitale, in questo momento, non è liquido" (i titoli non
sono realmente liquidi, ossia vendibili in tempi di crisi, di calo rapido dei
corsi: nessuno li compra). Fino al terminale argomento: "il suo capitale è
perduto. Non sapeva di averlo impiegato in un investimento a rischio?".
E' il
metodo del Gatto e della Volpe. Il vostro capitale, per loro, è un fastidioso
passivo: perché devono pagarvi qualcosa, un interesse, un frutto, sborsandolo
di tasca loro. L'attivo, per loro, non è il vostro capitale, sono i frutti che
loro possono introitare, moltiplicati, dal vostro risparmio. Quelli, se li
tengono loro quanti più possono. Ma allora che fare? Lasciare i soldi in banca,
su conto corrente che non rende niente? Perché almeno sono liquidi, cioè li
potete ritirare in ogni momento? Ah, poveri imperdonabili Pinocchi: voi
ignorate tutto della banca, ignorate i trucchi del credito, ignorate gli
impegni che avete assunto quando avete messo i soldi in banca. E' appunto sulla
vostra ignoranza che ingrassano i finanzieri, gli speculatori, i banchieri. Il
trucco comincia lì, proprio nella banca. La banca vi fa' credere che presta il
vostro denaro ad attività produttive. Se avete messo 100 mila euro in deposito,
essa presta - vi fa' credere - i 100 mila euro a un imprenditore che chiede un
fido. Così spiega la forbice fra il tasso passivo che paga a voi - l'1 per
cento d'interesse, che con l'addebito delle spese diventa lo 0 per cento, o
addirittura un interesse negativo (e voi già ci perdete, per il solo fatto di
aver affidato i soldi alla banca) - e il tasso attivo che fa' pagare
all'imprenditore, indebitandolo: il 7 per cento, magari il 12 o più. Voi
credete che questo sia il lucro della banca: 7 meno 1, 12 meno uno. In
percentuale su quei 100 mila euro, fa' un guadagno di 7mila o 12mila. Un po'
eccessivo, ma insomma la banca corre dei rischi: l'imprenditore può diventare
insolvente, la banca ha delle spese. Il lucro è legittimo. Così credete voi. Ma
la banca, sul vostro deposito, in realtà lucra non il 7 ma il 28%, non il 12 ma
il 48%. La banca ha davvero scoperto il campo moltiplicatore degli zecchini;
solo, non ve ne fa partecipi. A voi, riconosce solo l'1 per cento.
Come
avviene? Dov'è il trucco?
Il
trucco è: quando voi depositate in banca 100 euro, la banca può creare fra i 10
e i 20 prestiti da 100 euro ciascuno: ossia "crea" moneta per mille o
duemila euro. Nei paradisi fiscali, dove non si richiedono riserve obbligatorie,
anche di più, fino a 10 mila euro. E su tutto quel denaro inventato e dato a
prestito la banca lucra gli interessi. Ma come fa' la banca, obietta Pinocchio,
a prestare denaro che non ha in cassa? Può perché sa che i depositanti non
ritireranno tutti insieme la totalità dei loro depositi, né i debitori
realizzeranno di colpo i loro fidi (4). Lo faranno a poco a poco, secondo
necessità; lo faranno per lo più emettendo assegni, non ritirando contanti.
Basterà il flusso di cassa (il debitore paga gli interessi con denaro vero) per
consentire alla banca di pagare contanti ai depositanti, relativamente pochi,
che chiedono soldi veri. Per mantenere il pubblico nell'illusione che la banca
è solvente, che i soldi li ha (5). Ma quei soldi, non sono altro che scritture
contabili. Tra l'85 e il 95 per cento del denaro circolante è creato dalle
banche. Attraverso l'apertura di credito. Moneta-credito. Moneta scritturale,
come si dice nel gergo della banca. O anche, in America: moneta creata
dall'aria, fiat money. O come dice Maurice Allais, l'unico economista Nobel
affidabile: moneta creata ex nihilo (6). "Ex nihilo": può essere più
chiaro? Ezra Pound, che aveva compreso il trucco, ne era diventato quasi pazzo
nello sforzo di avvertirne il pubblico, di gridarlo in versi ruggenti, di
svegliare Pinocchio, l'ingannato, dalla sua auto-illusione. Citava di continuo
la definizione che l'Enciclopedia Britannica, monumento del pensiero
politicamente corretto, dava della banca: "la banca lucra gli interessi
dal denaro che crea dal nulla". (7) Ogni banca, avendo in cassa depositi
per cento euro, paga per quel deposito l'1 per cento; poi ne presta almeno 400
al 7 per cento, lucrando 28 euro di interessi.
Si può
essere più chiari di così?
Ma
Pinocchio continua a dormire: noi, voi. Pound sapeva anche questo, e citava una
frase che il primo lord Rotschild avrebbe pronunciato nel 1861:
"pochissimi capiranno il sistema, e quelli che lo capiranno saranno
occupati a far soldi. Il pubblico probabilmente non capirà che è contro il suo
interesse". E' così. Talora, in certi momenti roventi della storia
economica, specie in Usa, le banche hanno creato denaro dal nulla in
percentuali enormi, senza il più flebile rapporto coi depositi di cui avevano
l'affidamento. In quei rari momenti, tragici crack che rovinavano milioni di
uomini e donne, il loro bluff è stato rivelato: troppi depositanti si sono
precipitati allo sportello per riprendersi i soldi, e si è visto che la banca,
quei soldi, non li aveva. Ma da tempo hanno imparato la quota di espansione
della moneta falsa che non inquieta i gabbati risparmiatori. Nei paesi europei,
questa quota è fra quattro e sei volte i depositi. Da noi per esempio, con una
riserva obbligatoria del 15%, le banche possono, su depositi ammontanti a 2
milioni di euro, fare crediti per 11.333.333 milioni: quasi il sestuplo. E
sulla differenza, 9.333.333, la banca estrae gli interessi. E' denaro falso. E'
denaro vuoto. Ma il denaro, anche falso, comanda il lavoro: l'imprenditore che
ha ottenuto un fido fa' sgobbare gli operai e funzionare i macchinari, per
guadagnare tanto da restituire i ratei del capitale con gli interessi. Così il
denaro vuoto si riempie con la vera fonte della ricchezza, che è il lavoro e il
sudore degli uomini.
Ma così,
la banca preleva continuamente un tributo occulto su tutte le attività
produttive dell'uomo. Ogni lavoratore, ogni imprenditore, è suo schiavo. Basta
che la banca espanda il credito (crei pseudo-capitale) e vedrete i lavoratori
accelerare il ritmo, sudare e affannarsi come burattini impazziti per pagare
gli interessi sul debito, su quel denaro falso; basta che restringa il credito,
e i lavoratori saranno licenziati a migliaia. Anche se noi, personalmente, non
prendiamo a prestito denaro dalle banche, tuttavia paghiamo degli interessi,
senza saperlo, come consumatori. Infatti ogni prezzo che paghiamo, ogni merce o
servizio che compriamo, contiene un certo ammontare di interessi. Margrit
Kennedy, una economista del centro-studi Hermann Institut Deutschland, ha
provato a determinare la quota d'interessi che paghiamo (alle banche) per
alcuni servizi pubblici in Germania. Per la raccolta dei rifiuti (un'attività
che impiega poche macchine e molta manodopera), tale quota è il 12% del prezzo.
Per l'acqua potabile, il 38%. Per l'edilizia popolare, il 77%. In media, su
tutti i beni e i servizi, paghiamo il 50% di interessi. Nei tempi medievali, i
sudditi pagavano al signore feudale, o alla Chiesa, "la decima",
ossia solo il 10% dei loro introiti. Oggi paghiamo cinque volte la decima ai
prestatori di capitale. Il feudalesimo non è tramontato; s'é rafforzato, sotto
altra forma. La sola salvezza sarebbe non stare al gioco. Ridurre
l'indebitamento delle famiglie e delle industrie, e degli Stati. Ma le banche
non lo consentono: esse vogliono indebitare il mondo, perché il mondo lavori
per esse.
Ecco
perché Ezra Pound scrisse quella frase strana, per avvertirci: "un popolo
che non s'indebita fa' rabbia agli usurai". Perché sarebbe ben possibile
allo Stato emettere moneta libera da interessi, moneta liberatrice dalla
schiavitù delle banche e dalla necessità d lavorare per le banche. Ma questa
prerogativa è, in Europa, positivamente vietata dal Trattato di Maastricht,
nell'articolo 104. Perché le banche indebitano, in modo primario ed essenziale,
i governi. Gli Stati. Questi non possono stampare moneta; devono emettere Buoni
del Tesoro, titoli in cui riconoscono il loro debito, e consegnarli alla Banca
Centrale, che emette moneta per un valore pari ai titoli emessi. In tal modo,
anche sulla moneta della nazione la banca - perché la Banca Centrale è dovunque
proprietà privata delle banche - preleva un interesse, i frutti dei Buoni. Solo
pochi statisti hanno osato stampare moneta di Stato, non gravata da interessi.
Quei pochi, pochissimi, hanno provato sul loro corpo la rabbia degli usurai.
Nessuno di loro è morto tranquillo nel suo letto. Alla fine del 1862 Abramo
Lincoln ebbe bisogno di 449 milioni di dollari di allora per finanziare la
guerra di secessione, in pieno corso. Le banche si offrirono di creare quella
moneta con il solito metodo: ma chiesero il 30% d'interesse, per via dei rischi
della guerra che rendevano lo Stato debitore a rischio d'insolvenza. Lincoln
allora ricorse al potere che gli veniva dalla costituzione americana, articolo
1: sottopose al Congresso, che l'approvò, la proposte di emissione di banconote
di Stato (greenback), prestito che il popolo può fare a se stesso, senza pagare
gli interessi.
In piena
guerra, si videro l'agricoltura e l'industria nordiste tornare a fiorire. Il lavoro
umano, comandato da denaro abbondante, riempì quei biglietti di ricchezza
reale. Nel 1864 Lincoln si ricandidò alla presidenza, dichiarando pubblicamente
la sua intenzione di continuare ad emettere moneta di Stato, invece che
acquistarla ai banchieri di Londra.
Secondo
una tradizione difficile da controllare, il superbanchiere londinese sir
Goschen (ebreo) disse ai suoi pari: "se questa insana politica finanziaria
perdurasse, quel governo fornirà la propria moneta a costo zero. Non avrà alcun
debito. Avrà tutto il denaro necessario per i suoi commerci. Questo governo
dev'essere distrutto, o distruggerà ogni monarchia del mondo". Era
l'inizio del 1865. Il 14 aprile dello stesso anno, Lincoln cadeva sotto le
revolverate di un sicario. Era accaduto già ad Alexander Hamilton, il
segretario al Tesoro di George Washington, fondatore della banca nazionale
americana, emettitrice di banconote di Stato: fu ucciso in duello, non ancora
cinquantenne, da uno spadaccino professionale.
Sarebbe
accaduto anche a Hitler, colpevole di aver ridotto al minimo le transazioni
valutarie nei commerci internazionali, sostituendolo con un sistema di scambio
di merci fisiche.
Anche su
Ezra Pound, come sappiamo, calò la vendetta degli usurai. Egli aveva cercato di
proclamare al mondo il trucco del capitale: i soldati americani lo esposero in
una gabbia nella Pisa liberata. Poi, per 13 anni, fu recluso in manicomio. Il
più grande poeta americano. (di Maurizio Blondet)
Note
[1] J. Nikonoff, La comédie des fonds de pension, Parigi
1999.
[2] A
somma zero è ogni gioco in cui se uno dei giocatori guadagna, è perché altri
giocatori hanno perso la stessa cifra. La roulette, anzi ogni gioco d'azzardo,
è un gioco a somma zero. L'economia reale non è un gioco a somma zero persino
nel caso peggiore: quando io compro un televisore o un orologio potrò perderci
qualcosa (se lo pago più del dovuto), ma entro pur sempre in possesso di un
bene reale, che vale più di zero. Nei casi migliori, l'economia è un gioco in
cui, più o meno, tutti guadagnano. L'economia non è una torta da cui si
tagliano fette più sottili, quanti più sono gli invitati. L'economia è il
pasticciere capace di fare una torta più grande, quando ci sono più invitati.
[3] La
demografia lo predice ineluttabilmente: la generazione attualmente matura,
quella del baby boom, è molto numerosa. Affollando la Borsa, fa' rincarare le
azioni. In vecchiaia dovrà realizzare, ossia vendere le azioni che ha
acquistato oggi, in tempi di forte domanda; e le venderà alla prossima
generazione, che è molto meno numerosa (e meno ricca). Quindi ci sarà
un'offerta eccessiva di azioni, e una debole domanda. Bisognerà svendere le
azioni. Allora i gestori dei fondi, che dovevano garantirvi la vecchiaia, vi
diranno: "è la legge del mercato".
Cfr.
Bernard Maris, O la Borsa o la vita, Milano 2001, p. 70.
[4] Fu
la famiglia ebraica Del Banco, a Pisa, nel '200, a inventare il giroconto, la
girata sugli assegni e sui conti fra cambiavalute, la tecnica bancaria che
consente la moltiplicazione della moneta scritturale, la creazione dal nulla. I
Del Banco cambiarono poi nome nei secoli: in Germania si chiamarono Kassel, poi
von Warburg; emigrati in America, divennero i banchieri Warburg.
[5] Le
banche temono sommamente, infatti, la corsa dei depositanti agli sportelli, come
avviene in caso di crisi. Avvenne nel '29, è avvenuto nel 2000 in Argentina.
Allora si vede il bluff: i conti che il cliente crede liquidi, immediatamente
disponibili, non lo sono affatto. In Argentina, i depositanti hanno potuto
ritirare solo 100 dollari a settimana. Anche in Italia, chi chiede più di 2500
euro in contanti dal suo conto, deve dare un preavviso di tre giorni. Il
denaro, semplicemente, non c'è.
[6]
"Essenzialmente, l'attuale creazione di denaro ex nihilo operata dal
sistema bancario è identica alla creazione di moneta da parte di falsari. In
concreto, i risultati sono gli stessi. La solo differenza è che sono diversi
coloro che ne traggono profitto" (Maurice Allais, La crise mondiale
aujourd'hui, Parigi 1991).
[7] Come
ha scritto uno che il trucco lo ha praticato: "solo a posteriori
l'osservazione del bilancio di ogni banca fa' apparire che essa ha trasformato
certi depositi in certi crediti. Mentre il processo fondamentale [del
funzionamento bancario] è esattamente inverso: le banche prese nel loro insieme
creano dei crediti, che solo in seguito alimentano con le masse monetarie e
semi-monetarie [col flusso degli interessi lucrati sul denaro ex nihilo]".
Il sincero esperto in questione è Jean-Yves Haberer, ispettore alle finanze del
governo francese, segretario di Stato (1986-88), e presidente esecutivo del
Crédit Lyonnais (Haberer, Monnaie et politique, Parigi, 1996, p.240).
note
critiche di Luciano Orsini. Questo scritto (del 1° dicembre 2001) è stato
composto da Vittorio Soldaini, nuovo amico di Agenzia di notizie AFIMO, per
l'amico Ugo Malaguti, editore di Letteratura Fantasy, Casa Editrice Perseo di
Bologna, esperto al livello mondiale di questo genere letterario (cfr.
"Risonanze").
EURO:
Quello che non vogliono farci conoscere, che mai abbiamo pensato che così
potesse essere… e in fondo, in fondo: perché rischiare di stare meglio quando
possiamo scomodamente stare male?
L’introduzione dell’Euro è una preziosa occasione
per riflettere sull’essenza della moneta, di ogni e qualsivoglia moneta . Se ci
rendessimo conto di sapere niente sulla moneta, come minimo ci prenderemmo a
schiaffi e ci insulteremmo davanti allo specchio, per "fortuna", si
fa per dire, (purtroppo anche per fare) sappiamo nulla perché non ne abbiamo il
tempo, dobbiamo darci sotto con il lavoro, oltretutto si trascura la famiglia,
nessuno ne parla. Anche quando abbiamo due minuti di tempo libero, ma dico..:
potremmo forse infilarci in un tunnel buio, senza torcia (senza alcuna conoscenza)?
NO. Non è il caso, specialmente dopo una giornata "come quella di
oggi", quella di ieri era anche peggio, non parliamo, per carità, di cosa
dobbiamo fare domani, ribadisco: abbiamo forse ammazzato qualcuno? E poi? se ci
capisce nessuno, a partire da quelli che sono gli addetti ai lavori (saranno
mica "lavori…", ma per favore, e tric e trac e su e giù! .. Una volta
che hai i "due minuti", certe cose ti demoralizzano: puoi incappare
in notizie come, ah sì, questa la voglio riferire, ho ancora il ritaglio:
"La monetina rivela l’errore della fisica" (cfr. "Corriere della
Sera del 19.9.2001). Il matematico di Cambridge, H.K.Moffat ha formulato una
nuova teoria che mette a posto le cose. "Se si fa ruotare una monetina su
un tavolo, si vede che dopo alcuni secondi il moto rotatorio s’interrompe con
una specie di tremolio e prima di esaurire le sue rotazioni, in corrispondenza
del tremito finale, viene emesso un suono particolare di frequenza crescente,
dopodiché la moneta si adagia di lato. La meccanica risalente al 1700 non
permette di descrivere completamente il fenomeno". Infatti "è in
contrasto con l’esperienza, perché non spiega il finale della rotazione della
monetina". Questa "dovrebbe infatti ruotare all’infinito, mentre dopo
pochi secondi il suo moto s’interrompe bruscamente". Secondo il
matematico, la spiegazione classica "è palesemente sbagliata perché non
tiene conto degli attriti e delle viscosità dell’aria". Insomma se ci sono
voluti duecento, leggonsi, 200 anni, per formulare questa nuova teoria che
"mette a posto le cose" avendo scoperto l’attrito e la viscosità
dell’aria, figuriamoci cosa c’è ancora da scoprire su ben altri
"attriti" e "viscosità dell’aria" che tira sul dollaro ed
ora, la nuova moneta, l’euro, potrà girare senza problemi sul tavolo
dell’economia? I giochi son fatti? "rien va plus ?, vogliamo sapere quello
che nessuno ci dirà sull’Euro?
Non si
vede… L’EURO di cominciare
Motus in
fine velocior: in ogni anfratto della Penisola non c’è comune, piccolo o
grande, che non si dia da fare per far conoscere l’euro al colto ed
all’inclita; non si contano le iniziative, mai…finitive, di avvicinare gli
Italiani all’Euro. C’è di che scegliere: incontri, convegni, conferenze, balli
in piazza con Mister Euro, altrove si eleggono le Miss Euro (che s’ha da fà
pe’campà…), corsi per capire il computo degli arrotondamenti, come evitare gli
euro falsi, come riconoscere a colpo d’occhio la provenienza del centinaio di
eurobanconote ( totale di tutti i tipi di Euro-taglio che potranno circolare
liberamente all’interno di Eurolandia ), e… la chiamano Moneta Unica…
figurarsi! Dunque Eurolandia sta per mettere in circolazione le nuove banconote
ed ancora non sono pochi quelli che tuttora si chiedono, per quale ragione
qualcuno, come il Regno Unito, ancora non vuole far parte dell’area della
Moneta Unica pur essendo nell’Unione Europea e, a quanto pare, ci penserà
ancora più o meno un lustro al termine del quale si farà un referendum che
andrà a finire come quello danese e norvegese mentre l’Italia non ha avuto
dubbi, nemmeno il referendum: è convinta che avrebbe conosciuto un futuro
funesto se non avesse avuto la fissa dell’Euro; in tema di conflitto di
interesse, materia privilegiata delle mene politiche domestiche, la turrita
penisola non si permette però di chiedere se sia lecito che la Bank of England
faccia parte del capitale sociale della Banca Centrale Europea e di
conseguenza, nello stesso tempo che al mattino del giovedì, una volta ogni 15
giorni, assieme agli altri 11 governatori delle banche centrali nazionali
incontri, al 36° piano dell’Eurotower di Francoforte, il Direttorio della Banca
Centrale Europea, composto dal Presidente Duisenberg, dal Vice Noyer e di altri
quattro membri fra i quali l’italiano Tommaso Padoa-Schioppa, il governatore della
Bank of England possa, vedere e sentire, in anticipo e prendere parte a tutte
le decisioni che la Banca Centrale Europea prende in materia di politica
monetaria mentre resta ancorata alla sterlina come un granchio attaccato ad uno
scoglio levigato e inguantato di petrolio. Si può tranquillamente affermare che
in questo modo si configura la fattispecie di Insider Trader: se sulla bandiera
italiana secondo Leo Longanesi campeggia la scritta "tengo famiglia",
sull’inglese Union Jack ringhia minaccioso il motto reale: "Honny soit qui
mal y pense" al quale Andreotti maliziosa-mente risponderebbe che pensare
male è sì peccato, ma ci si prende!
Chi
lascia la moneta vecchia per la nuova sempre a quel punto si ritrova
Sappiamo che l’Euro, come del
resto tutte le monete del globo terracqueo, è una cartamoneta che non ha
riferimento alcuno con l’oro. E’ solo la convenzione ossia la sua accettazione
che da' valore alla moneta, che permette di scambiare beni e servizi.
Personali. Mai verificati convincimenti, ricamati con la fantasia piuttosto che
dalla conoscenza, ci portano ad accettare le monete perché pensiamo che
effettivamente abbiano valore; non ci sfiora l’idea che abbiano valore solo ed
in quanto le accettiamo. Inoltre, mai ci siamo chiesti di chi sia la proprietà
della moneta all’atto dell’emissione. Il 14 febbraio 1993 ne "il
Sole-Ore" si legge che in base al Trattato di Maastricht "Gli
esecutivi degli Stati membri non possono compiere atti di signoraggio:
appropriarsi cioè di risorse mediante l’emissione di quella forma di debito
inesigibile che è la moneta a corso legale". Gli "atti di signoraggio
" li compie la Banca Centrale Europea che sola ha il potere, come la
Federal Reserve e le altre banche centrali, di prestare moneta creandola dal nulla
( solo carta ed inchiostro ) e di addebitarla, al valore nominale totale, agli
Stati membri dell’Unione Europea. Nella comparsa di costituzione e risposta,
depositata il 30 settembre 1994, dagli avvocati della Banca d’Italia presso la
prima Sezione del Tribunale Civile di Roma, avverso l’esposto del Prof.
Giacinto Auriti strenuo sostenitore e teorico della sovranità popolare della
moneta, si legge: "Ebbene, alla stregua della puntuale disciplina della
funzione di emissione, i biglietti appena prodotti dall’officina fabbricazione
biglietti della Banca d’Italia costituiscono una semplice merce di proprietà
della Banca centrale che ne cura direttamente la stampa e ne assume le relative
spese (art, 4, comma 5, del T.U n. 204/1910).
Essi acquistano la loro funzione
e il valore di moneta solo nel momento, logicamente e cronologicamente
successivo, in cui la Banca d’Italia li immette nel mercato trasferendone la
relativa proprietà ai percettori" .Vorrei chiedere ai
"percettori" se mai si siano resi conto di cosa sia e da dove tragga
origine il debito pubblico ed in base a quale rapporto fra la Banca Centrale e
lo Stato come affermano i succitati avvocati: "la Banca d’Italia cede la
proprietà dei biglietti, i quali in tale momento, come circolante vengono
appostati al passivo delle scritture contabili dell’istituto di emissione,
acquistando in contropartita, o ricevendo in pegno, altri beni o valori
mobiliari (titoli, valute, ecc.) che vengono invece appostati all’attivo".
Insomma, l’istituto (come e da chi è stato "istituito") cede la
proprietà di biglietti di costo zero: solo carta ed inchiostro, fra l’altro i
fornitori di queste materie prime vengono pagati con i biglietti prodotti con
la carta e l’inchiostro che forniscono, quindi in pratica dire che la Banca
Centrale a fronte di banconote (ripeto: create a costo zero) "riceve"
da parte dello Stato, BOT, CCT, valori mobiliari, pari al totale del valore
facciale stampato dall’officina della Banca d’Italia (dicitura stampigliata
sulle banconote), non significa che la Banca Centrale cede la moneta in
proprietà in cambio dei titoli di Stato, in realtà "cede", nel senso
che presta i biglietti al valore facciale(1). Gli avvocati della Banca d’Italia
quando scrivono che questa se ne "assume le relative spese", cosa
pensano di dire: di grazia, a quali "spese" fanno riferimento? Si
possono forse chiamare spese, queste spese ? Oltretutto la banca centrale fissa
pure il tasso ufficiale di sconto, in arte TUS - diventato in BCE, Banca
Centrale Europea, tasso di riferimento - in sostanza stabilisce la misura
percentuale degli interessi che vuole dal prestito! Ma allora come si concilia
che contabilmente si dichiari debitrice perché sulla banconota scrive
"Lire tot pagabili a vista al portatore" però nello stesso tempo la
Banca centrale pretende gli interessi sul totale della moneta
"ceduta" allo Stato, per tutto il tempo che resta in circolazione? Da
"portatore" a "portatore" mi si dica, si conosce, a memoria
d’uomo, un solo "portatore" che sia stato pagato? La cosa raggelante
è che, riporto ancora quanto dichiarato allora dagli avvocati di Bankitalia:
"L’intera attività della Banca in questi campi è poi sottoposta alla
vigilanza del ministro del tesoro e di un’apposita commissione permanente di
cui fanno parte, fra l’altro, anche sei parlamentari (artt. 108 e ss. Del T.U.
n. 204/1910). Domanda: chi li conosce questi sei parlamentari? Ci sarà qualcuno
che vorrà rivelarlo? Non interessa l’appartenenza partitica, quella a volte
dura "l’espace d’un matin". Interessa sapere cosa vedono, cosa
sentono, come vigilano, a chi ne riferiscono, come sono eletti, nominati,
incaricati, quale mandato hanno ed a chi ne rispondono? A proposito si ha per
caso alcuna notizia circa una rappresentanza della Unione Europea in seno ad
un’auspicabile commissione permanente di vigilanza ? Non vorrei che avesse
ragione Edward Luttwak (cfr. "La Stampa" del 3 ottobre 2001) il quale
alla domanda "I responsabili della Banca centrale europea?"
"Taleban delle politiche monetarie", che " rispondono del loro
operato soltanto a Dio".(2) L’euro non conoscerà forse le stesse
"mene" della lira o di qualsiasi altra moneta in mano alle banche
centrali che, bontà loro, "ne assumono le relative spese" ….? Forse
lo Stato, nel caso dell’Euro, l’Unione Europea, non è in grado di accollarsi simili
"spese"?
Allora,
cambia veramente tutto?
La
moneta unica azzera tutte le monete nazionali dei Paesi che adottano l’Euro ed
ognuno si trova di fronte ad una moneta del tutto nuova, per via del taglio,
della grafica, delle dimensioni, ha un recto uguale per tutti mentre ogni Stato
membro personalizza l’altra faccia della banconota.. Comunque, alla fine della
fiera di tante pretese novità e differenze, l’Euro è sempre una moneta moneta
anch’essa a corso legale "forma di debito inesigibile" tale quale la lira..
Il SEBC, Sistema Europeo Banche Centrali, esattamente come prima hanno sempre
fatto le banche centrali, nei rispettivi Paesi dell’area Euro, in cambio del
"servizio" di indebitare EUROLANDIA, riceve dagli Stati membri titoli
di credito: EuroBot ed EuroCct che automaticamente instaurano l’Eurodebito
pubblico, gravato inoltre degli interessi (purtroppo questo debito è del tutto
esigibile…). In queste condizioni mai si riuscirà a venirne fuori dal debito
pubblico(3). Cosa cambia? ASSOLUTAMENTE NIENTE!, prima dell’Euro ogni Stato si
indebitava con la banca centrale operante nel proprio territorio (è bene dare
un’idea tangibile del costo del "servizio" ad esempio in Italia tale
servizio costa, a tutt’oggi 2 milioni 500 mila miliardi di lire, più o meno, pari
al debito pubblico) ora i Paesi eurizzati, tutti insieme appassionatamente, si
indebitano tutti con il Sistema Europeo Banche Centrali per il
"servizio" di stampare e "cedere" l’Euro a Eurolandia !. Il
"Changeover", nome d’arte del trapasso dalle monete nazionali
all’Euro, costerà, come hanno riportato tutte le testate in edicola, mai che
queste, al riguardo, facciano mai una minima riflessione come sta facendo
"Impresa e Credito"…, alla Banca d’Italia " la bolletta di 500
miliardi di lire, mentre per il Tesoro la spesa supererà i 1.000 miliardi e per
le banche 1.400 miliardi, si raggirano, cosa scrivo?: si aggirano invece
intorno ai 2.000 miliardi, i costi per la formazione del personale e
adeguamento delle attrezzature degli esercizi commerciali". Sono sicuro
che ormai si sia già capito che alla fine paga tutto
Pantalone/Cittadino/Consumatore, compreso la "bolletta della Banca
d’Italia". Un Onorevole al quale ho fatto presente queste stesse
considerazioni mi ha risposto che questo avviene anche negli altri Paesi. Sai
che consolazione! Di rimando gli ho fatto notare che in pratica era come dire
che l’AIDS non è una malattia perché ce l’hanno tutti! Fino a quando la carta
moneta emessa continuerà ad essere di proprietà della Banca Centrale, del SEBC,
della Federal Reserve, della Bank of England ecc., quindi addebitata con gli
interessi alle collettività che producono i beni ed i servizi che la moneta
solo ed unicamente misura essendo mezzo di scambio, penso che ci sia poco da
organizzare iniziative, per conoscere la moneta unica, se si cerca solo di
imparare tutto sull’Euro ed evitare accuratamente di capire cosa significhi ed
anche cosa sia "quella forma di debito inesigibile che è la moneta a corso
legale". A proposito, a differenza delle banconote della moritura lirazza,
sulla moneta unica la BCE non farà stampigliare la vana promessa in alcuna
lingua: "Pagabili a vista al portatore", prima di tutto perché l’Euro
è esclusivo frutto degli "atti di signoraggio" con i quali la BCE
può, al contrario degli Stati membri "appropriarsi di risorse" come,
quanto e quando vuole, in secundis perché siamo al "et de hoc satis":
una cifra, la traduzione del taglio nelle principali lingue europee, un disegno
uguale per tutti ed uno specifico proprio per fare contenti i singoli stati
membri, punto e basta... Non si riporterà nemmeno la scritta "officina
della Banca Centrale", della serie meno si scrive, meno sono i problemi!
Gli Stati membri, dire partners suona aziendale, dire soci, se non è zuppa à
pane bagnato, allora vada per "membri" (rende meglio l’idea…) però
sono riusciti ad imporsi ed hanno conservato, come prima, la servile facoltà di
indebitarsi e/o di svendere i beni della collettività, di tutti noi, e/o di
comprare (nazionalizzare) a carissimo prezzo, con i soldi di tutti per favorire
pochi, beni che valgono niente (es.: le centrali elettriche tipo SIP (Società
Idroelettrica Piemontese) che pagata a peso d’oro ebbe anche il monopolio del
telefono (la famosa Società per l’esercizio telefonico, che con la sigla SIP molti
si chiedevano che c’azzeccasse) consacrando così il ciclo vizioso
consociativista, instaurato da certa classe politica di concerto con il
capitalismo assistito che privatizza i profitti e socializza le perdite.
Pensare che all’epoca della nazionalizzazione, ancora teen-ager (come dire che
capivo nulla), questi capitalisti "piangevano" come vitelli, come da
copione (io sapevo nulla del copione..), e finii per temere che mi avrebbero
portato via la bicicletta … (4)
Di chi è
l’EURO all’atto dell’emissione?
All’onor
del vero non tutti i Comuni d’Italia sgomitano in tutti i modi per fare festa
all’Euro infatti vi è chi non partecipa a questa sorta di gara per conquistare
il primo posto di Comune EuroPierino anzi, si fa benemerito portatore di
proporre un’integrazione, a mio avviso sacrosanta, al Trattato di Maastricht.
Il Comune di Guardiagrele (CH) dopo aver sperimentato la prima local money
europea, il famoso SIMEC moneta - credito di proprietà del portatore, di cui il
6 ottobre 2000 si è occupato perfino il famoso "Wall Street Journal",
con deliberazione n. 72 del 18 settembre scorso, ha approvato un Ordine del
giorno, all’unanimità di voti palesemente espressi, che "AUSPICA che il
Governo si faccia promotore della proposta di integrare il Trattato di Maastricht
con una esplicita ed univoca normativa che riconosca, all’attio dell’emissione,
l’EURO DI PROPRIETA’ DEI POPOLI EUROPEI e non della Banca Centrale Europea;
CHIEDE che il Governo si adoperi nel senso sopra auspicato tanto più perché la
suddetta integrazione normativa è del tutto conforme e compatibile con le norme
del Trattato di Maastricht."(5) L’ordine del giorno prende le mosse dalla
formale diffida, notificata alla Banca Centrale Europea dal Prof. Giacinto
Auriti nella sua qualità di Segretario Generale del Sindacato Antiusura SAUS,
fondata dall’ accertata mancanza di precisa norma del Trattato che stabilisca
di chi sia la proprietà dell’Euro all’atto della sua emissione " e che
pertanto è impossibile individuare chi sia creditore e chi debitore nella fase
della circolazione."(6) Di conseguenza, si diffida "la Banca Centrale
ad astenersi da qualunque forma di emissione di Euro in quanto tale simbolo non
può assumere il valore di moneta legale perché carente della certezza del
diritto". Il Consiglio Comunale Guardiese infatti ritiene che "il
problema sollevato dal Prof. Auriti si impone all’attenzione degli Stati
europei perché di vitale importanza in quanto, nel caso in cui la Banca
centrale Europea emettesse l’Euro prestandolo, l’Europa rischia di essere
dilaniata dal debito come già succede per i popoli del terzo mondo; rilevato
perciò che una tale problematica non possa non essere meritevole di
considerazione dell’organo rappresentativo, in seno al Comune, di una comunità
locale facente parte di uno Stato aderente all’Unione Europea ."
Constatato infine "con rammarico e sconvolgente sorpresa che un argomento
di tale rilievo sia stato totalmente ignorato al livello di politica economica
governativa ed internazionale" il Consiglio Comunale ha auspicato e
chiesto quanto di cui sopra.
Duisenberg,
Governatore della BCE, accuratamente scapigliato per sembrare pieno di
pensieri, c’è da giurarci, farà spallucce, tanto ha in mano un Trattato che è
una cambiale in bianco firmata dagli esecutivi degli Stati membri dell’Unione.
Per fortuna il Prof. Auriti ha magistralmente individuato il buco nero del
Trattato perché non facendo menzione circa la proprietà della moneta evidenzia
una lacuna che rivela che la BCE non metteva neanche lontanamente in conto di
doversene preoccupare visto che gli Stati membri avevano gareggiato nel
sottoscrivere la loro totale abdicazione. Purtroppo per la Banca Centrale
Europea e fortunatamente per i popoli europei il Prof. Giacinto Auriti insigne
Maestro di Diritto ci ha additato il Governatore che, come il re nella famosa
favola, è nudo! Un sonoro plauso al Consiglio Comunale di Guardiagrele per il
servizio reso al Diritto ed alla verità! (Vittorio Soldaini 1° dicembre 2001)
Caro Ugo
a questo punto riproporrei, "paro-paro", come forbitamente dicono a
Roma, gli Artt. 105A e 107 del Trattato di Maastricht che abbiamo già
"additato" sulle pagine di "Impresa e Credito". Et de hoc satis!
Note
aggiunte (da Luciano Orsini 24/05/2002)
(1)
Bisognerebbe forse aggiungere che alla restituzione del debito, BOT, CCT,
valori mobiliari tornano allo Stato, mentre alla Banca Centrale vanno i soldi
dei cittadini che di fatto pagano il debito fatto dallo Stato per il welfare
più o meno decente. (Ritornerò dopo su questa affermazione).
(2)
Luttwak conferma soltanto l’ imprescindibilità delle teorie monetarie, prima di
Keynes e poi di Friedmann; ma questo è un problema diverso e ben più importante
dal punto di vista economico di quello che accade tra le Banche Centrali ed i
governi europei o l’UE. È in realtà il vero problema da affrontare con pensieri
nuovi, oltre le denunce.
Il vero
problema da risolvere è quindi riconoscere il reale valore del processo
economico e soprattutto il riconoscimento che ogni movimento monetario deve
essere rapportato al valore del denaro in funzione del processo economico per
quello che di fatto appare in esso come denaro valore e lavoro.
Ogni
previsione predittiva sull’andamento non deve portare a movimenti monetari
secondo formule prefissate da una dottrina economica. È la dottrina economica
la responsabile di quello che accade e che vorremmo modificare. In questo
scritto non si fa alcun cenno critico nei confronti delle teorie economiche e
forse non si ritiene che siano queste a causare il casino Bancario di cui parla
Soldaini. Lo Stato richiede (ovvero si fa prestare) alla Banca Centrale gli
anticipi di denaro per circostanze che non derivano quindi da una partita in
dare ed avere cioè secondo il bilancio reale tra entrate ed uscite fatte dal
ragioniere, ma derivano quasi esclusivamente da previsioni macroeconomiche. E’
chiaro quindi che si confondano le stesse origini del denaro e del giro
economico al quale è sottoposto. Questo significa che lo Stato si fa garante
presso la Banca Centrale per i propri prestiti bancari fornendo in pegno i
propri beni, in titoli od immobili o tramite ipoteche e s’impegna in seguito a
pagare per mezzo delle tasse. Il problema quindi è il modo d’intendere il fisco
che comporta le circostanze anomale per cui lo Stato fa pagare ai cittadini i
debiti contratti con la Banca Centrale. Senza dimenticare che lo Stato riceve i
propri benefici di signoraggio dai rapporti che contrae con la Banca Centrale,
la quale ha un patrimonio privato di fondazione e presta in genere non carta ed
inchiostro, ma soldi veri che stanno in deposito nei suoi forzieri. È da questi
ultimi che escono i soldi prestati allo Stato e non si tratta sempre di
prestiti con nuove emissioni che peraltro vengono fatte anche nei confronti
della Banche.
Il vero
problema è che la Banca Centrale sia messa nella condizione di non emettere
nuove monete se queste con corrispondono a titoli o monete tesaurizzate come
patrimonio della Banca Centrale. I fatti devono essere riferiti fino in fondo e
gli errori denunciati fino in fondo facendo emergere i fatti che potrebbero
correggere gli errori medesimi. Questo è un campo in cui anche coloro che sono
esperti o consapevoli possono perdere la tramontana dietro una distorsione che
tuttavia è un sintomo e non una causa di malattia. Quindi quello che denunciano
Auriti ed Soldaini, mi appaiono - fino a prova contraria - come verità non
dimostrate fino in fondo e comunque nella loro semplice enunciazione possono
essere tranquillamente superate - a mio parere, dalla fiscalità monetaria.
(3) Il
debito pubblico, comunque nasca è prodotto dalla politica che ritiene di dover
assistere i cittadini (welfare) prelevando soldi agli imprenditori ed ai
lavoratori in genere.
Il
debito pubblico proviene, anche se in maniera molto improvvida, da una sorta
d’anticipo fatto dallo Stato presso la Banca Centrale per le spese di welfare a
beneficio dei cittadini che poi dovranno pagarsi da soli con le tasse quello
che serve per il sostegno del welfare. Chi pensa che il welfare sia veramente
pagato dallo Stato da sempre, da quando esiste lo Stato? Semmai si può dire che
molti governi possono essere incapaci di amministrare uno Stato e quindi fanno
una cattiva politica e spendono male i soldi. Tutto questo è fin troppo
realistico tanto da aver portato Berlusconi a Palazzo Chigi.
Perché
allora ci si dovrebbe scandalizzare se lo Stato restituisce un prestito per i
cittadini con i soldi dei cittadini? Mi sembra un metodo sbagliato che
occorrerebbe correggere partendo dalle sue cause reali, senza demonizzare la
Banca Centrale che pure ha le sue gravi responsabilità. D’altro canto lo Stato,
qualora volesse provvedere al welfare con i propri mezzi, invece di chiedere
soldi alla Banca Centrale potrebbe vendere i propri patrimoni fino a ridursi in
mutande, vendendo anche il patrio suolo agli stranieri od anche ai suoi
cittadini come hanno fatto alcuni palestinesi dei territori occupati. Soltanto
così lo Stato potrebbe ricavare un vero e proprio capitale da investire per il
welfare, senza prestiti bancari e quindi senza debiti per i cittadini. Quindi a
me pare che dovremmo restare con i piedi per terra ed ammettere che tutte le
manovre monetarie altro non sono che effetti di un agire politico senza idee o
con errati pensieri economici.
(4)
Tutte queste satiriche o grottesche denuncie di una realtà sociale e politica
non dipendono dai rapporti tra Stato e Banche Centrali, ma dalle politiche
monetarie che non tengono conto del processo economico.
Quindi è
necessario arrivare ad una conduzione dei complessi movimenti monetari e quindi
della fiscalità corrispondente alla realtà del processo economico. Una moneta
appartiene soltanto a chi l’ha ricevuta in cambio di una merce venduta o di un
servizio. La Banca presta denaro, proprio o in deposito di clienti che ce
l’hanno messo, e per questo prestito esige restituzione ed interessi. Questo
procedimento di per sé non è malsano perché è sostenuto dal livello sociale
degli uomini che accettano di essere nati in un Paese senza possedere nulla,
mentre ciò è falso perché ad ogni cittadino dovrebbe appartenere (in denaro)
almeno una percentuale del terreno dello Stato sul quale è nato e questo noi lo
chiamiamo reddito di cittadinanza. Basta esaudire questo diritto per far
rientrare nell’alvo delle comuni transazioni del prestito e del credito ogni
atteggiamento bancario. È chiaro che, senza la medicina del reddito di
cittadinanza, può sembrare un grossa ingiustizia chiedere denaro in prestito ad
una Banca, la quale a sua volta farà il suo naturale percorso illusorio, che
tuttavia non è di per sé truffaldino. Truffaldino, comunque non del tutto
corretto, è invece prestare denaro virtuale, ovvero che non è in deposito nella
Banca, a chiunque appartenga, e che quindi ha valore zero, anzi carta +
inchiostro. Questo fenomeno va certamente controllato e contenuto, ma non è
alla radice del male bensì è un’opportunità concessa dal male ed il male è la
teoria monetaria e le formule econometriche.
(5) Il
denaro all’atto dell’emissione, secondo me, non appartiene al popolo e non si
può dire tout court che invece appartiene al popolo dal momento che tutto il
denaro in circolazione, nella sua essenzialità appartiene alla circolazione
economica dei beni prodotti. In realtà appartiene a tutti e nessuno e quando
entra nelle tasche di qualcuno il denaro deve rappresentare un’avvenuta
transazione di beni. In altre parole il denaro che è in qualche luogo, come
proprietà di alcuni o di moltissimi, ha un valore che appartiene all’intero
processo economico che non è di nessuno ma di tutti coloro che vi hanno
concorso, senza che per questo ne derivi anche il diritto di possederlo
materialmente. Si tratta di tener conto di un significato
"energetico" del denaro e non della sua natura oggettuale fisica e
tangibile. Quindi il denaro, si tratti di lire o di euro, non è del popolo sic
et simpliciter, senza neppure discutere i fatti, dal momento che questa
affermazione è falsa, perché al popolo appartiene realmente soltanto il denaro
che ha guadagnato con il lavoro o che ha ereditato e, per diritto
indiscutibile, il reddito di cittadinanza. Dovremmo considerare lo Stato come
un qualsiasi imprenditore che offre alla Banca Centrale un pegno in cambio di
moneta che rappresenta un prestito come per qualsiasi imprenditore e, come un
imprenditore, dovrà restituirlo con gli interessi previsti. Come ho detto lo
Stato può modificare questo costume e vendere per esempio i propri beni
immobiliari alla Banca Centrale in cambio ovviamente di denaro per il welfare.
In tal modo la funzione di protezione dello Stato sarebbe corretta e senza
produrre un debito, ma soltanto un decremento del suo capitale. In realtà
nessuno Stato è un reale benefattore del proprio Paese dal momento che
semplicemente anticipa ai cittadini, per mezzo del prestito bancario, i soldi
che gli servono per il welfare, ma che i cittadini stessi devono pagare in
seguito con le tasse. Ogni volta che si fa la legge finanziaria, ed accade ogni
anno, viene sancita questa realtà strutturale dello Stato: programmare
stanziamenti, prendere i soldi dalla Banca Centrale, effettuare alla meno
peggio o al meglio i programmi di welfare e poi restituire il prestito alla
Banca Centrale con i soldi del fisco, quindi dei cittadini. Quindi lo Stato
semplicemente media un rapporto debitore-creditore che vincola i cittadini alla
Banca Centrale. C’è da chiedersi se in questo iter esista un illecito e se sì
da cosa sia prodotto. Si dice che la moneta emessa appartiene ai cittadini. Non
è vero. Se questa moneta esprime un valore mercantile, ovvero di merci già
prodotte (o titoli di qualsiasi genere) ed in possesso della Banca, può essere
data in prestito per essere avviata ad ulteriore elaborazione nel processo
economico. Sebbene sia vero il fatto che sono i cittadini a dare il valore al
denaro con il loro lavoro relativo alle merci che hanno già prodotto, per questo
stesso motivo non possono essere definiti anche detentori del denaro appena
emesso, perché questa definizione non è vera. I cittadini sono bensì
responsabili del valore del denaro che è girato nel processo economico con la
loro attività, ma non del denaro che viene emesso e che deve ancora entrare nel
processo economico. È come se dicessi: dal momento che io posseggo la sedia che
mi sono costruito per questo stesso motivo mi appartengono tutte le sedie che
vedo in giro. Dal suo canto la Banca Centrale incorre o può incorrere
nell’illecito emettendo moneta sine materia o senza valore se non quello della
carta e dell’inchiostro, cioè senza valore corrispondente ad una merce e
pretendendo di darla in prestito con interessi. La Banca Centrale quando fa
questo è guidata dal pensiero economico della teoria monetaria, legale, da
tutti affermata e da nessuno criticata, neppure da chi critica il comportamento
della Banca Centrale, secondo la quale sarebbe necessario ampliare o diminuire
il quantum del denaro in circolo per pilotare il processo economico tra i due
respingenti astratti e meramente prevedibili della inflazione e della
deflazione. È sulla base di quest’imprecisione o predittività macroeconomia con
carattere di scienza e quindi indiscussa che la Banca Centrale si permette di
emettere nuova moneta senza valore ma che si pensa, secondo i calcoli degli
economisti, dovrà per forza acquistarne con il lavoro della gente nel momento
che di fatto entra in circolazione. A mio parere è ciò che deriva da questa
causa che manda in bestia Auriti ed il simpatico Soldaini, ma io mi chiedo
perché non si affronti fino in fondo questo argomento in direzione di questa
traccia invece di arenarsi su un sintomo concettuale ossessivamente ripetuto,
ovviamente con grande garbo e simpatia. Peccato che questo sintomo concettuale
non conduca ad altro che all’osservazione di un fatto (l’emissione monetaria),
senza osservare e discutere su quello che accade prima e quello che accade dopo
l’evento stesso. Il tapin roulant di questa faccenda e che secondo me ci
dobbiamo dire (sempre il "diciamo" di Fiorello) è dato dal fatto che
il denaro, invece di essere il testimone di tutto il processo economico, è
indotto da una teoria monetaria ad acquisire movimenti assurdi secondo un criterio
matematico formale o formulare.
È come
se il sangue circolante nelle nostre arterie fosse costantemente deviato dal
suo percorso verso una zona a caso dell’organismo dove si ritiene che sarà
necessario al termine di una corsa di dieci chilometri: ma nel frattempo il
malcapitato muore asfissiato.
(6)
Quando tutti noi siamo venuti a contatto con l’euro lo abbiamo
"scambiato" con le nostre lire; non mi sembra che si possa parlare di
posizione debitoria o creditizia.
Sopra
la Banca l’Usuraio campa, sotto la Banca il Cittadino crepa (ovverosia:
democrazia o usurocrazia?) (di Nereo Villa)
Che le
banche (IOR compreso) siano vissute dalla gente come le istituzioni legalizzate
dello strozzinaggio è una realtà incontrovertibile. E che la stessa istituzione
bancaria sia stata aspramente contestata da noti personaggi della destra e
della sinistra può essere ben riassunto dalle frasi di due famosi personaggi:
Ezdra Pound - "i politici non sono altro che i camerieri dei
banchieri"; Bertold Brecht - "che cos'è una rapina in banca a
confronto della fondazione di una banca?". Quanto segue è la spiegazione
sintetica della struttura, della funzione e quindi dell'essenza stessa dello
strumento monetario. Per quanto riguarda lo IOR (banca vaticana), si osservi la
storia del caso Marcinkus (Banco Ambrosiano) e di Calvi, le connessioni dello
IOR con la mafia americana e l'articolo 2266 del catechismo romano (premessa
teologica della "guerra giusta"), in cui viene giustificata la
"guerra giusta" e perfino la pena di morte. Per quanto riguarda
banche e multinazionali, occorre prendere coscienza che a partire dal
Millesettecento ad oggi si è realizzata una forma cancerogena di sovranità
monetaria internazionale e sovranazionale: l'oro, che dalla prima metà del 1900
aveva svolto la funzione di comune denominatore delle varie monete, non bastava
più a soddisfare la sempre più crescente necessità di liquidità. Lo strumento
capace di assolvere tale necessità fu ed è la sostituzione-truffa della moneta
nominale con la moneta merce: chi emette moneta se ne attribuisce
autoritativamente la proprietà pur non essendo proprietario di alcun valore
corrispondente alla moneta emessa. Tale modifica, procede attraverso i seguenti
passaggi del mondo occidentale, occultamente degenerativi di tutto il tessuto sociale:
- 1694: l'oro
viene trasformato in carta dalla banca d'Inghilterra, il cui fondatore William
Paterson, dichiara spregiudicatamente: "Il banco trae beneficio
dall'interesse su tutta la moneta che crea dal nulla".
- 1773:
la truffa funzionò al punto che un secolo dopo si trasformò in cinismo, e nel
1773 Amschel Mayer Rothschild, il fondatore tedesco di tale impero finanziario
dichiarava addirittura: "La nostra politica è quella di fomentare le
guerre, ma dirigendo Conferenze di Pace, in modo che nessuna delle parti in
conflitto possa ottenere guadagni territoriali. Le guerre devono essere dirette
in modo tale che le Nazioni, coinvolte in entrambi gli schieramenti,
sprofondino sempre di più nel loro debito e, quindi, sempre di più sotto il
nostro potere".
- 1885: Marx
svela nel Capitale (Libro I, capitolo 24, paragrafo 6, Editori Riuniti, Roma
1974, pp. 817-818) i tratti truffaldini del meccanismo su cui stavano crescendo
le banche centrali ("Fin dalla nascita le grandi banche agghindate di
denominazioni nazionali non sono state che società di speculatori privati che
si affiancavano ai governi e, grazie ai privilegi ottenuti, erano in grado di
anticipare loro denaro. Quindi l’accumularsi del debito pubblico non ha misura
più infallibile del progressivo salire delle azioni di queste banche, il cui
pieno sviluppo risale alla fondazione della Banca d’Inghilterra (1694). La
Banca d’Inghilterra cominciò col prestare il suo denaro al governo all’otto per
cento; contemporaneamente era autorizzata dal parlamento a battere moneta con
lo stesso capitale, tornando a prestarlo un’altra volta al pubblico in forma di
banconote. Non ci volle molto tempo perché questa moneta di credito fabbricata
dalla Banca d’Inghilterra stessa diventasse la moneta nella quale la Banca faceva
prestiti allo Stato e pagava per conto dello Stato gli interessi del debito
pubblico. Non bastava però che la Banca desse con una mano per aver restituito
di più con l’altra, ma, proprio mentre riceveva, rimaneva creditrice perpetua
della nazione fino all’ultimo centesimo che aveva dato"), ma questo punto
rimane inascoltato dai comunisti stessi. Oggi, le parti sociali non hanno
ancora compreso che la riduzione del potere d'acquisto dei salari non è
imputabile ai datori di lavoro o ai governi, ma alle banche centrali, perché
solo esse hanno il potere di determinare arbitrariamente spinte
inflazionistiche o deflazionistiche, costringendo gli imprenditori o a cessare
le attività produttive o ad accettare la flessibilità, adeguando costi e prezzi
alle oscillazioni dei valori monetari che guidano la stessa globalizzazione dei
mercati. In tal modo il principio cardine del regime contrattuale: "Il
contratto ha la forza di legge tra le parti" è rovesciato nel nuovo
principio: "La legge ha forza di contratto tra le parti". E la legge
della moneta non la fa né il datore di lavoro, né il governo, ma il padrone dei
(nostri) soldi: il governatore della banca centrale. (Quindi le contestazioni
relative alla flessibilità, non avrebbero dovuto essere sollevate nei confronti
dei datori di lavoro, ma nei confronti delle banche centrali, da governo,
datori di lavoro e lavoratori, uniti sullo stesso fronte. Le rivendicazioni
sindacali basate sul plusvalore sono ormai impossibili perché, con la
globalizzazione dei mercati, viene meno la possibilità di un ragionevole
affidamento sulla esistenza stessa del profitto. E ciò è confermato dalle
imponenti crisi economiche, ad es., nel settore automobilistico).
- 22
luglio 1944: gli Stati del mondo disegnano un nuovo sistema monetario
in un'anonima località americana, Bretton Woods. In questo nuovo sistema, tutte
le monete erano convertibili nel dollaro e solo questo era convertibile in oro.
Allo stesso tempo venne istituito il Fondo Monetario Internazionale (FMI), con
lo scopo di venire in soccorso a quei paesi che non potevano sostenere la
parità determinata a Bretton Woods tra le monete. Tali accordi ebbero
principalmente tre conseguenze: 1) gli Stati Uniti cominciarono a stampare più
dollari che giornali, dato che era la loro moneta a garantire l'equilibrio del
sistema; 2) tutti gli Stati del mondo costituirono riserve per l'emissione di
banconote utilizzando dollari, di cui c'era sul mercato finanziario una grande
offerta (all'inizio degli anni Settanta, l'80 per cento delle riserve valutarie
di tutti gli stati del mondo erano costituite da dollari; 3) il FMI controllava
le politiche economiche di tutti i paesi del mondo attraverso il ricatto della
leva monetaria. Stati Uniti ed Inghilterra avevano contribuito con l'80% di
propri versamenti alla costituzione del FMI, e pertanto ne condizionavano
l'attività in maniera determinante. Il sistema resse senza particolari scossoni
fino al 1970. Ogni tanto il FMI interveniva a "aiutare" paesi in
difficoltà con il cambio della propria valuta, obbligandoli a politiche
keynesiane per renderli più docili e sottomessi agli interessi delle potenze
occidentali.
Il crac
si ebbe quando i paesi aderenti all'OPEC, ovvero il cartello dominato dagli
arabi dei paesi produttori di petrolio, decisero di aumentare considerevolmente
il prezzo del barile (che quadruplicò in pochi mesi) e di rifiutare i pagamenti
in dollari, pretendendo il pagamento in oro. I paesi dell'Occidente che, come
accennato, avevano riserve in gran parte costituite da dollari, cercarono di
cambiare questi dollari e farsi restituire l'oro che avrebbe dovuto essere
custodito nei forzieri di Fort Knox, per poter fare fronte ai propri debiti. Ma
gli americani non avevano oro a sufficienza, dato che già allora il totale del
circolante era di gran lunga superiore all'oro esistente su tutta la terra.
(Per dare l'idea della proporzione fra oro e valore monetario circolante,
occorre considerare che le attuali riserve auree dei paesi del mondo non
superano le 200.000 tonnellate. Eppure il corrispettivo in oro di tutte le
banconote e gli equivalenti monetari che girano per il mondo ai prezzi correnti
ammonta a un corrispettivo di 75 000 000 di tonnellate di oro. Non è uno
scherzo: settantacinque milioni di tonnellate, che ovviamente non esistono... e
questi dati sono solo del 1995!
- 15
agosto 1971: Nixon annuncia perciò a Camp David la decisione di
sospendere la convertibilità del dollaro in oro, e perciò l'abrogazione
unilaterale degli accordi di Bretton Woods svincola il dollaro dal cambio con
l'oro. Questa data (agosto '71) costituisce una pietra miliare nella storia del
denaro: è il momento cruciale per comprendere la vera natura della moneta. Da
allora, infatti, il denaro è definitivamente svincolato da ogni relazione con
l'oro. Da allora, i paesi hanno continuato a stampare denaro, fondandolo senza
una base "solida", cioè sul nulla.
SITUAZIONE
ATTUALE (marzo '03): la grande modifica effettuata consistente nel fatto che
chi emette moneta (senza limite e senza costo) se ne attribuisce la proprietà a
titolo esclusivo, comporta una occulta metastasi nel tessuto sociale, chiamata
debito pubblico, che è conseguenza logica di questa gigantesca truffa: la banca
emette moneta p r e s t a n d o l a. Prestare denaro è una prerogativa del
proprietario. La banca emittente è per legge dichiarata proprietaria del denaro
all'atto dell'emissione. Ma se la banca emette denaro senza valore come mai il
denaro ha valore? Chi crea il valore monetario è il cittadino, cioè la
comunità, attraverso il sudore della fronte e accettando la convenzione di tale
moneta, che non ha altro riscontro se non la sua accettazione. Il sistema
bancario invece se ne appropria, ed è oramai avviato a conquistare tramite la
sovranità monetaria una sovranità sovranazionale, cioè mondiale. Questo
rovesciamento contabile ha realizzato un macroscopico indebitamento di tutti i
popoli del mondo verso il sistema bancario: è il fenomeno delle società
multinazionali, che conquistano tutti i mercati sbaragliando ogni concorrenza:
1) le
multinazionali sono controllate dai medesimi gruppi che strumentalizzano il
sistema monetario;
2) ed
hanno di conseguenza a disposizione, come le banche centrali, senza costo e
senza limite tutto il denaro che vogliono (motivo per cui non è possibile nei
loro confronti alcun tentativo concorrenziale da parte delle normali imprese
commerciali; e da ciò deriva l'inutilità di codificare le cosiddette leggi
antitrust poiché il problema che sta a monte è quello di sottrarre il dominio
della moneta al sistema bancario).
Perciò
lo strumento monetario, che dovrebbe essere strumento, appunto, al servizio
della collettività, in effetti è una minaccia alla libertà del cittadino e dei
popoli. Il cosiddetto oro-carta (la cartamoneta) è stato accettato come fatto
del tutto normale e ragionevole. Il suo valore è convenzionale, così come
convenzionali sono il metro o il chilogrammo come unità di misura. Ma al valore
convenzionale monetario è stato aggiunto qualcosa di più: il convincimento
(erroneo) che esista un limite oggettivo alla emissione della moneta, e cioè
che stampare moneta non sia gratuito (come invece è) perché tale stampa sarebbe
condizionata dalla disponibilità di un bene reale e limitato: l'oro. In realtà,
invece, la collettività da' merce (che ha un costo) in cambio di cartamoneta,
che costo non ha (se non quello tipografico): succede cioè che un valore
convenzionale può concretizzarsi in un bene reale, oggetto di diritto di
proprietà: la (carta)moneta. Tradizionalmente questo valore era però generato
dal fatto che, ritenendosi il valore un "qualcosa" connesso alla
materia, si riteneva di definire il valore monetario come
"intrinseco" all'oro. E, una volta "inventata" la
cartamoneta, si giustificava il suo valore sulla base della riserva aurea
depositata in banca. Senonché questa costruzione è venuta a cadere dopo
l'abolizione degli accordi di Bretton Woods decretata nel '71.
E quindi
oggi la (carta)moneta ha la veste del "titolo di credito", anche se
tale non è: l'espressione riprodotta sulle vecchie banconote italiane era
infatti quella tipica della cambiale al portatore sottoscritta dal Governatore
della Banca Centrale: per es.: "£ 100.000 pagabili a vista al portatore).
Ma che la (carta)moneta sia una falsa cambiale generatrice di debito pubblico
emerge dal fatto che, se si presenta la banconota all'incasso, la banca non
paga ed è autorizzata dalla legge a non pagare né con oro, né con altro valore
(inoltre la cambiale normale si estingue col pagamento, mentre la banconota
continua a circolare, dopo ogni transazione, indefinitamente). La strategia di
dominazione dei mercati è basata sulla confusione, deliberatamente preordinata
nella coscienza del cittadino, tra i due concetti di valore creditizio e valore
convenzionale. La non consapevolezza della differenza fra valore convenzionale
e valore creditizio permette a poche famiglie di furbi guerrafondai di dominare
il mondo e schiavizzare il popolo esattamente come ai tempi di Iside e delle
piramidi: spacciando sottoforma di titolo di credito il valore convenzionale,
il sistema bancario consegue lo scopo di appropriarsi dei valori convenzionali
prodotti dalla collettività, in quanto è chi accetta una convenzione che crea
la convenzione stessa, e quindi è la collettività che, accettando la moneta
come unità di misura e mezzo di pagamento ne crea e ne conserva il valore (e di
conseguenza, ne dovrebbe detenere la proprietà). La banca invece, approfittando
del fatto che l'emissione del titolo di credito (il cosiddetto "pagherò la
cambiale") è prerogativa del debitore, apparendo come debitore sulla
banconota, ed arrogandosi il diritto di emettere il titolo di credito (la
banconota), si è impadronita della proprietà della moneta. Con questo sistema
riesce a trasformare un debito apparente in un arricchimento sostanziale. La
scritta che compariva sulla banconota, per es.: "£. 100.000 pagabili a
vista al portatore" stava a significare che, esibendo questo documento
alla banca, essa avrebbe dovuto corrispondere con l'equivalente merce (oro). Ma
poiché ora (addirittura per legge) la banca non può convertire in oro i titoli
monetari, essa è autorizzata ad emettere questa cambiale (che è una falsa
cambiale in quanto senza scadenza né responsabilità) con la
"garanzia" di non pagarla. La banca realizza così un doppio lucro
pari alla differenza tra valore nominale e costo tipografico della moneta - a
cui aggiunge poi gli interessi sul "prestato" - e trasforma un
proprio debito apparente in un arricchimento sostanziale mediante un
macroscopico rovesciamento contabile di cui nessuno si scandalizza - forse
perché troppo evidente - e che le consente di appropriarsi di un valore che non
ha nulla a che vedere col credito. Perché il credito si estingue col pagamento
e la moneta invece continua a circolare. Queste sono le vere ragioni che
determinano ogni guerra, compresa quella futura all'Iraq, probabilmente per
sostituire all'oro che manca, l'oro nero, il petrolio. È tempo, dunque, che
l'opinione pubblica si renda conto che chi crea il valore della moneta non è
chi la stampa o la emette, ma chi l'accetta come mezzo di pagamento, cioè la
collettività dei cittadini. La mancanza di questa consapevolezza fa sì che ad
appropriarsi del valore monetario non siano i popoli, ma il sistema bancario
internazionale, in virtù del monopolio culturale della categoria dei valori
convenzionali.
Su
queste premesse si può comprendere l'esatta portata della lettera spedita da
uno dei Rothschild alla Ditta Kleimer, Morton e Vandergould di New York il 26
giugno 1863:
"...
Pochi comprenderanno questo sistema, coloro che lo comprenderanno saranno
occupati nello sfruttarlo, il pubblico forse non capirà mai che il sistema è
contrario ai suoi interessi".
Dai
tempi di Copernico la concezione del mondo è mutata solo in senso eliocentrico,
non riguardo al sistema monetario ed alle conseguenti imposizioni fiscali, che
sono rimaste ancora quelle precedenti al copernicanesimo ed al cristianesimo.
(Da questo punto di vista infatti la frase fatta "sono un onesto cittadino
che paga le tasse" risulta conforme al cristianesimo solo se si stabiliscono
chiaramente i concetti di "causa" e di "effetto",
altrimenti è un'affermazione assurda, in cui l'onestà non è altro che
schiavitù, e significa in realtà "sono uno schiavo". Infatti solo se
fosse stabilito chi è il padrone del denaro si potrebbe "dare a Cesare ciò
che è di Cesare". Oggi invece non si sa assolutamente chi sia il
proprietario del denaro in circolazione, in grado di prestarlo ai cittadini
tramite emissioni monetarie e formazione di debito pubblico). Il sistema, in
quanto basato sulla violazione dei più elementari diritti umani, sta assistendo
al suo inevitabile crollo. D'altra parte va ricordato che la concezione
copernicana fu considerata permessa dalla chiesa cattolica romana solo nel 1822
(Santo Uffizio dell'11 settembre 1822)! Forse che per la socializzazione della
moneta (reddito di cittadinanza, proprietà del portatore della moneta, e
triarticolazione dell'organismo sociale) si dovranno attendere tempi
altrettanto lunghi, cioè fino a quando tutto ciò non sia riconosciuto non dalla
chiesa ma dai partiti, dalla scienza ufficiale e dai massmedia? In ogni caso,
se pensi che la gestione della moneta sia roba da banchieri, è proprio per
questo pensiero che ti hanno sempre gabbato. L'unica risposta a Bin Laden è il
Prete Gianni in te stesso. (Ho parlato di questo argomento nel '95 nel mio
libro "Il sacro simbolo dell'arcobaleno" e oggi molte bandiere
arcobaleno vengono esposte in tutta Italia. La pace però va costruita
culturalmente, non artificialmente).
Giacinto Auriti, 77 anni il prossimo mese d'ottobre,
ex docente di quattro cattedre di Giurisprudenza. Cofondatore dell'Università
di Teramo. Diverse pubblicazioni in materia giuridica. In questa lunga
intervista ci parla del suo progetto monetario "alternativo". La
Guardia di Finanza ha eseguito degli accertamenti a scopo cautelativo. Ma non
c'è dubbio, fa intendere il "vecchio" professore, che questo progetto
se reso operativo, potrebbe mettere in discussione l'intero sistema economico mondiale.
E' stato lo scopo unico di un'intera vita di studi, sacrifici ed
incomprensioni. Un progetto al quale, partendo dalla dottrina sociale della
chiesa, ha lavorato ininterrottamente per oltre trent'anni. Adesso Auriti, con
una nomination al Nobel per l'Economia, lo ha trasformato in un fatto concreto
ed operativo. Come laboratorio di partenza il professore ha scelto il suo
paese, Guardiagrele, quindicimila anime ai piedi di un'imponente massiccio
roccioso proprio nel cuore dell'Abbruzzo.
Perché
c'è un provvedimento della procura della repubblica che ha ordinato il
sequestro dei simec, e hanno portato come giustificazione la violazione delle
norme bancarie, che sono norme ridicole, un provvedimento assolutamente
infondato perché noi abbiamo dimostrato che è valore indotto e non valore
creditizio. Abbiamo esercitato un diritto come ha detto Bruno Tarquini,
procuratore generale di Cassazione scrivendo la sua relazione sulla materia ad
un congresso tenutosi all'università. Il titolo è questo, "I simec:
legittimità costituzionale e legislativa dell'induzione giuridica". Quindi
si può fare.
Questo è
un sequestro preventivo direi cautelativo, perché non c'è un'imputazione di
reato. Dovranno dimostrare che noi nel pieno rispetto dall'articolo 42 della
Costituzione e delle leggi italiane abbiamo commesso qualche reato. Sarebbe
veramente assurdo tutto ciò. Anche perché noi abbiamo fatto tutto alla luce del
sole.
E come
se ci avessero tirato il sangue. La liquidità sul mercato è come il sangue.
Questo blocco improvviso della nostra liquidità è un fatto grave, i miei
concittadini, i commercianti, si troveranno presto sull'orlo del fallimento,
quindi dal paradiso sono precipitati nell'inferno per il provvedimento di un
magistrato che, cosi facendo, sta di fatto uccidendo un paese. Un paese che era
chiamato la piccola Svizzera, che era rinato perché tutti entusiasti
dell'iniziativa. Ora è precipitato nell'impossibilità di pagare, perché se tu
hai la moneta e te la tolgono e come se togliessero il sangue dal mercato. Io
sono indignato per questo.
Non crede che tutto ciò abbia
dei risvolti positivi, cio è una maggiore legittimazione e attendibilità per il
suo progetto?
Certo.
Comunque noi gli risponderemo per le rime, perché noi abbiamo ragione da
vendere. Noi abbiamo avuto un magistrato che non è informato sul valore
giuridico del Simec.
Dopo anni di teoria e di studio
Lei era riuscito a rendere operativo un progetto che lo stesso sindaco di
Guardiagrele l'aveva definito una Rivoluzione copernicana. Ci sarà da parte sua
un nuovo tentativo?
Questa è
una rivoluzione che non si ferma più per una ragione molto semplice: perché è
vera. E poi perché è scientificamente inconfutabile. La moneta deve essere di
proprietà del popolo non della banca, oggi la banca emette la moneta
prestandola ai cittadini; siccome prestare è una prerogativa del proprietario,
si appropria il valore monetario creato dai cittadini, quindi deve accreditare;
e allora questo principio è talmente forte è talmente valido che nessuno lo può
contestare. Sembra utopia ma non è utopia. Sul piano scientifico l'utopia non
esiste. Se ti avessero detto un secolo fa che si andava sulla luna l'avresti
preso per matto. La stessa cosa il principio della proprietà popolare della
moneta. Dunque, noi da questo punto di vista siamo tranquilli, superata questa
fase del sequestro, che noi consideriamo un episodio meramente marginale
rispetto alla logica della scuola che noi stiamo portando avanti sul piano
della moneta. Be superato questo, si affermerà in tutto il mondo perché i
popoli preferiranno essere proprietari piuttosto che debitori dei loro soldi.
Oggi tutti i popoli sono poveri perché hanno un debito pari a tutto il loro
denaro, perché all'atto dell'emissione la banca centrale emette moneta solo
prestandola, mentre dovrebbe accreditarla e non addebitare. Ecco, questo è
quello che noi sosteniamo.
Il comune di Guadiagrele è stato
reso famoso grazie a Lei per questo motivo, anche se l'amministrazione non ha
preso parte all'iniziativa. I comuni di tutta Italia possono entrare nel merito
di un "sistema monetario autonomo"?
Eccome!
Lo abbiamo scritto sulla moneta simec, ossia Simbolo Econometrico
convenzionalmente accettato nei comuni collegati e collegabili a norma della
legge che collega i comuni per scopi sociali. Non solo, lo abbiamo detto anche
nella scritturazione apposta sul simec, noi abbiamo affermato che questo è
emessa in attuazione del secondo comma dell'articolo 42 della costituzione che
sancisce l'accesso alla proprietà per tutti. Quindi è la costituzione che dice
di creare un diritto della persona con contenuto patrimoniale, e il contenuto
patrimoniale noi lo creiamo con i simec, quindi non diamo come contenuto
economico beni di consumo o beni programmati dai vertici politico economici
come nei paesi socialisti, ma diamo ai cittadini il denaro per comprarli, in
modo che il cittadino quando spende sceglie i beni che vuole consumare. Ecco il
principio della proprietà popolare della moneta che è il reddito di
cittadinanza. E questo significa anche rispettare le linee della dottrina
sociale della chiesa; ad esempio la "Renum Novarum" essenzialmente si
basa su due parole: tutti proprietari. E noi lo facciamo con i simec perché
sono diventati moneta locale, quindi hanno valore indotto, e allora diamo al
cittadino il denaro per comprare quello che vuole.
Cosi fosse, il progetto monetario
da Lei concepito è destinato ad estendersi a macchia d'olio non solo in Italia
ma in tutta Europa?
Infatti!
Anche in America ne parlano. Mi ha telefonato un'Agenzia giornalistica
americana, perché anche loro vogliono essere proprietari dei dollari che oggi
appartengo alla Federal Reserve Bank, come il popolo inglese vorrà la proprietà
della Sterlina che appartiene alla Banca d'Inghilterra fino ad arrivare ad un
principio universale: ogni popolo proprietario della sua moneta, per rispondere
cos“ alla globalizzazione.
Bè
questo è lo stesso linguaggio che uno può avere col cane che non vuole mollare
l'osso. Hanno senza averne il diritto la proprietà della moneta che hanno
usurpato con l'avvento dello Stato costituzionale. La cosa più grave che è
successa con la rivoluzione francese è stata la moneta nominale, e la Banca di
Francia, che è stata la malattia che ha poi invaso tutto il mondo perché hanno
tolto la sovranità monetaria al potere politico, per darla al vertice delle
alte logge che noi ben conosciamo. E allora, in questa situazione noi vogliamo
contrapporre alla proprietà di banca la proprietà di popolo. Ecco perché tutti
i popoli sono con noi; noi gli facciamo una domanda elementare: volete essere
proprietari o debitori dei vostri soldi? All'atto dell'emissione la banca
d'Italia stampa e presta mentre deve stampare e accreditare. Quando stampa e
presta carica il costo del denaro del 200 per cento, quindi fa usura.
Lo
abbiamo chiamato "Democrazia Integrale" perché la parola democrazia
vuol dire sovranità al popolo. Questo a noi sta bene, però il popolo deve avere
la sovranità monetaria, cioè la proprietà della moneta all'atto dell'emissione,
altrimenti il popolo sarà costituito solo di camerieri dei Banchieri.
No, devo
dire di no, l'unica cosa che sto costatando e che prendono questi provvedimenti
cosi, senza alcuna logica. Questo di per se è molto strano. Però sa una cosa?
Ho avuto
una soddisfazione morale, quando è andata via da casa mia la Guardia di
Finanza, ho notato che c'era tutto il popolo in piazza. C'è stato uno scroscio
d'applausi che mi ha veramente commosso, E questo sa perché? Perché coi simec
gli ho raddoppiato la pensione. E' venuto anche un giornalista a vedere com'è
la realtà. Be, uno gli ha detto, "guardi io prendo settecento mila lire di
pensione il mese, prima non campavo, ora invece campo bene. Capisce? La gente
ha toccato con mano, tutto qui. Noi vogliamo solo attuare l'articolo 42 della
costituzione che avrebbero dovuto attuarla i governi che si sono succeduti e la
Banca d'Italia. E quelli non l'hanno fatto, perché a chi ha la pancia piena
poco importa di chi ha la pancia vuota.
Il
cittadino viene e cambia il simec alla pari con la lira. Poniamolo cosi: uno
deposita centomila lire e prende in cambio centomila simec. I centomila simec
in mano alla persona che effettua il cambio diventano duecentomila cioè il
doppio, perché il simec per convenzione vale il doppio della lira, e siccome
lui l'accetta e accetta anche di partecipare alla convenzione nasce un valore
convenzionale che non ha riserva. Il simec è senza riserva: come il francobollo
d'antiquariato.
Il
cittadino va dal commerciante a fare la spesa e quest'ultimo accetta i simec
per il doppio perché vale il doppio. Quando vengono da me a fare il cambio, io
li cambio per il doppio, perché tutti quanti lo accettano per il doppio.
Qualcuno
afferma che non ho i soldi per fare fronte poi al pagamento della differenza.
Ma il simec non è una cambiale con la quale si estingue un pagamento. La
cambiale si paga e poi si strappa, il simec invece resta in circolazione perché
ha già un valore. Se io non pago la cambiale sono inadempiente. Invece io le
monete le cambio, ma non è l'obbligo di un debitore, è solo l'obbligo di chi
cura una convertibilità punto e basta. La stessa cosa potrebbe essere con i
dollari: supponiamo un cheque, se io non ho le lire sufficienti, effettuo il
cambio per metà in lire e per metà in dollari e la stessa cosa vale per i
simec, perché i simec sono già un valore indotto, cioè ho in mano il valore
monetario, cambio la parte che gradualmente posso cambiare. E allora cosa
avviene, che per effetto della velocità di circolazione, che potremmo definire
come una dinamo, arrivo a cambiare rapidamente al doppio. Cioè quanta è la
velocità tanta e l'energia (valore) prodotta. Le banche funzionano cosi, solo
che lo fanno col 10 e anche col 15 per cento. Io lo faccio al 50%.
Significa
che la banca con il 10% 15% tiene fronte ad un'esposizione debitoria del cento
per cento. A me quello che interessa è la convertibilità, cioè quello che è
avvenuto qui a Guardiagrele.
Il
valore indotto è creato dalla convenzione, il valore creditizio è commisurato
al valore del bene oggetto del credito.
No, chi
viene da noi lascia le lire e prende i simec, lascia i simec e ritira i soldi,
e questo avviene continuamente, tutti i giorni.
La gente
è entusiasta perché qui è rinata Guardigrele. Quando è entrato sul mercato il
valore indotto del simec è ritornato il sangue nell'economia.
I
piccoli commercianti sono rinati. La gente invece di andare negli Ipermercati
va dai piccoli negozianti a comprare. Tanto che la grande distribuzione se ne
accorta subito, eccome, perchè hanno visto calare le vendite.
Visto lo spirito con il quale
nasce, l'iniziativa è rivolta solo ai piccoli commercianti, o all'intero organismo
produttivo?
Solo per
piccola e media impresa, perché per la grande distribuzione e le
multinazionali, noi non siamo disponibili, e l'ho detto subito. Io voglio
salvare la piccola e media impresa che è strozzata da questo mondo di grande
capitale che basa, come noi sappiamo, sulla moneta-debito emessa dalle banche
centrali. Questo noi l'abbiamo dimostrato nelle Università.
Aspettiamo
fiduciosi perché noi abbiamo dalla nostra la legge. Per adesso l'importante è
stato rompere il ghiaccio, e abbiamo dimostrato che senza avere riserva
possiamo creare convenzionalmente valore indotto. E come un francobollo
d'antiquariato. Inoltre il simec può essere abbinato alla lira. Quindi non c'è
incompatibilità tra la lira e il simec. Anzi aumenta il potere d'acquisto
nostra moneta. E siccome e valore convenzionale, e prodotto interno lordo.
Si, ci
sarà presto una riunione con tutti i sindaci d'Italia.
Il
reddito di cittadinanza.
Dino
Granata
Per chi
volesse approfondire l'argomento, Dino Granata mette a disposizione ulteriori
informazioni sul sito:
http://utenti.tripod.it/dinogranata/index-5.html
L'induzione giuridica con particolare riguardo al valore indotto della moneta. (di Giacinto Auriti)
Considerazioni
preliminari di teoria generale del diritto.
Per
spiegare la natura e le caratteristiche dell'induzione giuridica, occorre
muovere dalle seguenti premesse di teoria generale:
a) il
diritto e' uno strumento perche' e' il risultato di una attivita' creatrice
dello spirito;
b)
poiche' ogni strumento e' un oggetto che ha valore, non si puo' definire il
diritto se non si definisce il valore;
c) il
valore e' un rapporto tra fasi di tempo. Cosi', ad esempio, posso dire che una
penna ha valore perche' prevedo lo scrivere. Dunque il valore e' il rapporto
tra il momento della previsione ed il momento previsto;
d) nella
prima fase il valore e' il giudizio di strumentalita', che attiene all'oggetto;
nella seconda fase e' il momento edonistico, che attiene al soggetto. In questo
senso, la realta' spirituale del diritto - in cui risiede la strumentalita' -
e' tempo intersoggettivo. Cosi' ad es. il credito e' il rapporto tra il momento
"ricordato" della sua instaurazione e quello "previsto" del
suo adempimento che lega creditore e debitore. In questo senso si spiega il
diritto come rapporto necessario e funzionale tra fasi di tempo e quindi il
diritto nella sua forza cogente come "dover essere";
e) da queste premesse emerge che il diritto ha un
valore in se', diverso da quello del bene oggetto del diritto perche' soddisfa
il bisogno della certezza del diritto. Cosi' ad es. se consideriamo due atti
reciproci di donazione tra due soggetti, si ha ex post, un effetto uguale a
quello di un contratto di permuta. Ma se le parti, invece di due atti di
donazione instaurano un contratto, vuol dire che c'e' il motivo, in quanto
ognuno da' la sua prestazione per la certezza giuridica della controprestazione
altrui.
Dunque
nell'elemento convenzionale del contratto risiede un'utilita' e quindi un
valore autonomo diverso da quello della prestazione e della controprestazione.
Su tale premessa balza evidente la distinzione tra valore creditizio e valore
convenzionale: mentre il valore del credito e commisurato al valore dell'oggetto
del credito, il valore convenzionale e' creato dalla stessa convenzione e la
sua entita' e struttura sono liberamente concepite e realizzate dall'accordo
tra le parti. Nasce cosi' un valore che non ha altro costo che attivita'
mentale delle parti e' l'elemento materiale necessario alla sua manifestazione
formale.
La
moneta come fattispecie giuridica.
Solo su
queste premesse e' possibile dare una definizione scientifica della moneta,
colmando una lacuna culturale millenaria non pi'u' tollerabile. La moneta ha
valore perche' e' misura del valore. Poich‚ ogni unita di misura ha la qualita'
corrispondente a cio' che deve misurare, come il metro ha la qualita' della
lunghezza perche' misura la lunghezza, cosi' la moneta ha la qualita' del
valore perche' misura il valore. Qui l'attivita' convenzionale non e'
produttiva solamente della misura del valore, ma anche del valore della misura:
quello che noi chiamiamo "potere d'acquisto". Nella moneta si
verifica un fenomeno analogo a quello dell'induzione fisica. Come nella dinamo
l'energia meccanica causa energia elettrica, cosi' nella moneta, la convenzione
causa il valore indotto nel simbolo. Pertanto la moneta e' un bene collettivo
in quanto creato dalla convenzione sociale, ma di proprieta' privata individuale,
attribuita, a titolo originario, al portatore del simbolo, in virt'u'
dell'induzione giuridica. L'ostacolo di fronte al quale tutti gli economisti si
sono fermati si basa sull'errore iniziale di non aver definito la moneta come
fattispecie giuridica e lo stesso diritto come strumento o bene esso stesso e
cioe' come espressione di un valore proprio, diverso da quello del bene oggetto
del diritto. Su questo equivoco iniziale, si e' preteso di giustificare il
valore monetario sulla base della riserva d'oro confondendo e spacciando sotto
la parvenza di valore creditizio, il valore indotto, ossia configurando la
moneta, non come misura del valore, ma come titolo di credito rappresentativo
della riserva. La moneta non e' credito ma oggetto di credito. Del resto se
fosse vero che la riserva serve a conferire alla moneta il potere di acquisto,
dopo la cessazione degli Accordi di Bretton Woods, e con l'abolizione della
riserva d'oro, il dollaro avrebbe dovuto perdere totalmente il suo valore:
mentre non solo non ha perso valore, ma ha sostituito l'oro come moneta base
del sistema monetario mondiale. La tesi che pretende di giustificare il valore
della moneta sulla base della riserva e' clamorosamente errata oltretutto
perche' fondata su una concezione materialistica del valore. Di solito si
considera il valore dell'oro come una proprieta' del metallo ed in questo senso
si parla impropriamente di "valore intrinseco". Anche l'oro ha valore
perche' ci si e messi d'accordo che lo abbia. Siccome questo metallo e' stato
considerato tradizionalmente come simbolo monetario, per consuetudine gli e'
stato attribuito il valore indotto. Poich‚ la convenzione e' una fattispecie
giuridica, ed ogni unita' di misura e' convenzionalmente stabilita, la materia
prima per creare moneta, e' esattamente la medesima che serve a creare
fattispecie giuridiche e cioe' spazio e tempo: spazio, che e' la materia con
cui il simbolo monetario si manifesta; tempo che e' la previsione convenzionale
della possibilita' di comprare. L'elemento formale della fattispecie monetaria
pu• essere l'oro o qualsiasi altro simbolo di costo nullo come carta ed
inchiostro. Questo aspetto della irrilevanza del valore della merce con cui il
simbolo monetario si manifesta, e acutamente rilevato dal Nussbaum, il quale analizzando
la storia monetaria delle colonie americane, rileva che, quando le merci
venivano accettate come moneta, si verificavano contestualmente due fenomeni:
aumentavano di valore e la merce di cattiva qualita' acquistava lo stesso
valore di quella di buona qualita'. Cio' avveniva perche' la merce incorporando
valore indotto, assumeva, come simbolo monetario, la mera funzione di elemento
formale di una fattispecie giuridica. Ci si puo' spiegare, questo secondo
aspetto del fenomeno monetario rilevato dal Nussbaum, con l'ovvia
considerazione che, anche per noi, avere in tasca banconote nuove di zecca o
logore, e' del tutto indifferente. E cio' avveniva anche, ad esempio, per le
pelli di castoro quando venivano usate come moneta. Questo prova che anche l'oro
altro non e' che una fattispecie giuridica e che il suo cosiddetto valore
intrinseco altro non e' che valore indotto. Tanto e' vero cio' che, se compro
una sterlina d'oro al prezzo di duecentomila lire, scambio il simbolo aureo con
due pezzi di carta del valore di pochi centesimi.
Valore
creditizio e valore monetario: caratteristiche differenziali.
E' gran
tempo ormai che si esca definitivamente dall'equivoco di spacciare sotto la
parvenza di valore creditizio il valore monetario. Per comprendere le differenze
fondamentali tra moneta e credito, basta muovere dalle seguenti considerazioni:
a) il
credito si estingue col pagamento, la moneta, invece, continua a circolare dopo
ogni transazione indefinitamente, perche', come ogni unita' di misura, e' un
bene ad utilita' ripetuta;
b) il valore del credito e' sottoposto al rischio
dell'inadempimento, il valore monetario e' attuale e certo, perche', per
l'induzione giuridica, la moneta e' bene reale, oggetto di diritto di
proprieta';
c) nel
credito, prima si vuole il precetto normativo e poi lo si manifesta; nella
moneta, prima si crea la manifestazione formale, cioe' i simboli monetari, e
poi gli si attribuisce il valore all'atto dell'emissione. Chi crea il valore
della moneta non e' chi la emette, ma chi l'accetta. Come nell'induzione fisica
nasce l'energia elettrica con la rotazione degli elementi della dinamo, cosi'
nell'induzione giuridica, nasce il valore della moneta all'atto della sua
emissione, cioe' quando inizia la fase dinamica della sua circolazione nella
collettivita' che, accettandola convenzionalmente, ne crea il valore;
d) il valore del credito e'
causato dalla promessa del debitore, come avviene nella cambiale, in cui
l'emittente e' il debitore. Il valore della moneta e' causato dall'accettazione
del primo prenditore. Oggi la moneta e' emessa sotto forma di una falsa
cambiale, perche' firmando come debitore, il governatore delle banca centrale
induce la collettivita' nel falso convincimento che sia lui stesso a creare il
valore della moneta.
In analogo
errore cadono le teorie che pretendono di configurare la moneta come titolo
rappresentativo dei beni disponibili sul mercato, in quanto conferirebbero alla
moneta il suo potere di acquisto. (In questo senso ricordo la dichiarazione di
Nixon a Camp David del 15 agosto 1971 con cui fu abolita la convertibilita' del
dollaro in oro ed abrogati gli accordi di Bretton Woods). Come ogni unita di
misura, anche la moneta ha una sua utilita' condizionata dalla esistenza degli
oggetti da misurare. Se non vi fossero oggetti da misurare nella lunghezza, il
metro sarebbe inutile, ed inutile la moneta se non vi fossero beni da misurare
nel valore, ma cio' non significa che l'unita di misura rappresenta gli oggetti
misurati. Ma la prova dell'insufficienza di questa tesi sta nel fatto, che
mentre il portatore di un titolo rappresentativo puo' pretendere la consegna
dell'oggetto del credito su consegna del documento, il portatore della moneta
pu• solo proporre l'acquisto dei beni al proprietario. A parte il fatto che,
mentre il titolo di credito si estingue con il pagamento, la moneta no. Nella
relazione al disegno di legge sul conto intrattenuto dal Ministero del Tesoro
presso la Banca d'Italia, approvato dal Consiglio dei Ministri il 10/2/93, e'
contenuta una preziosa dichiarazione, rara per la sua impudente sincerita':
"La ratio di queste disposizioni", recita testualmente la relazione,
" e' evidente: garantire la piena indipendenza delle Banche Centrali e
della Banca Centrale Europea, nella gestione della politica monetaria....... In
conseguenza non e' consentito agli esecutivi degli Stati firmatari del
Trattato, di esercitare signoraggio in senso stretto: ovvero di appropriarsi di
risorse (sic!) attraverso l'emissione di quella forma di debito inesigibile che
e' la moneta inconvertibile di corso legale". Dunque:
a) esistono risorse che,
ovviamente, non sono di chi se ne appropria, altrimenti sarebbe impossibile
appropriarsene;
b)
normalmente non dovrebbe essere consentito a nessuno di appropriarsi di
"risorse" altrui e non solamente agli Stati firmatari del Trattato,
mentre cio' e' consentito alle Banche Centrali e alla Banca Centrale Europea
che come si sa - emettono "debito inesigibile" cioe' moneta
inconvertibile di corso legale". Le "risorse" (altrui) di cui
parla la relazione alla legge, altro non e' che il valore indotto della moneta
creato dalla collettivita'. Le banche centrali hanno raggiunto un tale grado di
professionalita' nell'appropriarsi di risorse altrui, da aver consolidato in se
stesse, e nei governi, il convincimento di avere il diritto di farlo, mediante
una vera e propria forma di furto legalizzato, clamorosamente incostituzionale.
Caratteristiche
di una "nuova moneta".
Solo
dopo aver definito il valore monetario come valore indotto, e' possibile
indicare le caratteristiche essenziali di una nuova moneta. Essa dovra' avere
la qualita' positiva della moneta d'oro e non quella negativa: la qualita'
positiva della moneta nominale e non quella negativa. La qualita' positiva
dell'oro e' che il portatore ne e' il proprietario; la qualita' negativa e' che
la sua rarita' non e' controllabile perche' causata dalla rarita' stessa
dell'oro. La qualita' negativa della moneta nominale sta nel fatto che il
portatore ne e' il debitore, perche' la banca centrale la emette solo
prestandola; la qualita' positiva e' che non pone problemi di rarita'. Come e'
noto, la storia della moneta insegna che il maggior difetto del sistema aureo
sta nelle gravi congiunture economiche per rarita' monetaria, causate dalla
impossibilita di adeguare gli incrementi monetari agli incrementi produttivi.
Poich‚ ogni unita' di misura deve avere la qualita' corrispondente a cio' che
deve misurare, la rarita' e' una qualita' essenziale della moneta, perche' e'
la misura del valore dei beni economici che sono appunto, tali, perche'
limitati nella quantita', cioe' rari. Per sostituire al limite naturale della
rarita' aurea quello discrezionale della moneta nominale, sara' sufficiente
tenere conto delle normali oscillazioni dei valori di mercato. Posto infatti
che il prezzo non e' solamente l'indice del valore dei beni, ma anche del punto
di saturazione del mercato, per cui il mercato e' saturo quando i prezzi
tendono a coincide con i costi di produzione, quando questa tendenza si
verifica, si dovra' desistere sia dall'emissione di moneta, sia dalla
produzione di nuovi beni. L'Uomo potra' tornare ad assaporare il gusto della
vita e disporre finalmente del suo tempo che la logica della grande usura gli
ha sottratto. I vuoti monetari causati dalla monetizzazione del debito,
costringono l'uomo del nostro tempo a correre per tentare di colmarli
aumentando la velocita' di circolazione della moneta in un clima di angosciosa
ed ansiosa incertezza. Una volta l'uomo lavorava per conseguire un profitto.
Oggi lavora per pagare debiti in una situazione di cronica insolvenza.
Pretendere infatti, nell'attuale sistema, di pagare un debito di denaro con
altro denaro, e' come pretendere di pagare un debito con un altro debito.
Infatti, tutto il denaro in circolazione e' gravato di debito verso la banca
centrale che lo emette in un solo modo: prestandolo. In questo sistema chi
pi'u' produce pi'u' si indebita e potra' pagare i debiti solo con i beni reali
ed il prodotto del suo lavoro. Alle nuove generazioni, se non si sostituisce
alla moneta-debito la moneta-prorieta', non rimarra' altra alternativa che
quella tra il suicidio o la disperazione. Non a caso Mos‚ disponeva con l'anno
sabbatico (Deuteronomio 15,1) la remissione dei debiti per sostituire alla
moneta-debito, la moneta-proprieta'.
Una
verità che scotta (di Augusto Ferrara)
Nella silenziosa calura del
post-ferragosto di questo anno giubilare, il titolo potrebbe dare adito a varie
interpretazioni: il caldo, conseguenza del solleone, i piromani nei boschi, i
drammi quotidiani dei giovani e meno giovani sulle strade che amareggiano il
più; intenso e lungo periodo vacanziero dell'anno.
Niente di tutto questo: si tratta di una rivoluzione
monetaria che parte verso la metàdel luglio 2000 da Guardiagrele, in Provincia
di Chieti, una delle cittàpiù; interessanti d'Abruzzo, abitata da circa 10.000
guardiesi, ricca di storia, arte ed artigianato, distesa su un colle ai piedi
della Maiella e sede dell'omonimo Parco Nazionale.
La
piazza centrale è dominata dal più; importante monumento cittadino, il Duomo di
S. Maria Maggiore, e delimitata dall'antico palazzo della illustre famiglia
degli Auriti, oggi rappresentata dal settantasettenne prof. Giacinto, che, pur
autodefinendosi "contadino"è stato docente di ben quattro cattedre di
Giurisprudenza ed autore di pubblicazioni scientifiche di contenuto giuridico e
sociale.
Presidente
del Comitato locale antitrust, il prof. Auriti è stato promotore nel 1993 di
una proposta di legge "Per ripartire tra i cittadini il reddito monetario
del capitale amministrato dallo Stato in attuazione del secondo comma dell'art.
42 della Costituzione".
Quale
Segretario del Sindacato Pro Loco Comitato Antiusura Auriti fa presente che l'8
marzo 1993 denunciò per truffa, falso in bilancio, associazione a delinquere ed
usura l'allora Governatore e firmatario dei biglietti di banca d'Italia, Carlo
Azelio Ciampi e, successivamente, il Governatore Fazio.
Oggi,
venerdì diciotto agosto, alle ore 11 circa, godiamo della ospitalità del prof.
Auriti, al primo piano dell'omonimo palazzo, così pieno di ricordi e
testimonianze di varie generazioni. Ci viene ricordato un evento storico,
quando, nel 1897, suo nonno cedette la carica di Onorevole al Parlamento del
Regno d'Italia al giàcelebre Poeta pescarese Gabriele D'Annunzio.
Il prof.
Auriti, deus ex machina, ideatore e realizzatore della "moneta del
popolo", mostra pagine di giornali in varie lingue sul significato del
"valore indotto" e sulla recente esperienza monetaria del Simec,
attualmente sospesa per il blitz della Magistratura davanti alla quale è sub
iudice (28 agosto 2000).
L'interesse
della stampa inglese, statunitense, svizzera, giapponese, è dimostrato da
corrispondenti delle più; importanti agenzie giornalistiche in lista d'attesa,
tanto che, trattandosi di varie ore di laboriosi colloqui, il professore ha in
animo di quantificare ogni appuntamento, stavolta in lire e non in Simec.
Al fine
di diffondere la veritàsulla ultima possibilitàdi difesa dell'Italia e dei
Paesi interessati alla imminente circolazione-capestro dell'Euro, don Giacinto
(come amorevolmente viene chiamato dai concittadini), ha giàaperto un sito di
più; pagine su Internet; tutti comprenderanno la differenza base tra un
biglietto di banca e un Simec: il primo è addebitato al portatore, mentre il Simec
viene accreditato al cittadino.
Prima
del commiato con l'autorevole interlocutore, poniamo due domande al prof.
Auriti:
1 - Qual
è il Suo parere sull'Euro, a pochi mesi dalla entrata in circolazione?
Nessuna
norma del Trattato di Maastricht stabilisce di chiéla proprietàdell' Euro;
questa lacuna normativa deve essere colmata nel senso che la proprietàva
attribuita ai singoli popoli europei. Diversamente, ogni cittadino dell' Euro,
compresa la nostra generazione, si troveràindebitato nei confronti del dollaro,
fino alle estreme conseguenze del suicidio.
2 -
Quale potrebbe essere la soluzione?
Ogni
Nazione e popolo europeo dovràessere accreditato, e quindi responsabilizzato
con precise leggi finanziarie a difesa del cittadino; il Simec potrebbe
costituire la moneta provvisoria per tamponare l' emergenza.
suggerita
dal prof. Giacinto Auriti
1694 -
Viene costituita a Londra la Banca d'Inghilterra, che diviene proprietaria di
circa tre quarti del pianeta Terra.
1795 -
La Rivoluzione francese trasferisce al popolo la gerarchia politica ma non
quella finanziaria.
1865 -
Guerra di Secessione: Abramo Lincoln, primo Presidente degli Stati Uniti
d'America, abolisce la schiavitù. Viene creato il dollaro della Secessione, e
quindi la Federal Reserve di Forte Knox.
1999 -
Con il Trattato di Maastricht nasce l'Euro. Non aderisce la Banca d'Inghilterra
legata al dollaro.
2001 -
Il primo settembre, le banconote e monete metalliche Euro entreranno in
distribuzione presso Banche, Uffici cambio e distributori automatici.
Breve
storia del Simec Guardiagrele Anno 2000
Aprile/maggio
- Preparativi, sperimentazione scientifica e costituzione del Comitato
Sindacale Antiusura per la creazione della carta-moneta di proprietàdel
cittadino: responsabile unico, il Segretario Generale Giacinto Auriti.
Giugno/luglio
- Vengono stampati, in diecine di migliaia di esemplari, sette tagli diversi
(lo stesso numero degli Euro), bicolori, con relativi numeri di serie ad inizio
della lettera A: 500 - 1.000 - 2.000 - 5.000 - 10.000 - 50.000 - 100.000 per un
importo complessivo di 168.500. Nel dritto è riportato, sulla sinistra, il
contrassegno rappresentato dal Simbolo Econometrico Di Valore Indotto con la
clausola: marchio registrato - riproduzione vietata. Sulla destra,
superiormente alla cifra, il relativo numero romano ad eccezione del taglio da
500 che, nell'esagono riporta l'intera cifra. Al centro, con scritta in nero,
la proprietàdella moneta e la specifica dell'emissione firmata dal Segretario
Generale del Sindacato Antiusura Giacinto Auriti.
Al retro, identica per tutti i
tagli, l'immagine di un focolare acceso sormontato da una croce, il valore in
lettere e, in un rettangolo sottostante, il richiamo del simbolo accettato dai
vari Comuni convenzionati con i tre articoli della Costituzione italiana. Per
la seconda volta (dopo la sterlina inglese) in una moneta, un ulteriore
elemento di garanzia: in aggiunta alla filigrana, contro eventuali falsari, è
rappresentato dalla soprastampa a caldo, in argento, dello stemma-simbolo con
il recente sistema dell'ologramma. Infine, nella bordatura colorata inferiore,
la scritta latina NON BENE PRO TOTO LIBERTAS VENDITUR AURO (non è bene vendere
la libertàper tutto l'oro del mondo).
Martedì
11 luglio - Un primo quantitativo di Simec viene ritirato dall'Istituto
tipografico e mostrato ai soci del Sindacato. Si concretizzano gli accordi con
la distribuzione delle vetrofanie per gli operatori che aderiscono alla
vendita.
Fine
luglio - Il passaparola popolare e la stampa locale si impadroniscono della
operazione commerciale; il potere di acquisto rispetto alla lira raddoppia. Il
successo prende alla sprovvista gli stessi autori e Guardiagrele si anima
all'inverosimile. La Magistratura prende atto del fenomeno, ma non interviene.
La Guardia di Finanza effettua un controllo da cui risulta tutto regolare.
Domenica 6 agosto - Festa del Patrono e Mostra
dell'Artigianato. Dall'intero Abruzzo e dall'Estero si moltiplicano le
presenze. Dalle 39 attivitàcommerciali di luglio si giunge alle oltre 70 con il
coinvolgimento delle due Province di Chieti e L'Aquila. Alcuni tagli della
"moneta del popolo" vengono esauriti. Inizia l'emergenza ed in Piazza
S. Maria Maggiore, alla cassa di "Casa Auriti" si alternano giovani volenterosi
che accettano prenotazioni di ulteriori tagli al momento mancanti. La Guardia
di Finanza torna a fare dei controlli. Tutto regolare.
Giovedì
10 agosto - Il sole tramonta alle ore 19 e 19 ed il professore, don Giacinto
per i guardiesi, attorniato dai compaesani, concede interviste sulla operazione
finanziaria. Le sue frasi ricorrenti sono: finalmente il denaro è del
cittadino, e non di chi lo stampa - il suo valore è dato da chi lo usa e non da
chi lo mette in circolazione - e per concludere, con l'Arte l'Italia può vendere
il Bello.
La
richiesta numismatica di collezionisti, da varie parti d'Italia e dall'Estero,
aumenta a vista d'occhio.
Dopo il
ferragosto guardiese - Da alcune regioni d'Italia giungono rappresentanti
comunali e di categorie commerciali interessati alla esperienza monetaria.
Lettera aperta del prof. Auriti con le firme di oltre 1000 cittadini per il
dissequestro della "moneta auritana". Iniziano contatti politici per
una interpellanza parlamentare alla riapertura delle Camere. Lettera aperta al
Clero (diretta a Vescovi e Cardinali) in difesa della "MONETA DEI
POVERI" perchédiventi la "MONETA DEL GIUBILEO" che così
conclude: Quando la moneta era d'oro, non era possibile attribuirla
gratuitamente all'atto dell'emissione per l'alto costo dell'oro. Oggi, con i
simboli di costo nullo, non solo è possibile, ma doveroso, per sollevare
l'umanitàdal signoraggio della grande usura. Siamo certi che la moneta emessa
dalla Chiesa sarebbe certamente conforme al grande evento del Giubileo. E
saranno favorevoli anche tutte le religioni notoriamente schierate contro
l'usura, in una visione sostanzialmente ecumenica.
I Popoli del Terzo Mondo prima
di essere dilaniati dalla fame sono dilaniati dal debito. Cinquanta milioni di
uomini muoiono di fame ogni anno, non per mancanza di derrate alimentari, ma
del denaro per comprarle (come è provato dalla distruzione abituale delle
eccedenze di prodotti agricoli).
Poiché
il denaro in circolazione è emesso a costo nullo dalle banche centrali, solo
prestandolo, balza evidente che i vuoti monetari sono arbitrariamente
pianificati dalla parsimonia feroce dei grandi usurai che dominano il sistema
monetario. Solo su queste premesse ci
si spiega perché l’Europa con l’avvento dell’Euro rischia di far parte del
Terzo Mondo. Se la Banca Centrale Europea emetterà moneta prestandola – come
hanno fatto sin dalla fondazione della fondazione della Banca d’Inghilterra
tutte le banche centrali - i Popoli Europei saranno tutti destinati ad essere
colonie monetarie dell’impero usurocratico, tanto più perché - a norma
dell'art. 117 e s. del Trattato di Maascricht – si sono convenzionalmente
impegnati a non manifestare obiezioni, proposte, desideri.
Nel
silenzio del Trattato sulla proprietà dell'Euro, la BCE ha il potere di servire
o servirsi dei Popoli Europei. Se li vuole servire deve stampare e accreditare,
se se ne vuole servire deve stampare e prestare. Poiché questa seconda ipotesi
è la regola costante di tutte le banche centrali del mondo, è ovvio che non potrà
cambiare senza una esplicita previsione normativa. Se i Popoli Europei vogliono
evitare la drammatica tempesta della moneta-debito (preconizzata da Alan
Greespan, Presidente della Federal Reserve Bank che è in grado di prevederlo
perché è in grado di causarla) devono consensualmente programmare
l’integrazione del Trattato per colmarne una lacuna normativa inammissibile e
intollerabile perché nessuna norma dice di chi è la proprietà dell’Euro.
L'Euro
va esplicitamente dichiarato di proprietà dei Popoli Europei, con una norma
integrativa pienamente legittima perché non contraddice con nessuna norma del
trattato vigente. Ciò in applicazione dell’ovvio principio per cui piuttosto
che elemosinare la remissione dei debiti non dovuti è molto più conveniente
prevenirne l’instaurazione: non accettarli. Poiché questa proposta è
perfettamente coincidente con il Messaggio del Papa sulla estinzione dei debiti
del Terzo Mondo, è un'ottima occasione per avere la prova che il Governatore
della Banca d'Italia è un vero cattolico quale dice di essere.
Perché
mai ci dovremmo indebitare, infatti, verso la BCE per un valore pari a tutto il
denaro che vorrà mettere in circolazione? Qual è il corrispettivo di questo
debito immane ed arbitrariamente imposto dal falso creditore a falsi debitori?
La risposta, scandalosamente inconfutabile, è: Unico corrispettivo è il nulla!
Si impone quindi – con la massima urgenza – che il Governatore Fazio proponga
ai Governi ed ai Governatori degli Stati Europei la norma integrativa ed interpretativa
del Trattato di Maasricht che concepisca l’Euro proprietà (e non debito) del
portatore.
È tempo
ormai che si acquisti la consapevolezza che il valore della moneta all’atto
dell’emissione è creato da chi l’accetta. Ecco perché tutti possono prestare
denaro tranne chi lo emette. Potrebbe altrimenti riproporsi anche per l’Europa
l’alternativa tra la sopravvivenza dei Popoli e quella dei debiti. Nascerebbe
così ineluttabilmente, come nella Vandea, il diritto alla rivoluzione.
*
Segretario generale del Sindacato Antiusura SAUS – Direttore della Scuola dei
Valori Giuridici e Monetari, Centro Celestiniani, L’Aquila.
Guardiagrele,
un tranquillo paese di appena 10.000 anime alle pendici della Majella, maestosa
montagna abruzzese, in questo storico ultimo anno del secondo millennio, sta
vivendo un capitolo di grande importanza della sua storia e di quella della
moneta intesa come mezzo di scambio.
I
protagonisti sono abitanti e commercianti del paese e di alcuni centri vicini,
e Giacinto Auriti, già professore universitario di teoria del diritto, che ha
scoperto una mostruosa incongruità nell'attuale ordinamento economico e
monetario. Dice, infatti, che il valore della moneta, non è intrinseco ma si
basa solo sulla fiducia posta in essa dalla gente che la accetta come mezzo di
scambio. Quindi, al momento della sua emissione questa moneta, che rappresenta
il controvalore della produzione di noi tutti, non è, secondo Auriti, proprietà
della Banca, da emettere contro una promessa di ripagarla, ma dovrebbe al
contrario essere emessa ed accreditata, senza alcuna contropartita, sul conto
dei cittadini. Visto però che le sue spiegazioni non fruttavano niente, che la
sua denuncia contro la banca centrale per truffa contro i cittadini non veniva
presa sul serio e che neanche un disegno di legge al vaglio del parlamento
smuoveva la situazione, il professore ha deciso di avviare un esperimento
dimostrativo, per provare appunto il concetto del valore indotto, un valore
assegnato alla moneta dalla fiducia degli utenti.
Detto
fatto, Auriti ha coniato il termine "Simec" per la sua moneta. Questo
"Simbolo ecometrico di valore indotto" è stato messo in circolazione
nella cittadina di Guardiagrele e nei centri vicini nel mese di luglio ed ha
presto raggiunto una notevole diffusione, con settanta negozi convenzionati e
centinaia o addirittura migliaia di utenti, pare tutti soddisfatti. La prova
dell'efficacia dell'esperimento? I simec funzionavano cos“ perfettamente che
molti commercianti non aderenti al sistema si vedevano presto senza clienti. Da
qui una valanga di esposti contro il professore ed una azione quasi "di
guerra" di sequestro dei simec in circolazione, che ha impegnato ben 120
fra poliziotti e finanzieri. L'ordine di sequestro era partito dal tribunale di
Chieti e dopo l'intervento delle forze dell'ordine, cittadini e commercianti si
trovavano, come ha detto Auriti in un'intervista, all'improvviso senza sangue,
cioè senza liquidità. Buio pesto, rabbia e disperazione.
Ma il 31
agosto 2000, in una decisione che possiamo definire storica, il tribunale del
riesame di Chieti ha disposto il dissequestro, ha dato ragione al professore ed
ai suoi che sostenevano che era tutto legale.
L'esperimento
continua? Pare di si. Prima di ripartire, si attende comunque la sentenza
scritta, per conoscere i ragionamenti del tribunale. Certamente Auriti ha già
ottenuto un traguardo importante, quello di portare la sua idea alla conoscenza
del paese. Perfino la Lega Nord si sta interessando all'esperimento dei simec e
potrebbe adottare una moneta simile nella sua roccaforte, la Padania.
Non solo
la Padania si sta svegliando. Dal mondo intero i riformatori monetari guardano
l'esperimento del professor Auriti con interesse e con una certa trepidazione.
Andrà a buon fine? La banca centrale si convincerà alla luce dei fatti?Si potrà
imitare questo esperimento in altri paesi? Una cosa è certa. Urge una riforma
seria del sistema economico/monetario e sociale. Le idee non mancano; hanno
però il problema di non trovare spazio nei cosiddetti mezzi di informazione.
Ulteriori
informazioni sulle teorie monetarie di Auriti ed altri riformatori sociali
Il prof. Giacinto Auriti,
docente in pensione della facoltà di Giurisprudenza dell’ Ateneo di Teramo, da
una diecina di anni sta “sfidando” ,
con scienza e coscienza, il ruolo e la funzione degli Istituti di emissione
monetaria, nazionali ed europee. Egli , infatti, sostiene che il sistema delle
Banche Centrali, compresa la BCE, si è ingiustamente ed arbitrariamente
appropriato della “moneta” e della sua gestione, quale strumento sostitutivo
del baratto, prestandola non solo al
popolo, che invece ne dovrebbe essere
il legittimo proprietario , ma anche allo stesso Stato ; con ciò esercitando di fatto un’ “attività
usuraia” atipica oltre che illegittima. Trattasi, ovviamente, di pura
argomentazione giuridica non priva , ove trovasse applicazione , di effetti
sociali , politici ed economici rivoluzionari. Ad aggravare questo presunto
stato di illegittimità originario nella creazione e nella gestione della moneta
a corso legale, si aggiungono, ovviamente, gli abusi e le vessazioni del sistema bancario privato la cui realtà è nota
a tutti. Incontro esclusivo col Prof.
Giacinto Auriti (di Nicola Scipione)
A volte
i sogni non muoiono all’ alba ma all’ ora di pranzo. Era mezzogiorno del 10
agosto, infatti, quando, con uno schieramento di 120 uomini, rappresentativo di
tutte le forze dell’ ordine, è stato data esecuzione ad uno specifico mandato
della Procura teatina, che prevedeva il blocco di un’ iniziativa, o di un’
avventura, che le cronache locali hanno
definito, appunto , come il sogno di un vecchio di 77 anni, ma anche di un
centinaio di commercianti che gli hanno creduto e che ora si ritrovano di colpo
nel periodo ante SIMEC ( abbreviazione di : “Sim-bolo Ec-onometrico
convenzionalmente accettato nei Comuni
collegati e collegabili a norma dell’ art. 24, L. 142/90 e L. 265/99 in attuazione del 2° comma dell’ art. 42 della Costituzione italiana” , così come
si legge sul retro di tutte le “banconote” della serie SIMEC (da 500 a 100mila)
. Dal sogno sono usciti anche molti operai e pensionati che per due settimane
avevano visto raddoppiare di fatto
salari e pensioni. Peccato! Anche se, come vedremo sotto, non è stata l’ ultima
parola, ma l’ interruzione di un discorso e di una sfida che sicuramente
continuerà. Oggetto del mandato : sequestrare le “banconote” SIMEC, create da
un’ Associazione Culturale denominata
Alternativa Sociale per la Proprietà di Popolo (ASSPP) con sede in Guardiagrele
* (CH) e messe in circolazione dal SAUS
(sindacato anti - usura) nel sistema commerciale del paese, e di alcuni centri
limitrofi, con un potere convenzionale d’ acquisto doppio della lira (PRENDI
DUE PAGHI UNO) Insieme al sequestro
della “carta-moneta”, ovunque si trovasse
( negozi e sede del cosiddetto borsino di cambio ) , le forze dell’
ordine hanno notificato al prof. Auriti , quale responsabile sia dell’ Asspp che
del SAUS, anche un avviso di garanzia per violazione del Testo Unico delle
leggi bancarie n. 385 datato 1993. Reati ipotizzati : raccolta di risparmio e
finanziamento abusivi. Così l’ ideatore ed il realizzatore della moneta di “
proprietà del portatore ”, alternativa alla lira, ha subito la reazione del “braccio forte della legge” che lui ha
contestato invano da molto prima che fosse
compilato il Testo Unico 385. Il
prof. Auriti ha accolto serenamente la decisione della magistratura teatina ma
ha subito proposto ricorso, con richiesta di dissequestro, dichiarando che la
sua iniziativa costituisce un sperimentazione scientifica che peraltro stava
avendo successo per l’ adesione
massiccia di cittadini e commercianti ;
e ciò è tanto vero che subito dopo il sequestro , hanno promosso una
raccolta di oltre mille firme su un documento di appoggio alla iniziativa
monetaria di “don Giacinto” . Tutto questo per effetto, stando a quanto si dice
in giro, delle immancabili proteste, certamente legittime ed insindacabili, di quelle persone che non concepiscono e/o
non riescono ad inserirsi nelle innovazioni, qualunque siano , in modo
costruttivo , seppur critico, per l’ effetto perverso della concezione
strettamente utilitaristica della propria attività. Le ultime notizie di
cronaca dicono, però, che i commercianti
che hanno sollecitato l’ intervento dell’ autorità giudiziaria sembra
cha stiano mordendosi le dita perché quasi più nessuno entra nei loro negozi
per fare spese. Altre voci maligne sostengono pure che insieme ai reclami di
alcuni commercianti ci siano state pressioni della Banca d’ Italia , la quale,
ovviamente, non vede di buon occhio l’ esperimento guardiese dal momento che in
Cassazione pende nei suoi confronti una citazione del prof. Auriti. Ieri , 30
agosto, il prof. Auriti ha vinto la sua
prima battaglia giudiziaria; il Tribunale del riesame di Chieti, infatti, ha
disposto il dissequestro dei biglietti SIMEC e quindi la possibilità di far
continuare “l ‘esperimento” di una moneta alternativa, ma contemporanea, alla
Lira. Nel prosieguo cercheremo di spiegare sinteticamente alcune delle
motivazioni con cui il Tribunale si è
sicuramente imbattuto durante il riesame.
Fin qui
la cronaca degli ultimi giorni. Ma veniamo all’ intervista. Il giorno prima del “blitz” giudiziario- poliziesco , avevamo concordato
col prof. Auriti un incontro nella sua residenza per le ore 18 dello stesso
giorno (9 /8) . Lo abbiamo trovato , insieme ad alcuni collaboratori, seduto al
bar davanti casa , tutto preso a spiegare il suo SIMEC ad un “guardiese” rientrato per passare le ferie, e che non
riusciva a capire chi pagasse la differenza fra SIMEC e Lire. Ci siamo inseriti nel dibattito perché il
Professore ha preferito rispondere in pubblico alle nostre domande. E’ accaduto
, però, che molte di quelle che avevamo preparato trovavano risposta nei suoi interventi spontanei per cui l’
intervista si è trasformata di fatto in conferenza stampa alla presenza di un
solo giornalista e di un gruppo di passanti che si infoltiva man mano
fermandosi ad ascoltare. Sui visi di
queste persone abbiamo avvertito un misto di soddisfazione, per l’ esperienza unica che si stava vivendo nel paese, e di fiducia acritica nella
teoria di “don Giacinto” ; teoria che ,
in verità , non lascia molto spazio alla comprensione dei motivi culturali di
fondo su cui si basa il SIMEC, motivi che sono di ordine religioso,
spirituale, filosofico, giuridico, politico, economico, finanziario, storico,
psicologico, ed altro. Insomma, alla gente non importa sapere come e perché;
ciò che la interessa e la convince è l’
aumento del potere d’ acquisto dei propri soldi. Onestamente bisogna ammettere
che non è facile seguire il professore
nelle sue spiegazioni miste di riferimenti pratici alla portata di tutti
e di citazioni e riflessioni culturali a 360 gradi. Ma la gente gli ha creduto
sulla parola di uomo, stimato come persona onesta e docente preparato. Alle sue spalle , infatti,
c’è una carriera ultra trentennale di docente universitario dedicata alla
“Teoria generale del diritto”, nonché al “Diritto Commerciale internazionale
comparato” nei cui ambiti ha trovato ampio e naturale spazio lo studio e la ricerca
per una definizione scientifica della moneta; definizione finora non
codificata, appunto, come “fattispecie giuridica”. Dalla teoria alla pratica, o
meglio alla “sperimentazione scientifica”, il passo è stato la logica
conseguenza , meditata e ponderata, benché non priva di rischi.
Dopo
quasi due ore di “colloquio pubblico” crediamo di poter presentare prima alcuni
dati e poi le “idee - chiave” sulla cui
base il prof. Auriti ha ideato e costruito la “messa in prova” di una moneta
alternativa che convalidasse la fattibilità pratica della sua teoria il cui
sviluppo è previsto in tre fasi:
- la
prima (quella di Guardiagrele) definita transitoria, è stata la fase
sperimentale di una moneta che ha circolato ed ha avuto valore prescindendo
dalla Banca d’ Italia, cioè da ogni tipo di riserva (né oro né dollari, ma solo valore indotto); l’ esperienza, secondo Auriti , ha avuto
enorme successo , più di quanto ci si aspettasse; e ciò, sempre secondo Auriti,
incoraggia ad andare avanti nella sperimentazione;
- la seconda fase , che richiede l’ adesione
delle Amministrazioni comunali, è quella che prevede la distribuzione a tutti i
cittadini di una moneta alternativa e parallela alla Lira (SIMEC); si tratta , cioè, di dare una prima
concretezza istituzionale alla prosecuzione dell’ iniziativa;
- la
terza fase è quella in cui si dovrebbe
dare ad ogni cittadino la possibilità di accedere alla proprietà privata , in
esecuzione dell’ art. 42, 2° comma, della Costituzione, attribuendo a TUTTI
un “reddito di cittadinanza”.
Appare
chiaro che l’ effettiva realizzazione dell’ idea costituirebbe, oltre che una
rivoluzione epocale in campo monetario, un evento dalla valenza sociale ed
economico-politica imprevedibile ed
incalcolabile. Il Prof. Auriti la chiama “chiusura di un ciclo storico”
il cui inizio viene individuato nel 1694. anno di fondazione della Banca
d’Inghilterra, la quale per la prima volta viene messa in discussione nei suoi
principi fondanti.
- Le banconote SIMEC sono state stampate per
un valore complessivo di 600 milioni, corrispondenti ad un miliardo e 200
milioni di lire;
- Il “giro d’ affari “creato dalla
circolazione dei SIMEC è stato pari a 5
miliardi di lire in due settimane;
- I negozi convenzionati erano un centinaio di
cui alcuni anche nei comuni limitrofi a Guardiagrele;
- Nello
“schieramento” dei circa 120 uomini,
con tanto di giubbotti anti-proriettili , erano rappresentate tutte le forze :
Polizia di Stato , DIA, Guardia di Finanza e Carabinieri;
- Più di
mille persone hanno sottoscritto una petizione
per sostenere il dissequestro
dei SIMEC e quindi la prosecuzione dell’ esperienza monetaria avviata nel noto centro commerciale ed
artigianale in provincia di Chieti.
- La
moneta, quale strumento ideato per facilitare la compravendita di beni , deve
essere di proprietà del portatore , “proprietà di popolo” dice il Professore;
allo stato invece, risulta emessa come titolo di credito dato in prestito al
portatore; nessuna legge finora, né italiana né europea, ne ha indicato il
proprietario;
-
Analizzando, infatti, le attuali banconote in corso legale , nonché il prossimo
EURO, si può dedurre, però, che proprietario della moneta risulta essere la
Banca d’Italia (e la Banca Centrale Europea) che di fatto la presta sia al
popolo che al Governo dello Stato,
dichiarandola nel contempo inesigibile ed inconvertibile; cioè se il portatore
, come si legge sulle banconote, va alla Banca
d’ Italia e chiede il pagamento a vista di una banconota, quale titolo di credito, constaterà che si tratta di
un debito che la Banca stessa non può
onorare ( ed è già un assurdo logico - giuridico), non solo , ma per legge lo
stesso titolo non è convertibile in oro , cioè in quella corrispondente parte
della riserva aurea a cui il sistema monetario
affida la funzione di garanzia del debito/credito creato con la moneta
legale;
- Di qui
il concetto di Valore creditizio
assegnato alla moneta all’ atto della sua emissione ; in pratica , però, si
tratta di tante cambiali che l’
Istituto Centrale non pagherà mai , come spiegato sopra.
- La
moneta inoltre , per convenzione internazionale ormai indiscussa, ha la
qualità di simbolo con cui si misura il
valore dei beni materiali , ma nello
stesso tempo è uno strumento con cui si da valore alla stessa misura;
- Il
valore è dato dalla quantità di altri beni che si può ottenere in cambio della
moneta e viceversa; ma la moneta non acquisisce la funzione di valore
contestualmente alla emissione ; tale qualità, invece, le viene attribuita dal
possessore nel momento in cui la mette in circolazione creando , così, un “valore indotto” effetto di una pura
convenzione che trasforma uno strumento
materiale (la carta moneta) in un atto
giuridico concreto, definibile, appunto, valore indotto, cioè
“potere d’ acquisto”.
- L’
induzione giuridica , che genera Il
potere d’ acquisto mediante convenzione , figlia a sua volta di un atto
spirituale proprio dell’ uomo: “il diritto”,
costituisce l’ attività spirituale tipicamente umana con cui il valore
si incorpora nella moneta e ne
giustifica il diritto di proprietà da parte del popolo.
- La “velocità di circolazione” costituisce la
chiave per capire come funziona il “
prendi due e paghi uno” ; molti si sono chiesti : chi rimette la
differenza quando i bottegai tornano al
“borsino” per cambiare SIMEC con Lire ? Nessuno, risponde il Professore. Ma come è possibile? Con la
velocità di circolazione, appunto ; cioè? Bisogna creare una circolazione
veloce dei SIMEC : più SIMEC vengono acquistati, più Lire si depositano nel
borsino, più cresce la disponibilità di
riconversione per i commercianti; questo giro virtuoso prevede, ovviamente ,
che chi deve riconvertire i SIMEC in Lire non vadano tutti contemporaneamente
al “borsino”, occorre attendere, cioè,
che la vendita di SIMEC crei la
disponibilità di Lire. Insomma chi non dovesse trovare la disponibilità oggi la
troverà domani, ma non perderà niente, a meno che il giro virtuoso non si
fermi. Perciò occorre accelerare la velocità
di circolazione in modo che il “valore indotto” c’è ma non si vede. Si è
vista bene , però, l’ effetto moltiplicatore sulla compravendita di merce.
Fin qui
la teoria, credibile sul piano della logica giuridica, ma che deve fare i conti con l’uso pratico
della moneta ufficiale , consolidato da
secoli, e che ormai ha creato una rete
di interessi, più o meno leciti, ad
ogni livello, che finirebbero nelle ortiche se
dovesse essere sostituita dalla
teoria del SIMEC. Con la sperimentazione di Guardiagrele , infatti, la posta in
gioco era quella di verificare se , come aveva proposto anche Keynes, quando fu
creato il Fondo Monetario Internazionale, un sistema monetario poteva
funzionare senza alcuna riserva a
garanzia . A Guardiagrele ha funzionato e siamo certi che tornerà a funzionare
, ma… Ma, con sincerità, nonostante la decisione del Tribunale di Chieti, non crediamo che questo successo possa estendersi al punto da provocare una
riflessione politica nazionale ed europea, almeno nel breve medio termine.
Pensiamo anzi che qualcosa o qualcuno farà ancora di tutto, con mezzi leciti e non , per impedire che la
“rivoluzione” avviata a Guardiagrele di Chieti possa continuare. Perché di
rivoluzione monetaria mondiale si tratta. A meno che la Lega nord non avvii la sperimentazione nella Padania , come pare voglia fare
in seguito a contatti già presi col prof. Auriti e la conferenza stampa
parlamentare dell’ On. Borghezio , tenuta oggi a Roma: un tale esperimento nel
nord – Italia assumerebbe ben altro peso e dimensione.
Diciamo
ancora di più: finora diversi segnali concreti confermano il nostro
dubbio:
- una
proposta di legge presentata due volte al Senato (1995) e mai esaminata;
- una
proposta di legge di iniziativa popolare che non è riuscita a decollare;
- atto
di citazione nel 94 contro la Banca d’ Italia respinta dal Tribunale civile di
Roma ed ora all’ esame della Cassazione;
- Corso
universitario triennale specifico, tenuto dal Prof. Auriti come docente dell’
Ateneo teramano e conclusosi con successo di frequenza , non è stato
autorizzato a proseguire;
- ultimo
episodio il blitz del 10 agosto , sintomatico dell’ aria che tira intorno al
SIMEC, benché annullato ,nel suo effetto, dal Tribunale del riesame.
Noi
siamo convinti che la questione meriti una maggiore e diversa divulgazione a
livello di opinione pubblica come fatto di cultura , ma ancor più come oggetto
di trattazione scolastica a livello secondario ed universitario. Ma anche in
questo senso c’ è qualcosa che non ci convince: perché la grande stampa
nazionale scritta e parlata ha ignorato il fatto di cronaca che sui fogli
regionali ha avuto titoli a mezza pagina? Solo il TG1 di oggi 31 ha presentato
ora immagini di precedenti interviste dando al servizio un taglio di curiosità
folkloristica a chiusura del telegiornale.
*Industrioso centro della
provincia teatina, alle pendici della Maiella , a pochi chilometri dalla
stazione sciistica di Passo Lanciano,
rinomato per la lavorazione artigianale dell’ oro , del ferro, e del
legno, nonché per la presenza di un molino che produce farine di cereali teneri
e duri, nonché fi farro , normali ed integrali..
Calisto
Tanzi come il Governatore della Banca Centrale (di
Giacinto Auriti)
A
commento del caso Parmalat, il direttore del quotidiano "Il Tempo",
Franco Bechis, sotto il titolo "Alzi la mano chi aveva capito"
(articolo di fondo del 3 gennaio '04) conclude: "Purtroppo i casi Parmalat
sono casi da magistratura, non storture del sistema. Sono eclatanti, ma non c'è
rimedio legislativo. L'unico è quello che si sta applicando: il codice
penale." Ebbene, io dichiaro di avere il diritto di alzare la mano perché
in data 8 maggio 1993, a conclusione di un Convegno sulla teoria dl
"valore indotto" della moneta, presentai una denuncia per truffa
contro il Governatore protempore della Banca d'Italia: Azeglio Ciampi, attuale
Presidente della Repubblica Italiana. La Banca Centrale all'atto dell'emissione,
presta il denaro che dovrebbe accreditare e la truffa consiste nel trasformare
la collettività da proprietaria a debitore del proprio denaro. Nel corso sui
valori giuridici e monetari, da me svolto all'Università di Teramo, fu provato
che la multinazionale è la banca centrale che entra in prima persona sul
mercato, perché ha necessità di disporre, senza limiti e senza costi, di tutto
il denaro che vuole. La multinazionale entra in crisi quando si taglia il
cordone ombelicale che la collega alla banca centrale. Non a caso la FIAT e la
Parmalat sono entrate in crisi dopo che la sovranità monetaria era stata
trasferita dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea. E poiché il
padrone del sistema non è chi riceve il sangue monetario dal cordone ombelicale,
ma chi lo emette, pur essendo d'accordo con Bechis che la legge da applicare è
il codice penale, va evidenziato che la responsabilità penale non va limitata
solo al vertice della multinazionale, ma va innanzi tutto e fondamentalmente
estesa ai vertici della Banca Centrale in un'ipotesi eclatante di associazione
a delinquere. Ciò premesso, quando il Bechis afferma che "...i casi
Parmalat sono eclatanti… ma non c'è rimedio legislativo", dà la prova che
anche lui non può alzare la mano perché non ha capito la cosa più importante.
Come si fa, infatti, ad applicare il codice penale, cioè a stabilire chi è il
ladro e chi il derubato, o chi è il truffato e chi il truffatore, se non si
stabilisce di chi è la proprietà della moneta all'atto dell'emissione? Solo con
una legge si può instaurare la proprietà popolare della moneta. Quando la
moneta era concepita come titolo rappresentativo della riserva, la banca
centrale poteva dire: "la moneta è mia perché la riserva è mia" e
quindi poteva emettere la moneta "prestandola" perché prestare è
prerogativa del proprietario. Abolita la convertibilità ed addirittura la
stessa riserva con la fine degli accordi di Bretton Woods (15 agosto 1971) il
compenso dovuto alla banca centrale va commisurato a quello dovuto alla tipografia,
mentre la banca centrale si appropria illecitamente della differenza tra costo
tipografico e valore nominale e dell'equivalente relativo credito abusivamente
acquisito, perché emette prestando un valore creato dalla collettività per
convenzione e che andrebbe pertanto ad essa accreditato e non addebitato.
Poiché i fatti notori, in quanto tali, per assumere rilevanza giuridica non
necessitano né di prove né tantomeno di accertamento giudiziale, i magistrati
sono tenuti a promuovere d'ufficio, come adempimento di atto dovuto,
procedimento penale per truffa e falso in bilancio nei confronti del
Governatore della Banca Centrale in conformità della denuncia da me presentata
in data 8 maggio '93 al Procuratore della Repubblica di Teramo. Calisto Tanzi
pur essendo collegato per associazione a delinquere con il Governatore,
appartiene alla categoria dei ladri di polli che sono notoriamente esposti al
grave rischio di essere perseguiti penalmente; rischio da cui sono immuni i
governatori delle banche centrali che, prestando il dovuto all'atto
dell'emissione, caricano il costo del denaro del 200% oltre gli interessi, e
trasformano i popoli da proprietari in debitori del proprio denaro. Il Tanzi ha
copiato l'esempio datogli dal governatore perché ha creato con falsi in
bilancio valori monetari usando come riserva l'illusione della stessa come fa
il governatore, e c'è riuscito fintanto che ha retto il cordone ombelicale che
lo collegava alla Banca Centrale. Tagliato il cordone, la truffa è stata
scoperta. Poiché, a quanto pare, il pulito ha la rogna, si impone una giustizia
monetaria di dimensioni mondiali per restituire il maltolto, trasformando i
popoli da debitori in proprietari della propria moneta. (da www.AbruzzoPress.it)
Riconoscere
alla comunità nazionale la proprietà della moneta
e la
sovranità monetaria (di Luigi Natali)
Disegno
di legge n. 1282 per la proprietà popolare della moneta, d’iniziativa del
senatore Luigi Natali e altri, presentata al Senato l’11-1-1995
Onorevoli senatori!
Scopo della presente legge è colmare un
vuoto legislativo non più tollerabile, che in essa, infatti, verrebbe — oltre e
più che non semplicemente definito e chiarito — espresso e sancito nella sua
autentica essenza, a seguito di studi, riflessioni ed esperienze di carattere
giuridico-scientifico compiuti da un autentico maestro qual è il prof. Giacinto
Auriti, che ne ha approfondito la realtà nel corso di tanti anni di
insegnamento universitario.
Nessuna legge stabilisce infatti di chi
debba essere la proprietà della moneta all’atto dell’emissione.
Come è noto i simboli monetari sono
formalmente strutturati come false cambiali (ad esempio: «Lire mille pagabili a
vista al portatore. Firmato il Governatore della Banca d’Italia»), o, come
dicono le autorità monetarie, come debito inesigibile, fattispecie talmente
assurda da considerarsi addirittura impossibile.
La verità è che la moneta ha valore
perché è la misura del valore. Poiché ogni unità di misura ha la qualità
corrispondente a ciò che deve misurare, come il metro ha la qualità della
lunghezza perché misura la lunghezza, la moneta ha la qualità del valore perché
misura il valore. Pertanto il simbolo monetario non è solamente la
manifestazione formale della convenzione monetaria, ma anche il contenitore del
valore indotto e incorporato nel simbolo, che è, appunto, il potere d’acquisto.
Con la scoperta del valore indotto come valore giuridico (cfr. Giacinto Auriti,
L’ordinamento internazionale del sistema monetario, Teramo 1993, Ed.
Edigrafitel, pp. 41 e segg.) si è finalmente data la giustificazione
scientifica del valore monetario. Come è stato dimostrato, si verifica qui una
fattispecie analoga a quella dell’induzione fisica. Come nella dinamo si
trasforma energia meccanica in energia elettrica, così nella moneta si
trasforma il valore della convenzione, cioè di uno strumento giuridico, in un
bene reale oggetto di diritto di proprietà. In breve, il valore della moneta è
causato dalla previsione del comportamento altrui come condizione del proprio.
Ognuno è disposto infatti ad accettare moneta contro merce perché prevede di
dare moneta contro merce. È caratteristica della mente umana anticipare al
momento attuale i valori previsti. Ciò spiega perché dalla previsione di “poter
acquistare” nasca nella mani del primo prenditore del simbolo monetario il
valore nuovo e attuale che è il “potere d’acquisto”.
Il valore della moneta quindi è causato
non dall’attività dell’organo di emissione, che, predisponendo ed erogando i
simboli, determina solo il presupposto formale del valore monetario, ma
dall’accettazione da parte della collettività. L’emissione dei simboli in
conformità del corso legale (c.d. corso forzoso) è un atto di eteronomia.
L’accettazione della moneta, che ne determina convenzionalmente il valore, è
atto di autonomia. Dalla confusione tra la prima fase e la seconda è derivata
una grave ingiustizia nel regime giuridico dei valori monetari. Il momento
meramente strumentale dell’emissione dei simboli ha invaso quello edonistico
della proprietà della moneta, sicché la Banca Centrale, emettendo moneta
prestandola, espropria e indebita la collettività del suo denaro senza
contropartita. Il rapporto che si è venuto a instaurare tra Banca Centrale e
collettività è diventato, così, analogo a quello di chi presta nasse vuote ai
pescatori indebitandoli non solo delle nasse, ma anche del pesce che sarà
pescato.
L’ostacolo di fronte al quale tutti i
monetaristi si sono trovati, si basa sull’errore iniziale di non aver definito
la moneta come fattispecie giuridica, e lo stesso diritto come strumento, come
espressione, cioè, di un valore proprio diverso da quello del bene del diritto.
Su questo equivoco iniziale si è preteso
di giustificare il valore monetario sulla base della riserva, confondendo e spacciando
sotto la parvenza di valore creditizio il valore indotto; ossia configurando la
moneta stessa non come misura del valore (e quindi valore della misura, quale
è), ma come titolo di credito rappresentativo della riserva.
È gran tempo ormai che si esca
definitivamente dall’equivoco di spacciare sotto la parvenza di valore
creditizio il valore monetario.
Per comprendere le differenze
fondamentali tra moneta e credito basta muovere dalle seguenti considerazioni:
1. il credito si estingue col pagamento,
la moneta continua a circolare dopo ogni transazione, perché, come ogni unità
di misura, è un bene a utilità ripetuta;
2. nel credito, come in ogni fattispecie
giuridica, prima si vuole il precetto normativo e poi lo si manifesta; nella
moneta, prima si crea la manifestazione formale, cioè i simboli monetari e poi
le si attribuisce il valore all’atto dell’emissione. Chi crea il valore della
moneta non è infatti chi la emette, ma chi l’accetta. Come nell’induzione
fisica nasce l’energia elettrica con la rotazione degli elettrodi, così
nell’induzione giuridica nasce il valore monetario all’atto dell’emissione,
cioè quando inizia la fase dinamica della circolazione della moneta;
3. il valore del credito è causato dalla
promessa del debitore, come avviene nella cambiale in cui l’emittente è il
debitore. Il valore della moneta è causato dall’accettazione del primo
prenditore, perché egli sa, come membro della collettività nazionale, che gli
sarà accettata da tutti i partecipanti della convenzione monetaria, cioè dalla
collettività, che crea appunto per questo il valore indotto della moneta;
4. il valore del credito è sottoposto al
rischio dell’inadempimento. Il valore monetario è attuale e certo perché, per
l’induzione giuridica, la moneta, pur essendo un bene immateriale, è un bene
reale oggetto di diritto di proprietà.
Poiché il valore del titolo di credito è
causato dalla promessa del debitore, sottoscrivendo il titolo monetario sotto
la parvenza di una falsa cambiale, il Governatore della Banca Centrale induce
la collettività nel falso convincimento che sia lui stesso a creare il valore
monetario.
In tal modo la Banca Centrale, non solo
espropria e indebita la collettività nazionale del suo denaro, ma pone le
premesse — come vedremo — per usurpare, tramite la sovranità monetaria, la
stessa sovranità politica.
Nella relazione al disegno di legge sul
conto intrattenuto dal Tesoro presso la Banca d’Italia, varata dal Consiglio
dei Ministri il 10 febbraio 1993, è contenuta una preziosa dichiarazione, rara
per la sua brevità e per il suo contenuto di verità scandalosa.
«La ratio di queste disposizioni — recita
la relazione — è evidente: garantire la piena indipendenza delle Banche
Centrali e della Banca Centrale Europea nella gestione della politica monetaria
[...]. In conseguenza non si consente agli esecutivi degli Stati firmatari del
trattato di esercitare signoraggio in senso stretto: ovvero di appropriarsi di
risorse attraverso l’emissione di quella forma di debito inesigibile che è la
moneta inconvertibile a corso legale.»
Dunque:
1. esistono delle risorse che non sono di
chi se ne appropria, altrimenti sarebbe impossibile appropriarsene;
2. normalmente non dovrebbe essere
consentito a nessuno di appropriarsi di risorse altrui, e non solamente agli
“esecutivi degli stati firmatari del trattato”, mentre invece ciò deve essere
consentito solamente alle Banche Centrali e alla Banca Centrale Europea (che
avrebbero così per legge la licenza di rubare);
3.
l’oggetto del furto dovrebbe consistere in un debito inesigibile ossia nelle
false cambiali delle banconote («Lire mille pagabili a vista al portatore.
Firmato il Governatore della Banca Centrale»), che, come tali, non dovrebbero
avere alcun valore. Il valore di un debito è infatti causato dalla sua
esigibilità. E altro è dire che è inesigibile perché il debitore non può
pagare, altro è dire — come nel nostro caso — che è inesigibile perché il
debitore (cioè la Banca Centrale) ha per legge la garanzia di non pagare.
Se fosse vera questa tesi, siccome il
debito inesigibile è uno strumento inutile, le Banche Centrali non ruberebbero
nulla.
Ma se questa tesi fosse vera, per noi
dovrebbe essere indifferente avere denaro in tasca o non averlo. Quando poi si
conclude col definire il debito inesigibile come moneta incovertibile di corso
legale, si esclude che possa essere debito. La moneta infatti, come bene reale,
può essere oggetto di debito (e di credito), non debito essa stessa.
Una volta dimostrato che la moneta ha
valore indotto causato dalla convenzione sociale, approfittando della
circostanza che l’emissione della cambiale è prerogativa del debitore, le
Banche Centrali, apparendo come debitori di false cambiali, si sono arrogate il
potere di “esercitare signoraggio” per “appropriarsi di risorse” monetarie,
ossia del valore indotto creato dalle collettività nazionali, con il risultato
di espropriarle e indebitarle del loro denaro, senza contropartita. È questa la
grande usura intuita da Pound.
Per dare
ordine a questo sistema monetario assurdamente ingiusto e antisociale, si
impone la necessità di colmare, mediante interpretazione autentica, la grave
lacuna legislativa denunciata, definendo, a titolo originario, proprietaria
della moneta la collettività dei cittadini.
Va con l’occasione messo in rilievo che
la legge proposta non tocca menomamente l’autonomia della Banca Centrale,
perché è fin troppo evidente che l’autonomia attiene alle competenze funzionali
e al patrimonio costituito dagli edifici e dalle strutture aziendali
dell’Istituto; ma la proprietà della moneta è del tutto estranea: per quanto
sopra dimostrato essa è dei cittadini e non della Banca.
Va infine evidenziato che questa legge è
perfettamente compatibile col sistema monetario internazionale, perché
considera solo aspetti di diritto privato (cioè la proprietà della moneta e la
posizione di creditore e di debitore), come tali di stretto diritto interno del
tutto irrilevanti per il diritto internazionale. Il progetto è altresì
perfettamente compatibile con il trattato di Maastricht perché rispetta
l’autonomia anche della Banca Centrale Europea, proponendone il completamento e
il coordinamento sul principio che ogni popolo sia dichiarato proprietario
della sua moneta e riconosciuto collettivamente e reciprocamente come tale.
Non può infine essere taciuto il
particolare proprio della proposta di legge, che, in applicazione del
fondamentale principio democrativo della sovranità popolare, riconosce al
popolo anche la sovranità monetaria.
Proposta
di legge
Art. 1
La moneta all’atto dell’emissione nasce
di proprietà dei cittadini italiani e va accreditata dalla Banca Centrale allo
Stato.
Art. 2
A ogni cittadino è attribuito un codice dei redditi sociali
mediante il quale gli viene accreditata la quota di reddito causato dalla
emissione monetaria e da altre eventuali fonti di reddito.
1°
firmatario: sen. Luigi NATALI (An);
sen.
Romano MISSERVILLE (vice presidente del senato, An);
sen.
Giampiero BECCARIA (sottosegretario all’industria, Fi);
sen.
Antonella BAIOLETTI (An);
sen.
Giovanbattista XIUMÉ (An);
sen.
Antonio BELLONI (Ccd);
sen.
Ferdinando SIGNORELLI (An);
sen.
Francesco BEVILACQUA (An)
sen. Ida
D’IPPOLITO VITALE (Fi);
sen.
Salvatore RAGNO (An);
sen.
Giuseppe SPECCHIA (An);
sen.
Antonio BATTAGLIA (An);
sen.
Francesco CASILLO (An);
sen.
Filippo RECCIA (An);
sen.
Giuseppe MUL
Savino
Frigiola - da http://saba.fateback.com/articoli/truffaresiduipassivi.htm
La Banca d’Italia, dopo l’ultima
legge bancaria, è divenuta una Spa totalmente privata, le cui quote sociali,
caso unico nelle ex banche d’emissioni europee, attualmente socie della BCE,
sono detenute solo da alcuni gruppi bancari ed assicurativi, anch’essi privati. Da ciò deriva l’insanabile e di gran lunga
il più devastante conflitto d’interessi esistente poiché, la B. I. attraverso
la vigilanza e sorveglianza, che ancora detiene sull’intero sistema bancario e
creditizio, compreso sulle banche sue socie, esercita in assoluta autonomia il
controllo economico e monetario dell’intera Nazione, secondo propri fini,
disgiunti, diversi e spesso contrastanti da quelli governativi. In questa
situazione il ruolo dei politici, eletti democraticamente, in campo economico è
ridotto a quello di semplici comparse mosse dall’attenta regia del privatissimo
Istituto di Via Nazionale, retto da organismi autocratici ed autoreferenziali.
Le pesanti polemiche esistenti in campo finanziario e monetario, sono tutte
imputabili a questa degenerata situazione, forzatamente in atto sul teatro
della politica economica nazionale, giacché la vigilanza, oltre che nei
confronti delle altre banche, viene svolta anche presso quelle socie di
Bankitalia stessa. Il Governo se intende veramente governare le sorti del Paese
e mantenere gli impegni assunti con gli elettori, deve agire risolutamente e
rapidamente per trasferire da Bankitalia all’Esecutivo, che avendone avuto il
mandato risponde del suo operato ai cittadini, la vera guida economica e per
conseguenza anche quella politica dell’intera Nazione. A riprova del conflitto
istituzionale, Antonio Fazio, convinto di dover esercitare il ruolo di
Governatore dell’Italia intera, invadendo campi non propri per distogliere
l’attenzione dalla sua chiacchierata istituzione che governa, discredita
pubblicamente l’operato dell’Esecutivo politico sostenendo, senza alcun pudore,
che per rilanciare l’economia nazionale occorre destinare più risorse per
rimettere in moto i cantieri delle “Opere Pubbliche” e ridurre il debito
pubblico nazionale. Simili affermazioni rappresentano delle ovvietà se
profferite da un profano, ma sulle labbra del Governatore suonano come una
beffarda provocazione..
Per
ottemperare le accorate esortazioni del Governatore Fazio e quelle inerenti al
“mezzogiorno” del Presidente Ciampi, nonché Governatore Onorario di Bankitalia,
occorre che il Governo, in proprio ed
in nome e per conto delle altre Pubbliche Amministrazioni, agisca rapidamente
per rientrare in possesso delle ingentissime somme corrispondenti ai famosi
“Residui Passivi” (si parla di oltre 600 mila miliardi di Lire, 110 mila
miliardi solo nel 1995) allora versate ed ancora giacenti proprio nelle casse
della Banca d’Italia. L’operazione in sé risulta di vitale importanza giacché questa
gigantesca massa monetaria liquida ed utilizzabile, sottratta dalla
circolazione, della quale mancanza ne risente pesantemente l’economia
dell’intero mercato, era destinata proprio alla realizzazione delle opere di
pubblica utilità.
Questa
macroscopica operazione, realizzata progressivamente, con la benedizione dei
governi di sinistra e con quelli a guida di esponenti bancari, ha determinato :
- la
progressiva deflazione sull’intero mercato nazionale con la caduta degli
investimenti strutturali e la mortificazione del PIL (artatamente si continua a
confonde l’aumento dei prezzi per inflazione)
- l’impossibilità di poter destinare alla
ricerca, pubblica e privata, le indispensabili risorse finanziarie, della qual
cosa i soliti “soloni”, oggi, ne denunciano le gravi conseguenze
- l’impoverimento generale dell’intero sistema
economico nazionale, sia pubblico che privato che si ripercuote direttamente ed
indirettamente su tutti i cittadini.
La
situazione risulta ancor più grave se si considera che: mentre la circolazione
monetaria si è drasticamente ridotta, il debito pubblico generato
dall’emissione monetaria corrispondente alla somma dei residui passivi
congelati, è stato mantenuto in essere. (dalla comparsa difensiva della Banca
d’Italia chiamata in giudizio: “…come visto, la moneta viene infatti immessa
nel mercato … la Banca d’Italia cede la proprietà dei biglietti, (che nulla le
sono costati, salvo le spese tipografiche ndr) i quali, in tale momento, come
circolante, vengono appostati al passivo nelle scritture contabili
dell’Istituto d’Emissione acquistando in contropartita, o ricevendo in pegno,
altri beni o valori mobiliari (titoli del debito pubblico ndr) che vengono
invece appostati nell’attivo”
Pertanto
o lo Stato si riappropria di queste ingentissime somme per aprire nuovi
cantieri e mettere in sicurezza il disastrato territorio, ma anche per
riassettare il proprio bilancio, o deve pretendere l’abbattimento del debito
pubblico corrispondente all’importo della massa monetaria sparita. Ci si augura
che le pattuglie dei “fazisti”, annidate nei vari schieramenti politici, sia di
maggioranza che d’opposizione, non assumano il sopravvento all’interno della
rispettiva compagine politica esercitando il ruolo del Cavallo di Troia per
conto di “bankitalia & affini”. Ciò vale in primis per AN, in virtù delle
proprie radici politiche e culturali, (Quota Novanta docet), non tanto per non
ricoprire il ruolo, secondo la visione poundiana, dei “camerieri dei banchieri”
, quanto per essere conseguenti al consenso ricevuto dai propri elettori,
sempre più sensibili alla giustizia economica e sociale. Al danno non può
essere aggiunto e sopportabile anche la beffa.
TRIBUNALE CIVILE DI ROMA
Atto di citazione
Il Prof.
Giacinto Auriti, residente in Roma ed ivi eletto domicilio alla Via A.
Traversari n.55 presso e nello studio dell'Avv. Giuseppe Marzano dal quale e'
rappresentato e difeso, disgiuntamente e congiuntamente all'Avv. Berardino
Ciucci e al Dott. Proc. Antonio Pimpini, giusta procura in calce al presente atto.
premesso
-che l'istante
agisce in proprio quale cittadino italiano, e quale legale rappresentante
dell'Associazione Culturale "Alternativa Sociale per la proprieta' di
Popolo" (ASSPP); -che, allo stato attuale, esiste una consuetudine
interpretativa per cui, all'atto dell'emissione, la banca centrale mutua allo
Stato italiano ed alla Collettivita' Nazionale, tutto il denaro che pone in
circolazione; -che a seguito di recenti ricerche scientifiche (cfr. Auriti
Giacinto- L'Ordinamento Internazionale del Sistema Monetario- Edigrafital
Teramo, 1993) e' stato dimostrato che la moneta ha valore perche' e' misura del
valore. -che, infatti, ogni unita di misura ha la qualita' corrispondente a
cio' che deve misurare: come il metro ha la qualita' della lunghezza perche'
misura la lunghezza, la moneta ha la qualita' del valore perche' misura il
valore. -che, pertanto, l'attivita' convenzionale e qui produttiva non
solamente della misura del valore, ma anche del valore della misura: cio' che
noi chiamiamo potere d'acquisto. Nella moneta si verifica un fenomeno analogo a
quello dell'induzione fisica. Come nella dinamo l'energia meccanica causa
l'energia elettrica, cosi' nella moneta la convenzione causa il valore indotto
nel simbolo. Pertanto, il simbolo non e' solamente la manifestazione formale
della convenzione monetaria, ma anche il contenitore del valore indotto. -che,
quindi, la moneta e' un bene collettivo, in quanto creato dalla convenzione
sociale, ma di proprieta' privata individuale perche' da intendersi attribuita,
a titolo originario, al portatore del simbolo in virt'u' dell'induzione
giuridica; -che fino ad oggi l'erogazione della moneta e' effettuata dalla
banca centrale addebitando allo Stato ed alla Collettivita' l'intero ammontare
senza corrispettivo e quindi conferendo solo la proprieta' a titolo derivativo
per il tempo limitato alla durata del prestito; -che tale consuetudine
interpretativa e' da considerarsi contra legem, in quanto la fattispecie
giuridica monetaria va necessarimente considerata come espressione di un valore
creato dalla medesima collettivita' la quale viene, oggi, contestualmente
all'emissione stessa, espropriata ed indebitata di tutti i valori monetari.
-che, allo stato attuale, nessuna legge indica il proprietario della moneta all'atto
dell'emissione; -che la moneta-carta viene presentata sotto la veste formale di
falsa combiale (ad es.: œ. 100.000 pagabili a vista al portatore, f.to il
governatore della banca d'Italia); -che e' gran tempo ormai che si esca
dall'equivoco di spacciare sotto la parvenza di valore creditizio il valore
monetario. Infatti, per comprendere le differenze fondamentali tra moneta e
credito e sufficiente riportarsi alle seguenti considerazioni:
A) il credito si
estingue col pagamento, mentre la moneta continua a circolare dopo ogni
transazione indefinitamente perche', come ogni unita' di misura, e' un bene ad
ultilita' ripetuta;
B) il valore del
credito e' sottoposto al rischio dell'inadempimento, mentre il valore monetario
e' attuale e certo poiche', per l'induzione giuridica, la moneta e' bene reale,
oggetto di diritto di proprieta';
C) nel credito
prima si determina il precetto normativo e poi lo si manifesta, mentre nella
moneta prima viene creata la manifestazione formale (simbolo monetario) e
successivamente, all'atto dell'emissione, per il tramite dell'accettazione, le
si conferisce il valore. In altri termini, crea il valore della moneta non chi
la emette, ma chi l'accetta;
D) il valore creditizio e' causato dalla
promessa del debitore, come avviene nella cambiale, mentre il valore monetario
e causato dall'accettazione convenzionale della collettivita'; -che attualmente
il portatore della moneta ha la proprieta di valori illecitamente gravati di
debito verso la banca centrale, di cui non ha la consapevolezza perche' questo
debito e senza scadenza e non e individuale ma collettivo;
-che su tali
premesse il mercato viene dissanguato dalla grande usura del sistema bancario
perche' pretendere oggi di pagare un debito di denaro con altro denaro e come
pretendere di pagare un debito con un altro debito. Poiche' cio' e'
impossibile, a lungo andare, gli operatori economici si vedono costretti a
pagare il debito non dovuto con l'esproprio dei loro beni. Solo cosi' si puo'
speigare la c.d. conversione dei crediti bancari in capitale a rischio
(pacchetti azionari) che costituisce la fase conclusiva dell'illecito
arricchimento che trova la sua origine nel momento dell'emissione monetaria. A
siffatto, paradossale stato di cose, non potra porsi rimedio se non stabilendo chi
sia il proprietario della moneta all'atto dell'emissione cosi' colmando, con
autorevole interpretazione giurisprudenziale, un vuoto legislativo ormai non
piu tollerabile. -che, peraltro, la situazione de qua risulterebbe oltremodo
aggravata nell'ipotesi in cui l'istante dovesse accedere al credito bancario.
Infatti, la sua iniqua posizione di debitore originario della moneta viene
ulteriormente onerata dagli interessi richiesti dall'istituto di credito che,
siccome si configurano come accessori al bene principale (moneta) di proprieta
dei cittadini, non sono dovuti. La situazione fattuale teste' espressa espone
evidentemente il deducente all'inibizione, per fatto e colpa del sistema
bancario e dell'en-issione monetaria, della legittimazione giuridica, rectius
"capacita giuridica'.
Pertanto,
l'istante, come in atti rapp. dom. e difeso,
la Banca
d'Italia, in persona del Governatore legale corr. in Roma alla Via Nazionale a
comparire innanzi al Tribunale di Roma, G.I. e sezione designandi, per l'udienza
del ............... , ore e locali di rito. Con l'invito a costituirsi nei
termini e modi di legge e con l'espresso avvertimento che, in mancanza, si
procedera in sua legittima dichiaranda contumacia per ivi sentir accogliere le
seguenti
Piaccia
all'Ill.mo Tribunale di Roma, contrariis reiectis, cosi' provvedere: dichiarare
la moneta un bene reale conferito, all'atto dell'emissione, a titolo
originario, in proprieta di tutti i cittadini appartenenti alla collettivita
nazionale italiana, con conseguente declaratoria d'illegittimita dell'attuale
sistema dell'emissione monetaria che trasforma la banca centrale da ente
gestore ad ente proprietario dei valori monetari. Vinte le spese di lite.
-Avv Giuseppe
Marzano-
-Avv. Berardino
Ciucci-
-Dott. Proc.
Antonio Pimpini-
In proprio e rappresentarmi e difendere
nella presente procedura, ed in ogni sua occorrenda fase e grado, gli Avv.ti
Giuseppe Marzano del Foro di Roma, Berardino Ciucci del Fore de L'Aquila ed il
Dott. Proc. Antonio Pimpini del Foro di Chieti. Eleggo domicilio nella Studio
in Roma alla Via . Traversari n. 55
RELATA DI
NOTIFICAZIONE.
Ad istanza come
in atti, io sottoscritto Ufficiale Giudiziario, addetto all'Ufficio Unico delle
Notificazioni presso il Tribunale di Roma, ho notificato copia del suesteso
atto di citazione, conforme all'originale, alla Banca d'Italia, in persona del
Governatore legale rapp. pro tempore, corr. in Roma alla Via Nazionale, e cio'
ho fatto mediante Ho altresi notificato, a titolo di notiziamento e su richiesta
dell'istante, copia del suesteso atto al Ministero del Tesoro, in persona del
ministro pro tempore, e cio' ho fatto mediante
NOTIFICATO IL
24/06/1994
TRIBUNALE CIVILE
DI ROMA
Comparsa di
costituzione e risposta
per la BANCA D'ITALIA, Istituto di diritto
pubblico con sede in Roma, via Nazionale 91 in persona del suo legale
rappresentante pro tempora, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe
Vittimberga e Sergio Luciani e dal dott. proc. Marco Mancini dell'Avvocatura
della Banca stessa, come da mandato in calce alla presente comparsa,
domiciliata presso gli stessi in Roma, via Nazionale, 91
convenuta
CONTRO
Auriti Giacinto,
rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe Marzano e Berardino Ciucci e dal
dott.proc. Antonio Pimpini, elettivamente domiciliato presso lo studio
dell'avv.to Giuseppe Marzano in Roma, via A.Traversari n.55,
attore
* * *
Con atto di
citazione, notificato il 24 giugno 1994, il prof. Giacinto Auriti agendo sia in
proprio quale cittadino italiano, sia quale legale rappresentante dell'Associazione
Culturale "Alternativa Sociale per la Proprietà di Popolo"(ASSPP)
sostenendo che allo stato attuale nessuna legge indicherebbe il proprietario
della moneta all'atto dell'emissione e lamentando che sino ad oggi, in base ad
una consuetudine interpretativa contra legem, l'erogazione della moneta sarebbe
"effettuata dalla banca centrale addebitando illegittimamente allo Stato
ed alla collettività l'intero ammontare corrispettivo" in modo da
conferire "solo la proprietà a titolo derivativo per il tempo limitato
alla durata del prestito", ha convenuto la Banca d'Italia dinanzi al
Tribunale di Roma per ivi sentir "dichiarare la moneta un bene reale
conferito, all'atto dell'emissione, a titolo originario, in proprietà di tutti
i cittadini appartenenti alla collettività nazionale italiana, con conseguente
declaratoria d'illegittimità dell'attuale sistema dell'emissione monetaria che
trasforma la banca centrale da ente gestore ad ente proprietario dei valori
monetari".
* * *
La domanda
attorea nei confronti della Banca d'Italia deve essere respinta perché
improponibile e/o inammissibile e comunque palesemente infondata nel merito.
La visione della
moneta e delle funzioni monetarie che l'attore intende accreditare è
palesemente distorta e completamente infondata. Da un punto di vista logico, è
innanzitutto ben evidente che l'accettazione da parte della collettività, lungi
dall'essere causa del valore della moneta, ne rappresenta in realtà solo
l'effetto, sicché il sillogismo deve essere rovesciato: non è vero che la
moneta vale in quanto è accettata, ma semmai, come la storia e la cronaca
stanno a dimostrare, che essa è accettata solo in quanto abbia un valore. Di
qui la necessità che tale valore, rispondendo ad un fondamentale interesse
pubblico, sia difeso e garantito dalle Pubbliche Autorità, funzione nei moderni
stati affidata alle banche centrali.
Sotto il profilo
giuridico, poi, il batter moneta ha da sempre rappresentato e rappresenta
tutt'ora una delle più evidenti e indiscusse espressioni della sovranità
statale, sicché può correttamente affermarsi che il valore della moneta trae il
proprio fondamento solo ed unicamente da norme dell'ordinamento statale, che,
per solito, disciplinano minutamente la creazione e la circolazione della
moneta, ne sanciscono l'efficacia liberatoria, ne sanzionano la mancata
accettazione in pagamento e tutelano la fede pubblica contro la sua
falsificazione ed alterazione.
Anche in Italia,
questa fondamentale prerogativa sovrana dello Stato è compiutamente
disciplinata dal legislatore sia per quanto attiene all'attribuzione della
funzione di emissione, che in ordine alle relative modalità di esercizio.
La funzione di
emettere moneta, affidata nella sua quasi totalità alla Banca d'Italia, sulla
base di un rapporto avente natura concessoria, dall'art. 28 aprile 1910, n.
204, ha successivamente assunto il carattere di un'attribuzione istituzionale
della Banca centrale, a seguito del R.D.L. 12 marzo 1936, n. 371, e dell'art. 1
dello Statuto della stessa Banca, approvato con R.D. 11 giugno 1936, n. 1067, e
successive modificazioni, a norma del quale essa è un istituto di diritto
pubblico che, quale unico istituto di emissione, emette biglietti nei limiti e
con le norme stabilite dalla legge.
In ordine alle
modalità di esercizio di tale funzione, l'art. 4 del T.U. n. 204/1910 e il
D.P.R. 9 ottobre 1981, n. 811, prevedono che alla fabbricazione del biglietto
concorrano la Banca d'Italia e lo Stato, tramite il Ministero del tesoro, in
modo che ne l'una ne l'altro possano formare un biglietto completo.
Mentre per la
fabbricazione l'Istituto di emissione e il Ministero del tesoro hanno
competenze congiunte e coordinate, le decisioni riguardanti la quantità dei
biglietti da immettere nel mercato ed i tempi dell'immissione competono alla
sola Banca quanto strumentali all'esercizio delle funzioni di controllo della
liquidati del sistema e di salvaguardia del valore del metro monetario,
affidatele nell'ordinamento italiano (T.U. n. 204/1910 e Statuto della Banca
d'Italia, ma anche art. 47 della Costituzione) e ora trovanti fondamento, anche
a livello comunitario, nell'art. 105 del Trattato di Maastricht sull'Unione
Monetaria Europea.
Sia in ordine
alla fabbricazione che all'emissione monetaria, l'attività della Banca
d'Italia, pur caratterizzandosi per una forte discrezionalità tecnica, non è
esente da vincoli e da controlli riguardanti la produzione dei biglietti,
l'iter di emissione, l'annullamento e la distruzione delle banconote logore o
danneggiate. In particolare, i tagli dei biglietti che possono essere emessi
dalla Banca d'Italia sono stabiliti con legge, mentre le caratteristiche e le
quantità dei biglietti da stampare vengono stabilite con distinti decreti del
Ministro del tesoro. L'intera attività della Banca in questi campi è poi
sottoposta alla vigilanza del Ministro del tesoro e di un'apposita commissione
permanente di cui fanno parte, fra l'altro, anche sei parlamentari (artt. 108
ss. del T.U. n. 204/1910).
* * *
Tanto premesso,
va rilevato innanzi tutto che nell'esercizio della funzione di emissione, è
attribuito alla pubblica amministrazione un potere discrezionale assoluto,
prerogativa della sovranità statale, che trae fondamento dalla necessaria
preminenza dell'interesse pubblico alla fabbricazione ed alla circolazione della
moneta rispetto a tutti gli eventuali interessi privati che con esso possano
confliggere. A fronte di tale potere, non esistono posizioni soggettive
giuridicamente tutelate, bensì meri diritti civici al godimento di pubbliche
funzioni. Né discende il difetto assoluto di giurisdizione o, quantomeno, il
difetto di giurisdizione del giudice ordinario.
A ciò si
aggiunga l'evidente carenza di interesse ad agire dell'attore, il quale ha
promosso un'azione di accertamento senza che esistesse alcuna situazione di
incertezza da rimuovere tant'è che l'emissione della moneta è compiutamente
disciplinata dal legislatore in modo da non lasciare spazi all'immaginazione o
alla fantasia né alcun pregiudizio, anche soltanto potenziale, per l'attore in
proprio o per l'associazione che lo stesso asserisce di rappresentare.
La domanda
attorea è poi, anche nel merito, destituita del benché minimo fondamento.
Essa muove,
infatti, dalla premessa, completamente errata, secondo cui difetterebbe nel
nostro ordinamento una norma di legge che indichi il proprietario della moneta
all'atto dell'emissione, sicché l'appropriazione della stessa da parte della
Banca d'Italia si baserebbe su una consuetudine interpretativa contra legem.
Ebbene, alla
stregua della puntuale disciplina della funzione di emissione, i biglietti
appena prodotti dall'officina fabbricazione biglietti della Banca d'Italia
costituiscono una semplice merce di proprietà della Banca centrale, che ne cura
direttamente la stampa e ne assume le relative spese (art. 4, comma 5, del T.U
n. 204/1910). Essi acquistano la loro funzione e il valore di moneta solo nel
momento, logicamente e cronologicamente successivo, in cui la Banca d'Italia li
immette nel mercato trasferendone la relativa proprietà ai percettori.
Tale immissione,
che rappresenta uno dei principali strumenti a disposizione della Banca
centrale per l'esercizio delle cennate funzioni di regolazione della liquidità
del sistema e di tutela del valore del metro monetario, avviene tramite
operazioni che l'Istituto di emissione, in piena autonomia conclude con il
Tesoro, con il sistema bancario, con l'estero e con i mercati monetario e
finanziario, operazioni tutte previste e compiutamente disciplinate dalla legge
e dallo statuto della Banca d'Italia (artt. 25 - 42 del T.U. n. 204/1910 e
artt. 41 - 53 dello Statuto)
Alla luce di
quanto sinora precisato, è del tutto abnorme e campata in aria l'affermazione
dell'attore secondo cui esisterebbe una consuetudine interpretativa contra
legem, in base alla quale la Banca centrale all'atto dell'emissione "mutua
allo Stato italiano ed alla Collettività Nazionale, tutto il danaro che pone in
circolazione". Come visto, la moneta viene infatti immessa nel mercato in
base ad operazioni legislativamente previste e disciplinate, a seguito del
compimento delle quali la Banca d'Italia cede la proprietà dei biglietti, i
quali, in tale momento, come circolante, vengono appostati al passivo nelle
scritture contabili dell'Istituto di emissione, acquistando in contropartita, o
ricevendo in pegno, altri beni o valori mobiliari (titoli, valute, ecc.) che
vengono, invece, appostati nell'attivo. Tali operazioni trovano evidenza, come
prescrive la legge, nella situazione della Banca d'Italia mensilmente
pubblicata sulla Gazzetta ufficiale.
Se si considera
oltretutto che, come già osservato, le spese di fabbricazione dei biglietti e
l'imposta di bollo sono a carico della Banca centrale e che gli utili annuali
da essa conseguiti, effettuati i prelevamenti e le distribuzioni di cui
all'art. 54 dello Statuto, ai sensi dell'art. 23 del T.U. n. 204/1910 vengono
devoluti allo Stato, si evidenzia altresì l'assoluta inconsistenza ed
insensatezza delle tesi attoree, secondo cui l'erogazione della moneta sarebbe
effettuata dalla Banca d'Italia addebbitandone allo Stato ed alla collettività
l'intero ammontare senza corrispettivo. Ne consegue, pertanto, che non è dato
riscontrare alcunché di arbitrario o di illegittimo nelle prerogative
esercitate in campo monetario dalla Banca centrale, perché, contrariamente a quanto
preteso dall'attore, l'intera materia e compiutamente disciplinata dal
legislatore, in modo tale che nessun aspetto attinente all'attribuzione o
all'esercizio della funzione di emissione può dirsi regolamentato da
consuetudini interpretative e, men che mai, da consuetudini contra legem.
* * *
Alla luce delle
suesposte considerazioni, si confida nella reiezione, da parte dell'intestato
Tribunale, della domanda proposta dal prof. Auriti, della quale e difficile
persino comprendere l'oggetto (art. 163, 3° comma, n. 3, e art. 164, 1° comma,
c.p.c.), con condanna dell'attore, non solo alla refusione delle spese di lite,
ma altresì al risarcimento dei danni ex art.96 c.p.c., atteso che, anche a
considerare con la miglior benevolenza l'azione da questi intentata, riesce
difficile non ravvisarvi il carattere della "temerarietà".
* * *
Tutto ciò
premesso, la Banca d'Italia, come sopra rappresentata e difesa, formula le
seguenti
CONCLUSIONI
"Piaccia
all'Ill.mo Tribunale adito, ogni contraria istanza e deduzione reiette,
respingere la domanda attorea siccome improponibile e/o inammissibile e,
comunque, infondata nel merito. Condannare, in ogni caso, l'attore alla
refusione delle spese di lite nonché al risarcimento dei danni causati e
causandi ai sensi dell'art.96 c.p.c., nell'importo che riterrà di liquidare in
via equitativa".
Con ogni più
ampia riserva e salvezza anche di richieste istruttorie.
Roma, 20
settembre 1994
Il Messico sfida i globalisti -
Moneta d'argento (20.12.2004)
http://www.niburu.nl/index.php?showarticle.php?articleID=5831&lang=ENG
I
governatori, i giornalisti e la maggioranza dei cittadini messicani stanno
incutendo una paura del diavolo alle elite ed alla loro banca centrale. Essi
propongono con forza di monetizzare nuovamente le loro vaste riserve d'argento.
Con il Venezuela in piena rivolta contro i globalisti e l'Argentina che
accumula oro, l'aggiunta del Messico alla crescente saggezza che viene
dimostrata nell'America meridionale e centrale deve apparire sconcertante al
cartello bancario sionista. Le truppe Usa in Colombia ed una piazzaforte nella
politica Peruviana al momento sembrano essere le loro sole posizioni di potere
reale nella regione. Per quanto difficile da credere possa sembrare, il Messico
potrebbe essere il punto di svolta che alla fine scaccia i truffatori del
denaro di carta fuori dal sud-America. BRAVO ! Eccovi la storia, leggermente
tagliata:
(17
dicembre 2004 - di Hugo Salinas Price – Presidente de la Asociación Mexicana
Cívica Pro Plata, “President Mexican Civic Association Pro Silver” - Questo
articolo, tradotto in inglese dallo autore stesso, e' apparso in lingua
spagnola l' 11 dicembre 2004 su "La Jornada", giornale di Mexico
City).
L'argento
come veicolo dei risparmi del popolo si e' dimostrato una bandiera molto
efficace che ha raccolto sostegno tra i principali partiti politici messicani,
che in ogni altra questione sono profondamente in disaccordo gli uni con gli
altri. Il 30 novembre ultimo scorso i 31 Governatori di tutti gli stati che
compongono la Repubblica del Messico inviarono un comunicato alla Commissione
"Percorsi e Mezzi" della Camera dei Rappresentanti messicana, nel
quale espressero la loro unanime approvazione della monetizzazione dell'argento
e sollecitarono la Commissione ad approvare una legge che mirasse a raggiungere
esattamente questo obiettivo. 176 scrittori al giornale messicano misero la
firma a dichiarazioni a piena pagina da parte del giornalistico "Club dei
principali giornali di Citta' del Messico", ad ulteriore supporto della
creazione della moneta denominata "Liberta' ", da una oncia (31,1
grammi) di argento. Anche una organizzazione permanente di ex legislatori ha
espresso il loro sostegno alla misura in favore della monetizzazione dell'
argento. Un sondaggio dalla tv nazionale "Atzeca" rivelo' che il 96 %
degli spettatori approvavano la monetizzazione dell'oncia di argento, quando fu
chiesto se fossero a favore oppure no. La Banca del Messico, Banca Centrale
messicana, e' inflessibilmente contraria a questo provvedimento. Non vuole che
il pubblico abbia l'opportunita' di accumulare risparmi in argento monetizzato.
Desidera mantenere il proprio inalterato monopolio sulla stampa del denaro
messicano, che non ha alcun valore intrinseco, e non vuole che il popolo abbia
alcuna alternativa per i suoi risparmi, eccetto che carta-moneta o depositi
bancari. La Banca del Messico ha inviato una rappresentanza di dodici uomini
alla seduta del 30 novembre 2004 della Commissione "Percorsi e
Mezzi", alla scopo di confondere ed intimidire i membri di tale
Commissione, e prevenire un voto favorevole alla legge di monetizzare
l'argento. Non sappiamo come i membri della Commissione esprimeranno il loro
decisivo voto, quando il tempo verra'. Anche nel caso il loro voto fosse
negativo, possiamo effettuare la previsione, in base al supporto dato a questa
ragionevole e benefica misura nell'interesse del Messico, che l'idea di
monetizzare l'argento non morira'. L'idea di usare l'argento come denaro che
non possa essere svalutato, per i risparmi del popolo, e' ora fermamente
radicata nella pubblica coscienza del Messico. Un'idea in marcia e' una forza
che non muore facilmente. Se venisse soppressa, riguadagnerebbe solo maggiore
forza. E' questa la storia di tutte le idee. L'argento utilizzato come denaro
in Messico, circolante in parallelo con la carta-moneta, non conta quanto poco
significativa l’importanza di tale piccolo ammontare d'argento nella economia
nazionale, vuol dire che i Messicani ricorderanno sempre che l'argento puo'
effettivamente essere usato come reale, onesto denaro. E che, mentre gli anni
passano, esso sara' sempre li', ad invitarci ad usarlo nei piu' pericolosi e
oscuri tempi che possono venire. L’argento in circolazione servira' a
ricordarci che e' possibile per una societa' usare l'argento e ricavare
benefici dall'uso di denaro reale, di denaro onesto. Altrimenti e' possibile
che noi possiamo dimenticare cio’, come e' successo a molte nazioni nel mondo.
Quando il Messico monetizzera' l'argento, esso diventera' un faro di speranza
per il mondo, una luce che indica la via per uscire dalla palude della
schiavitu' e del perpetuo impoverimento che viene con il denaro di carta. Il
denaro di carta, che e' oggi il solo tipo di denaro nel mondo, assicura il
controllo economico e quindi politico sulle popolazioni che lo usano. La casta
bancaria mondiale che emette il denaro di carta ed il denaro virtuale,
elettronico minaccia di diventare il potere sovrano per mezzo del fittizio
denaro che emette, ed aspira a dominare tutta l'umanita'. Il risultato del
denaro di carta e' la disumanizzazione della razza umana. Questa e' la terza e
piu' importante bandiera dell'argento: la causa della umanita'.
Pertanto
le bandiere dell'argento sono tre:
1) La
bandiera dei risparmi del popolo.
2) La
bandiera dell'unione nazionale.
3) La
bandiera della preservazione degli uomini dalla disumanizzazione.
La
moneta d'argento come denaro: un' idea che ha preso vita
e non
sara' soppressa. (traduzione Francesco
Caselli)
L'Argentina
sfida il Fondo Monetario ed impartisce una lezione di economia alla Grande
Finanza
(30
dicembre 2004 - Sepp Hasslberger - http://www.newmediaexplorer.org/)
Tre anni
dopo il collasso della economia argentina sotto il peso delle ricette per lo
sviluppo fornite dal FMI e dalla Banca Mondiale, la ripresa in sboccio della
nazione sud-americana sbalordisce gli osservatori internazionali. Sfidando le
prescrizioni del FMI, il presidente Kirchner ed i suoi consiglieri economici
avevano detto ai creditori di mettersi in coda ed attendere, mentre si
ricostruiva l'economia a partire dal punto piu’ basso. Un eccellente articolo
sul ”the New York Times” riferisce la storia.
Il
saccheggio della Argentina da parte della finanza internazionale e la
susseguente disintegrazione della sua economia nel dicembre 2001 e' solo uno
degli esempi di quale sia stata la politica ufficiale del Fondo Monetario
Internazionale e della Banca Mondiale per decenni: indebitare le nazioni in
sviluppo garantendo enormi prestiti per progetti che beneficano gli appaltatori
stranieri piuttosto che l'economia locale, raccogliere i rimborsi e, quando
avviene il del tutto prevedibile default finanziario, passare alla spremitura
per "aprire la nazione alla economia di mercato". Abbassare le paghe,
eliminare ogni sussidio sociale, aprire i servizi di base alla competizione
multinazionale e cedere le materie prime a prezzi di svendita. John Perkins, in
passato un membro rispettato della
comunità
bancaria internazionale, ha deprecato duramente questa pratica. Nel suo libro
"Confessioni di un sicario dell'economia" descrive come egli, da
professionista ben pagato, aiutò gli Usa a derubare nazioni povere in tutto il
mondo per migliaia di miliardi di dollari, concedendo loro in prestito più
denaro di quanto esse potessero eventualmente restituire, e successivamente a
prendere possesso delle loro economie. Democracynow.org ha pubblicato una
interessante intervista a Perkins. In effetti le aspre critiche mosse dai
seguaci del globalismo economico dipingono un quadro a tinte nere. La
"soluzione magica" proposta da "la creme de la creme" degli
economisti è – difficile da credere - legare la valuta argentina al dollaro e
rinnovare gli sforzi per compiacere la finanza internazionale. Peccato che
naturalmente ciò sia esattamente la causa primaria del crollo. Come si
comportarono gli Argentini ? Ripudiarono il "buon consiglio" ed
iniziarono a lavorare nella propria nazione, convincendosi che l'economia di un
paese non viene costruita con investimenti internazionali, quanto piuttosto con
produzione e consumi realizzati proprio all'interno di esso. Ecco qui di
seguito la copia dell'articolo del “the New York Times”…
La ripresa economica argentina sfida le previsioni
(di Larry Rohter pubblicato il 26 dicembre 2004 su “the N.Y. Times”)
BUENOS AIRES, 23 dicembre 2004 -
Quando
l'economia argentina collasso' nel dicembre 2001, le previsioni da giorno del
Giudizio Universale abbondavano. A meno che essa adottasse politiche economiche
ortodosse e siglasse velocemente un accordo con i suoi creditori stranieri,
certamente sarebbe seguita una super-inflazione, il peso sarebbe diventato
senza valore, investimenti e riserve di valuta estera sarebbero svaniti ed ogni
prospettiva di crescita sarebbe stata soffocata. Ma tre anni dopo che l'Argentina
dichiaro' un default per un debito record di più di 100 miliardi di dollari, il
piu' largo nella storia, l'apocalisse non e' arrivata. Invece l'economia e'
cresciuta del + 8 % annuale per due anni consecutivi, le esportazioni sono
parecchio cresciute, la moneta e' stabile, gli investitori stanno gradualmente
ritornando e la disoccupazione e' calata dai livelli record - il tutto senza un
accordo relativo al debito, ne' le misure standard richieste dal Fondo
Monetario Internazionale per concedere la sua approvazione. La ripresa
argentina è stata innegabile, ed e' stata raggiunta almeno in parte ignorando e
persino sfidando l'ortodossia economica e politica. Piuttosto che procedere
alla immediata soddisfazione dei possessori di obbligazioni, banche private ed
FMI, così come invece altre nazioni in sviluppo hanno fatto in crisi anche meno
severe, il governo a guida peronista scelse per prima cosa di stimolare i
consumi interni e disse ai creditori di mettersi in coda insieme a tutti gli
altri. "Questo e' un importante evento storico, che sfida 25 anni di
politiche fallimentari" ha asserito Mark Weisbrot, economista presso il
Centro di Ricerche Economiche e Politiche, gruppo di ricerca di orientamento
liberale in Washington. “Mentre altre nazioni continuano tuttora a zoppicare,
l'Argentina sta sperimentando una crescita molto sana, senza che alcun segno
indichi che essa non possa continuare, ed essi hanno ottenuto questo risultato
senza essere costretti a fare alcuna concessione per ottenere l'arrivo di
capitale straniero." Le conseguenze di tale decisione si possono vedere
nelle statistiche governative e nei negozi, nei quali i consumatori una volta
di piu' spendevano robustamente prima di Natale. Piu' di due milioni di posti
di lavoro sono stati creati a partire
dal punto piu' basso della crisi all'inizio del 2002, e secondo le statistiche
ufficiali anche il reddito reale, cioe' al netto della inflazione, e'
rimbalzato, ritornando quasi al livello degli ultimi anni '90. Fu in questi
anni che la crisi emerse, durante i quali l'Argentina provo' a stringere la
cinghia secondo le prescrizioni FMI, col solo risultato di collassare nella
peggiore depressione della sua storia, che provoco' anche l'avvio di una crisi
politica. Alcuni dei nuovi posti di lavoro provengono dal programma governativo
volto alla creazione di occupazione a bassa paga, ma circa la meta' riguardano
il settore privato. Come risultato, la disoccupazione ha declinato da piu' del
20 % a circa il 13 %, ed il numero di Argentini che vivono sotto la linea della
poverta' e' sceso di circa 10 punti percentuali dal livello record del 53,4 %
di inizio 2002. "Le cose non sono assolutamente tornate normali, ma
abbiamo acquisito la sensazione di essere tornati sulla strada giusta" -
ha affermato Mario Alberto Ortiz, riparatore di impianti di refrigerazione.
"Per la prima volta dacche' tutto crollo', posso effettivamente
permettermi di spendere un po' di soldi". Gli economisti tradizionali
seguaci del libero mercato rimangono scettici riguardo l'approccio governativo.
Mentre riconoscono che c'e' stata una ripresa, la attribuiscono soprattutto a
fattori esterni piuttosto che alle politiche del Presidente Néstor Kirchner,
che ha assunto la carica dal maggio 2003. Inoltre sostengono anche che la
ripresa comincia a perdere forza. "Siamo stati fortunati"- ha
affermato Juan Luis Bour, capo economista presso la Fondazione Latino-Americana
di
Ricerche
Economiche in Argentina. "Abbiamo avuto prezzi alti per le merci e bassi
tassi di interesse. Ma se vogliamo crescere nel 2005, dobbiamo fare un accordo
per la questione del debito e riscontrare l'arrivo di capitale estero." Il
FMI, che i dirigenti argentini incolpano di aver provocato la crisi in prima
battuta, ribatte che l'attuale governo agisce almeno in parte come il FMI ha
sempre raccomandato. Ha limitato la spesa e si e' attivato per incrementare le
entrate, una prescrizione classica per una economia sofferente, ed ha
accumulato un attivo di entita' doppia di quella che il Fondo aveva richiesto
prima che le trattative fossero congelate molti mesi fa. "Il ritorno a
questi numeri incoraggianti e' stato molto aiutato da una disciplina fiscale,
che e' quasi senza precedenti secondo gli standard argentini"- ha
affermato John Dodsworth, il responsabile FMI in Argentina. "Abbiamo avuto
un attivo primario che e' aumentato in maniera decisa in questi pochi ultimi
anni, sia a livello centrale che a quello provinciale, e che e' stata l'ancora
fondamentale dal lato economico." Ma una parte di tale attivo record del
bilancio e' arrivato da un paio di tributi sulle esportazioni e sulle
transazioni finanziarie, che gli economisti ortodossi del FMI e di altri
organismi vogliono vedere abrogati. Circa un terzo delle entrate governative è
ora raccolto da tali tributi, che sono aumentati. "Il FMI vuole che queste
tasse siano eliminate, ma d'altra parte i suoi rappresentanti desiderano anche
che l'Argentina migliori la sua offerta ai creditori e anche che essa rimborsi
il Fondo, cosi' da poter ridurre la sua esposizione presso di esso" - ha
affermato Alan Cibils, economista argentino associato allo indipendente Centro
Interdisciplinare per lo Studio di Indirizzo Pubblico in Argentina. In altre
parole dicono: "Dovete pagare di piu' e trattenere di meno", che e'
una prescrizione sicura per produrre un'altra crisi. A causa della assenza di
un accordo sul debito e dello stallo sulle tariffe delle "utility"
(gas, luce e acqua), alcuni investitori, specie europei, continuano ad evitare
l'Argentina, citando quella che chiamano la carenza di "sicurezza giudiziaria".
Ma altri, soprattutto latino-americani, abituati ad operare in ambienti
instabili o essi stessi sopravvissuti a simili crisi, hanno aumentato la loro
presenza in Argentina a causa della espansione delle opportunita'. "Questi
sono slogan che le persone ripetono senza pensare, come se essi fossero
pappagalli" - ha affermato Roberto Lavagna, ministro della economia,
quando interpellato in merito alle previsioni che gli investimenti starebbero
per venire meno. "Nel 2001 e all'inizio del 2002 tutti i tipi di contratto
furono annullati" - ha detto. "Cosi' perche' ora investono ?
Chiaramente perche' oggi possono ottenere un ottimo livello di
rendimento." La compagnia petrolifera brasiliana Petrobras ha comprato una
parte delle azioni di una primaria compagnia energetica argentina. Un'altra
compagnia brasiliana, la AmBev, ha acquisito una larga compartecipazione nella
Quilmes, importante societa' argentina produttrice di birra, ed una compagnia
messicana ha acquisito il controllo di una grossa industria fornaia e
pasticciera. Le nazioni asiatiche, Cina e Sud-Corea soprattutto, hanno
cominciato ad operare in Argentina. Durante una visita di stato il mese scorso,
il presidente cinese Hu Jintao ha annunciato che la sua nazione progetta di
investire venti miliardi di dollari ìin Argentina nello spazio dei prossimi
dieci anni. Ma il grosso dei nuovi investimenti viene dagli stessi Argentini,
che stanno cominciando a spendere il loro denaro in patria, sia riportando i
loro risparmi dall'estero, sia prelevandoli dal di sotto dei loro materassi.
Per la prima volta in tre anni, e' maggiore la quantita' di denaro che entra
nella nazione di quella che ne esce. Cio' ha consentito a Kirchner il lusso di
assumere una linea dura con il fondo monetario e con i creditori esteri che
reclamano il rimborso. "La questione e' che l'Argentina ha al momento un
attivo di conto, cosicche' essa in realta' non ha granche' bisogno di
investimenti stranieri" - ha affermato Claudio Loser, economista argentino
e precedente direttore del FMI per l'emisfero occidentale. "Gli
investimenti nazionali stanno prendendo piede, perche' vi sono opportunita' in
agricoltura, petrolio e gas." Proprio questa settimana il governo ha
annunciato che le riserve di valuta estera sono risalite a 19,5 miliardi di
dollari, il loro livello piu' alto a contare dal crash e a piu' del doppio del
minimo segnato a meta' del 2002, un anno che segno' un deflusso netto di 12,7
miliardi di dollari. "Il picco degli investimenti negli anni '90 era del
19,9 % del PIL, e oggi e' del 19,1%, in risalita da un minimo del 10%" -
ha affermato Lavagna. Il governo Kirchner continua a cercare un accordo
riguardo il debito di 167 miliardi di dollari tuttora esistente, e progetta di
effettuare quella che esso definisce la sua offerta finale all'inizio del
prossimo mese. Ma la svolta in Argentina ha inspirato un tale senso di
confidenza che il governo non solo parla di tagliare i suoi ultimi legami con
il FMI, ma anche insiste che ogni rimborso ai possessori di obbligazioni debba
essere condizionato al protrarsi della buona salute economica dell'Argentina.
"E' molto semplice" - ha affermato Lavagna. "Nessuno puo'
raccogliere soldi da una nazione che non sta crescendo economicamente."
(traduzione di Francesco Caselli)
Ecco
come vogliono che vediamo la faccenda
Audizione
del presidente della Tfa Stock alla Camera
Ai
risparmiatori viene chiesto di respingere l'offerta
Tango
bond, allarme dei detentori - La Malfa: "Spetta al governo esercitare
pressioni sull'Argentina"
ROMA -
"Con la pubblicazione del prospetto sui bond l'Argentina ha realizzato
l'imbroglio più importante della storia". Non usa mezzi termini Nicola
Stock copresidente del Gcab, associazione che tutela molti detentori di bond
argentini finiti in default, e presidente della Task force argentina,
l'associazione costituita in seno all'ABI per la tutela degli investitori
italiani titolari di tango-bond. L'offerta, secondo Stock, che è stato sentito
oggi in audizione dalla commissione Finanze della Camera, è "iniqua,
inammissibile e inaccettabile per le condizioni economiche". Il comitato
consiglia di non aderire e ritiene che l'Argentina possa migliorare nettamente
l'offerta dall'attuale valore netto di mercato valutato in circa il 27 per
cento "ad almeno il doppio".
"La
posizione della TFA è chiara ed è quella di raccomandare gli investitori a non
aderire all'offerta del governo argentino che è unilaterale perchè non
negoziata con i maggiori creditori nonostante questa fosse una richiesta del
fondo monetario internazionale. Questa offerta - ha detto Stock - è iniqua ed
inammissibile e il nostro obiettivo è quello di convincere i bond holders a non
consentire il successo dell'offerta".
Secondo
la Tfa, il governo argentino è finanziariamente in grado di migliorare
l'offerta riducendo il periodo per il pagamento del capitale attraverso i nuovi
bond, dai 35 anni previsti dal prospetto attuale a 10-15 anni. In questo modo
si alzerebbe la percentuale di rimborso al 55 per cento circa, spiega Stock,
con tassi di interesse "del 2-2,5 per cento".
Perchè
l'offerta attuale sia valida occorre l'adesione dell'80 per cento dei titolari
delle obbligazioni. Una percentuale molto alta che Stock si dice certo che non
verrà raggiunta. "Il numero di investitori italiani che intendono aderire
- ha pronosticato il presidente della Tfa - è limitatissimo". Secondo le
stime del copresidente del Gcab "l'Argentina oggi può contare su adesioni
per circa il 25 per cento del debito in default da parte di banche, fondi
pensione e società di assicurazione argentini". In caso di mancata
accettazione, il governo argentino dovrebbe sedersi di nuovo al tavolo delle
trattative con i rappresentanti dei detentori di titoli.
Nell'eventualità,
invece, che l'offerta venga accettata (le adesioni possono arrivare a partire
da venerdì, il termine scade il 25 febbraio), Stock ha preannunciato
"azioni legali molto forti da parte degli investitori. Ci sono già negli
Usa - ha detto - due class action molto forti" mentre altre 14 azioni
collettive attendono la certificazione. "Noi - ha aggiunto - cercheremo di
non fare cause al governo argentino, ma se continuiamo a prendere calci nel
sedere...".
Comunque,
ha ricordato, "sulla base di quanto indicato nel prospetto informativo, le
obbligazioni che non parteciperanno all'offerta di scambio manterranno intatti
i diritti originari". Se l'offerta venisse accettata, ha detto ancora
Stock, si creerebbero problemi per la stabilità dei mercati.
Al
termine dell'audizione, il presidente della commissione Finanze Giorgio La
Malfa ha definito "del tutto convincenti" le valutazioni di Stock e
ha sottolineato che spetta al governo italiano esercitare
"tutte
le pressioni" necessarie sull'Argentina contro l'offerta di rimborso dei
tango-bond.
(12
gennaio 2005)
Utopia
finale
Abbiamo preso il caso Argentina
come esempio, vedendo il punto di vista del Governo Argentino, dei
“manovratori” della opinione pubblica (giornalisti, politici, giornali…) e del
FMI…
Vediamo
cosa propongono i “semplici” cittadini tramite Internet
I
450.000 risparmiatori italiani vittime del default dei bond argentini e i loro
familiari coinvolti, prendendo spunto dall'emendamento presentato dall'Onorevole
Guido Rossi in sede di approvazione della Finanziaria 2004 ed essendo chiare le
responsabilità del sistema bancario italiano in questa vicenda
CHIEDONO
AI PARLAMENTARI ITALIANI
- che
sia votata una legge che istituisca a carico delle banche italiane un fondo per
il rimborso del 50% del valore nominale delle obbligazioni. Ciò permetterebbe
ai risparmiatori di avere un risarcimento parziale dato che lo stato argentino,
per ora, ha avanzato solo un'offerta di rimborso
del 25%
del valore dei titoli;
- in
alternativa chiedono che sia votata una legge che imponga alle banche italiane
di riacquistare a prezzo pieno i titoli venduti alla clientela. In tal modo le
banche risarcirebbero i risparmiatori e allo stesso tempo diverrebbero
proprietarie dei bond, potendo così trattare direttamente con lo stato
argentino ed ottenere un rimborso soddisfacente data la loro maggiore forza
contrattuale.
Le
responsabilità delle banche italiane sono estremente gravi: fin
dal 1999 la Banca d’Italia aveva informato il sistema bancario italiano che il
rating dell’Argentina era sceso al livello B1 e, ciò nonostante, nel triennio
1999-2001, le banche hanno continuato a collocare i titoli presso i propri
clienti. In moltissimi casi, gli istituti di credito italiani non hanno svolto
solo un ruolo d'intermediari (beneficiando di sostanziose commissioni) ma hanno
venduto alla clientela allo sportello le obbligazioni che detenevano nella
propria diretta titolarità, con un palese conflitto d'interesse. In generale
poi la clientela non era stata informata in modo esauriente del rischio Paese,
non certo riflesso dallo spread dei tassi, all'epoca solo di 3-4 punti
superiori rispetto ai titoli di stato emessi dal Tesoro USA. Si sottolinea infine che, nella circostanza,
del tutto nulla é stata vigilanza di Banca d'Italia, ABI e Consob nei confronti
del sistema bancario.…”
Ultima
ora:
Polemica
tra Consumatori e Consob sul prospetto (da iltempo.it 10-1-05)
È
scontro tra le associazioni dei consumatori e a la Consob all’indomani della
pubblicazione del prospetto con le proposte di rimborso dei bond argentini, che
prevedono la perdita fino a poco meno del 70% del capitale investito. Se
vorranno accettare l’offerta del governo di Buenos Aires, i risparmiatori
potranno farlo da venerdì 14. E per limitare la perdita dovranno accettare lo
scambio entro il 4 febbraio. «La Consob rischia di essere complice delle
malefatte del governo argentino», attacca Elio Lannutti dell’Intesa dei
consumatori perchè «ha approvato troppo rapidamente un prospetto che lascia
troppo a desiderare e che discrimina tra i risparmiatori, mentre doveva mettere
paletti ben diversi». L’offerta di scambio propone ai risparmiatori tre titoli
alternativi ai «tango bond» originali: obbligazioni «par», «discount» e «quasi
par». Le prime sono rimborsate alla pari, se tutto andrà bene e comunque ce ne
sono solo per 15 miliardi di dollari, le seconde restituiranno il 33,7% del
capitale investito, e per la struttura dell’offerta rischiano di essere le più
diffuse. Le ultime il 66,9%. Questo livello di rimborso avrebbe potuto essere
un buon compromesso, però, attacca Lannutti, «è destinato solo alle
obbligazioni in pesos, quindi praticamente ai soli risparmiatori argentini e
questa è una grave discriminazione». Chi non farà in tempo a prenotare i «par
bonds» rischia di avere i «discount», per i quali il termine di accettazione
non scade il 4 febbraio, ma il 25. A tutti i possessori di bond argentini,
comunque, Lannutti consiglia di rifiutare l’offerta e puntare sui risultati
delle cause internazionali. Perchè, dice, «se l’offerta fallisce, cioè se non
troverà l’approvazione della maggioranza degli obbligazionisti, allora
l’argentina sarà obbligata a migliorarla o la comunità internazionale la
metterà al bando». Immediata la replica della Consob che avverte: «Il nulla
osta alla pubblicazione del prospetto informativo delle obbligazioni argentine
è stato rilasciato dalla Consob, come sempre in casi analoghi, sulla base di un
esame del documento d’offerta dal punto di vista della trasparenza delle
informazioni, senza entrare - come prevede la normativa in vigore - nel merito
dell’offerta e senza formulare alcun giudizio sulla convenienza
dell’operazione». La Consob sottolinea infine che «non entra mai, nè potrebbe
farlo, nel merito delle offerte, che ricadono sempre sotto la responsabiluità
degli offerenti, in questo caso il Governo della Repubblica argentina».
La
questione delle riserve auree (Lunedì
27 Dicembre 2004)
La carta
stampata in Italia non fa grandi utili. Non è il profitto la ragione per cui
esiste. Un contributo alla sua esistenza viene, oltre che dai privilegi
concessi da leggi ad hoc, dalla pubblicità e dalla vendita di pregevoli gadget
(libri, VHS, DVD, ecc.). Il contenuto è irrilevante al profitto. Le polemiche
che riempiono la carta stampata oggi saranno domani meno che irrilevanti. Un
esempio da manuale di paralogismi, incongruenze e ignoranza storica ed
economica sono le cose scritte sui giornali in questi giorni in merito alla
proposta di vendere le riserve auree della Banca d'Italia per ridurre il debito
pubblico. A dispetto della catena delle argomentazioni, siamo d'accordo sulle
conclusioni: che Banca d'Italia venda le sue riserve. Servirà questo a ridurre
il debito pubblico? Rispondo con un'altra domanda. C'è qualcuno che lo crede?
Nessuno stato moderno ridurrà mai il debito pubblico. Lo stato moderno si è
formato dal ‘500 in poi. È una realtà storica, come l'Egitto dei faraoni,
l'Impero mongolo o la breve egemonia di Atene. Avendo lo stato moderno il
monopolio della violenza e l'esercizio incontrastato della sovranità porterà
alla rovina le società sotto il suo controllo. La civilizzazione nata dal
capitalismo e dall'economia di mercato, in ogni epoca impedita dall'azione dei
governi, si sfalderà sotto il peso dei debiti, delle regolamentazioni delle
tasse e dell'inflazione monetaria. A contrastare l'azione dei governi c'è il
desiderio di vivere degli uomini, che, nel tempo loro concesso, producono,
inventano, commerciano, tentano, in qualche modo, di portare avanti la divisione
del lavoro. Purtroppo, più un uomo è impegnato a produrre e ad ottenere
profitto nel suo limitato orizzonte di attività e meno riesce a capire la
globalità delle forze storiche in azione. Esiste almeno un uomo che, nel 1913 o
nel 1939, qui in Europa aveva ottimizzato la produzione del bene X, che poteva
fornire ai consumatori a basso prezzo e di buona qualità, ottenendone un lauto
profitto, solo per vedere i suoi sforzi nullificati qualche mese dopo, dalle
bombe. Queste righe sono un contributo tardivo agli sforzi di quell'uomo.
Mentre tutti sanno di avere bisogno di scarpe, quell'uomo non sa di avere
bisogno di queste righe. Gli unici disposti a pagare per i servizi di un
intellettuale sono i governi. Gli imprenditori e i consumatori non finanziano
gli intellettuali. Gli intellettuali sono molto vanitosi e vorrebbero essere,
come tutti, molto ricchi. Dal momento che gli imprenditori e i consumatori non
finanziano gli intellettuali, gli intellettuali diventano i servi del governo e
sfogano contro l'impresa tutta la frustrazione accumulata. Ovviamente la
produzione degli intellettuali moderni, a parte la funzione ideologica
immediata pro-statalista, non ha alcun valore intellettuale (si pensi a tutte
le pagine stampate sotto i regimi comunisti o a quelle stampate, oggi e qui,
dopo la ventura iperinflazione planetaria). Così si spiega come si possano
leggere discussioni senza senso sui giornali in merito alla questione delle
riserve auree: it's a tale, told by an idiot, full of sound and fury,
signifying nothing . La prima cosa seria da dire sulla questione è che le
riserve auree della Banca d'Italia non si sa dove siano. Mentre le scuole
statali promuovono visite al Parlamento, non si possono fare visite alle
riserve auree (ed è un peccato, perché i ragazzi ne sarebbero entusiasti). Da
cose lette qua e là mi sono fatto l'idea che le riserve auree delle banche
centrali siano sotto la FED di New York, che regola le transazioni auree tra
banche centrali spostando lingotti da un armadio con su scritto “U.S.” a uno con
su scritto “Germany”. Sfido chiunque a reclamare una proprietà che sta nei
bunker di una potenza nucleare. Le transazioni in oro tra banche centrali
avvengono senza differenza tra lettera e denaro: l'oro è moneta per le banche
centrali. I privati che comprano e vendono oro prevedono una piccola differenza
tra denaro e lettera: l'oro è quasi moneta per i privati. La vera moneta per i
privati attualmente è la cartamoneta imposta per decreto dai governi e alcuni
suoi complessi succedanei. Essa è continuamente inflazionata da chi la emette.
La seconda cosa seria da dire sulla questione è che non ci è dato sapere quanto
oro sia nella disponibilità delle banche centrali. Una imprecisata quantità di
oro è stata prestata dalle banche centrali a delle bullion bank che lo hanno
venduto, lasciando alle banche centrali una promessa di pagamento in oro. Il
Fondo Monetario Internazionale non impone alle banche centrali di differenziare
tra l'oro ancora in loro possesso e i crediti in oro. Basta visitare il sito
della Banca Centrale Europea per vedere che la voce è “Gold and Gold
Receivables”. Già! Ma sarebbe bello sapere quanto oro e quanto credito in oro
abbiano oggi le banche centrali. Sono assolutamente a favore dell'idea di
vendere i crediti in oro. Quei crediti non valgono la carta su cui sono
scritti: se le bullion bank dovessero ripagare il loro debito in oro
spingerebbero talmente in alto il suo prezzo in termini di moneta per decreto
che il sistema delle monete per decreto crollerebbe. Quel debito non è stato scritto
per essere ripagato, ma per permettere al sistema delle monete per decreto di
continuare ad esistere. Si il grafico: È il grafico del tasso di cambio
euro/dollaro e del prezzo dell'oro in dollari. Cosa dire: è l'oro che quota
come una moneta o l'euro che si comporta come una commodity? Più semplicemente
il prezzo dell'oro è manipolato in modo da non risultare mai più conveniente
come moneta rispetto a tutte le monete per decreto importanti. Chi negli ultimi
quattro anni avesse acquistato oro in euro ci avrebbe rimesso quel due per
cento che danno i titoli di stato a breve. Il fenomeno può essere anche visto
come un premio assicurativo che l'oro impone a fronte dell'insolvenza dei
governi. Quando il cigno nero volerà nei cieli d'Europa, lo si vedrà come un
ben misero premio da pagare. La terza cosa seria da dire sulla questione è che
l'attuale quotazione dell'euro sul dollaro dipende più dalla sua ingente, anche
se forse solo apparente, copertura aurea, che da una inesistente maggiore virtù
monetaria della BCE rispetto alla FED. Gli aggregati monetari nell'area euro
sono aumentati in misura molto maggiore negli ultimi anni rispetto a quelli in
circolazione negli USA. Per noi, che abbiamo colto le fallacie del
mercantilismo grazie al sussidiario di storia delle scuole medie, l'euro forte
è un sorprendente piacere, anche se mai ci è dato modo di coglierne i vantaggi
alla pompa della benzina. Non è quindi nell'auspicio di un euro debole che
vediamo con favore la vendita delle riserve auree. Chi ha l'oro, fa le regole.
Senza oro, le banche centrali e i governi smetteranno di fare le regole. E
allora in buon ordine vedremo all'opera le forze economiche: il cigno nero,
l'iperinflazione che si scarica sui prezzi, il caos contrattuale,
l'interruzione della divisione del lavoro, la guerra. Il silenzio dei
giornalisti? Ahimè, forse no. Il grande esperimento di pianificazione economica
iniziato a Bretton Woods nel 1944 e proseguito con la chiusura della Gold
Window nel 1971 volge verso la sua fine naturale.
*Intervento
a cura di Fabio Gardel - US Equity & Macro LAB
Adusbef:
arroganza di Fazio al termine (Roma, 24
dicembre 2004)
Elio
Lannutti, presidente dell'Adusbef, l'associazione dei consumatori
afferma:"Le riserve auree presso Banca d'Italia, pari a 79 milioni di once,
dalle quali si potrebbero ricavare agli attuali prezzi di mercato ben 26
miliardi di euro, equivalenti al 30% di tutte le privatizzazioni fatte, non
sono della medesima Banca d'Italia, ma dei Cittadini, che le hanno risparmiate
consumando meno di quanto sia stato prodotto". Lannutti, altresì, rimarca:
"L'arroganza del Governatore di BankItalia Fazio ha i giorni contati: il
27 gennaio 2005 al Tribunale di Lecce si discuterà la causa promossa dal
Comitato per la sovranità monetaria e da Adusbef per sottrarre a
Bankitalia il 'signoraggio' sulla moneta".
20
ottobre 2004
In
Brasile dal 01 gennaio 2005 iniziera' ad essere corrisposto mensilmente il
reddito di cittadinanza (RDC), cioe' a ciascun cittadino in quanto tale, a
partire dagli appartenenti alle classi piu' povere, e poi con il tempo anche a
quelli delle altre classi meno disagiate. In Alaska, stato Usa, da anni viene
corrisposto solo a Natale a tutti i cittadini, cioe' dai piu' poveri ai piu'
ricchi, ed assomma a circa 1.600 dollari annuali ognuno. Ad iniziative simili
guardano o le hanno gia' intraprese Sudafrica, Nuova Zelanda e altre nazioni.
Perfino nella italianissima Campania, per iniziativa del partito della
Rifondazione comunista, che probabilmente si e' ispirato al buon amico il
presidente brasiliano, si e' riusciti nel 2004 a riconoscere alle famiglie piu'
disagiate un RDC di 350 Euro al mese riferito a ciascun nucleo familiare, e non
al singolo cittadino. Iniziativa chiaramente anche molto contrastata, che lo
stesso partito ha cercato, con esiti finora apparentemente scarsi, di
introdurre in altre regioni italiane. L'ostacolo principale, evidentemente, e'
il solito: il reperimento dei fondi !! Invece i fondi esistono e consentirebbero
di riconoscere ad ogni cittadino italiano, dal piu' povero al piu' ricco (cioe'
il solito Berlusconi), molte centinaia di Euro al mese, vita natural durante.
L'importo preciso va ottenuto dividendo la massa di moneta stampata oggi dal
nulla ogni mese dalla Banca Europea, per la parte che spetta all'Italia, che
ammonta al 12,7 % del totale dell'Europa a 25 nazioni, in circa 58 milioni di
parti eguali. Infatti creare moneta - il guadagno che ne deriva si chiama
"signoraggio" - non costa nulla dal 15 agosto 1971, quando il
presidente Usa Nixon aboli' per il dollaro la possibilita' di chiedere e
ottenere oro in cambio della moneta. Le Banche centrali delle altre nazioni,
legate da accordi monetari di sudditanza con il dollaro superstar, dovettero
adeguarsi, volenti o nolenti. A questo punto molti si chiederanno: ma questa
grande ricchezza, sottratta ai legittimi proprietari, i Cittadini italiani,
dove finisce ? La incamera una certa banca di diritto privato, e per nulla
statale, per caso denominata "Banca d'Italia", e ne distribuisce gli
utili ai suoi azionisti, che sono le privatissime maggiori banche italiane, le
privatissime maggiori compagnie assicurative italiane, e noti maggiori enti
previdenziali italiani. Prego controllare sul numero di "Famiglia
Cristiana" del 4 gennaio 2004, rinvenibile anche attraverso i soliti
motori di ricerca. Per esempio presso digilander.libero.it. Questa allocazione
scorretta delle risorse, in Italia e nel mondo, conferisce un potere economico
enorme agli attori finanziari dell'economia e indebolisce sino a farne degli
zombi gli attori produttori della economia reale. L'apparato produttivo reale
italiano e occidentale in genere e' stato distrutto. Prego consultare a
proposito il sito in italiano www.movisol.org dello scienziato Usa della
politica Larouche. Ecco perche' gli organi di informazione offrono una litania
di cattive notizie dal mondo produttivo reale. Mai visto riportare dagli organi
di informazione, pero', che siano a rischio gli altissimi stipendi dei dipendenti
della Banca d'Italia, o che qualche banca stia chiudendo. Come puo' essere che
in una economia in sfacelo la categoria delle aziende bancarie letteralmente
prospera ? Grazie ! Quelli I NOSTRI
SOLDI letteralmente se li stampano, e se li tengono solo per se' !! Queste
affermazioni non sono mie originali. Le idee sono di altri. Questi altri si
riuniscono a Roma, per un convegno sabato prossimo 23 ottobre 2004 alle 15:00.
Il
manifesto del convegno sta a http://saba.fateback.com/apconvegnonoeuro.html
Coloro
che si scomoderanno ad andare riceveranno conoscenze di qualita', vedranno la
luce in fondo al tunnel e avranno un obiettivo realistico per il quale
eventualmente impegnarsi.
Agli
altri rimane comunque la risorsa dei siti di riferimento da me citati.
l bidone
vuoto del capitalismo italiano (di Marco
Saba)
Guido Carli diceva, secondo
l'economista Giancarlo Galli, che Enrico Cuccia era "l'ultimo guardiano
del bidone vuoto del capitalismo italiano". A mio avviso la fortuna di
Carli consiste nel fatto di essere morto prima del lungamente dovuto processo
che un giorno faranno ai tre gentiluomini che si inventarono, per l'Italia, il
mafiosissimo Trattato di Maastricht. Carli era uno dei tre: gli altri due li
troverete in calce al Trattato. Se, infatti, il signoraggio privato equivale ad
un pizzo che dobbiamo pagare per usare la nostra moneta, allora nel Trattato,
dove all'Art. 105A si specifica chi emette monete metalliche e chi le
banconote, si "santifica" questa distorsione malefica. In pratica, il
signoraggio sulle banconote spetta ai signori privati proprietari della banca
centrale; quello sulle monetine metalliche, al Ministero del Tesoro del paese
firmatario del Trattato.
Se, come
appare, la quantità di moneta metallica equivale ad un cinquantesimo rispetto
alle banconote, si vede come allo Stato venga lasciato un ben misero
signoraggio: l'elemosina. Ad esempio: la moneta da un centesimo di euro costa
di più a coniarla del suo valore convenzionale. Partendo dall'ipotesi che la
banca centrale europea stia stampando circa 60 miliardi di euro al mese
(altrimenti non reggerebbe il cambio col dollaro, stampato a 70 miliardi di
dollari a botta, sempre mensilmente), appropriandosi del relativo signoraggio,
e considerando che alla Banca d'Italia spetta il 14,7 % di tale bottino, è
facile, dividendo per 50 l'ultima somma, calcolare quanto miseramente guadagna
il Ministero del Tesoro. Ma la legge del 50 non finisce qui. Essendo la riserva
frazionaria in cash vicina al 2%, ciò significa che le banche commerciali
possono stampare credito per 50 volte l'ammontare mensile stampato dalla BCE.
Ovvero: 3.000 miliardi di euro al mese. Totale europeo del furto mensile da
signoraggio privato: 3.600 miliardi di euro.
La BNL è
socia della Banca d'Italia al 2,7 %. Ciò significa che la BNL
"guadagna" il 2,7% del 14,7% di 60 miliardi di euro al mese,
attraverso il signoraggio della stampa di banconote. Se Carlo De Benedetti,
come ha recentemente annunciato, possiede il 2% della BNL, diventa facile
calcolare quanti soldi in tasca (i tuoi soldi) si mette questo gentiluomo,
mensilmente, grazie al signoraggio. Il guaio è che questo signore fa
l'imprenditore: fa quindi concorrenza sleale a chi i soldi se li deve
guadagnare onestamente, sul mercato (che quindi libero non è più). Ecco la base
del "potere forte" del bidone vuoto del capitalismo italiano: le
grandi famiglie italiane che fanno i signori del signoraggio, vengono
considerate "capitaliste". In realtà sono dei ricettatori del frutto
della rapina di cui da una vita si occupa il Prof. Giacinto Auriti. Ma perché
questo bidone è vuoto? Perché anche Carli si rendeva conto che sarebbe
arrivato, prima o poi, il giorno del "redde rationem". Il giorno in
cui tutte le attività di questi fortunati "signori" andranno
confiscate per cercare di restituire, almeno in parte, il signoraggio al
legittimo proprietario: il sovrano popolo italiano.
Grazie
alla comprensione del sistema della riserva frazionaria (avendo 100 euro cash,
la banca può crearne 5.000 di credito elettronico-virtuale), diviene facile
capire perché le banche non vogliono pagare assegni tratti sulla loro sede
quando un non-cliente si presenta per l'incasso in contanti. Se il soggetto
fosse cliente, la banca si limiterebbe ad accreditare l'importo dell'assegno
sul conto del cliente elettronicamente. Praticamente, continua a farla franca.
Se invece il soggetto NON è cliente,
e
pretende il pagamento in contanti, avviene quanto segue (ipotizzando di 1000
euro l'importo dell'assegno): la banca versa al soggetto 1.000 euro in
contanti. AUTOMATICAMENTE la banca si trova senza 1.000 euro cash da usare COME
RISERVA FRAZIONARIA per il suo millantato credito: in pratica, deve CHIUDERE prestiti
per 50.000 euro, 50 volte i 1.000 euro cash. ORRORE! Il direttore della filiale
si opporrà financo all'intervento della forza pubblica (la quale, da parte sua,
ben poco sa su queste segrete cose). Questo è uno dei risultati dello
pseudocapitalismo italiano, che fa vincere proprio quelli che barano. Prevedo
molto, ma molto, lavoro per l'ADUSBEF.
Riferimento
bibliografico:
UNIVERSITA'
DEGLI STUDI "G. D'ANNUNZIO"
FACOLTA'
DI GIURISPRUDENZA - TERAMO
CATTEDRA
DI TEORIA GENERALE DEL DIRITTO
Giacinto
AURITI
L'ORDINAMENTO
INTERNAZIONALE DEL SISTEMA MONETARIO
Edigrafital,
Teramo 1996
http://saba.fateback.com/ordinamento.html
"Dire
che uno Stato non può perseguire i suoi scopi per mancanza di denaro è come
dire che un ingegnere non può costruire strade per mancanza di
chilometri".
Babbo
Natale spiega ai bambini buoni la moneta e l’oro (di Fabio
Gardel - 21/12/2003)
Cari
Bambini,
il vostro papà e la vostra mamma
hanno lavorato tutto l’anno per guadagnare i soldini con cui poter mangiare
tutti i giorni, riscaldare la casa e farvi arrivare i regali che oggi io vi
porto. Tuttavia non sanno cosa sono i soldi che hanno guadagnato. Sanno certo
che l’ortolano cede le sue verdure in cambio di pezzi di carta filigranati
detti “euro”, ma non sanno perché questo avvenga, né lo sa l’ortolano, che a
sua volta cede gli “euro” al macellaio in cambio di carne, che a sua volta...
capite bene come continua la storia.
È un po’
come stare in piedi: ci sappiamo stare più o meno tutti e non sappiamo perché
(per i più portati per le scienze, stare in piedi è una cosa complicatissima
che richiede la collaborazione dell’occhio, dell’orecchio e di tutta la
pelle!). Così è per i soldi: tutti li usiamo e non sappiamo cosa sono. Il babbo
e la mamma, quando si dovessero porre delle domande sulla questione (non lo
faranno!), si risponderebbero frettolosamente: “I soldi sono quello che lo
Stato dice che sono, e lo stabilisce tramite il Codice Civile e ne affida la
produzione alla Banca Centrale”. Cari bambini, chi di voi giocando a Monopoli non
ha pensato: “Come sarebbe bello se questi soldi del Monopoli fossero veri e ci
si potessero comprare tutti i giocattoli del mondo!”. Ecco, al mondo esistono
delle persone che sembrano dei papà e mamma come i vostri, o forse dei nonni, e
invece sono dei mostri, degli orchi, dei vampiri assetati di sangue che rubano
ai vostri genitori gran parte di quello che guadagnano. Come fanno? Hanno il
potere di far diventare i soldi del Monopoli soldi veri. Gli “euro”, i
“dollari”, le “sterline” eccetera sono i soldi del Monopoli dove il Monopoli di
questi Orchi è il Mondo Stesso. Mentre i vostri genitori devono più o meno
lavorare per avere i soldi, gli orchi li possono creare dal nulla e comprarci
tutto quello che vogliono o darli a chi piace a loro, di solito altri orchi e
mostri come loro. Se i vostri genitori hanno risparmiato 1000 “euro”, ecco che
gli orchi ne creano altri mille. Ma al supermercato non sono certo raddoppiate
le uova o la pasta o le bistecche. Adesso però a comprarle non ci sono solo i
1000 “euro” dei vostri genitori, ma anche i 1000 “euro” degli orchi. Quindi le
cose del supermercato costeranno il doppio. Il papà e la mamma daranno la colpa
al padrone del supermercato, chiamandolo ingordo ed egoista, ma, come voi
avrete capito, la colpa è solo degli orchi. Solo che gli orchi sono i padroni
di tutti i giornali e di tutte le televisioni e di tutte le scuole, di tutto
purtroppo, quindi sono solo loro che raccontano le favole ai vostri genitori.
Per esempio, nelle favole che gli orchi raccontano ai vostri genitori,
l’aumento del prezzo della spesa viene chiamato “inflazione”. È un trucco degli
orchi per nascondere al vostro papà il fatto che l’inflazione è la creazione di
“euro” dal nulla, in quantità sempre maggiori. L’aumento del prezzo della spesa
è solo un effetto della maggior quantità di “euro” in circolazione. In questo
modo gli orchi succhiano il sangue dai vostri genitori. Utilizzano anche un
altro sistema chiamato “tassazione”, ma questa è un’altra favola. In sintesi,
comunque, il papà e la mamma sono gli schiavi degli orchi e non ne sono
pienamente consapevoli, anche se a volte si lamentano delle tasse o dei prezzi.
Adesso voi cari bambini vi starete chiedendo: “Ma gli orchi esistono da
sempre?” Ebbene sì, ma non ce ne sono
stati mai tanti in giro come oggi, e non sono mai stati tanto ben vestiti.
Avete presente un qualsiasi signore con una giacca e una cravatta? Molto
probabilmente è un orco o un collaboratore degli orchi. Siete mai entrati in
una banca? Ecco, lì sono tutti orchi o collaboratori degli orchi. Gli orchi più
pericolosi sono quelli che insegnano nelle scuole dei grandi chiamate
“università”, perché lì ai vostri papà e mamma hanno cercato di rubare, non
solo i risparmi, ma addirittura l’anima, per venderla agli orchi. Forse già la vostra
maestra è un orco, ma non vorrei spaventarvi proprio sotto le feste, però
tenete gli occhi aperti a scuola, ok?
Tanto
tempo fa, però, cari bambini, i soldi non erano quelli del Monopoli degli
orchi, ma erano monete vere e proprie, belle, brillanti, d’oro e d’argento.
Monete vere, fatte di roba preziosa che sta solo sotto terra e ci vuole tanto
lavoro per tirarla fuori. Se i vostri bis-bis-nonni avessero risparmiato 1000
monete d’oro, gli orchi non avrebbero potuto creare dal nulla, senza lavorare in
miniera, 1000 monete d’oro, quindi i vostri antenati avrebbero potuto fare la
spesa sempre più o meno allo stesso prezzo; anzi, via via che la tecnologia
migliorava, avrebbero potuto comprare sempre più cose con quelle monete d’oro.
E allora gli orchi cosa si sono inventati, per derubare le persone? Hanno
aperto le banche e detto alla povera gente: “Mettete le monete qui da noi e
saranno al sicuro”. Poi gli hanno detto: “Invece di portare a giro le monete
d’oro, così pesanti, andate a fare la spesa con le nostre banconote!” Che cos’è
una banconota? È una ricevuta di carta che rappresenta un diritto di proprietà
sulle monete d’oro. Mano a mano che la gente si andava fidando delle banconote,
gli orchi delle banche hanno cominciato a stampare molte più banconote rispetto
alle monete d’oro che erano conservate nelle loro banche. Cominciavano a
realizzare i loro sogni di bambini malvagi di fare dei soldi del Monopoli dei
soldi veri. A volte però le cose andavano male agli orchi. Dal momento che si
davano tanto da fare per realizzare il male al mondo organizzando o finanziando
le guerre, la gente talvolta prendeva paura e si presentava alla banca con le
banconote per riavere indietro il suo oro. E questo faceva fallire gli orchi.
Allora gli orchi delle banche cominciarono a congiurare con gli orchi dello
Stato: dapprima gli chiesero di aiutarli a trovare l’oro per rimborsare le loro
banconote false, poi addirittura di rendere moneta legale solo e soltanto le
banconote false, tagliando ogni relazione tra le banconote e la moneta d’oro.
Gli
orchi hanno lavorato più di trecento anni per realizzare il loro sogno di
creare la moneta dal nulla e di far dimenticare alla gente che la moneta vera è
quella d’oro. Dal 15 Agosto 1971 la moneta creata dal nulla e chiamata “dollaro”
è stata dichiarata non più convertibile in oro da un grande orco americano.
Negli ultimi venti anni gli orchi hanno usato l’oro che avevano sequestrato
alla povera gente per tenere basso il prezzo dell’oro che si può comprare con
le loro banconote. Mentre tutto diventava sempre più caro, l’oro diventava
sempre meno caro, in modo da scoraggiarne l’acquisto come forma di risparmio.
Il vostro papà non penserà mai all’oro come modo per risparmiare i suoi soldi.
Gli orchi sono di una intelligenza diabolica, ma i vostri genitori sono buoni e
alla fine, se smetteranno di credere alle favole degli orchi e si ribelleranno
alla loro schiavitù, vedrete che sarà uno scherzo metterli su dei barconi e
mandarli alla deriva in mezzo al mare. Ma bisogna far presto, cari bambini,
perché più il tempo passa e più c’è il rischio che anche il vostro papà diventi
un orco.
Cosa si
sono inventati gli orchi da vendere ai vostri genitori come forma di risparmio,
visto che i soldi del Monopoli diventavano sempre meno buoni per comprarci le
cose? Hanno usato le televisioni e i giornali e le loro banche per vendere ai
vostri genitori roba di carta che non è neppure più di carta, ma solo una
illusoria scrittura sullo schermo di un computer. Roba che si chiama “azioni” o
“obbligazioni” o “opzioni”. Di per sé non è roba necessariamente disonesta, ma
è disonesto come la usano gli orchi. Convincono i vostri genitori a comprare
questa roba da loro quando costa tanto e poi gliela ricomprano quando costa
poco oppure lasciano che essa perda completamente di valore in mano al vostro
papà. In questi giorni gli orchi hanno organizzato uno spettacolino di Natale
in cui gli orchi dello Stato e della Banca Centrale dicono cose brutte agli
orchi delle banche e della finanza perché hanno venduto al vostro papà delle
cose di carta che non valgono più nulla: è un teatrino orrendo e squallido
perché gli orchi sono tutti d’accordo dal giorno uno della storia del mondo.
Però i vostri genitori, se voi non gli raccontate questa favola che state
leggendo, crederanno che bisogna dare sempre più potere a un gruppo di orchi in
modo che possano controllare un altro gruppo di orchi: in realtà gli orchi
approfitteranno tutti insieme di ogni aumento di potere per succhiare il sangue
ai vostri genitori.
C’è un
modo per liberare papà e mamma dagli orchi? Una cosa che assolutamente bisogna
fare è ritornare alla moneta d’oro e vietare che le banche creino più banconote
(ricevute per le monete d’oro) rispetto alle monete d’oro che mamma e papà
hanno depositato in banca. Se la banca vuole prestare monete d’oro a un uomo
d’affari, la banca deve telefonare ai vostri genitori e chiedere: “Posso
prestare 1000 monete d’oro a Giovanni? Se dite di sì, io vi do un certo
interesse e ne chiedo a Giovanni uno maggiore, da qui a cinque anni; voi in
cambio vi impegnate a non richiedere indietro le 1000 monete d’oro per cinque
anni. Sappiate però che Giovanni può fallire e non restituire il prestito. È
per questo che chiediamo un interesse e delle garanzie”
In
parole tecniche, questo sarebbe un sistema bancario a riserva intera. Sembra
solo una denominazione astrusa. In realtà è il modo per esiliare gli orchi per
sempre o per costringerli a presentarsi con il loro vero volto mostruoso. Gli
orchi sono talmente sicuri di aver fregato i vostri genitori che gli consentono
oggi di comprare oro a prezzi incredibilmente bassi: quando domani il regno
degli orchi finirà, la ricchezza dei vostri genitori dipenderà da quanto oro
saranno riusciti a comprare oggi.
Mi
raccomando, a Natale, intorno all’albero, leggete ai vostri genitori la favola
della moneta e degli orchi. Ne va della loro e della vostra salvezza.
Un
abbraccio, il vostro Babbo Natale
Nasce il partito per la riforma
monetaria e la fine della truffa del
signoraggio privato
(08/12/2004)
http://sebastianoscrofina.blogspot.com/2004/12/nasce-il-partito-per-la-riforma.html
Informo i lettori che è da poco
nato il partito "NO EURO DEI BANCHIERI", che sta raccogliendo le
firme per essere in lizza alle prossime elezioni. Si tratta di un'evoluzione
del "Comitato no euro": dopo la "svolta" di Rimini
l'obiettivo principale di questo neo-partito sembra essere diventato non già
un'anacronistica, demagogica e generica lotta all'euro, quanto una specifica,
mirata e decisa lotta alla rapina del signoraggio privato dei banchieri
finalizzata alla restituzione del maltolto. Il sito http://www.noeuro.it/
purtroppo non riporta ancora gli aggiornamenti in questione. Vi terrò informati
sugli sviluppi.
RIMINI,
24 Novembre '04 - Nel corso di un Convegno organizzativo, che ha avuto luogo a
Rimini Sabato 20 Novembre '04, cui hanno preso parte personalità del mondo
economico ed esponenti di associazioni di diverse regioni d'Italia, sono state
gettate le basi per la costituzione di una nuova formazione politica che si
chiamerà "No Euro dei banchieri". Nel corso di un appassionato
dibattito è stata sostenuta l'improcrastinabile necessità che lo Stato,
"in nome e per conto dei cittadini", si riappropri del valore della
moneta al momento dell'emissione. Il debito pubblico, determinato quasi
totalmente dall'emissione monetaria, dal signoraggio e dagli interessi passivi,
impedisce l'armonico sviluppo del Paese e vanifica i propositi di buon governo,
sia delle formazioni di sinistra che di destra. I raggruppamenti politici si
accusano reciprocamente di incapacità, perdendo di vista la vera ragione della
crisi: il disinvolto saccheggio che si determina sulle spalle di tutti i
cittadini all'atto dell'emissione monetaria. Ciò non solo impedisce di
soddisfare le istanze sociali, ma impoverisce il "Sistema Paese", al
punto che strati di popolazione sempre più vasti hanno serie difficoltà a
sbarcare il lunario ed arrivare a fine mese. Governo ed opposizione ignorano, o
fingono d'ignorare, il perverso meccanismo dell'emissione monetaria, causa dei
più grossi malesseri sociali. "La situazione - si è sostenuto durante il
dibattito - è paradossale ed insostenibile, tutti sono indebitati: Stato,
Pubbliche Amministrazioni, aziende d'ogni tipo, industrie grandi e piccole,
artigiani, commercianti, famiglie, privati cittadini; ma a favore di chi? Chi è
il creditore di questo immane debito? Gli elettori, anche se ancora non hanno
ben compreso da che parte giunge la fregatura, sentono, avvertono, percepiscono
che l'attuale sistema politico, nel suo insieme, risulta inidoneo a risolvere
le grandi problematiche della Nazione.
"Man
mano che cresce questa consapevolezza, che purtroppo tende a scivolare verso la
rassegnazione, aumenta di pari passo il numero degli elettori che, constatata
l'inutilità di votare, sia per la destra che per la sinistra, disertano le
elezioni. Gli effetti della crisi sono destinati a crescere. Occorre
predisporre per gli elettori un polo alternativo di riferimento, anche per
scongiurare eventuali turbative nell'ordine pubblico. Non è casuale se sin
dalle ultime elezioni europee, normali cittadini e consumatori, sentendosi non
più rappresentati e tutelati da alcuna formazione politica, hanno deciso di
scendere in campo per sostenere in prima persona le loro istanze politiche,
sociali e solidali." A tale proposito Renzo Rabellino, Presidente del
comitato No Euro dei Banchieri, Diego Volpe Pasini, rappresentante
dell'Associazione Consumatori Codacons, e rappresentanti di altre associazioni
economiche, si sono incontrati ed hanno deciso di unire le proprie forze per
sviluppare sinergie, per obbiettivi comuni, se del caso affrontare uniti le
prossime elezioni regionali. Al termine del dibattito si è provveduto alla nomina
di Comitato nazionale organizzativo cui fanno parte Renzo Rabellino,
Presidente, e Savino Frigiola, vice presidente vicario, con il compito di
organizzare l'Assemblea costituente del nuovo Movimento politico, da tenersi a
Roma o Milano, entro i primi mesi del prossimo 2005.
La
storia di Bankenstein : " Voglio tutto il pianeta più il 5% ! "
(23/04/2004 - di Larry Hannigan traduzione e adattamento di Marco Saba)
Bankenstein
era eccitato mentre ancora una volta si ripeteva il discorso che avrebbe tenuto
alla gente che si sarebbe presentata all'indomani. Aveva sempre cercato il
prestigio ed il potere ed ora il suo sogno stava per realizzarsi. Bankenstein
era un artigiano orafo che lavorava con l'oro e con l'argento, producendo
gioielli ed ornamenti, ma non gli bastava lavorare per vivere. Aveva bisogno di
emozioni, di una sfida, ed ora il piano era pronto. Per generazioni la gente
aveva usato il sistema del baratto. Una persona manteneva la sua famiglia
provvedendo a tutti i suoi bisogni, oppure si specializzava in un particolare
tipo di commercio e scambiava con altri le eccedenze per procurarsi i beni che
non produceva direttamente. I giorni di mercato erano sempre rumorosi ed
allegri. La gente gridava le proprie merci e le persone avevano occasione di
fare nuove conoscenze. Ma ormai c'erano troppa gente e troppe discussioni. Non
c'era più tempo per scambiare due chiacchiere - bisognava escogitare un nuovo
sistema. In generale la gente era felice e godeva dei frutti del proprio
lavoro. In ogni comunità si era formato un semplice sistema di governo per
assicurare a tutti l'esercizio dei propri diritti e delle libertà e perché
nessuno venisse obbligato a fare cose contro la sua volontà, costretto da parte
di altre persone o altri gruppi di uomini. Questo era l'unico scopo del governo
ed ogni governatore era promosso ed eletto dalla comunità locale.
Tuttavia,
i giorni di mercato ponevano dei problemi da risolvere: un coltello valeva uno
o due sacchi di grano? Una mucca valeva più di un carro? E così via. Nessuno
aveva pensato ad un sistema migliore. Ma era apparso Bankenstein che aveva
fatto un annuncio: "Ho trovato una soluzione ai nostri problemi di baratto
ed invito la cittadinanza ad una riunione domattina". Il giorno dopo si
era creata una grande adunanza nella piazza centrale del paese e Bankenstein
cominciò a spiegare tutto sul nuovo sistema che aveva inventato e che si
chiamava "moneta". Suonava bene. Da dove cominciamo? - chiese la
gente.
"L'oro
che uso per fare gioielli ed ornamenti è un metallo eccellente. Non si
arrugginisce né si sciupa con il tempo. Batterò della moneta in oro e
chiameremo queste monete 'dollari'." Bankenstein spiegò il sistema dei
valori ed illustrò come la moneta sarebbe stato un sistema di scambio migliore
del baratto. Uno dei governanti notò: "La gente potrebbe cominciare a
scavare l'oro ed a farsi le proprie monete". "Questo non sarebbe
corretto" - disse subito Bankenstein. "Solamente le monete approvate
dal Governo potranno avere corso legale e queste avranno un particolare marchio
di riconoscimento". La cosa sembrò ragionevole e venne proposto di
distribuire le monete in parti uguali alla popolazione. Ma il fabbricante di
candele disse: "Io ne merito di più perché ognuno usa le mie
candele". "No" disse il contadino. "Senza cibo non c'è vita
quindi siamo noi che ne dobbiamo avere di più".
Ed il
battibecco continuò. Bankenstein li lasciò discutere per un po' ed alla fine
disse: "Poiché nessuno riesce a mettersi d'accordo, suggerisco che ne
riceviate l'ammontare che mi chiederete. Non c'è un limite se non la vostra
capacità di restituirmele. Più ne avrete e più dovrete restituirmene nell'arco
di un anno". "E che cosa avrai in cambio?" chiese la gente.
"Poiché offro un servizio, ovvero la distribuzione della moneta, devo
essere pagato per il mio lavoro. Diciamo che per 100 monete, me ne dovrete 105
per ogni anno di indebitamento. Le 5 saranno il mio ricarico e lo chiamerò
'interesse'." Sembrava non ci
fosse altra soluzione ed il 5% sembrò una cifra ragionevole. Fissarono di
cominciare col nuovo sistema il venerdì successivo. Bankenstein non perse
tempo: stampò monete giorno e notte e per la fine della settimana era pronto.
La gente faceva la coda al suo negozio e, dopo che le monete furono controllate
dai governatori, si cominciò col nuovo sistema. Qualcuno ne prese a prestito
poche, giusto per provare come funzionava. Scoprirono che la moneta era una
cosa meravigliosa e ben presto ogni prodotto ebbe il suo prezzo in monete d'oro
o dollari. Il valore attribuito ad ogni oggetto venne chiamato
"prezzo". Il prezzo dipendeva soprattutto dalla quantità di lavoro
necessaria per produrre il bene. Se ci voleva molto lavoro, il prezzo era alto.
Se invece il lavoro necessario era poco, il prezzo era economico. In una città
viveva Andrea, che era l'unico orologiaio. I suoi prezzi erano cari perché i
clienti erano disposti a pagare per avere proprio uno dei suoi orologi. Ben
presto un altro uomo si mise a fare l'orologiaio ed offrì i suoi orologi ad un
prezzo inferiore per riuscire a venderli. Così anche Andrea fu costretto ad
abbassare i prezzi e ben presto i due prezzi scesero. I due orologiai furono
costretti ad offrire una qualità migliore ed un prezzo inferiore per poter
mantenere la clientela. Questa era la pura e semplice libera concorrenza. La
stessa cosa accadde con i muratori, i trasportatori, i contabili, i contadini
ed in ogni altro ramo produttivo. I clienti sceglievano quello che a loro
pareva più conveniente poiché avevano libertà di scelta. Non c'erano ancora dei
sistemi, come le licenze o i dazi doganali, per impedire ad altre persone di
entrare nel commercio. Lo standard di vita aumentò e rapidamente tutti si
chiesero come avrebbero fatto senza il sistema monetario. Alla fine dell'anno,
Bankenstein uscì dal suo negozio e visitò tutta la gente che gli doveva dei
soldi. Qualcuno aveva di più di quello che aveva preso in prestito, ma questo
significava che altri ne avevano meno, poiché era stata emessa una quantità
definita di moneta. Quelli che avevano più di quello che avevano preso in
prestito, restituirono per ogni 100 monete 105 monete, ma dovettero continuare
a prenderne in prestito per andare avanti. Gli altri scoprirono per la prima
volta che avevano un debito.
Prima di
dargli altre monete, Bankentein pignorò alcune loro proprietà ed ognuno cercò
di darsi da fare per trovare quelle cinque monete in più che sembravano sempre
così difficili da conquistare. Nessuno realizzò che, presa nel suo insieme, la
comunità non avrebbe mai potuto soddisfare il debito finché tutte le monete non
fossero state pagate, ma anche allora sarebbero mancate quelle 5 monete in più
che non erano mai state coniate. Solamente Bankenstein si rendeva conto che era
impossibile pagare l'interesse - quella moneta in più che non esisteva:
qualcuno ci doveva rimettere. E' vero che anche Bankenstein avrebbe dovuto
spendere qualche moneta per le sue spese, ma non avrebbe mai potuto spendere il
5% di tutta l'economia solo per sé. C'erano migliaia di persone e Bankenstein
era solo uno. Inoltre, era sempre un orafo che faceva già una discreta vita.
Nel retrobottega, Bankenstein aveva una cassaforte ed alcuni pensarono che
fosse prudente lasciargli in consegna qualche moneta per custodirla. Lui gli
caricava sopra una modesta cifra per il deposito: in base alla quantità di
moneta ed al tempo del deposito. In cambio, al cliente rilasciava una ricevuta.
Quando un cliente andava a far spese, non portava normalmente con sé una gran
quantità di monete: piuttosto pagava il negoziante rilasciandogli una delle
ricevute delle monete in deposito da Bankenstein. I negozianti riconoscevano la
validità e la genuinità delle ricevute e le accettavano con l'idea di poi
restituirle a Bankenstein per riavere indietro le monete. Le ricevute passavano
di mano in mano al posto delle monete d'oro. La gente riponeva una grande
fiducia nelle ricevute e le accettava come fossero monete d'oro.
Ben
presto, Bankenstein si accorse che difficilmente la gente veniva nel suo
negozio per scambiare le ricevute con le monete. Allora si disse: "Ho con
me tutte queste monete d'oro in deposito e devo comunque lavorare duramente per
guadagnarmi la vita. Non ha senso. Ci sono un sacco di persone che sarebbero
disposte a pagarmi un interesse per poterle usare. Quest'oro rimane qui fermo,
inutilizzato. E' vero che non è mio: ma è nella mia disponibilità. Questa è la
sola cosa che importa. Non ho più bisogno di coniare monete: posso usarne un
po' di quelle che sono in deposito". All'inizio cominciò prestandone solo
poche per volta e con estrema cautela. Ma, col passare del tempo, divenne
sempre più disinvolto e prestava molta più moneta. Un giorno gli venne
richiesto un grosso prestito in monete d'oro. Bankenstein suggerì al cliente:
"Invece di trasportare una così grande quantità d'oro, aprirò un deposito
a suo nome e le rilascerò ricevute sufficienti per le monete depositate".
Il cliente accettò ed uscì dal negozio con una manciata di ricevute. Aveva
appena ottenuto un prestito, ma l'oro rimaneva nella cassaforte. Appena il
cliente se n'era andato, Bankenstein sorrise. Poteva finalmente avere la botte
piena e la moglie ubriaca. Poteva prestare oro e rimanerne in possesso. Amici,
stranieri ed addirittura nemici avevano bisogno di fondi per portare avanti i
loro affari e, finché potevano offrire garanzie, avrebbero potuto prendere a
prestito le somme necessarie. Bankenstein era diventato capace di emettere
prestiti per multipli del valore che effettivamente era stato depositato nella
sua cassaforte, e pensare che non ne era nemmeno il proprietario! Tutto andava bene finché i veri proprietari
non avessero richiesto indietro il loro oro e finché fosse rimasta la fiducia
della gente. Bankenstein cominciò a tenere un libro dei debiti e dei crediti
per ogni cliente. Il mestiere di prestar soldi si stava rivelando molto lucroso.
Il suo livello sociale, all'interno della comunità, aumentava di pari passo con
la sua ricchezza. Stava diventando un uomo importante che meritava rispetto. In
materia di finanze, la sua parola era come un verdetto sacro. Gli orafi delle
altre città cominciarono ad incuriosirsi sulle sue attività e un giorno
chiesero di incontrarlo. Lui spiegò quello che stava facendo ma fece attenzione
a sottolineare l'importanza della segretezza della cosa. Se il loro piano fosse
stato reso noto a tutti, la truffa sarebbe presto finita. Si misero così
d'accordo per mantenere la più stretta segretezza sulla loro alleanza.
(associazione segreta) Ognuno tornò nella sua città e divenne un altro
Bankenstein.
La gente
ora accettava le ricevute come fossero oro colato. Molte ricevute venivano
depositate in cassaforte come se fossero oro. Quando un mercante voleva pagare
qualcuno per la sua merce, questi scriveva semplicemente un biglietto con
istruzioni per Bankenstein dove indicava a chi andavano trasferiti i fondi da
prelevare sul suo conto. Bankenstein ci metteva pochissimo ad effettuare le
scritture contabili da un conto all'altro. Questo sistema divenne popolare e
questi biglietti di istruzioni vennero chiamati "assegni". A notte
fonda, gli orafi fecero un altro incontro segreto con Bankenstein in cui questi
spiegò loro un nuovo piano. Il giorno dopo, gli orafi organizzarono una
riunione con tutti i governanti e Bankenstein disse: "Le ricevute di
deposito che abbiamo emesso sono diventate molto popolari. Non c'è dubbio che
molti tra voi le stanno usando e che le trovano molto convenienti". I
governanti annuirono mentre si chiedevano dove voleva arrivare.
"Bene," disse Bankenstein, "alcune di queste ricevute sono state
copiate da dei contraffattori. Questa pratica deve finire." I governatori
si allarmarono: "Che possiamo fare?". Bankenstein replicò: "Il
mio suggerimento è di affidare innanzitutto al governo il compito di stampare
le nuove ricevute su carta speciale con stampati disegni complessi, e che ogni
ricevuta sia firmata dal governatore capo. Noi orafi saremmo felici di pagare
le spese di emissione perché risparmieremmo un sacco di tempo necessario per
compilare le nostre ricevute". I
governatori pensarono che era una buona idea poiché ritenevano che fosse loro
compito proteggere la gente dalla contraffazione. Così furono d'accordo per
stampare le ricevute.
"In
secondo luogo" proseguì Bankenstein, "alcune persone hanno cominciato
a fare delle miniere e si stampano le loro monete d'oro. Suggerisco che si
faccia una legge che obblighi chiunque trovi una pepita d'oro a consegnarcela.
Naturalmente la pagheremo con le ricevute e con le monete d'oro." L'idea
sembrava buona e senza troppo pensarci, stamparono un gran numero di ricevute
nuove di pacca. Ogni ricevuta aveva stampato un valore: 1, 2, 5, 10 dollari,
etc. Il basso costo di stampa veniva pagato dagli orafi. Le note (ricevute)
erano molto più facili da trasportare e presto vennero comunemente accettate
dalla popolazione. Nonostante la loro popolarità, comunque, queste nuove
banconote e monete erano usate solamente nel 10% delle transazioni. I documenti
mostravano che le scritture contabili rappresentavano il 90% di tutti gli
affari.
Era già
pronta la seconda parte del piano.
Fino ad
allora, la gente pagava Bankenstein per conservare le loro ricchezze. Per
attrarre maggiori depositi, Bankenstein offrì un interesse del 3%. Molti già
pensavano che in effetti Bankenstein pagasse loro il 3% mentre riprestava i
loro soldi al 5%, guadagnando un 2%. Ma la gente non faceva obiezioni poiché
ricevere il 3% sui depositi era sempre meglio che pagare per l'uso della
cassaforte. Il volume dei risparmi crebbe e con la moneta in più nelle
casseforti, Bankenstein riusciva ad imprestare il doppio il triplo e fino a
nove volte il valore delle monete e delle banconote che possedeva. Doveva stare
attento a non superare le nove volte poiché una persona su dieci effettivamente
chiedeva indietro le monete o le banconote per usarle. Se al momento del ritiro
non c'era abbastanza moneta come richiesto, la gente diveniva sospettosa
specialmente perché i loro estratti conto mostravano la quantità depositata.
Nonostante ciò, sui 900 dollari che Bankenstein creava con le false scritture
contabili, riusciva a percepire fino a 45 dollari di interessi, ovvero il 5% di
900 dollari. Quando il prestito veniva ripagato, assieme all'interesse, ovvero
945 dollari, i 900 dollari venivano cancellati dalla colonna dei debiti e
Bankenstein si teneva i 45 dollari di interesse. Lui pagava il 3% a chi gli
aveva depositato i 100 dollari effettivamente in cassaforte, ovvero tre
dollari, ed in cambio, inventandosene 900, ne guadagnava 45, con un netto di 42
dollari. Insomma, per ogni 100 dollari depositati, Bankenstein era capace di
guadagnarne 42, mentre la gente pensava ne guadagnasse solo 2. Anche gli altri
orafi-Bankenstein facevano la stessa cosa. Creavano monete dal nulla, con un
tratto di penna sulle scritture contabili, e ci si facevano pagare sopra gli
interessi.(anatocismo) In realtà non coniavano moneta, poiché era il governo
che stampava le note e le monete e poi le dava agli orafi per distribuirle.
L'unica spesa di Bankenstein era la minima spesa tipografica. Ma gli orafi
creavano crediti dal nulla e su questi si facevano pagare gli interessi.
(signoraggio)
La
maggior parte delle persone pensava che la fornitura di moneta fosse una
operazione governativa. Essi pensavano anche che Bankenstein prestasse loro la
moneta effettivamente depositata da qualcun altro. Ma la cosa strana era che
nessun deposito diminuiva, nonostante venissero fatti dei prestiti. Se tutti
fossero corsi allo sportello a ritirare i propri soldi, la frode sarebbe
saltata agli occhi. Quando veniva richiesto un prestito, in banconote o monete,
non c'erano problemi. Bankenstein semplicemente spiegava ai governanti che
l'aumento della popolazione e della produzione richiedeva più banconote, e così
le otteneva pagando le minime spese di stampa. Un giorno, un uomo senziente
andò a trovare Bankenstein. "L'interesse che Lei chiede è sbagliato"
- disse. "Per ogni 100 dollari che emette, ne chiede indietro 105. I 5 in
più non potranno mai essere pagati perché non esistono. I contadini producono
cibo, le industrie producono beni manifatturieri, e così via, ma solamente Lei
produce monete. Supponiamo che ci siano solo due imprenditori in questo paese,
e che tutti gli altri siano impiegati. Ognuno dei due prende a prestito 100
dollari, ne paga 90 di stipendi e spese varie e gli rimangono 10 dollari di
profitto (il suo stipendio). Questo significa che il potere d'acquisto totale è
di 90 + 10 dollari per due, ovvero 200 dollari. Ma per ripagarvi, occorre
vendere tutta la produzione per 210 dollari. Se uno dei due vende per 105,
l'altro non potrà che vendere per 95, ed una parte della merce rimarrà
invenduta poiché non v'è moneta per acquistarla.
Il
secondo imprenditore rimane in debito con voi per 10 dollari e potrà solo
ripagarvi prendendone a prestito ancora. Questo sistema è impossibile."
L'uomo continuò: "Dovreste emettere 105 dollari, 100 per me e 5 per voi da
spendere. In questo modo ci sarebbero 105 dollari in circolazione, ed il debito
potrebbe essere ripagato." Bankenstein ascoltò attentamente ed alla fine
disse: "L'economia finanziaria è una materia complessa, caro ragazzo. Ci
vogliono anni di studio. Lascia che mi occupi io di queste materie e tu pensa
agli affari tuoi. Tu devi diventare più efficiente, devi aumentare la
produzione, tagliare le spese e diventare un uomo d'affari migliore. Sarò
sempre disposto ad aiutarti su questa strada." L'uomo se ne andò ma non
era convinto. C'era qualcosa che non tornava nelle operazioni di Bankenstein e
si era reso conto che le sue domande erano state aggirate. Certo, molta gente
ripetta la parola di Bankenstein: "E' un esperto, gli altri devono aver
torto. Guardate come si è sviluppato il paese, come la nostra produzione è
aumentata - dobbiamo considerarci ricchi." Per coprire l'interesse della
moneta che avevano preso a prestito, i commercianti erano costretti ad
aumentare i prezzi. I dipendenti si lamentavano che le paghe erano
insufficienti ed i datori di lavoro rifiutavano di aumentare gli stipendi,
dicendo che sarebbero andati in rovina. I contadini non riucivano ad ottenere
un giusto prezzo per i loro prodotti. Le massaie si lamentavano che il cibo era
troppo caro. Alla fine alcuni fecero sciopero, una cosa sino ad allora
sconosciuta. Altri venivano colpiti dalla povertà e nemmeno i parenti
riuscivano più ad aiutarli. La maggior parte si era scordata del vero valore
delle cose che aveva intorno - il suolo fertile, le grandi foreste, i minerali
ed il bestiame. Tutti pensavano solo ai soldi che sembravano sempre troppo
scarsi. Ma la gente non metteva mai in dubbio il sistema e pensavano che fosse
il governo a gestirlo. Alcune persone si misero assieme accomunando i soldi che
avevano in eccesso e crearono delle società di finanziamenti e prestiti. In
questo modo, poterono richiedere il 6% di interessi, che era di più del 3%
richiesto da Bankenstein. Ma loro potevano solo prestare il denaro che avevano
e non disponevano del magico potere di Bankenstein di crearlo dal niente
semplicemente falsificando le scritture contabili. Queste società finanziarie
infastidivano in qualche modo Bankenstein ed i suoi compari, così questi ultimi
misero su delle società simili per conto loro. Per la maggior parte
acquistarono le società concorrenti, o ne assunsero il controllo, in modo che
tutto il mercato del credito fosse in mano loro. (monopolio)
La
situazione economica peggiorò.
I
dipendenti erano convinti che i loro capi facevano troppi profitti. I
proprietari dicevano che i lavoratori erano troppo pigri e che non lavoravano
onestamente. Ognuno dava la colpa all'altro. Il governo non riusciva a trovare
una risposta mentre il problema immediato diventava di prendersi cura di chi era
colpito dalla povertà. I governanti cominciarono a creare degli schemi di
assistenza sociale e promulgarono leggi che obbligavano la gente a con
tribuire. Questo fece arrabbiare parecchia gente che pensava che la carità
fosse un atto volontario. "Queste leggi non sono nient'altro che una
rapina legalizzata. Prendere qualcosa a qualcuno contro la sua volontà, al di
là dello scopo per cui lo si faccia, non è differente dal rubare." Ma
ognuno si sentiva indifeso ed era terrorizzato dalla possibilità di finire in
galera se non avesse pagato. Gli schemi di assistenza sociale sembravano dare
un qualche sollievo, ma ben presto il problema si ripresentò e fu necessario
raccogliere altri soldi. Il costo di questo assistenzialismo aumentava di pari
passo con la dimensione dell'amministrazione governativa. Molti governanti
erano persone sinceramente orientate a fare del loro meglio. Questi non amavano
chiedere ancora più soldi al loro popolo e, alla fine, risolsero di chiederlo
in prestito a Bankenstein ed ai suoi compari. I governanti non avevano idea di
come ripagare i debiti contratti. I genitori non poterono più pagare i maestri
per i loro bambini, né i dottori. Gli operatori dei trasporti cominciavano a
fallire. Alla fine il governo venne costretto ad assumersi tutti questi servizi
ad uno ad uno. Insegnanti, dottori ed altri, divennero dipendenti pubblici.
Pochi erano soddisfatti del loro lavoro: avevano ora un stipendio assicurato ma
perdevano la loro identità. Erano diventati i piccoli ingranaggi di una macchina
gigantesca.
Non
c'era più spazio per l'iniziativa personale, per un riconoscimento dei meriti:
lo stipendio era prefissato e le promozioni arrivavano solo se andavano in
pensione o morivano i loro superiori. Nella più completa disperazione, i
governanti chiesero consiglio a Bankenstein. Infatti lo consideravano come un
saggio e questi sembrava sempre sapere come risolvere i problemi monetari.
Bankenstein li ascoltò mentre essi illustravano tutti i loro problemi, ed alla
fine disse: "Molta gente non è capace di risolvere da sé i propri problemi
- hanno bisogno di qualcuno che lo faccia per loro. E' ovvio che siete
d'accordo sul fatto che la maggior parte della gente ha il diritto di essere
felice e di essere fornita con i beni essenziali per vivere. Uno dei nostri
detti è: tutti sono uguali - o no? Bene, l'unico modo per bilanciare la
situazione è di prendere la ricchezza dai ricchi e darla ai poveri. Introducete
un sistema di tassazione. Più uno guadagna, più deve pagare. Raccogliete le
tasse da tutti secondo le loro capacità e datele a tutti secondo i loro
bisogni. Le scuole e gli ospedali saranno gratuiti per quelli che non potranno
permetterseli." Bankenstein fece un bel discorso infarcito di alti ideali
e concluse: "A proposito, ricordatevi che mi dovete dei soldi. E' da un
po' che mi avete richiesto prestiti. L'unica cosa che posso fare per aiutarvi,
è di chiedervi di ripagare solo l'interesse. Il capitale rimarrà lì
fermo." Essi se ne andarono e senza riflettere a fondo sulle
considerazioni di bankenstein, introdussero la tassa progressiva sul reddito.
Più uno guadagnava, più pagava. Questo sistema non piaceva a nessuno, ma o
pagavano o finivano in prigione. I commercianti furono costretti ad aumentare
ulteriormente i loro prezzi. I dipendenti chiesero stipendi più alti
costringendo gli imprenditori più deboli a chiudere - o a rimpiazzare i
lavoratori con le macchine. Questo causò ancor più disoccupazione che
costringeva il governo ad aumentare lo stato sociale e gli interventi
assistenziali. Vennero introdotti dazi doganali ed altri sistemi
protezionistici allo scopo di tenere a galla qualche industria per mantenere un
minimo di occupazione. Alcuni cominciarono a chiedersi se lo scopo della
produzione fosse quello di produrre merci o semplicemente di offrire
assunzioni. Mentre le cose peggioravano, cercarono di attuare il controllo
degli stipendi, dei prezzi, e di quant'altro. Il governo cercò di aumentare le
tasse in tutti i modi possibili. Qualcuno notò che su un filone di pane, dal
grano del contadino fino al fornaio, c'erano più di 50 tasse. Arrivarono gli
"esperti" e qualcuno andò al governo. Ma nonostante le annuali
riunioni, non riuscivano ad ottenere niente a parte gli articoli di stampa che
dicevano che le tasse andavano "ristrutturate", ma alla fine
aumentavano sempre. Bankenstein cominciò a richiedere indietro gli interessi
"dovuti" ed una fetta sempre maggiore del prodotto interno lordo
andava sprecato nel ripagamento della sua truffa contabile (in Italia siamo al
106% di debito pubblico rispetto al PIL: produciamo 100 ma siamo
"indebitati" per 106).
Si
formarono quindi dei partiti politici e la gente cominciò a chiedersi chi
poteva meglio risolvere i suoi problemi. I partiti parlavano di tutto, delle
personalità, degli ideali, delle ideologie, di tutto fuorché del vero problema.
(omertà) I Comuni cominciarono ad avere delle difficoltà. In una delle città
l'interesse sul debito era superiore alle tasse raccolte in un anno. Attraverso
il paese, l'interesse non pagato aumentava. L'anno dopo, venivano calcolati gli
interessi sull'interesse, incrementando ulteriormente il debito. Lentamente ma
inesorabilmente, la ricchezza del Paese diventava possesso o era sotto il
controllo di Bankenstein e della sua cosca, parallelamente molta gente ne
diveniva schiava. Ma il controllo sulla gente non era ancora completo ed i
malviventi non sarebbero stati al sicuro finché non lo fosse stato. La maggior
parte delle persone che osavano opporsi, poteva essere silenziata attraverso la
pressione finanziaria o venendo ridicolizzata. Per ottenere lo scopo, la cosca
di Bankenstein comprò la maggior parte dei giornali, delle radio e delle
televisioni selezionando accuratamente le persone che vi avrebbero operato.
Molte persone avevano un sincero desiderio di migliorare il mondo, ma non
realizzavano di essere strumentalizzate. Si occupavano sempre degli effetti dei
problemi trascurandone le cause. C'erano vari giornali: uno per la destra, uno
per la sinistra, uno per i salariati ed uno per i padroni, e così via. Non
aveva molto significato a quale gruppo uno appartenesse, l'importante era di
non guardare in faccia i problemi reali. (omertà)
Il piano
di Bankenstein era quasi completo - tutta la nazione era indebitata con lui.
Attraverso l'educazione ed i media, Bankenstein controllava la mente delle
persone. Queste potevano solo pensare quello che decideva lui. Quando un uomo
ha più soldi di quanti mai ne possa spendere per soddisfare i suoi piaceri, che
cosa più lo può eccitare? Per quelli che hanno la mentalità della classe dirigente,
la risposta è il potere - il puro potere dell'uomo sull'uomo. Anche gli
idealisti venivano assunti nei media e nel governo, ma i veri camerieri che
Bankenstein cercava erano quelli con la mentalità della classe dirigente. La
maggior parte degli orafi avevano scelto questa strada. Essi conoscevano
l'eccitazione della grande ricchezza, ma non ne erano più soddisfatti. Avevano
bisogno di una sfida più eccitante ed il gioco finale era il potere sulle
masse. Essi credevano di essere superiori a tutti gli altri: "E' nostro
dovere e diritto governare. Le masse non sanno cosa è bene per loro. Hanno
bisogno di essere inquadrati ed organizzati. Governare è il nostro diritto
dalla nascita." Attraverso tutto
il paese, Bankenstein ed i suoi picciotti possedevano molti uffici di prestito.
Certo, erano di proprietà privata ed erano separati l'un l'altro. In teoria,
erano in concorrenza l'uno con l'altro, ma in realtà lavoravano gomito a
gomito.
Dopo
aver convinto alcuni governanti, misero su una istituzione che chiamarono la
"Banda Centrale". Non usarono neppure i loro soldi per crearla:
crearono del credito utilizzando i depositi della stessa popolazione. Questa
istituzione aveva la sembianza di una operazione del governo tesa a regolare la
fornitura della moneta, ma stranamente, nessun funzionario pubblico venne mai
ammesso nel consiglio d'amministrazione. Il governo non prendeva più a prestito
direttamente da Bankenstein, ma cominciò ad usare un sistema di cambiali che
scontava presso la Banda Centrale. I Buoni del Tesoro offerti non erano altro
che la promessa di future tasse da riscuotere dai cittadini. Questo era
confacente al piano di Bankenstein: far sì che la sua rapina sembrasse una
operazione governativa. Ma dietro le scene, il burattinaio era sempre lo
stesso. Indirettamente, Bankenstein aveva un tale controllo sull'operato del
governo che quest'ultimo non aveva più scelta. Bankenstein amava dire in
privato: "Datemi il controllo sulla moneta di una nazione e non mi
fregherà niente di chi fa le leggi". Non aveva alcuna importanza quali
fossero i governanti di volta in volta eletti, Bankenstein aveva il controllo
della moneta, la linfa vitale della nazione. Il governo otteneva i soldi, ma
ogni volta veniva caricato l'interesse su ogni prestito. Sempre più risorse
venivano bruciate in progetti assistenzialisti e, ben presto, il governo non fu
più nemmeno in grado di pagare l'interesse, figuriamoci il capitale. (pizzo)
Ancora si trovavano delle persone che ponevano la domanda: "La moneta è
una creazione dell'uomo. Non può essere aggiustata per servire l'uomo invece di
comandarlo?"
Ma
queste persone diminuivano sempre più e le loro voci si sperdevano nel folle
trambusto per l'interesse inesistente. Le amministrazioni cambiavano, i partiti
cambiavano di nome, ma le politiche continuavano uguali. Al di là di qualsiasi
governo che fosse al "potere", l'obiettivo di Bankenstein si
avvicinava sempre più ogni anno che passava. Le politiche della gente non
contavano niente. Il popolo veniva tassato al limite, non poteva ormai pagare
di più. Era giunto il momento per l'ultima mossa di Bankenstein. Il 10% della
moneta era ancora sotto forma di banconote e monete. Queste dovevano essere
abolite in un modo da non destare sospetti. Finché la gente usava il contante,
essa era libera di acquistare quello che voleva, mantenendo ancora un qualche
controllo sulla propria vita. Andare in giro con somme in contanti non era
abbastanza sicuro, data la povertà e la disperazione diffusa causate dalla
cosca di bankenstein: si poteva essere anche rapinati da qualcun altro! Gli
assegni non venivano accettati al di fuori della comunità locale e quindi si
doveva pensare ad un sistema più efficiente per sostituire il contante. Ancora
una volta, Bankenstein aveva pronta la risposta. La sua cosca creò una carta di
plastica personalizzata che mostrava il nome, la foto ed un numero
d'identificazione del portatore. Ogni volta che questa carta veniva presentata,
il negoziante telefonava al computer centrale per controllarne il credito. Se
era a posto, la persona poteva fare acquisti fino ad un certo importo.
All'inizio le persone vennero autorizzate a spendere una piccola somma, e se
questa veniva ripagata entro il mese, non veniva addebitato alcun interesse.
Questo poteva andar bene per il dipendente, ma l'uomo d'affari come poteva
fare? Egli doveva acquistare macchinari, materie prime, pagare i dipendenti,
etc. Vendendo poi i prodotti, ripagava il credito utilizzato.
Se un
mese non ce la faceva, gli veniva caricato un interesse di 1,5% al mese. In un
anno, l'interesse composto superava il 18%. Gli uomini d'affari non avevano
altra possibilità che aggiungere questo costo al prezzo finale dei loro
prodotti. Anche se questa moneta e credito (circa 18%) non era stato prestato a
nessuno. In tutto il paese, agli imprenditori venne addossato il compito
impossibile di ripagare i 100 dollari presi a prestito con 118 dollari di cui
18 non sono mai esistiti. Ma Bankenstein ed i suoi picciotti acquisivano sempre
più prestigio nella società. Venivano considerati come pilastri di
rispettabilità, dei veri e propri uomini d'onore. Le loro affermazioni sulle
questioni finanziarie ed economiche venivano seguite con fede religiosa. Sotto
il fardello di tasse sempre maggiori, molte piccole imprese collassarono. Per
effettuare delle attività venivano richieste licenze specifiche, chi non le
aveva non poteva reinserirsi. Bankenstein controllava tutte le grandi società
che avevano centinaia di filiali e sussidiarie. Queste sembravano in
concorrenza tra loro, ma lui le controllava tutte. Gli eventuali concorrenti
venivano sistematicamente eliminati. Gli elettricisti, gli idraulici, i
tappezzieri: tutti subirono lo stesso fato. Vennero fagocitati dalle società
giganti di bankenstein che ricevevano i sussidi governativi. Bankenstein aveva
voluto le carte di credito per eliminare i contanti: una volta che questi
fossero spariti, solo chi possedeva la carta di credito avrebbe potuto
sopravvivere. Egli pianificò che chi
avrebbe perso la carta di credito, sarebbe stato impossibilitato a vendere od
ad acquistare qualsiasi cosa, fino a che non ne fosse stata verificata
l'identità. Per questo propose una legge che imponeva a tutti di fare un
tatuaggio di identificazione sulla mano, un tatuaggio rilevabile da uno
speciale lettore collegato al computer.
Ogni
computer sarebbe stato collegato al computer centrale dimodoché, di ognuno, si
potesse sapere dove era e cosa stesse facendo, in qualsiasi momento.
L’Isola
dei Naufraghi (di Louis Even)
Salvati
dal naufragio. Un’esplosione ha distrutto la loro nave. Ognuno si
aggrappa ai primi pezzi fluttuanti che gli capitano sotto mano. Cinque sono
riusciti a trovarsi riuniti sullo stesso relitto spinto dalle onde. Degli altri
compagni del naufragio nessuna notizia. Da ore, lunghe ore, scrutano l’orizzonte:
qualche nave viaggiante li vedrà? La loro zattera di fortuna approderà su
qualche riva ospitale? Ad un tratto, si sente un grido: Terra! Terra laggiù!
Guardate! Proprio nella direzione verso cui le onde ci spingono! Ed a misura
che si disegna, in effetto, la linea d’una riva, i visi si rallegrano. Essi
sono cinque. Cinque Canadesi: Francesco, il grande e forte carpentiere, che per
prima ha gridato: Terra! Paolo, coltivatore. Giacomo, specialista per
l’allevamento di animali. Enrico, dottore in agraria. Tommaso, ingegnere
minerario.
Un’isola
provvidenziale. Rimettere i piedi su una terra ferma, per i nostri
uomini è un ritorno alla vita. Una volta asciugati e riscaldati, il loro primo
pensiero è fare conoscenza con quest’isola dove sono stati spinti… lontani
dalla civilizzazione. Questa isola la battezzano col nome: L’Isola dei
Naufraghi. Un rapido giro sull’isola colma le loro speranze. L’isola non è un
deserto arido. Essi sono ora i soli uomini ad abitarla attualmente. Ma altri
hanno dovuto viverci prima di loro: hanno incontrato qua e là sull’isola greggi
semiselvaggi. Giacomo, l’allevatore, afferma che potrà migliorarli e trarne un
buon rendimento. In quando al suolo dell’Isola, Paolo lo trova in gran parte
assai propizio alla coltura. Enrico ha scoperto alberi fruttiferi e spera poter
ottenerne grande profitto. Francesco vi ha notato soprattutto le belle distese
forestali, ricche in legno di ogni specie: sarà molto facile abbattere alberi e
costruire ricoveri per la piccola colonia. In quanto a Tommaso, l’ingegnere,
ciò che lo ha interessato è la parte la più rocciosa dell’Isola. Egli vi ha
notato molti segni indicando un sottosuolo molto ricco di minerali. Nonostante
la mancanza di attrezzi perfezionati, Tommaso crede avere abbastanza iniziativa
e scaltrezza per trasformare il minerale in metalli utili. Ognuno potrà dunque
occuparsi alle sue opere favorite per il bene di tutti. Tutti sono unanimi a
lodare la Provvidenza per lo scioglimento relativamente felice d’una grande
tragedia.
Le vere
ricchezze. Ecco i nostri uomini al lavoro. Le case ed i mobili sono
costruiti dal falegname. Nei primi tempi, si sono accontentati di alimenti
primitivi. Ma ben presto i campi coltivati danno buone raccolte. Stagioni dopo
stagioni, il patrimonio dell’Isola si arricchisce. Si arricchisce non d’oro o
di denaro stampato, ma di vere ricchezze: cose che nutrono, che abbigliano, che
ricoverano, che rispondono a veri bisogni. La vita non è sempre facile e
mancano tante cose alle quali erano abituati nella civiltà. D’altronde, la loro
sorte avrebbe potuto essere molto più triste. Essi hanno comunque già
conosciuto tempi di crisi in Canada. Essi ricordano le privazioni a cui sono
stati sottoposti, mentre che i magazzini erano pieni, a dieci passi dalla loro
porta di casa. Almeno, sull’Isola dei Naufraghi, nessuno li condanna a vedere
marcire, sotto i loro occhi, cose di cui hanno bisogno. Poi le tasse sono
sconosciute. Non c’è da temere i sequestri. Se il lavoro è duro talvolta,
almeno si ha il diritto di godere i frutti del lavoro. Insomma, sfruttano
l’Isola, benedicendo Dio, sperando un giorno di poter ritrovare parenti ed
amici, con due grandi beni conservati: la vita e la salute.
Il
maggiore inconveniente. Il nostri uomini si riuniscono spesso per discutere
dei loro affari. Nel sistema economico molto semplice che essi praticano, una
cosa ritorna sempre più in mente: non hanno alcuna specie di moneta e lo
scambio, il cambio diretto di prodotti con prodotti, ha molti inconvenienti. I
prodotti da scambiare non sono sempre l’uno di fronte all’altro nello stesso
momento. Così avviene che la legna consegnata al coltivatore durante l’inverno,
potrà essere rimborsata in legumi soltanto fra sei mesi. Molte volte viene
consegnato di colpo un grosso materiale da uno degli uomini, ed in cambio, egli
vorrebbe differenti piccoli oggetti, prodotti da parecchi altri ed ad epoche
differenti. Tutto questo complica gli affari. Se vi fosse denaro in
circolazione, ognuno potrebbe vendere i suoi prodotti agli altri in cambio di
denaro. Con la moneta ricevuta si potrebbe comprare dagli altri le cose che si
desiderano, quando le si desiderano e quando vi sono. Tutti sono d’accordo a
riconoscere la comodità di possedere un sistema di denaro. Ma nessuno di loro
sa come stabilirne uno. Hanno imparato a produrre la vera ricchezza, le cose.
Ma non sanno fare i segni, il denaro. Nonostante si decide insieme di avere
denaro, ignorano come fare e come farlo incominciare quando non ce n’è... Senza
dubbio molti uomini istruiti sarebbero altrettanto nell’imbarazzo; tutti i loro
governanti sono stati nello stesso imbarazzo dieci anni prima della guerra.
Solo il denaro mancava al paese ed il governo restava paralizzato di fronte a
questo problema.
Arrivo
d’un rifugiato. Una sera che i nostri uomini, seduti sulla
spiaggia, parlano per la centesima volta di questo problema, tutto d’un tratto
vedono avvicinarsi una barca guidata da un solo uomo. Si affrettano ad aiutare
il nuovo naufrago. Gli offrono le prime cure e discorrono. Parla francese, ma i
lineamenti del viso fa pensare che è di un’altra origine. Apprendono che è un
Europeo, il solo sopravvivente di un naufragio. Il suo nome: Martin Golden.
Felice di avere un altro compagno, i cinque uomini lo accolgono con calore e
gli fanno visitare la colonia. “Malgrado siamo perduti lontano dal resto del
mondo - gli dicono - non siamo proprio da compiangere. La terra rende molto
bene ed anche la foresta. Una sola cosa ci manca: non abbiamo denaro per
facilitare lo scambio dei nostri prodotti.” “Benedite il caso che mi ha portato
qui! - risponde Martin - Il denaro non ha misteri per me. Io, sono un banchiere
ed in poco tempo posso installarvi un sistema monetario che vi darà
soddisfazione.” Un banchiere!... Un banchiere!... Un angelo venuto direttamente
dal cielo non avrebbe inspirato maggiore reverenza. In paesi civilizzati non
siamo forse abituati ad inchinarsi davanti ai banchieri che controllano le
pulsazioni della finanza?
Il dio
della civiltà. “Signor Martin, poiché siete banchiere, voi non
lavorerete sull’Isola. Vi occuperete solamente del nostro denaro.” “Me ne
disobbligherò colla soddisfazione, come ogni banchiere, di stimolare la
prosperità comune.” “Signor Martin, vi costruiremo una dimora degna di voi. Nel
fra tempo, vi possiamo installare nell’edificio che serve alle nostre riunioni
pubbliche ?” “Molto bene, amici miei. Ma incominciamo a sbarcare tutto ciò che
sono riuscito a salvare dal naufragio: una piccola pressa, della carta e
soprattutto un piccolo barile che tratterete con molto cura.” Si sbarca tutto.
Il piccolo barile intriga la curiosità della nostra brava gente. “Questo barile
- dichiara Martin - è un tesoro senza pari. È pieno d’oro!” Pieno d’oro! Cinque
anime mancarono di sprigionarsi da cinque corpi. Il dio della civiltà entrato
nell’Isola dei Naufraghi. Il dio giallo, sempre nascosto, ma potente,
terribile, la cui presenza o assenza o i minimi capricci possono decidere della
vita di 100 nazioni! “Dell’oro! Signor Martin, vero grande banchiere! Ricevete
i nostri omaggi ed i nostri giuramenti di fedeltà.” “Dell’oro per tutto un
continente, miei amici. Ma non è l’oro che deve circolare. Bisogna nascondere
l’oro: l’oro è l’anima di tutto il denaro sano. L’anima deve restare
invisibile. Io vi spiegherò tutto da quando vi darò il denaro.”
Un
seppellimento senza testimone. Prima di separarsi per la notte,
Martin rivolge loro un’ultima domanda: “Per incominciare, di quanto denaro
avreste bisogno sull’Isola, per facilitare i vostri scambi?” Si guardano.
Consultano umilmente lo stesso Martin. Colle suggestioni del benevolo banchiere
si conviene che $200 per ognuno paiono abbastanza per incominciare.
Appuntamento fissato per domani sera. Gli uomini si ritirano, scambiano tra di
loro, riflessioni commosse, vanno a dormire tardi, s’addormentano bene soltanto
verso il mattino, dopo avere a lungo sognato oro ad occhi aperti. Martin, lui,
non perde tempo. Dimentica la sua stanchezza per non pensare che al suo
avvenire di banchiere. Allo spuntare del giorno scava un fosso e rotola il
barile dentro, lo copre di terra, lo dissimula con dei ciuffi d’erba
accuratamente posti, vi trapianta un piccolo arbusto per nascondere ogni
traccia. Poi mette in moto la sua piccola pressa, per stampare mille biglietti
da un dollaro. Vedendo i biglietti uscire della pressa, tutti nuovi, sogna in
se stesso: “Come sono facili da fare questi biglietti! Essi traggono il loro
valore dai prodotti che serviranno a comprare. Senza prodotti, i biglietti non
varrebbero nulla. I miei cinque ingenui clienti non pensano a questo. Credono
sia l’oro a garantire i dollari. Io li tengo per la loro ignoranza!” Verso
sera, i cinque arrivano correndo presso Martin.
A chi il
denaro fatto di fresco? Cinque mucchietti di biglietti erano là, sulla
tavola. “Prima di distribuirvi questo
denaro - disse il banchiere - bisogna intendersi.” “Il denaro è basato
sull’oro. L’oro, collocato nella volta della mia banca, è mio. Dunque il denaro
è mio... Oh! Non siate tristi. Io vi presterò questo denaro e voi l’userete a
vostro piacere. In attesa, non vi carico che gli interessi. Visto che il denaro
è raro sull’Isola, essendo che non ce n’è affatto, io credo di essere
ragionevole, domandandovi solo un piccolo interesse dell’otto per cento.” “Un
ultimo punto amici. Gli affari sono affari, anche tra grandi amici. Prima di toccare
il proprio denaro, ognuno di voi, firmerà questo documento: c’è l’impegno per
ognuno di voi di rimborsare capitale ed interessi, su pena di confisca, da me,
delle loro proprietà. Oh! Una semplice garanzia. Io non tengo per nulla ad
avere mai le vostre proprietà, io mi contento del denaro. Io sono sicuro che
voi conserverete i vostri beni e che mi restituirete il denaro.” “E’ pieno di
buon senso, Signor Martin. Noi raddoppieremo d’ardore al lavoro e vi
rimborseremo tutto.” “Va bene. E venite a trovarmi ogni qual volta abbiate
problemi. Il banchiere è il migliore amico di tutti... Adesso, ecco ad ognuno i
suoi 200 dollari.” Ed i nostri cinque uomini se ne vanno contenti, la testa e
le mani piene di dollari.
Un
problema d’aritmetica. Il denaro di Martin ha circolato nell’Isola. Gli
scambi si sono moltiplicati, semplificandosi. Tutti si rallegrano e salutano
Martin con rispetto e gratitudine. Frattanto, Tommaso, l’ingegnere, è inquieto.
I suoi prodotti sono ancora sotto terra. Non ha più in tasca che qualche
dollaro. Come potrà rimborsare alla prossima scadenza il banchiere? Dopo aver
ragionato a lungo sul suo problema individuale, Tommaso considera questo
socialmente: “Considerando la popolazione di tutta quanta l’Isola - pensa -
siamo noi in grado di mantenere i nostri impegni? Martin ha fatto una somma
totale di $1,000. Egli domanda una somma di $1,080. Persino prenderemmo insieme
tutto il denaro dell’Isola per portarglielo, ciò farebbe $1,000 e non $1,080.
Nessuno ha fatto gli $80 in più. Noi facciamo prodotti, non dollari. Martin
potrà dunque sequestrare tutta l’Isola, poiché noi tutti insieme, non possiamo
restituire capitale ed interessi. “Quelli che sono capaci rimborsano per se
stessi, senza preoccuparsi degli altri, molti cadranno subito, altri sopravviveranno.
Ma, il turno degli altri verrà ed il banchiere prenderà tutto. Dunque è meglio
mettersi insieme immediatamente e regolare quest’affare socialmente.” Tommaso
non ha difficoltà a convincere gli altri che Martin li ha imbrogliati. Tutti si
danno appuntamento dal banchiere.
Benevolenza
del banchiere. Martin indovina il loro stato d’animo, ma fa buona
faccia. L’impetuoso Francesco presenta il caso: “Come possiamo noi portarvi
$1,080 quando non ce n’è che $1,000 in tutta l’Isola?” “E’ l’interesse, miei
buoni amici. Non è la vostra produzione aumentata?” “Si, ma, il denaro, lui,
non è aumentato. Ora, c’è giustamente del denaro che voi reclamate e non dei
prodotti. Voi solo potete fare del denaro. Ora voi non avete fatto che $1,000 e
ne domandate $1,080. Questo è impossibile!” “Aspettate, miei amici. I banchieri
si adattano sempre alle condizioni per il maggior bene comune... Io non vi
domanderò che l’interesse. Niente altro che $80. Voi continuerete a tenere il
capitale.” “Voi ci abolite i nostri debiti” “No, mi dispiace, ma un banchiere
non rimette mai un debito. Voi mi dovete ancora tutto il denaro prestato. Ma
voi non mi rimetterete ogni anno che l’interesse. Se voi siete assidui a pagare
l’interesse, io non vi incalzerò per il rimborso del capitale. Qualcuno di voi
possono divenire incapaci di pagare persino il loro interesse, poiché il denaro
va da una persona all’altra. Allora organizzatevi come una nazione e fondate un
sistema di collezione. Ciò si chiama tassare. Voi tasserete di più quelli che avranno
più denaro, e gli altri meno. Purché voi mi apportiate collettivamente il
totale dell’interesse, io sarò soddisfatto e la vostra nazione andrà bene.” I
nostri uomini rincasano metà calmati e metà pensierosi.
L’estasi
di Martin Golden. Martin è solo. Qualche minuto di raccoglimento.
Egli conclude: “Il mio affare è buono. Buoni lavoratori, questi uomini, ma
ignoranti. La loro ignoranza e fiducia fanno la mia forza. Essi volevano del
denaro, io gli ho passato delle catene. Essi mi hanno coperto di fiori, mentre
io li ingannavo. Oh! grande Rothschild, io sento il tuo genio di banchiere
impadronirsi dei mio essere. Tu lo hai ben detto, illustre maestro: ‘Che mi sia
accordato il controllo del denaro di una nazione ed io m’infischio di chi fa le
sue leggi.’ Io sono il padrone dell’Isola dei Naufraghi, perché ho il controllo
del suo sistema monetario. Potrei controllare un universo. Ciò che faccio qui,
io, Martin Golden, lo posso fare nel mondo intero. Che io esca, un giorno, da
questa Isola: so come governare il mondo senza tenere di scettro. Il mio
diletto sovrano sarebbe di versare la mia filosofia nelle teste dei cristiani:
banchieri, padroni di industria, politicanti, salvatori di popolo, professori,
giornalisti, essi sarebbero miei servi. La massa dei cristiani si addormenta
meglio nella sua schiavitù, quando i capomastri di schiavi sono essi stessi
cristiani.” E tutta la struttura del sistema bancario rothschildiano sorge
nello spirito lietissimo di Martin. Frattanto, la situazione peggiora
sull’Isola dei Naufraghi. Anche se la produttività aumenta, diminuiscono gli
scambi. Martin pompa regolarmente i suoi interessi. Bisogna pensare a mettere
denaro da parte per lui. Il denaro incolla, e lui fa circolare il male. Quelli
che pagano più tasse gridano contro gli altri e aumentano i loro prezzi per
trovare compenso. I più poveri, che non pagano tasse, gridano contro i costi
della vita e comprano meno. Il morale diminuisce, la gioia di vivere se ne va.
Non si ha più cuore al lavoro. A che vale? I prodotti si vendono male; e quando
si vendono, bisogna infliggere delle tasse per Martin. La gente si priva. E’ la
crisi. Ed ognuno accusa il suo vicino di mancare di virtù e di essere la causa
della vita sempre più cara. Un giorno, Enrico, riflettendo nel mezzo del suo
frutteto, conclude che il “progresso” apportato dal sistema monetario del
banchiere, ha rovinato tutto nell’Isola. Certamente, i cinque uomini hanno i
loro difetti; ma il sistema di Martin nutre tutto ciò che è di più cattivo
nella natura umana. Enrico decide di convincere e di raccogliere i suoi
compagni. Incomincia da Giacomo. Subito fatto: “Eh! - dice Giacomo - non sono
affatto sapiente, io; ma è da molto tempo che lo sento: il sistema di quel
banchiere è più putrido che il letame della mia stalla della scorsa primavera?”
Tutti sono guadagnati l’uno dopo l’altro, ed un nuovo abboccamento con Martin è
deciso.
Presso
il fabbro di catene. Ci fu
una tempesta presso il banchiere: “Il denaro è raro sull’Isola, Signor, perché
voi ce lo togliete. Vi paghiamo, vi paghiamo, e vi dobbiamo ancora altrettanto
che al principio. Lavoriamo, facciamo le terre più belle, ed ecco che siamo più
mal presi di prima che voi foste arrivato. Debito! Debito! Debiti fin sopra le
teste!” “Orsù! miei amici, ragioniamo un po’. Se le vostre terre sono più
belle, è grazie a me. Un buon sistema bancario è il più bell’attivo per un
paese. Ma per approfittarne bisogna, prima di tutto, conservare la fiducia al
banchiere. Venite a me come ad un padre... Voi volete altro denaro? Molto bene.
Il mio barile d’oro vale molte volte mille dollari... Tenete, io ipotecherò le
vostre nuove proprietà e vi presterò immediatamente un altro mille dollari.”
“Due volte più di debiti? Due volte più di interesse da pagare ogni anno, senza
mai finire?” “Si, ma io ve ne presterò ancora tanto che voi aumenterete la
vostra ricchezza fondiaria; e voi non mi restituirete che l’interesse. Voi
accatasterete i prestiti, li chiamerete: debito consolidato. Debito che potrà
aumentare di anno in anno. Ma anche il vostro reddito. Grazie ai miei prestiti,
voi svilupperete il vostro paese.” “Allora, più il nostro lavoro farà produrre
l’Isola, piò il nostro debito totale aumenterà?” “Come in tutti i paesi
civilizzati: il debito pubblico è un barometro della prosperità.”
Il lupo
mangia gli agnelli. “E’ questo ciò che voi chiamate denaro sano, Signor
Martin? Un debito nazionale divenuto necessario ed impagabile? Ciò non è sano,
ciò è malsano.” “Signori, ogni denaro sano deve essere basato sull’oro e deve
uscire dalla banca allo stato di debito. Il debito nazionale è una buona cosa:
esso mette i governi sotto la saggezza incarnata nei banchieri. A titolo di
banchiere, io sono una fiaccola di civiltà nella vostra Isola.” “Signor Martin,
noi non siamo che degli ignoranti, ma noi non ne vogliamo sapere affatto di
tale civiltà. Noi non prenderemo più a prestito un solo soldo da voi. Denaro
sano o non sano, noi non vogliamo più fare affari con voi.” “Mi dispiace questa
decisione goffa, Signori. Ma, se rompete il contratto con me, io ho le vostre
firme. Rimborsatemi immediatamente tutto, capitale e interessi.” “Ma, questo è
impossibile, Signore. Anche restituendovi tutto il denaro dell’isola, non
saremmo liberi.” “Non posso farci niente… Avete firmato, si o no? Si! Ebbene,
in virtù della santità dei contratti, io sequestro tutte le vostre proprietà
ipotecate, come convenuto tra noi, al tempo in cui eravate così contenti di
avermi. Voi non volete servire con beneplacito la potenza del denaro, voi la
servirete con la forza. Voi continuerete a sfruttare l’Isola, ma per me e alle
mie condizioni. Andate. Io vi darò i miei ordini domani.”
Il
controllo dei giornali. Come Rothschild, Martin sa che colui che controlla
il sistema monetario di una nazione, controlla questa nazione. Ma lui sa anche,
che, per mantenere questo controllo bisogna intrattenere il popolo
nell’ignoranza e divertirlo con altre cose. Martin ha notato che tra i cinque
uomini, due sono conservatori e tre sono liberali. Lo ha notato dalle
conversazioni dei cinque, la sera, soprattutto da quando sono diventati suoi
schiavi. Si litigano tra rossi e blu. Di quando in quando, Enrico, meno
partigiano, suggerisce un’Unione degli Elettori, per meglio risolvere insieme,
una situazione penosa a tutti... Unione pericolosa che può portare alla
dittatura. Martin si applicherà dunque ad inasprire le loro discordie politiche
il più possibile. Si serve della sua piccola pressa per pubblicare due
foglietti settimanali: “Il Sole” per i rossi; “La Stella” per i blu. “Il Sole”,
in sostanza dice: Se voi non siete più padroni nel vostro paese, è a causa di
questi arretrati di blu, sempre attaccati ai grossi interessi. “La Stella” dice
in sostanza: Il vostro debito nazionale è l’opera dei maledetti rossi, sempre
pronti a qualsiasi avventura politica. E i nostri due gruppi politici si
litigano sempre più, dimenticando il vero fabbro di catene, il controllore del
denaro, Martin. Un giorno Tommaso, l’ingegnere, scopre, incagliata nel fondo di
un’ansa, alla fine dell’Isola e velata da alte erbe, una barca da salvataggio,
senza remi, senza altra traccia di servizio che una cassa ben conservata. Apre
la cassa: oltre a un panno e a qualche piccolo oggetto, la sua attenzione si
ferma si di un libro-album ancora ben conservato intitolato: “Primo Anno di
Verso Domani”. Curioso, il nostro uomo si siede e apre questo libro. Egli
legge. Egli divora. S’illumina: “Ma ecco - esclama - ciò che avremmo dovuto
sapere da molto tempo.”
Un
relitto prezioso. Il denaro non trae affatto il suo valore dall’oro,
ma dai prodotti che il denaro compra. “Il denaro può essere una semplice
contabilità, i crediti passando da un conto all’altro secondo le compre e le
vendite. Il totale del denaro in rapporto con il totale della produzione. “Ad
ogni aumento della produzione, deve corrispondere un aumento equivalente del
denaro... Mai interesse da pagare sul denaro, nascendo... Il progresso
rappresentato, non da un debito pubblico, bensì da un dividendo uguale a
ciascuno... I prezzi, aggiustati al potere di acquisto per un coefficiente dei
prezzi... Il Credito Sociale...” Tommaso non si tiene piò. Si alza e corre, con
il suo libro, a fare partecipi della sua splendida scoperta i suoi quattro
compagni.
Il
denaro, semplice contabilità. E Tommaso si insedia professore:
“Ecco - egli dice - quello che avremmo potuto fare, senza il banchiere, senza
oro e senza firmare alcuno debito. Io apro un conto al nome di ciascuno di voi.
A destra, i crediti, che fa aumentare il vostro conto; a sinistra, i debiti,
che lo fa diminuire. Noi volevamo ciascuno $200 per cominciare. Di comune
accordo, decidiamo d’iscrivere per ognuno un credito di 200. Ciascuno ha
immediatamente $200. Francesco compra da Paolo dei prodotti per $10. Io tolgo a
Francesco 10, gli resta 190. Aggiungo 10 a Paolo, ha adesso 210. Giacomo compra
da Paolo per $8. Tolgo 8 a Giacomo, gli resta 192, mentre Paolo, lui sale a
218. Paolo compra legna da Francesco $15. Io tolgo 15 a Paolo, resta con 203;
aggiungo 15 a Francesco che risale a 205. E così di seguito; da un conto
all’altro, tutto come i dollari di carta vanno da una tasca all’altra. Se
qualcuno di noi ha bisogno di denaro per aumentare la sua produzione, si apre
il credito necessario per lui, senza interesse. Egli rimborsa il credito - una
volta venduta la produzione. La stessa cosa per i lavori pubblici. Si aumentano
anche periodicamente, i conti di ciascuno di una somma addizionale, senza
togliere niente a nessuno, in corrispondenza al progresso sociale. Questo è il
dividendo nazionale. Il denaro è così uno strumento di servizio.
Disperazione
del banchiere. Tutti hanno compreso. La piccola nazione è
diventata creditista. L’indomani, il banchiere Martin riceve una lettera
firmata dai cinque: “Signore, voi ci avete indebitati e sfruttati senza alcuna
necessità. Noi non abbiamo più bisogno di voi per reggere il nostro sistema
monetario. Noi avremo ormai tutto il denaro che ci bisogna, senza oro, senza
debito, senza ladro. Noi stabiliamo immediatamente nell’Isola dei Naufraghi, il
sistema del Credito Sociale. Il dividendo nazionale sostituirà il debito
nazionale. Se voi tenete al vostro rimborso, possiamo rimettervi tutto il
denaro che avete fatto per noi, non di più. Voi non potete reclamare quello che
non avete fatto.” Martin è in disperazione. E’ il suo impero che crolla. I
cinque diventati creditisti, il mistero del denaro o del credito non esiste più
per loro. “Cosa fare? - egli pensa - Chiedere loro perdono, diventare come
loro? Io, banchiere, fare ciò?.. No. Io cercherò piuttosto di non aver bisogno
di loro e di vivere in disparte.”
Soperchieria
scoperta. Per proteggersi contro ogni reclamo futuro possibile, i
nostri uomini hanno deciso di far firmare dal banchiere un documento attestando
che egli possiede ancora tutto quello che aveva arrivando nell’Isola. Da qui
l’inventario generale: la barca, la piccola pressa e... il famoso barile d’oro.
Fu necessario che Martin indicasse il luogo. Si dissotterra il barile. I nostri
uomini lo tirano fuori dal buco con molto meno rispetto questa volta. Il
Credito Sociale ha insegnato loro a disprezzare il feticcio oro. L’ingegnere,
alzando il barile, trova che, essendo oro, non pesa molto: “Dubito che questo
barile sia pieno d’oro.” L’irruente Francesco non esita più. Un colpo d’accetta
ed il barile spiega il suo contenuto: d’oro, non una oncia! Rocce niente che
volgari rocce senza valore!... I nostri uomini hanno stentano a crederlo:
“Costui ci ha truffati a questo punto, il miserabile! Quanto creduli dovemmo
essere stati per cadere addirittura in estasi di fronte alla solo parola: ORO!
Abbiamo ipotecato tutte le nostre proprietà per dei pezzi di carta basati su
quattro palate di roccia! Ladro e bugiardo. Abbiamo litigato e ci siamo odiati
gli uni e gli altri per mesi e mesi per una tale soperchieria! Il demonio!”. E
mentre Francesco alzava l’accetta, il banchiere partiva verso la foresta a
tutta velocità.
Dalla parabola alla realtà (di
Louis Even)
Sistema di denaro-debito
Il
sistema di denaro-debito, introdotto da Martin sull’Isola dei Naufraghi faceva
indebitare finanziariamente la piccola comunità nella misura in cui, per il suo
lavoro, essa sviluppava ed arricchiva l’Isola. Non è esattamente questo che
avviene nei nostri paesi civilizzati? Il Canada attuale è certamente più ricco
di ricchezze reali di quanto lo fosse 50 o 100 anni fa o dai tempi dei pionieri.
Ora, prova a comparare il debito pubblico, la somma di tutti i debiti pubblici
del Canada di oggi con quella che era questa somma 50 anni fa, 100 anni fa, tre
secoli fa! C’è però la popolazione canadese essa stessa che, nel corso dei
anni, ha prodotto l’arricchimento. Perché dunque tenerla indebitata per il
risultato del suo lavoro ? Considera, per esempio, il caso delle scuole, degli
acquedotti municipali, dei ponti, delle strade, ed altre costruzioni di
carattere pubblico. Chi le costruisce? Dei costruttori del paese. Chi fornisce
i materiali? Dei manifatturieri del paese. E perché essi possono così
impiegarsi a dei lavori pubblici? Perché ci sono altri lavoratori che producono
alimenti, vestiti, scarpe, o forniscono servizi che possono utilizzare tali
costruttori ed fabbricanti di materiali. E’ appunto la popolazione, nel suo
insieme, che per il suo lavoro di tutti i tipi, produce tutte queste ricchezze.
Se essa fa venire prodotti dall’estero, è per contropartita dei prodotti che
essa stessa fornisce all’estero. Ora, cosa si constata? Dappertutto, si tassa i
cittadini per pagare queste scuole, questi ospedali, questi ponti, queste
strade ed altri lavori pubblici. Si fa dunque pagare alla popolazione,
collettivamente, quello che la popolazione, collettivamente, essa stessa ha
prodotto.
Pagare più del prezzo
E non
finisce qui. Si fa pagare al popolo più del prezzo di quello che essa stessa ha
prodotto. La sua stessa produzione, arricchimento reale, diviene per essa un
debito caricato di interessi. Con gli anni, la somma degli interessi può
uguagliare, o anche superare, l’importo del debito imposto dal sistema. Avviene
così che si fa pagare la popolazione due volte, tre volte, il prezzo di quello
che essa stessa ha prodotto. Oltre i debiti pubblici, vi sono anche i debiti
industriali, anche questi caricati di interessi. Essi forzano l’industriale,
l’imprenditore, ad aumentare i suoi prezzi al di là del costo di produzione, al
fine di poter rimborsare capitale ed interessi, altrimenti farebbe bancarotta.
Debiti pubblici o debiti industriali, è sempre la popolazione che deve pagare
tutto ciò al sistema finanziario. Pagare in tasse quando si tratta di debiti
pubblici, pagare in prezzi quando si tratta di debiti industriali. I prezzi
gonfiano mentre le tasse schiacciano il portamonete.
Sistema tirannico
Tutto
questo e molto altre cose indicano bene un sistema di denaro, un sistema di
finanza, che comanda invece di servire, e che tiene la popolazione sotto la sua
dominazione, come Martin manteneva gli uomini dell’Isola sotto la sua
dominazione prima che si rivoltassero. E se i controllori del denaro rifiutano
di prestare, o se mettono condizioni troppo difficili per i corpi pubblici o
per gli industriali, cosa succede? Succede che i corpi pubblici rinunciano a dei
progetti che sono però urgenti; succede che gli industriali rinunciano a
sviluppi o produzioni peraltro rispondenti a necessità, bisogni. E ciò è causa
di disoccupazione. E per impedire addirittura ai disoccupati di morire, bisogna
tassare quelli che hanno ancora qualcosa o che guadagnano ancora un salario. Si
può immaginare un sistema più tirannico, i cui malefici si fanno sentire fra
tutta la popolazione?
Ostacolo alla distribuzione
E questo
non è tutto. A parte l’indebitare la produzione che finanzia, e il paralizzare
quella che rifiuta di finanziare, tale sistema è un cattivo strumento
finanziario di distribuzione dei prodotti. E’ bello avere dei negozi e dei
depositi pieni, è bello avere tutto ciò che serve per una produzione anche più
abbondante, ma la distribuzione dei prodotti è razionata. Per ottenere i
prodotti, in effetto, è necessario pagarli. Dinanzi ai prodotti abbondanti,
occorrerebbe un’abbondanza di denaro nei portamonete. Ma questo non è il caso.
Il sistema mette sempre più prezzo sui prodotti che denaro nei portamonete del
pubblico necessitante di tali prodotti. La capacità di pagare non è equivalente
alla capacità di produrre. La finanza non è in accordo con la realtà. La realtà
è un’abbondanza di prodotti facili da fare. La finanza è moneta razionata e
difficile da ottenere.
Correggere ciò che è vizioso
Il
sistema fiscale attuale è dunque veramente un sistema punitivo, invece di
essere un sistema di servizio. Questo non vuol dire che bisogna sopprimerlo, ma
correggerlo. Ed è questo che si potrebbe realizzare magnificamente con
l’applicazione dei principi finanziari conosciuti sotto il nome di CREDITO
SOCIALE. (Da non confondere col partito politico che prende falsamente lo
stesso nome).
Il Credito Sociale
Il denaro conforme al reale
Il
denaro di Martin, sull’Isola dei Naufraghi, non avrebbe avuto alcun valore se
non vi fosse stato alcun prodotto sull’Isola. Anche se il suo barile fosse
stato realmente pieno d’oro, che cosa quest’oro avrebbe potuto comprare in
un’Isola senza prodotti? Oro o denaro di carta o qualsiasi importo di cifre nel
libro di conto di Martin non avrebbe potuto nutrire nessuno, se non vi fossero
stati prodotti alimentari. Lo stesso per i vestiti. E così per tutto il resto.
Ma c’erano dei prodotti sull’Isola. Questi prodotti provenivano dalle risorse
naturali dell’Isola e dal lavoro della piccola comunità. Questa ricchezza
reale, che da sola dava valore al denaro, era la proprietà degli abitanti
dell’Isola e non la proprietà esclusiva del banchiere Martin. Martin li indebitava
per ciò che apparteneva a loro, e loro l’hanno compreso quando hanno conosciuto
il Credito Sociale. Hanno compreso che ogni denaro, ogni credito finanziario, è
basato sul credito della società stessa, non sull’operazione del banchiere.
Hanno compreso che il denaro doveva dunque essere di loro proprietà dal momento
iniziale della sua emissione; doveva dunque essere consegnato a loro, diviso
tra loro, e pronto a passare in seguito dagli uni agli altri secondo il va e
vieni della produzione degli uni e degli altri. La questione del denaro
diventava da quel momento per, loro quello che è essenzialmente: una questione
di contabilità. La prima cosa che si esige da una contabilità è di essere
esatta e conforme alla cose che esprime. Il denaro deve essere conforme alla
produzione o alla distruzione di ricchezza. Seguire il movimento della
ricchezza: produzione abbondante, denaro abbondante; produzione facile, denaro
facile; produzione automatica, denaro automatico; gratuità nella produzione,
gratuità nel denaro.
Il denaro per la produzione
Il
denaro deve essere al servizio dei produttori, a misura del loro bisogno per
mobilitare i mezzi di produzione. Questo è possibile, poiché si è già fatto,
dall’oggi al domani, non appena fu dichiarata la guerra. Il denaro, che mancava
dappertutto da dieci anni, tutto ad un tratto arrivò, e durante i sei anni di
guerra, non vi fu mai alcun problema di denaro per finanziare tutta la
produzione possibile e richiesta. Il denaro può dunque essere, e deve essere,
al servizio della produzione pubblica e della produzione privata, con la stessa
fedeltà che fu al servizio della produzione di guerra. Tutto ciò che è
fisicamente possibile per rispondere ai bisogni legittimi della popolazione
deve essere reso finanziariamente possibile. Ciò sarebbe la fine degli incubi
dei corpi pubblici. E sarebbe la fine della disoccupazione e delle sue
privazioni, finché restano delle cose da fare per rispondere ai bisogni,
pubblici o privati, della popolazione.
Tutti capitalisti, Dividendi ad ognuno
Il
Credito Sociale preconizza la distribuzione di un dividendo periodico a tutti.
Una somma di denaro che, diciamo, sarà versata ogni mese ad ogni persona,
indipendentemente del suo impiego - tutto come il dividendo versato al
capitalista, anche quando egli non lavora personalmente. Si ammette che il
capitalista di dollari, colui che investe denaro in una impresa, ha diritto ad
un reddito sul suo capitale, reddito che si chiama dividendo. Ci sono altri
individui che mettono il loro capitale in opera, e questi altri sono
ricompensati per questo, in salari. Ma il capitalista tira un reddito dalla
sola presenza del suo capitale nell’impresa. Se vi lavora personalmente, tira
allora due redditi: un salario per il suo lavoro ed un dividendo per il suo
capitale. Ebbene, il Credito Sociale considera che tutti i membri della società
sono capitalisti. Tutti possiedono in comune un capitale reale che concorre
molto di più alla produzione moderna del capitale-dollari o del lavoro
individuale dei impiegati.
Quale è questo capitale comunitario?
Dapprima
vi sono le risorse naturali del paese, che non sono state prodotte da nessuno,
che sono una gratuità divina a quelli che abitano quel paese. Poi, vi è la
somma delle conoscenze, delle invenzioni, delle scoperte, dei perfezionamenti
nelle tecniche di produzione, di tutto questo progresso, acquisito, accumulato,
ingrandito e trasmesso da una generazione all’altra. Questa è una eredità
comune, guadagnata dalle generazioni passate, che la nostra generazione
utilizza ed ingrandisce ancora per passarla alla seguente. Questa non è la
proprietà esclusiva di nessuno, ma un bene comunitario per eccellenza. E questo
è bene, il più grande fattore della produzione moderna. Elimina solo la forza
motrice del vapore, dell’elettricità, del petrolio - invenzioni degli ultimi
tre secoli - e dimmi cosa sarebbe la produzione totale, anche con molto più
lavoro e con orari più lunghi per tutti i lavoratori del paese. Senza dubbio,
c’è ancora bisogno di produttori per mettere questo capitale in rendimento, ed
essi ne sono ricompensati dal loro salari. Ma, il capitale lui stesso deve
procurare dividendi ai suoi proprietari, dunque a tutti i cittadini, tutti
ugualmente co-eredi delle generazioni passate. Poiché questo capitale
comunitario è il più grande fattore di produzione moderna, il dividendo
dovrebbe essere capace di procurare ad ognuno almeno quanto occorre per
provvedere ai bisogni essenziali dell’esistenza. Poi nella misura in cui la
meccanizzazione, la motorizzazione, l’automazione, prendono una parte sempre
maggiore nella produzione, con sempre minore rispettivo lavoro umano, la parte
distribuita dal dividendo dovrebbe diventare sempre più grande. Ecco tutta
un’altra maniera di concepire la distribuzione della ricchezza rispetto al modo
odierno. Invece di lasciare persone e famiglie nella grande miseria o di
tassare quelli che guadagnano per soccorrere coloro che non sono più utili alla
produzione, si vedrebbero tutte le persone assicurate da un reddito di base del
dividendo. Migliore ripartizione alla sorgente. Sarebbe nello stesso tempo, un
mezzo, ben appropriato alle grandi possibilità produttrici moderne, di
realizzare in pratica il diritto di ogni essere umano all’uso dei beni
materiali. Diritto che ogni persona trae dal solo fatto della sua esistenza.
Diritto fondamentale e imprescindibile che Pio XII rammentava nel suo storico
radio messaggio del 1° giugno 1941:
“I beni
creati da Dio, lo sono stati per tutti gli uomini e devono essere a
disposizione di tutti, secondo i principi della giustizia e della carità. Ogni
uomo, come essere dotato di ragione, trae di fatto dalla natura il diritto
fondamentale di usare dei beni materiali della terra... Un tale diritto
individuale, non dovrebbe essere soppresso in alcuna maniera, nemmeno dall’esercizio
d’altri diritti sicuri e riconosciuti su beni materiali”. Un dividendo a tutti
ed a ognuno: ecco dunque la formula economica e sociale più radiosa che sia mai
stata proposta a un mondo il cui problema non è produrre, ma distribuire i
prodotti.
Non da un partito politico
Numerosi,
in parecchi paesi, quelli che vedono nel Credito Sociale di Douglas, il più
perfetto che è stato proposto per servire l’economia moderna dell’abbondanza, e
per mettere i prodotti al servizio di tutti. Occorre dunque far prevalere
questa concezione dell’economia, affinché divenga attuazione pratica.
Sfortunatamente, in Canada, dei politicanti hanno disonorato le due parole
“Credito Sociale” prendendole per designare un partito politico. Questo è il
più grande torto, che mai è stato fatto alla comprensione ed all’espansione
della dottrina di Douglas. Ciò è diventato una sorgente di confusione ed una
causa di diffidenza. Molta gente rifiuta a priori di sentire parlare del
Credito Sociale, perché ci vede un partito politico, e ha già dato la sua
adesione ad un altro partito. Pertanto, il Credito Sociale, autenticamente
compreso, non è un partito politico. E’ esattamente il contrario. Il fondatore
stesso della scuola creditista, C.H. Douglas, lo conosceva certamente meglio di
quelle piccole teste gonfiate che vogliono servirsi dell’idea superficiale che
ne hanno per cercare di soddisfare le loro ambizioni politiche. Ora, Douglas,
ha dichiarato nettamente che c’è incompatibilità tra Credito Sociale e politica
elettorale. Partito politico e Credito Sociale sono due termini che si
escludono l’un l’altro, per la loro stessa natura, per il loro scopo, il loro
motore, il loro spirito. I principi del Credito Sociale riposano su una
filosofia. E questa filosofia da’ la precedenza alla persona sul gruppo, sulle
istituzioni e sul governo stesso. Tutta l’attività, fata in nome del Credito
Sociale autentico deve essere un’attività al servizio delle persone. È tutto un
altro motore che anima e orienta le attività di un partito politico. Ogni partito
politico, antico o nuovo, ha come primo scopo di conquistare o di conservare il
potere, di diventare o di restare il gruppo che governerà il paese. E’ la
ricerca del potere per un gruppo. Il Credito Sociale, al contrario, concepisce
il potere ridistribuito a tutti: il potere economico, a partire da un dividendo
periodico permettente ad ogni individuo di dare dei comandi alla produzione del
suo paese; il potere politico, facendo dello Stato, e dei governi di ogni tipo,
“cosa” della persona, non facendo le persone “cose” dello Stato.
È il
governo che interessa i partiti politici. Mentre è la persona, il fiorire della
persona che interessa il vero creditista. La politica di partito incita i
cittadini ad abdicare la loro responsabilità personale al partito, mettendo
tutta l’importanza sul voto, su un atto di qualche secondo che il cittadino
compie nascosto dietro uno schermo, dopo essere stato servito di stufato
elettorale di tutte le salse durante quattro settimane. Il Credito Sociale, al
contrario, insegna ai cittadini a prendere essi stessi le loro responsabilità,
in politica come nelle altre cose ed in ogni tempo, tramite l’essere
sorveglianti e coscienti dei governi, gridando la verità e denunciando le
ingiustizie senza tregua ovunque dove si trovano. Ogni partito politico
contribuisce a dividere il popolo, i partiti lottando gli uni contro gli altri,
alla ricerca del potere. Ora, ogni divisione indebolisce. Un popolo diviso,
indebolito, si fa mal servire. La dottrina del Credito Sociale, al contrario,
rende i cittadini coscienti delle aspirazioni fondamentali comuni ad ogni
persona. Un movimento creditista autentico insegna ai cittadini ad unirsi per
delle domande sulle quali tutti si accordano, a fare all’occorrenza le
pressioni concertate sui governanti, qualunque sia il gruppo al potere. E’ per
questo che il giornale “Vers Demain” da cui sono tratte queste pagine,
raccomanda in politica: la pressione del popolo raggruppato fuori dei
parlamenti, ma operando sui governi, al fine di far legiferare nel senso del
Credito Sociale gli eletti del popolo. Per fare prevalere grandi idee, come la
bella concezione creditista dell’economia, si ha bisogno non di politicanti
avidi di vanagloria e di denaro ma di apostoli che si diano senza calcolo, non
avendo in vista che il trionfo della verità ed un mondo migliore per tutti;
apostoli distaccati da ogni ricompensa quaggiù, facendo tutto il loro possibile
per la causa abbracciata e, per il resto, rimettendosi nelle mani di Dio. Il
giornale “Vers Demain” lavora per formare questi apostoli. Il giornale “Vers
Demain” presenta i loro obiettivi, le loro attività e le loro attuazioni.
(Louis Even)
Le tasse attuali sono ladrocinio
Servizio del debito
In tutti
i budgets dei nostri corpi pubblici, dal federale al provinciale, dal comunale
allo scolastico, vi è un articolo e non dei minori - che non è affatto
destinato a pagare un servizio pubblico. Si tratta di quello che porta la
denominazione “servizio del debito”. Il debito non è certamente un servizio
pubblico. Questo è dunque piuttosto il tributo ad un servaggio pubblico. Il
denaro attribuito ogni anno a questo fine, non costruisce e non contempla un
solo ponte, né un metro quadrato di strada. Intanto è il punto più sacro dei
budgets. Il meno discusso, o piuttosto, non discusso del tutto. Spese
incompressibili, dicono. Incompressibili, ma estensibili perché vanno
aumentando generalmente con gli anni. Tutto ciò che fu costruito al paese, in
fatto di strade, ponti, scuole, chiese, edifici pubblici, è stato costruito
dalla popolazione: alcuni vi lavorano direttamente, altri producendo tutto
quanto è necessario ai bisogni di coloro che il settore pubblico impiega.
Frutto, dunque, del lavoro collettivo della popolazione. Intanto è la
popolazione del paese che paga le tasse ogni anno, per servire interessi a
persone che non hanno messo mano al lavoro e che sono spesso dei perfetti
stranieri. Per questo, il meccanismo della tassazione è un vero meccanismo di
ladrocinio. Legalizzato, ma in realtà furto. Tutte le città, grande o piccole,
tutti i comuni hanno nel loro budget questo articolo che va a cercare di forza
il denaro dei cittadini senza dare niente in cambio. I ladri fanno esattamente
la stessa cosa. Con la differenza che i ladri, quelli che tutti chiamano ladri,
agiscono senza autorizzazione. Essi corrono dei rischi: essi rischiano la
prigione, il penitenziario. Invece i ladri, ai quali vanno le tasse dei
cittadini non rischiano niente. Non devono nemmeno scomodarsi per avere il
denaro.. I nostri consigli comunali, le nostre commissioni scolastiche, si
incaricano di eseguire il furto per loro e passano loro devotamente il frutto.
La polizia, le autorità, la legge, entrano in scena solamente contro chi
trascura o rifiuta di cedere il loro denaro. Il punito sarà colui che osa dire no
agli agenti dei ladri che percepiscono le tasse. La casa vi passerà. Non gli
dicono esattamente: O la borsa o la vita!”, ma: “La tua borsa o la strada per
la tua famiglia!”. E la stessa cosa succede al governo provinciale… al governo
federale… altrimenti c’è la prigione per chi non vuole piegarsi alle esigenze
degli agenti di tale furto legalizzato.
Sviluppi pubblici
Ed anche
qualora il denaro delle tasse o delle imposte servisse veramente a pagare
servizi pubblici, perché tassare gli individui per pagare i lavori, quando la
capacità di produzione del paese può fornire allo stesso tempo sviluppi
pubblici e prodotti da mettere sul mercato? Ora, se la popolazione di un paese
può fornirle entrambi, che ragione c’è di toglierne il diritto a beni privati
come condizione per permettere di averle come beni pubblici? E la popolazione è
capace di fornirle entrambi. Infatti vi sono centinaia di migliaia di braccia
che si offrono e di cui la produzione dice di non avere bisogno. Una grande
capacità di produzione non è dunque, utilizzata. Quando esista una capacità di
produzione non utilizzata, le tasse che diminuiscono il diritto degli individui
a usufruire di prodotti che rispondono ai loro bisogni, sono un furto.
Misure di sicurezza sociale
Vi sono
anche le imposti prelevate per finanziare la cosiddetta sicurezza sociale:
contributi alle famiglie, pensioni di vecchiaia, pensioni agli invalidi,
contributi alle mamme bisognose, ecc. E’ certamente giusto che, in qualsiasi
modo ognuno, impiegato o no, di buona salute o malato, abbia accesso a cose
necessarie per la vita. Ma in un mondo dove la produzione è abbondante
nonostante il non impiego di tutte le braccia disponibili, perché togliere agli
uni per permettere agli altri d’avere qualcosa? Perché prendere dal piatto di
Tizio per mettere nel piatto vuoto di Sempronio, quando la casseruola è piena
da debordare? E’ però questo che si fa finanziariamente per le tasse, perché il
sistema finanziario è falso: raziona davanti all’abbondanza. Mantenerlo, e
tassare davanti all’abbondanza, è rubare a coloro che vengono tassati. Ecco
dunque un altra fetta di tasse moderne che costituisce un furto legalizzato. E
c’è ancora dell’altro.
Governi fuori del loro ruolo
I
governi oggi sempre di più occupano funzioni che non sono loro proprie. Che
motivo c’è per un ruolo di governo di fare ciò che persone, famiglie, gruppi
liberi, corpi intermediari e amministrazioni locali, fanno già bene - ed anche
meglio - del governo. Se un ostacolo qualunque impedisse agli individui, alle
famiglie, ed ai corpi intermediari di compiere la loro propria funzione, il
governo dovrebbe intervenire, non per compierla a loro posto, ma piuttosto per
togliere quell’ostacolo che solo il governo può togliere. C’è il caso di
ostacolo puramente finanziario.
L’assenza di mezzi di pagamento di fronte a mezzi fisici potenti
costituisce un vizio di finanza. Se il governo, anziché correggere questo vizio
del sistema finanziario - correzione che solo esso può ben svolgere, tassa i
cittadini per sostituirsi alle famiglie o ai corpi intermediari, commette
parecchi errori. Trascura il suo proprio ruolo. Lascia perpetuarsi e
fortificarsi il monopolio finanziario e deruba quelli che tassa. Si immischia
in quello che non è di sua competenza. Il governo si fa così ladro e invasore al
contempo. Da’ come scusa l’impotenza finanziaria di gruppi inferiori, quando
dovrebbe sopprimere la sorgente di tale impotenza, originata da un sistema
finanziario disordinato. E’ così che il bilancio preventivo della provincia di
Quebec è stato triplicato, o quasi, in tre anni di amministrazione liberale
(negli anni 1960). E parallelamente è triplicato o quasi il debito pubblico. Il
tutto, fornito da tasse o prestiti, che non sono altro che tasse a venire.
Tutti i governi fanno lo stesso. I contribuenti si fanno spolpare sempre di
più. Non è solamente il loro potere d’acquisto che ne soffre. La loro libertà
personale si fa rodere dalle usurpazioni crescenti dello Stato e dei suoi
burocrati. Nelle conferenze tra i governi, federali e provinciali, il problema
è sempre soprattutto questione della ripartizione delle sorgenti della
fiscalità, e cioè il decidere quale sia la parte del governo federale e quale
quella delle provincie del denaro da estorcere ai contribuenti: diritti
federali da tassare e diritti provinciali da tassare. I diritti dei cittadini
non entrano in considerazione. Per loro c’è solo che esistono i governi: ma per
proteggerli, non per svaligiarli.
Quando
mai c’è stata una riunione tra “tassatori” e tassati per proteggere i diritti
dei secondi limitando i poteri dei primi?
Il furto
legalizzato che noi denunciamo comprende dunque, almeno:
quello
che il governo toglie dal potere d’acquisto degli individui, quando la
produzione attende compratori;
quello
che il governo sottrae al popolo per pagare tributi al sistema, che indebita la
popolazione nella misura in cui essa sviluppa il paese;
quello
che il governo prende in tasse per occuparsi di funzioni che dovrebbe lasciare
alle persone, alle famiglie e a corpi intermediari;
tutto
quanto preleva sui frutti dell’attuale produzione, mentre la potenziale
produzione dimora nel nulla a causa di un sistema finanziario viziato che il
governo rifiuta di correggere;
tutto
quanto tale sistema di tassazione comporta in onerose spese che sarebbero
inutili in un sistema finanziario sano, conforme alla realtà delle moderne
capacità di produzione sia nel settore pubblico che, contemporaneamente, in
quello privato.
Il
meccanismo attuale delle tasse e delle imposte che così tanto occupa i governi
è dunque davvero un meccanismo di furto legalizzato. Il ladro è soprattutto il
monopolio del denaro e del credito. Gli agenti del ladro sono i governi. Le
vittime sono i contribuenti cioè direttamente o indirettamente, tutta la
popolazione.
Per completare quanto sopra detto basta aggiungere l’ANTROPOCRAZIA.