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Assassini, contrabbandieri, finanzieri e partigiani
Il sistema di finanziamento alleato della Resistenza in Alta Italia:
F. Lanfranchi, La resa degli ottocentomila, Rizzoli, Milano, 1948

(…) fu allora che gli Alleati trovarono il modo, attraverso il meccanismo dei cambi, non solo di non perdere il loro danaro con elargizioni a fondo perduto, ma di compiere vantaggiose operazioni finanziarie. La procedura era di una semplicità quasi infantile. Il CLN di X ad esempio, segnalava agli agenti dei servizi segreti, a Lugano, un fabbisogno, supponiamo di 5 milioni di lire per l’equipaggiamento e l’approvvigionamento di formazioni partigiane. La richiesta era trasmessa agli uffici competenti per lo stanziamento in dollari della somma corrispondente. Venivano pertanto assegnati al CLN di X, previo esame della legittimità della richiesta,50.000 dollari, al cambio di 1 dollaro per ogni 100 cento lire; dunque 5 milioni di lire corrispondevano esattamente a 50.000 dollari.

Poiché l’operazione non poteva compiersi che attraverso la Svizzera, i dollari dovevano essere convertiti in franchi svizzeri, dando un ricavo – al cambio ufficiale di franchi svizzeri 4,30 per ciascun dollaro – di 215.000 franchi svizzeri. I franchi svizzeri dovevano essere impiegati per acquistare le lire italiane al cambio ufficiale di lire 23,15 per ogni franco. Ma la trasformazione dei franchi svizzeri in lire italiane non avveniva al cambio ufficiale, bensì attraverso il mercato libero.

Nel periodo fascista la nostra lira registrava sul mercato libero una media di franchi svizzeri 0,50 per ogni centro lire italiane (vi fu anche qualche punta a 0,40). Il che significa, in pratica, che con un franco svizzero si potevano comprare 200 lire italiane. Dunque, 215.000 franchi svizzeri corrispondevano non a 5 milioni di lire (il fabbisogno del CLN di X), ma a ben 43 milioni di lire. Avanzo: 38 milioni di lire! Ed ecco che, dopo aver sovvenzionato il CLN di X, rimanevano a disposizione dei sovventori 38 milioni di lire, pari a 380.000 dollari, al cambio stabilito per le Am-lire di 1 dollaro ogni 100 lire. Detratti i 50.000 dollari inizialmente spesi, risultava un guadagno netto di dollari 330.000. Così, una sovvenzione relativamente modesta, di 5 milioni di lire poteva rendere un utile di ben 38 milioni di lire. Ripetendosi la manovra ad ogni sovvenzione, gli utili si moltiplicarono rapidamente, raggiungendo l’iperbolica cifra di 2 miliardi e mezzo di lire.
Inizialmente le lire vennero acquistate a Lisbona o a Marsiglia, dove c’era abbondanza di offerta. A Lisbona erano affluiti dall’Italia molti ricchi ebrei, diretti sia in Inghilterra, sia nelle Americhe. Prima dell’imbarco, costoro si sbarazzavano della valuta italiana, che gli incettatori potevano pertanto acquistare a condizioni vantaggiose. A Marsiglia, la valuta italiana proveniva dalle truppe presidiarie della Provenza, dissoltesi dopo l’armistizio. Ma le fonti di Marsiglia e di Lisbona si esaurirono presto.
Non furono operazioni di grande importanza, dal punto di vista finanziario,quelle compiute nelle due località portuali. Il lavoro in grande stile venne eseguito nell’Italia del nord, dopo la liberazione di Roma da parte degli Alleati.

Entrando nella capitale italiana, gli anglo-americani trovarono i forzieri delle banche vuoti e subito si manifestò una grande fame di lire. Bisognava procurarsene al Nord e ne furono appunto incaricati i Servizi di informazione in Svizzera. Un po’ di danaro liquido avevano portato con sé i fuoriusciti e non era difficile trovare lire sul mercato libero di Chiasso e di Lugano. Ma ci voleva ben altro. E si pensò di attingere al gran pozzo: le lire vennero acquistate direttamente a Como e Milano, dove i gerarchi nazifascisti facevano affannosa incetta di franchi svizzeri e oro monetato per convertire in valuta pregiata il frutto delle loro rapine e delle loro malversazioni.

Gli Alleati mandavano in Svizzera dollari, i quali venivano cambiati in franchi svizzeri; questi passavano la frontiera italiana in pacchetti di biglietti da mille franchi, rientrando trasformati in pacconi da mille lire. La direzione del traffico, che non era esente da pericoli, venne affidata da Jones [Donald Jones, statunitense, responsabile del settore italiano per l’Office of Strategic Services, OSS, a Lugano dal 9 settembre 1943, n.d.c.] a uno specialista di arbitraggi internazionali, il triestino Leo Goldschmied [finanziere milanese di origine triestina, membro della direzione della Banca Commerciale Italiana, rifugiato in Svizzera il 30 aprile 1944, n.d.c.], allora rifugiato in Svizzera; il quale si appoggiava, al di qua della rete, ad un potente gruppo che operava nell’ombra [con ogni evidenza si tratta appunto della Banca Commerciale Italiana,presso l’ufficio studi della quale agivano fin dagli anni Trenta numerosi protagonisti dell’antifascismo, tra i quali Ugo La Malfa, Adolfo Tino,Enrico Cuccia, n.d.c.].

Occulte influenze finanziarie provocarono, mediante le cosiddette controfferte di pressione, un crescente deprezzamento della lira, determinando panico nei forti detentori di valuta italiana – ossia negli ambienti dei caporioni nazifascisti e dei collaborazionisti profittatori, – i quali erano indotti a sbarazzarsi delle lire a qualsiasi condizione. E così le lire italiane, acquistate a prezzo vile nell’Italia oppressa, servivano a finanziare il movimento anti-nazifascista, ma anche – trasformate in Am-lire, ossia in dollari e sterline, – a finanziare le spese dei Servizi alleati di informazione in Europa e quelle di soggiorno delle truppe anglo-americane nell’Italia liberata”. (pag 30-32)

Nota: Alfredo Pizzoni, funzionario di banca, dirigente del Credito Italiano, presidente del CLNAI, responsabile degli accordi finanziari con i servizi segreti alleati, nelle sue memorie esprime le sue perplessità su queste modalità di finanziamento “perché comportavano operazioni di cambio, con inerente lucro, e io, che pure non ci mettevo le mani, non vedevo volentieri che comunque ci fosse guadagno, per chicchessia, e possibilità di critiche”.
A. Pizzoni, Alla guida del CLNAI, Bologna, 1995, p. 300; cfr. anche T.Pfiffer, Il banchiere della resistenza, Mondadori, Milano, 2005, pp.136-143.
“Le somme ricevute dagli alleati e delle quali Pizzoni rendeva conto raggiungevano così un totale di circa un miliardo e 300 milioni di lire.Prendendo come riferimento gli indici calcolati dall’Istat, si tratterebbe di oltre 77 milioni di euro del 2005, ma la cifra va considerata parecchio approssimata per difetto”.
cfr. anche T. Pfiffer, Il banchiere della resistenza, Mondadori, Milano,2005, p. 223.
È il caso di aggiungere che tutte queste somme dovettero poi essere interamente rimborsate agli Alleati dal Governo italiano postbellico.
cfr. T. Pfiffer, Il banchiere della resistenza, Mondadori, Milano, 2005, pp. 219-222.


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