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La Zecca dello Stato cagnaccio..
(di Sandro Pascucci - www.signoraggio.com)

Può questo Stato stampare moneta? In tutti i sensi..

Parte I
Le radici del Male

Al peggio non c’è mai fine, mai. In questo piccolo dossier, che Vi andrò ora a presentare, esamineremo quello che è uno scandalo nello scandalo, una truffa nella grande truffa del signoraggio bancario, in questo caso nostrano. Questo documento sarà composto di più parti e aggiornato nel tempo. Spero.

Voi tutti ormai sapete che la Banca d’Italia S.p.A. è la vera proprietaria della cartamoneta, della c.d. banconota in circolazione. Sapete pure che la Banca d’Italia (BdI), assieme alle altre Banche Centrali Nazionali (BCN) si è letteralmente imboscata in una struttura illegittima e sovranazionale incostituzionale chiamata Banca Centrale Europea (BCE). A quest’ultima sono stati abdicati, da parte dei politici-camerieri di tutte le Nazioni sovrane europee, i poteri di emissione monetaria.

In soldoni: in Europa IGB ha creato un Fantasma Giuridico Illegittimo e questo Fantasma Giuridico Illegale comanda 500 milioni di persone stampando le banconote che questa moltitudine adopera.

Sapete pure che in passato era il Signore feudale a coniare moneta metallica, in oro o altro materiale nobile, e sapete che, nella fase di coniazione, il Signore teneva per sé una parte di oro per il servizio che egli [con la forza] offriva. Quindi comandava, apertamente, che una moneta contenente 9 grammi di oro venisse legalmente (e quindi commercialmente) considerata come fosse fatta da 10 grammi e questo comando, questo ordine ineluttabile avveniva semplicemente stampando sulla una faccia della moneta il numero 10 e sull'altra la faccia del sovrano.

Quindi, se un allevatore voleva dieci grammi d’oro per una sua mucca, il Re la pagava con una moneta che aveva un valore di facciata (valore nominale) di dieci grammi d’oro ma in realtà contenente solo nove del prezioso materiale. Il Re risparmiava e l’allevatore subiva la forza del Re. Da quel momento però anche l’allevatore poteva adoperare la moneta per il suo valore nominale ma il signoraggio ormai era avvenuto. Il "prenditore di prima istanza" è quello che paga da subito il signoraggio. Gli altri, non temano, lo pagheranno successivamente poiché subiranno il maggior potere del Re, datogli dalla somma dei singoli “scambi signoraggiati”.

In soldoni: accumulando potere economico grazie al potere di crearsi oro dal nulla (con soli 90 grammi d’oro può creare 10 monete da 10 grammi!) il Signore/Re medioevale conserva e perpetua il suo Dominio.

Sapete pure, a ‘sto punto, che le monete in circolazioni venivano date in custodia all’orefice del paese, il quale rilasciava delle note di banco (banconote) a ricevuta. L’orefice, che già prestava senza controlli e lucrava gli interessi su monete d’oro non di sua proprietà, cominciò a prestare anche le banconote che la gente usava al posto delle preziose e scomode monete metalliche. Prestava e creava carta colorata, senza corrispondenza alcuna (se non pro-forma e in rapporto sempre più a suo favore) con l’oro effettivamente depositato (e per giunta nemmeno di sua proprietà!) e quindi era il nuovo Signore delle genti ignoranti.

In soldoni: il banchiere/orafo con la truffa della riserva frazionaria, cioè tenere in cassa solo “quanto” si è “ragionevolmente” certi che il cliente possa richiedere in un certo periodo di tempo e prestare il resto del deposito, moltiplica dal nulla la moneta depositata e fa signoraggio di 50 volte la cifra iniziale (oggi 100 euro in banca permettono alla banca di prestarne 5.000).

Quindi abbiamo, da secoli, da una parte il Signore (lo “Stato”), che lucra sulla creazione di monete metalliche e ne ha il monopolio per quanto riguarda la coniazione, e abbiamo dall’altra parte l’orafo (il “banchiere”), che lucra su moneta d'oro (legale) non sua e ne crea dal nulla, altra, di carta, senza controllo.

Con il tempo lo Stato si è posto al servizio delle Banche e ha fatto leggi ad esse favorevoli, per proteggerle e consolidarne il Potere. Alcuni Stati sovrani adottano la banconota come moneta, pur essendo questa illegittima e anticostituzionale (vedi “Illegittimità del dollaro di carta”). Le banche commerciali, le c.d. Banche Ordinarie (BO) emettono moneta fiduciaria non legale (vedi “La moneta illusoria”) e una settantina delle maggiori BO italiane si sono riunite per conquistare, con successo, la Banca d’Italia, l’unica preposta da un appalto statale a stampare banconote; quindi banconote che risultano di fatto essere merce privata, e non statale, come crede il popolo ignaro e perennemente distratto da calcio e culi nudi.

Con l’uso dell’informatica la moneta fiduciaria delle Banche Ordinarie è divenuta virtuale e la banconota rappresenta oggi uno scomodo ricordo, da eliminare (vedi dossier: "Guerra alla banconota"). Eliminando il cadavere, con l’aiuto di leggi appositamente emesse dai politici camerieri, i banchieri sperano di non essere più responsabilizzati dell’omicidio avvenuto in questi secoli. Le uniche padroni del mondo rimarranno le banche commerciali, notoriamente in mano ai privati e quindi futuri et unici Signori del Feudo.

Ma a parte il discorso politico e di dominio fatto fino ad ora, mi chiedo: lo Stato potrebbe stampare moneta? Ha la struttura per farlo? Come funziona la coniazione di una moneta statale? Facendo delle ricerche in questo ambito mi sono imbattuto in una pietosa storia, abbastanza classica e banale se non fosse il contesto, quello appena spiegato, che rende tragico e disumano la truffa ora scoperta e di seguito esposta.

Vediamo quindi come viene sputtanato l’organo preposto al signoraggio di Stato, la Zecca dello Stato.


Parte II
Il furto del ferro

Nel luglio 1997 viene presentata una proposta di inchiesta parlamentare con il duplice scopo di accertare la corretta regolarità delle attività della Zecca (e dell'operato dei suoi dirigenti) e anche se gli organi preposti, in particolare il Ministro del tesoro, abbiano effettivamente esercitato i compiti di vigilanza e di controllo previsti dalla legge sull'attività dell'Istituto.

- Ecco il documento originale:

XIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI

Doc. XXII
N. 36

PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

d'iniziativa dei deputati
ORESTE ROSSI, RIZZI, BAMPO, CÈ, CHINCARINI, FONTAN, RODEGHIERO, SANTANDREA, STEFANI, VASCON, BALLAMAN, BALOCCHI, CALZAVARA, CIAPUSCI, PAOLO COLOMBO, LUCIANO DUSSIN, LOSURDO, TARDITI, FRAGALÀ, DANESE, DETOMAS

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività dell'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato

Presentata il 2 luglio 1997

Doc. XXII, n. 36

PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

Art. 1.

1. È istituita una Commissione parlamentare di inchiesta con il compito di accertare:
a) la regolarità delle attività dell'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato e la legittimità dei comportamenti dei suoi amministratori e dirigenti;
b) se gli organi preposti, in particolare il Ministro del tesoro, abbiano effettivamente esercitato i compiti di vigilanza e di controllo previsti dalla legge sull'attività dell'Istituto.

Art. 2.

1. La Commissione è composta da venticinque deputati nominati dal Presidente della Camera dei deputati in modo da assicurare la rappresentanza di tutti i gruppi parlamentari.

Art. 3.

1. La Commissione nomina a maggioranza assoluta dei componenti, prima dell'inizio dei lavori, il presidente, un vicepresidente e un segretario.

Art. 4.

1. La Commissione procede alle indagini ed agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.

Art. 5.

1. La Commissione può avvalersi dell'opera di ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, nonché di qualsiasi altro pubblico dipendente, di consulenti e di esperti di sua scelta.

Art. 6.

1. La Commissione adotta un proprio regolamento e può, di volta in volta, deliberare di non procedere in seduta pubblica.

Art. 7.

1. La Commissione conclude i propri lavori entro tre mesi dal suo insediamento, presentando alla Camera dei deputati una relazione sui risultati delle indagini e degli accertamenti effettuati, che comprende proprie considerazioni ed osservazioni.

Art. 8.

1. Le spese per il funzionamento della Commissione sono poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.

da: http://www.camera.it/

 

- Ecco il testo della relazione:

 

Doc. XXII, n. 36

RELAZIONE

Onorevoli Colleghi! - Ormai da alcuni anni si succedono con crescente frequenza servizi di stampa ed interrogazioni parlamentari in merito a gravissime e palesi illegalità compiute presso l'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato (IPZS).

I servizi giornalistici non hanno mai dato luogo a smentite o repliche mentre le interrogazioni indirizzate al Ministro del tesoro o non hanno ottenuto risposta o, quando questa c'era, consisteva nella pura e semplice negazione dell'evidenza. Al punto che si ha motivo di credere che lo stesso Ministero del tesoro sia pesantemente coinvolto nell'intera vicenda ed abbia pertanto interesse a nasconderla.

Ad esempio il Signor Roberto Tribuni - dipendente e consigliere di Amministrazione di detto Istituto - ha ripetutamente denunciato al Ministro del tesoro (vigilante sull'IPZS in base alla legge n. 559 del 1966), al Parlamento, agli organi di informazione ed alla stessa magistratura che:

a) non sono diventate oggetto di formali delibere le spese attinenti i principali acquisti di semilavorati necessari all'attività dell'istituto (carta, tondelli per monetazione, metalli preziosi). Neppure il programma annuale di attività è stato mai oggetto di regolari delibere;

b) i dirigenti del Poligrafico si autonominano amministratori e sindaci (controllandi e controllori) di oltre 30 consociate costituite od acquistate a prezzi gonfiati con danaro pubblico. Le attività di dette consociate sono sottratte a qualsiasi intervento dello stesso Consiglio di amministrazione dell'Istituto che riceve poche ed incontrollabili notizie dalla relazione allegata al bilancio, a cose ampiamente fatte. I compensi che i dirigenti (di solito con incarichi multipli) si assegnano per l'attività svolta nelle società controllate sono ignoti; ma dal bilancio 1995 di una di esse, la SIPLEDA , si evince che i 5 amministratori - 3 dei quali appartenenti all'Istituto - percepirono quell'anno circa 700 milioni lordi più altre consistenti cifre sotto varie voci.

Per di più nel complesso i risultati economici delle consociate sono sempre stati disastrosi, tanto è vero che se il bilancio dell'IPZS per il 1995 si chiuse con un utile di 5 miliardi, il consolidato dello stesso anno evidenziava una perdita superiore ai 14 miliardi. Forti dubbi di falso in bilancio sorgono anche laddove le consociate realizzano utili: si nota infatti che esse hanno debiti per decine di miliardi ciascuna e crediti di analoga misura, ma si vorrebbe essere ben certi della loro reale esigibilità, anche perché è di modesta entità il fondo rischi e crediti destinato alla loro copertura.

È lecito il timore che il tutto possa concludersi con un crack finanziario di rilevanti dimensioni. Quel che è certo è che i debiti del «gruppo» ammontavano a fine 1995 ad oltre 1600 miliardi.

Se dalla questione di metodo si passa a quella di merito di assiste ad una sequela pressoché infinita di fatti gravissimi;
1) nel marzo 1991 il Poligrafico acquisì l'80 per cento di due società, l'«Edi Italia» e l'«Edi Italia film»; particolarmente evidente il caso di quest'ultima che venne valutata 2 miliardi benché i suoi bilanci negli anni precedenti l'acquisto evidenzino un capitale sociale di 20 milioni, nessun dipendente o strumento tecnico e un «conto fornitori» che tutti gli anni era di lire 177.000, non una di più non una di meno;

2) del bilancio della «Cartiere MILIANI» per il 1992 esistono due diverse redazioni: l'una che riporta un utile «a pareggio» ed un netto patrimoniale di 81 miliardi e l'altra una perdita di 18 miliardi e patrimonio netto inferiore ai 63;

3) nel 1994 la stessa MILIANI produsse un utile di 1,2 miliardi, ma esso fu frutto di un'operazione a dir poco singolare e cioè la cessione da parte di quella di una controllata (la FAD) ad un'altra controllata (la CARGEST) con un plusvalenza di 22,4 miliardi! Quel che la MILIANI guadagnò, la CARGEST non perse perché è abitudine degli amministratori dell'Istituto e delle consociate riportare in bilancio le partecipazioni al «costo storico», senza praticamente mai effettuare svalutazioni;

4) la «Iniziative Fabriano» perse in 2 anni circa 18 miliardi ed al 31 dicembre 1994 aveva un netto patrimoniale inferiore ad 1,8 miliardi; ciò nonostante essa veniva riportata nei bilanci della controllante MILIANI ad un valore di 27,3 miliardi;

5) il fatto che la quasi totalità dei dirigenti IPZS siano anche amministratori delle consociate dà luogo a situazioni paradossali quali quella del direttore della sezione Zecca, l'ingegner Nicola Ielpo, il quale è anche amministratore delegato della VERRES che produce i tondelli con cui la stessa Zecca conia le monete.

Egli però è anche Presidente della CONIAL che, dopo averli acquistati in Russia vende alla VERRES i laminati occorrenti alla produzione dei tondelli. Pertanto un'unica persona controlla - senza a sua volta subire controlli reali - tutto il ciclo della monetazione. Inoltre la CONIAL costituisce un caso particolare poiché - grazie ad espedienti vari - è sempre stata controllata a maggioranza da una società privata, la SAT di Catania, anch'essa produttrice di tondelli per monetazione. Un evidente caso di «conflitto di interesse». La stessa CONIAL controlla a sua volta due società costituite in Russia, la MICOMET e la ZAO INTERCONIAL di cui nulla è dato sapere salvo che la prima, a tre anni dalla nascita, è ancora inattiva;

6) nel dicembre 1992 il Poligrafico diede vita alle Edizioni distribuzioni integrate (EDI) che nel giro di pochi mesi concluse con le FFSS un accordo - mai portato a conoscenza del consiglio di amministrazione dell'Istituto - in base al quale essa avrebbe ottenuto dalle stesse l'appalto in esclusiva per la vendita di biglietti per il trasporto regionale. Di fatto la EDI acquisì solo 5 contratti regionali e, dopo aver chiuso sempre in rosso i propri bilanci, venne liquidata ai primi del 1996. Nel bilancio 1995 dell'IPZS si trova in particolare scritto che dei 2 miliardi persi dalla società nello stesso anno, 900 milioni erano dovuti alla perdita di un prestito concesso alla SO.GE.TUR. (poi fallita) i cui titolari erano stati arrestati per ordine della procura di Firenze alla fine del 1993. Si vorrebbe sapere se è abitudine del Poligrafico concedere prestiti senza garanzie.

Si vorrebbe anche sapere come le FFSS (gestione Necci) abbiano potuto concludere un così vasto accordo con una società che non ha mai avuto più di 6 dipendenti. Inoltre il grosso del capitale sociale della EDI è finito in altre due società - la Metro distribuzioni e la Metro Gestec - che non sono mai divenute operative e non hanno mai avuto dipendenti;

7) una delle consociate della IPZS - la SIPLEDA - è balzata agli onori della cronaca nera per via di una rapina subìta ad inizio anno con un bottino di svariati miliardi. Risulta ai proponenti che già nell'autunno 1995 la stessa SIPLEDA subì un furto, anch'esso dell'entità di alcuni miliardi, in un magazzino sito a Fiano Romano, nei pressi della capitale. Ma il bilancio 1995 della società non reca traccia del fatto, c'è invece ben più di una traccia di una situazione finanziaria assai difficile, con debiti e crediti (sulla cui reale esigibilità, di nuovo, nulla è dato sapere) per decine di miliardi, cosa che fa sorgere seri dubbi laddove la SIPLEDA dichiara fatturato ed utili in costante ascesa.

D'altronde gli stessi seri dubbi sul bilancio preparato dagli amministratori per il 1994 erano stati espressi dai tre sindaci, due dei quali erano dirigenti del Poligrafico: il Dottor Staunovo Polacco (direttore amministrativo) ed il Dottor Casubolo (direttore del personale).

Infatti il collegio dei sindaci così si esprimeva: «il collegio sindacale... per altro ritiene doveroso richiamare l'attenzione dei signori azionisti sulla rischiosità di siffatte destinazioni di spesa, in quanto suscettibili di creare distorsione dei risultati di esercizio»; e più avanti «nel corso delle verifiche operate durante l'esercizio il collegio ha affrontato nuovamente le problematiche inerenti la contabilità di magazzino e la sua corrispondenza alle giacenze di fatto, nonché la gestione finanziaria della società, ponendo specifica attenzione ai possibili rischi su crediti». In effetti a fronte di crediti per oltre 40 miliardi il bilancio della società riporta un fondo rischi di soli 420 milioni.

Inoltre la SIPLEDA ha preannunciato un utile 1996 di circa 4 miliardi; essa vende per lo più opere d'arte (medaglie, sculture eccetera) prodotte dalla Zecca la quale, almeno fino al 1995, ha registrato nel suo conto settoriale utili di poco superiori al miliardo. Poiché non esistono regolari delibere da parte del consiglio di amministrazione dell'Istituto per la cessione di prodotti alla SIPLEDA, si ha motivo di pensare che questa paghi prezzi minimi alla Zecca.

La SIPLEDA, si fa pubblicità con il marchio «Istituto poligrafico e Zecca dello Stato» senza pagarlo. In altre parole alla Zecca va il lavoro ed alla SIPLEDA vanno i soldi che poi vengono ripartiti fra gli amministratori che forse si pagano anche a percentuale sugli utili!

Altra operazione misteriosa compiuta dalla SIPLEDA è che essa vende la famosa «medaglia del 2000» che inizialmente era stata commissionata all'IPZS dalla SEI, una società privata. Ma quando il consigliere Tribuni chiese di sapere quanto la SIPLEDA avesse pagato alla S.E.I. per il riacquisto della medaglia gli venne negata ogni informazione.

Oltre che lavori per lo Stato italiano il Poligrafico esegue produzioni per committenti privati ed esteri. Solo per parlare di questi ultimi e della sezione zecca si segnalano due operazioni sulle quali sarebbe opportuno avere ragguagli precisi:

a) ai primi del 1992 l'Istituto siglò un contratto per l'importo di centinaia di miliardi con la Repubblica Ucraina cui avrebbe dovuto fornire impianti industriali (cartiera, stamperia di banconote, fabbrica di inchiostri di sicurezza, presse monetarie) ed 1.400.000.000 (un miliardoquattrocento milioni) di monetine, i «copechi». La commessa non fu neppure oggetto di una regolare delibera ma di semplici «comunicazioni del Presidente».

Della fornitura degli impianti non si sa quasi niente anche se nel dicembre 1993 il consigliere Tribuni pose specifica domanda senza avere risposta. Invece dalla risposta fornita dall'allora Sottosegretario agli Esteri Giacovazzo ad una interpellanza dell'onorevole Scalia si sa che a fine 1992 gli ucraini avevano disdetto la commessa quando la Zecca aveva già prodotto metà dei «copechi» e probabilmente l'Istituto si era impegnato per i macchinari senza che il Governo italiano avesse ancora concordato con lo Stato ex-sovietico la linea di credito e senza, pertanto, che la commessa fosse assistita dalla SACE; invece alla fine del 1994 il Ministro del tesoro Dini rispondeva ad altra interrogazione sull'argomento asserendo un'evidente falsità e cioè che fin dall'inizio la commessa era assistita da tutte le garanzie finanziarie ed assicurative.

Invece esse entrarono in vigore solo nell'ottobre 1993. Inoltre secondo i calcoli del consigliere Tribuni la fornitura di «copechi» avvenne con la perdita di diversi miliardi. Esiste però il sospetto che il poligrafico fatturi allo Stato italiano prezzi dei semilavorati (quali la carta ed i tondelli) a prezzi fortemente superiori a quanto fa con i committenti esteri e privati. La vicenda è resa ancor più ingarbugliata dal fatto che intermediario fra il Poligrafico ed il Governo Ucraino sarebbe stata la VITALI European Group di Torino che in seguito venne estromessa dall'affare senza alcun pagamento di provvigione;

b) nell'estate del 1996 la Zecca iniziò a coniare centomila serie di sei monete commemorative per Taiwan. Ci si servì di tondelli di pessima qualità, forniti dalla consociata Verres la quale a sua volta lamentava la pessima qualità dei laminati fornitile dalla CONIAL. Dopo mesi di tentativi destinati al fallimento e spese enormi la commessa è stata girata ad una società svizzera di cui nulla è dato sapere.

Quanto esposto è già sufficientemente grave ma ciò che maggiormente colpisce in tutta la vicenda è il «muro di gomma» incontrato dal consigliere Tribuni ogni qualvolta si rivolgeva a quelle Istituzioni appositamente deputate al controllo.

Già il 25 gennaio 1994 egli ebbe un lungo colloquio con il capo di gabinetto dell'allora Ministro del tesoro Barucci e fece presente le prime irregolarità riscontrate. Ne nacque la cosiddetta «commissione Avizzano», dal nome dell'allora Provveditore generale dello Stato che per legge assiste con funzioni di controllo (per il Provveditorato passano la gran parte delle commesse pubbliche dell'Istituto) alle riunioni del Consiglio di amministrazione dell'IPZS.

Della commissione Avizzano facevano parte altri 4 dirigenti dello stesso Provveditorato fra cui il dottor Agnus Dei ed il vice provveditore Valentini (revisore dei conti dell'Istituto) che pure assistono alle riunioni del consiglio.

Nessuno dei tre funzionari aveva mai sollevato obiezioni a quanto avveniva nel Poligrafico. E dunque, qualora le loro indagini avessero evidenziato irregolarità nella conduzione dell'Istituto delle consociate, avrebbero con ciò stesso dovuto ammettere la loro precedente superficialità. Inoltre il dottor Valentini faceva parte dei consigli di amministrazione di due consociate, la MILIANI e la BIMOSPA, dunque indagava anche su se stesso.

I risultati dei lavori della commissione furono infatti quelli che ci si poteva attendere: il 10 dicembre 1994 il provveditore Avizzano relazionò sui lavori della commissione al consiglio dell'Istituto asserendo - «sulla base dei documenti forniti dall'Istituto» - che tutto si era svolto nella più completa regolarità. Tanto per dare un'idea di quanto grottesche furono queste affermazioni, laddove il consigliere Tribuni chiedeva conto del fatto che non ci fossero delibere per la vendita alla SIPLEDA di prodotti artistici della Zecca, il dottor Avizzano si limitava a parlare della SIPLEDA stessa senza nulla dire dell'assenza delle delibere.

Terminata la relazione del dottor Avizzano, prendeva la parola il magistrato della Corte dei conti delegato al controllo, consigliere Pallottino, il quale sollecitava una denuncia per calunnia nei confronti del consigliere Tribuni!

Altre indagini vennero condotte da un ufficio della Ragioneria generale dello Stato, con identici risultati. Ma giova ricordare che a capo della stessa Ragioneria era stato in precedenza l'attuale presidente del Poligrafico dottor Giovanni Ruggeri.

Nella primavera del 1994 il consigliere Tribuni presentò un esposto-denuncia alla procura di Roma che venne affidato al sostituto procuratore Cesare Martellino [un cui cugino - stando a quanto risulta ai proponenti - sarebbe stato dipendente del Poligrafico presso il Ministero di grazia e giustizia («Gazzetta Ufficiale»)].

Il dottor Martellino affidò le indagini preliminari al comando dei carabinieri di Via In Selci; ne nacque una relazione di due mezze pagine controfirmata dal maggiore Francesco D'Agostino (il cui nome è emerso in relazione alle vicende giudiziarie relative a Pacini Battaglia) che riassumeva, superficialmente e solo in parte le tesi del Poligrafico. Pertanto, senza neppure ascoltare il denunciante che pure aveva presentato richiesta in tal senso, il dottor Martellino chiese l'archiviazione del fascicolo.

Questo passò al GIP Augusta Iannini [moglie di Bruno Vespa, n.d.A.] cui il Tribuni fornì ulteriore materiale documentario e chiese di essere ascoltato, cosa che naturalmente non avvenne mai. Infine la dottoressa Iannini decretò la definitiva archiviazione dell'esposto.

Invece deposizioni rese dal consigliere Tribuni al pubblico ministero Vinci produssero nell'autunno 1995 19 «avvisi di garanzia ad amministratori e dirigenti del Poligrafico per la già citata vicenda dell'acquisto di EDITALI ed EDITALIA FILM». In seguito però le indagini non hanno più prodotto risultati visibili.

Si segnala che nell'Istituto ed in diverse sue consociate lavora l'avvocato Sergio Torri, figlio del procuratore aggiunto di Roma nonché capo del pool per i reati finanziari e tributari della stessa procura. [nel 1993 il padre, Ettore Torri, ebbe a dire al Prof. Giacinto Auriti in occasione della denuncia del Professore contro Bankitalia e Ciampi: "Professor Auriti, lei ha dimostrato l'elemento materiale del reato. Manca il dolo perché… è stato sempre così" - vedi Quel gran genio di Rothschild - n.d.A.]

Per altro il consigliere Tribuni non mancò di inviare lettere e documenti al Ministro del tesoro Dini senza ottenere però alcuna risposta. Frattanto il consiglio di amministrazione di cui egli faceva parte si riuniva sempre più saltuariamente ed esso (che sarebbe dovuto scadere nel luglio 1997) tenne un'ultima seduta il 28 luglio 1995. L'entrata in vigore della legge n. 437 autorizzava il Ministro del tesoro a mutare la composizione e le attribuzioni del consiglio di amministrazione dell'IPZS, ma il 7 febbraio 1996 il Ministro del tesoro ad interim Dini emanò un decreto (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 13 febbraio 1996) che interveniva sulla sola composizione del consiglio, rinviando alle calende greche la questione delle attribuzioni «per motivi di uniformità, razionalità e completezza» (?!).

Risulta invece che il decreto originariamente voleva intervenire anche sulla questione delle attribuzioni che sia il Tesoro che il Consiglio di Stato ritenevano prioritaria rispetto a quella della composizione.

Il 25 marzo successivo il Ministro del tesoro ad interim Dini emanava altro decreto che nominava un nuovo consiglio di amministrazione del Poligrafico «dimenticando» però di revocare quello precedente. Il tutto si concludeva con l'esclusione, fra gli altri, del consigliere Tribuni e la conferma di alcuni personaggi - fra cui il presidente Ruggeri - che avevano ricevuto «gli avvisi di garanzia» per la vicenda EDITALIA - EDITALIA FILM! Una storia estremamente sospetta.

Si sottolinea inoltre che per circa 9 mesi il consiglio di amministrazione dell'Istituto non è stato convocato benché la legge obbligasse il Presidente a farlo almeno una volta ogni tre mesi.

Infine, negli ultimi giorni di vita del proprio Governo, il Ministro Dini, nella qualità di Ministro del tesoro ad interim faceva un ultimo piacere ai vertici dell'Istituto, regalando a questo sessanta miliardi destinati alle disastrate cartiere MILIANI, con il decreto n. 232 del 29 aprile.

Ma il signor Tribuni non si faceva scoraggiare e faceva ricorso al TAR per la sua esclusione dal Consiglio, ed appena entrato in carica il Governo Prodi contattava il Sottosegretario al Tesoro, onorevole Pennacchi, cui forniva un voluminoso e dettagliato dossier sulle vicende dell'Istituto e delle sue consociate. Ma anche in questo caso la risposta era tutt'altro che positiva: infatti, a parte uno scontro personale verificatosi in un locale della Camera dei deputati l'8 novembre 1996, l'onorevole Pennacchi rispondeva a due interrogazioni parlamentari dell'onorevole Taradash affermando che nell'Istituto tutto procedeva in perfetto ordine e che - tanto per esemplificare - nulla c'era da eccepire sulla presenza di dipendenti dell'Istituto nelle consociate e che le denunce del signor Tribuni si erano rivelate inconsistenti.

Un atteggiamento quello del Sottosegretario semplicemente strabiliante e che autorizza i peggiori sospetti! Nel frattempo, però, il Tesoro aveva incaricato la VITALE e BORGHESI di Milano di fungere da «advisor» del Poligrafico andando a guardare bene nei suoi bilanci che peraltro erano sempre stati firmati dai successivi Ministri del tesoro. Riteniamo che la relazione redatta dalla VITALE e BORGHESI debba essere resa di pubblico dominio al più presto; sarebbe infatti già stata consegnata al Ministro del tesoro.

Frattanto sulla stampa si moltiplicano i servizi giornalistici che asseriscono essere l'Istituto sull'orlo del baratro finanziario. Le numerose irregolarità poste in essere al Poligrafico e le evidenti attività di controllo da parte del Ministero del tesoro suscitano ancora maggiore allarme per via del fatto che l'IPZS stampa per lo Stato Italiano CCT di cui circolano quantitativi falsi ma assai bene imitati per decine di migliaia di miliardi di lire.

L'Istituto possiede e produce tutto ciò che è necessario per falsificare banconote e titoli di credito sia nazionali che esteri; una sua consociata, la SICMA di Terni, costruisce macchine per stampa di banconote che vengono esportate nelle Repubbliche nate dalla dissoluzione dell'URSS e nelle quali, come è noto, prosperano grandi organizzazioni criminali.

Come socio di minoranza (non si sa a quale titolo) della SICMA troviamo nuovamente la SAT di Catania. Si tratta di labili indizi ma chiunque capisce che certe attività non possono essere affidate a dirigenti pubblici che hanno ampiamente dimostrato un totale disprezzo della legalità e a personaggi privati che non si sa chi veramente siano; il tutto sottoposto a controlli che è eufemistico definire superficiali.

Quindi, concludendo, la necessità di una Commissione parlamentare di inchiesta nasce dall'esigenza di coinvolgere il Parlamento in una vicenda che pone seri e preoccupanti dubbi, mettendo in discussione la credibilità delle Istituzioni. Il Parlamento ha il dovere di fare luce sui fatti e fornire un giudizio equilibrato ed imparziale, soprattutto tenuto conto che il Governo, anche sollecitato, non ha voluto indagare e non è intervenuto per appurare la verità dei fatti.

da: http://www.camera.it/

 

- c'era stato un precedente:

 

Seduta 181 del 16/4/1997

C) Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro del tesoro, per sapere - premesso che:

con un'interrogazione pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 5 giugno 1996 riguardante l'Istituto poligrafico e zecca dello Stato (Ipzs), si denunciava una serie di irregolarità gravissime che possono brevemente essere così riassunte:

a) assenza di delibere riguardanti il programma annuale di attività, secondo quanto previsto dalla lettera a) dell'articolo 14 della legge n.559 del 1966, ed acquisti di carta, tondelli per monetazione e metalli preziosi, il tutto per importi superiori ai duecento milioni di lire annui, secondo quanto previsto dalla lettera f) dello stesso articolo della medesima legge, come modificata dalla legge n.437 del 1995;

b) i vertici del Poligrafico (il presidente Giovanni Ruggeri ed il direttore generale Alfredo Maggi) hanno creato ed acquistato, soprattutto negli ultimi cinque-sei anni, una trentina di consociate, i cui amministratori e sindaci sono gli stessi dirigenti dell'istituto, che si autonominano scavalcando lo stesso consiglio di amministrazione dell'Ipzs, potendo pertanto agire senza alcun controllo. Tali società, che per lo più impiegano un numero minimo di dipendenti ed a volte nessuno, perdono decine di miliardi di lire l'anno, ben oltre i quattro-cinque miliardi di utili che l'istituto strettamente inteso registra, grazie soprattutto alle commesse pubbliche superpagate. Nonostante il Poligrafico controlli questo «impero finanziario», che si estende anche in Russia, negli Stati Uniti ed in Svizzera, esso non ha mai presentato il bilancio consolidato, come peraltro richiestogli dalla Corte dei conti, dalla Ragioneria generale dello Stato e dallo stesso ministero del tesoro;

alla suddetta interrogazione, basata sulle denunce dell'allora consigliere di amministrazione dell'Ipzs, dottor Roberto Tribuni, forniva la risposta (pubblicata sui ai resoconti della seduta del 15 novembre 1996) il Sottosegretario per il tesoro, onorevole Pennacchi, che garantiva la piena regolarità delle operazioni condotte dalla dirigenza dell'Ipzs, limitandosi ad aggiungere di un incarico conferito ad un advisor (Vitale & Borghesi) incaricato di approfondire la questione delle consociate, ed affermando di essere in attesa di notizie circa il conferimento di sessanta miliardi di lire da parte del governo Dini (decreto-legge 29 aprile 1996, n.232) alle Cartiere Miliani, principale controllata del Poligrafico.

Tuttavia lo stesso Sottosegretario aveva, in altre occasioni, ammesso l'esistenza di notevoli zone d'ombra nella gestione del Poligrafico e delle sue controllate. In data 23 luglio 1996, ad esempio, il quotidiano la Repubblica riportò alcune dichiarazioni non equivoche dell'onorevole Pennacchi («Faremo luce sul Poligrafico»; «le consociate sono ad un punto critico»);
l'11 novembre 1996 la sezione del Pds del Poligrafico ha tenuto un convegno dedicato allo stesso istituto ed al suo futuro. Nella relazione introduttiva trovavano ampia conferma le denunce dell'ex consigliere Tribuni;

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come già riportato nella precedente interrogazione, va sottolineato che il 26 marzo 1996 la Gazzetta Ufficiale pubblicava un decreto del giorno precedente, a firma dell'allora Ministro del tesoro Dini (anch'egli destinatario di ripetuti messaggi da parte del consigliere Tribuni, che non hanno mai avuto risposta), con il quale si nominava un nuovo consiglio di amministrazione dell'Istituto poligrafico e zecca dello Stato. Di esso non faceva più parte il signor Tribuni, mentre rimanevano al proprio posto il presidente Ruggeri ed altri consiglieri che mesi prima avevano ricevuto avvisi di garanzia dal pubblico ministero Vinci per l'acquisto, a prezzi esorbitanti, di due società da parte del Poligrafico. Tutto questo nonostante il precedente consiglio di amministrazione non fosse né scaduto né fosse stato revocato;

inoltre la legge 27 ottobre 1995, n.437, autorizzava il Ministro del tesoro non solo a modificare la composizione del consiglio di amministrazione del Poligrafico, ma anche e soprattutto le sue attribuzioni, cosa che, come la stessa onorevole Pennacchi ha confermato, veniva inspiegabilmente rinviata ad altra data. Nella precedente interrogazione si chiedevano spiegazioni in merito a tali fatti, in contrasto sia con la più elementare logica, sia con lo stesso parere espresso dal Consiglio di Stato nell'adunanza del 14 dicembre 1995, laddove si evidenziava la necessità di affrontare prima la questione delle attribuzioni, e solo dopo quella della composizione del consiglio di amministrazione dell'Istituto poligrafico e zecca dello Stato.

Così, a tutt'oggi, di fatto, la serie di operazioni attuata ha avuto l'unico risultato di estromettere il solo consigliere dall'Ipzs che ha denunciato le malversazioni in atto.

A tutti questi interrogativi l'onorevole Pennacchi non ha fornito risposta. Il sottosegretario infatti ha affermato che il Ministro del tesoro ha emanato soltanto un decreto concernente un regolamento nel quale si prevede esclusivamente la modifica della composizione del consiglio di amministrazione dell'istituto in esame; nulla invece ha detto, nonostante l'interrogazione citasse il fatto, riguardo il decreto del 25 marzo 1996, dando quasi l'impressione che questo non sia mai esistito -:

per quali motivi il consigliere di amministrazione dell'Istituto poligrafico e zecca dello Stato, dottor Roberto Tribuni, sia stato rimosso dall'incarico;
perché non siano state definite le attribuzioni dell'Istituto poligrafico e zecca dello Stato prima di rinnovare il consiglio di amministrazione;
se il Ministro di grazia e giustizia non intenda procedere ad un'ispezione a carico di quei magistrati della procura di Roma, in particolare il pubblico ministero Martellino ed il giudice delle indagini preliminari Iannini, che hanno proceduto all'archiviazione dell'esposto-denuncia presentato dal signor Tribuni nell'aprile del 1994, senza mai averlo ascoltato e sulla base di una breve relazione dei Carabinieri, firmata dal maggiore Francesco D'Agostino, nella quale ci si limitava a riassumere l'autodifesa del Poligrafico.
(2-00401)

«Taradash».
(13 febbraio 1997

da: http://www.camera.it/

ps: poiché il diavolo va le penstole ma non i coperchi, seguite il link qui sopra e leggetevi le altre interrogazioni e interpellanze presenti nello stesso documento.

continua..


02/01/2008 : signet@work : sandro pascucci : www.signoraggio.com v.0.5
[http://www.signoraggio.com/signoraggio_dossier_zecca.html]

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